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"10. Seminario Angela Vinay"
L'AUTOMAZIONE DELLE BIBLIOTECHE NEL VENETO:
tra gli anni '90 e il nuovo millennio

Lavorare insieme nell'era digitale: il modello italiano

Antonio Scolari

Direttore del Centro Servizi Bibliotecari di Ingegneria dell'Università degli Studi di Genova [*]

La definizione di digital library si presta a varie interpretazioni, che sottendono differenti applicazioni e realizzazioni. Per lo più la definizione è usata attualmente per indicare biblioteche in cui si realizza (a differenti livelli) un accesso integrato sia a materiali a stampa che a materiali elettronici [1] ; la biblioteca digitale è quindi allo stato attuale un "ibrido" in cui convivono materiali differenti, con diversi metodi di accesso. Attualmente per altro anche la scala "gerarchica" tra i materiali intesa, come importanza attribuita e quindi come risorse in tutti i sensi ad essi dedicate, vede ancora al primo posto i materiali cartacei o loro surrogati diretti, quali ad esempio i CD-ROM, almeno quelli più tradizionalmente presenti nelle biblioteche. Così anche la definizione data da una biblioteca nazionale quale la British Library, secondo cui la biblioteca digitale consiste di una massa critica di documenti (parole, immagini, immagini in movimento, suoni e ogni loro combinazione) archiviati elettronicamente disponibili su richiesta all'interno di un servizio regolato e organizzato [2] , se è senz'altro ben inquadrabile nelle esigenze e scopi di un servizio nazionale di tale fatta che ha cioè alle proprie spalle una tradizione di documenti cartacei (in senso ampio) dalla Magna charta in giù, suona non del tutto adeguata, o forse troppo mediata dal patrimonio pregresso, se applicata alla biblioteca digitale tout court.

La tendenza evidente degli ultimi 4 - 5 anni è la crescita progressiva di importanza, permettetemi questo termine volutamente rozzo, ma credo passibile di essere inteso in senso pregnante, del materiale digitale accessibile in rete (tra parentesi il concetto di accessibilità remota a risorse informative è un aspetto che viene messo in rilievo da tutte le definizioni di digital library). Non mi interessa discutere se spariranno o meno i libri, se tra qualche anno leggeremo tutti e solo gli scomodi prototipi di libri elettronici che da qualche mese sono stati messi in commercio: sono queste discussioni accademiche che lasciano il tempo che trovano. Piuttosto gli aspetti su cui mi pare sia importante richiamare l'attenzione sono due: la tendenza, spessissimo segnalata, di un passaggio dal solo possesso della documentazione a forme miste di accesso e possesso e poi la profonda diversità che corre tra il modo di essere, e quindi tra il tipo di fruizione, dell'informazione disponibile su carta (o suoi sostituti "fotografici", quindi non solo riproduzioni o microforme, ma anche riproduzioni effettuate su memorie digitali) rispetto all'informazione digitale, nata cioè per vivere sulla rete e per essere manipolata (non trovo un'espressione migliore) con i mezzi di accesso alle risorse in rete. Lo sforzo che si chiede a utenti e bibliotecari della biblioteca digitale, e a cui difficilmente la nostra generazione nata e vissuta per lungo tempo con la carta riuscirà in pieno a rispondere, non è piccolo: sforzo di cambiamento ergonomico nell'approccio all'informazione (quanti di noi riescono a leggere davvero solo a video documenti importanti e da meditare e invece non preferiscono vederli stampati su "solida" carta?), cambiamento di mentalità in noi bibliotecari (e negli utenti) educati alla biblioteca possesso.

Da questo punto di vista credo sia importante avere fin d'ora disponibili dei modelli di biblioteca digitale altra o se volete "allo stato puro", cioè biblioteche digitali alle cui spalle non esista (o quasi) carta, biblioteche nate già sulla rete e che quindi debbono affrontare primariamente problemi di accessibilità ai loro contenuti virtuali. Credo che una riflessione sugli approcci seguiti da questo tipo di biblioteche possa essere interessante anche nell'ottica, oggi più frequente, di uno stato "ibrido" nel transito dalla biblioteca cartacea a quella digitale.

Poiché il titolo di questa tavola rotonda è centrato sulla realtà italiana vorrei prendere per esempio quella che a mio parere è un caso interessante e per molti aspetti esemplare di biblioteca digitale, cioè AIB-WEB, il sito web della Associazione italiana biblioteche [3], la cui esemplarità (mi par giusto ricordarlo) è anche dimostrata dal fatto che AIB-WEB è stato presentato all'ultimo "Online meeting" [4] , riscuotendo, così mi dicono, interesse e consensi presso colleghi di altre nazioni. Proprio valendomi di questo caso esemplare vorrei in questa sede soltanto accennare ad alcune caratteristiche di questo tipo di biblioteche digitali.

Prima caratteristica di questo tipo di biblioteca sta nel nome, nel senso cioè che manca per l'appunto il nome di biblioteca (se non nell'acronimo dell'associazione). Se volete questa è la prima provocazioncella della biblioteca digitale che vive solo sulla rete: esserlo senza chiamarsi (verrebbe da pensare a quante sono le biblioteche fisiche che così si chiamano senza esserlo). Chiunque però ha provato a navigare per le pagine di AIB-WEB sa bene che assolve a numerosi compiti di una biblioteca: all'interno delle varie sezioni sono ospitate bibliografie (anche molto speciali, come la splendida sezione sulle fonti giuridiche in rete, da sola una sala di consultazione di tutto rispetto), periodici (indici, abstract, full-text), accesso ai cataloghi di altre biblioteche. Ma anche bacheche (novità, agenda di eventi, notizie utili) e financo sportello del cittadino-bibliotecario (penso alla sezione dedicata alle offerte di lavoro). Ebbene come tutti sappiamo sulla rete vengono ospitati (nascosti verrebbe da dire) i siti più diversi: non tutte le biblioteche in rete hanno il loro bravo cartello d'ingresso con su scritto "Biblioteca", si tratta quindi si trovarle tra gli innumerevoli siti che si affollano in modi sempre più parossistici sulla rete.

Da quanto appena detto, emerge una seconda caratteristica: nella biblioteca digitale si possono (ma direi si debbono) trovare fuse varie funzioni, cui ho appena accennato, e magari alcune di quelle, che vorremmo vedere anche nelle nostre biblioteche pubbliche di enti locali di università o dello stato che siano. Nel caso di AIB-WEB poi si dà il caso (di certo non unico) di quella che potremmo definire anche una sorta di ibridazione tra la biblioteca e la lista AIB-CUR: il web diventa così biblioteca di fruizione (e anche conservazione) di argomenti topici, passibili di ulteriori sviluppi e discussioni apparsi sulla lista, resi quindi disponibili al recupero, tramite il meccanismo postale, per un pubblico più vasto e potenzialmente non totalmente omogeneo agli utenti della lista. Un'altra ibridazione, di tipo questa volta metodologico, che mi pare valga la pena citare, è che dalla prassi postale della lista AIB-CUR è derivata la prassi postale della redazione AIB-WEB, di fatto costituita da una decina di gruppetti specialistici, necessaria per la gestione di un web unico a più mani in situazione di dispersione geografica.

È stato non a torto osservato che si incomincia a intravedere l'emergere di una sorta di biblioteca globale digitale formata da una libera federazione di biblioteche digitali, ciascuna delle quali adempie il proprio scopo (la propria "mission") specialistica e ha il suo bacino di utenza; la infrastruttura globale di rete e l'esperienza condivisa dalle varie comunità di biblioteche digitali facilitano le interconnessioni e la cooperazione fra queste entità diverse [5]. Questa osservazione che vede nella specializzazione delle biblioteche digitali un punto di forza proprio nel costituirsi di una ideale biblioteca digitale diffusa, mi pare che nella sua paradossalità mostri un'ulteriore caratteristica non secondaria della biblioteca digitale, caratteristica che viene anche a coincidere con la forte spinta di democrazia del sapere che, pur con tutte le cautele che si vogliano inserire, è innegabilmente insita nella rete. Per inciso anche per questo solo aspetto - credo - si dovrebbero vedere tutti i bibliotecari schierati fortemente con la biblioteca digitale, perché una delle ragioni d'essere delle nostre biblioteche risiede proprio nella diffusione democratica delle conoscenze. Naturali poi a questo proposito le cautele su qualità dell'informazione e sui modi di diffusione (penso per fare un esempio alle discussioni di cui un'eco c'è stata anche da noi circa la diffusione indiscriminata delle informazioni biomediche in rete). Capita così che la biblioteca digitale dell'AIB nata per la comunità dei bibliotecari e fortemente e specialisticamente caratterizzata in questo senso, diventi anch'essa un servizio rivolto a categorie assai più estese di utenti, rivelando forse non poco delle biblioteche e del loro mondo in ambiti assai diversi: basterebbe ricordare le segnalazioni del web dell'AIB, che in varie occasioni sono apparse anche su supplementi di quotidiani diffusissimi.

Ma a questo proposito vorrei proporre anche un altro esempio di biblioteca digitale italiana nata in ambito molto specialistico, che si sta sviluppando sulla base di un progetto di cooperazione in ambito consortile e che coinvolge oramai sedici atenei italiani. Mi riferisco alla CIBIT, Biblioteca Italiana Telematica. Nato come progetto molto settoriale, promosso da studiosi di linguistica e letteratura italiana, ha fin dall'inizio mirato allo scopo di raccogliere e rendere disponibili in rete testi della cultura italiana senza preclusioni per i generi, le forme, le tipologie. Attualmente sono disponibili circa 220 testi per un totale di oltre 53 milioni di caratteri, che è quanto a dire oltre 20.000 pagine: trovano e troveranno così posto nel CIBIT accanto ai testi dei più noti autori della letteratura italiana, statuti medievali di piccoli centri, opere di economisti, di filosofi, di bibliografi. In alcuni casi i testi allestiti per il CIBIT precederanno la versione a stampa o avranno caratteristiche non identiche a quelle a stampa [6].

Ancora: la cooperazione. La biblioteca digitale nasce su un'infrastruttura, la rete, che rende davvero più facile la cooperazione; la facilità degli scambi interpersonali e di documentazione, la possibilità di accedere con relativa semplicità a informazioni remote, l'accorciarsi drammatico delle distanze e dei tempi di comunicazione, rendono assai più facile e produttiva la cooperazione. Anche da questo punto di vista le biblioteche digitali a cui ci siamo riferite sono in qualche modo "esemplari": AIB-WEB è nato e si arricchisce di continuo proprio grazie alla cooperazione di bibliotecari delle più diverse estrazioni, esperienze e competenze. È cioè un esempio di cooperazione innanzitutto di persone, di professionisti, credo più efficace di quella tra enti o istituti, spesso dichiarata meno di frequente davvero praticata, e che comunque, non lo dovremmo mai dimenticare, ha effettiva speranza di esiti solo laddove interagisca in modo continuo con la cooperazione interpersonale, tra l'altro tipica di comunità professionali, come vorremmo che fosse anche quella dei bibliotecari. Identico anche l'iter del CIBIT, nato proprio come un progetto, una scommessa, all'interno un gruppo di persone disponibili a cooperare a livello personale e poi rapidamente trasformatosi anche in un oggetto di cooperazione istituzionalizzata nelle forme di un consorzio tra enti.

In questa incompleta rassegna vorrei richiamare ancora alcune altre caratteristiche, se volete più legate ad aspetti tecnologici, ma che mi paiono sottendere problematiche tipiche della biblioteca digitale.

Un problema che fin dall'inizio si è posto nella biblioteca di AIB-WEB è stato quello dell'aggiornamento continuo dei documenti che vi sono raccolti; connesso a questo problema va a collocarsi ovviamente quello della archiviazione e della eventuale conservazione di documenti non più attuali. La questione della conservazione e dell'accessibilità futura dei documenti digitali è uno dei "topics" di maggior momento nelle discussioni sulla biblioteca digitale. Nel dichiarare la mia incompetenza ad affrontarlo [7], rifletterei sul fatto che comunque la selezione delle informazioni è sempre esistita e anzi le biblioteche nel loro essere organizzatrici e selezionatrici, spesso inconsapevoli, del sapere hanno anche contribuito alla perdita dei documenti in maniera speculare alla conservazione che ne hanno operato. Credo anche che quanto più le biblioteche digitali si andranno articolando troveremo delle "sezioni" specializzate nella conservazione del materiale, un po' come nelle tradizionali biblioteche fisiche, e anche che nasceranno (ma credo stiano già nascendo) biblioteche digitali di conservazione del documento digitale (intendo di quello che non ha corrispettivo su altro supporto). È comunque evidente che finora il documento digitale è ai nostri occhi più effimero di quello a stampa e comunque molto spesso destinato ad avere "riedizioni" con fulminea rapidità. Mi pare che la scelta di AIB-WEB di datare costantemente tutti i documenti (cioè le pagine) e di indicare nel testo originale (source) dei documenti in modo standardizzato chi lo ha prodotto, consenta di avere una stringente indicazione dell'aggiornamento dei documenti presenti nella biblioteca. Sono ora in sperimentazione metodi anche automatici che consentano di avere un archivio costante degli aggiornamenti al web. Inoltre è conservato un archivio delle versioni via via aggiornate dei documenti, archivio che - come tutta la documentazione di AIB-WEB - è anch'esso accessibile agli utenti della biblioteca: l'archivio accessibile si riferisce naturalmente alle "edizioni" differenti di nuovi documenti e versioni temporalmente contigue, non la sequenza di versioni di "aggiustamento" che sono la norma nella biblioteca digitale, in cui ogni documento può subire molteplici variazioni anche minime. Inoltre, e questa mi pare una caratteristica abbastanza unica di AIB-WEB, le regole e le norme seguite sono tutte disponibili in apposite pagine di normativa tecnica [8].

Un ultima considerazione: la biblioteca digitale può anche in parte diventare "editore" dei documenti che contiene. Così accade, come già si è accennato, per la CIBIT, in cui in qualche caso trovano posto edizioni di testi o revisioni di edizioni precedenti non disponibili in altri supporti o in altre risorse informative; così accade per AIB-WEB ove vengono costruite e pubblicate bibliografie, ma anche riassemblaggi editoriali di testi disponibili in altri media. È questa una caratteristica abbastanza tipica della biblioteca digitale: l'informazione infatti può essere messa a disposizione in forme editoriali diverse da quelle pensate dal produttore o dall'editore primitivo dell'informazione stessa, ma adatte alla politica di accesso della specifica biblioteca e dei propri utenti primari. Si badi non sto pensando che figure quali editori o librai, ricchi di storia almeno quanto le biblioteche, siano destinati a sparire con l'avvento delle biblioteche digitali, sono considerazioni che ogni tanto si sentono fare, ma che credo siano dettate da un forte neofitismo piuttosto che da una critica analisi degli sviluppi del mercato dell'informazione. Più realisticamente credo - e qui mi fermerei - che anche le altre professioni del libro, come la nostra, siano in una fase di forte evoluzione e di cambiamento.


Note:

[*] Ringrazio Eugenio Gatto per i preziosi e determinanti suggerimenti che mi ha offerto durante la stesura di questo intervento.

[1] cfr. Knowledge models for networked library services : final report, written by J.S. Mackenzie Owen and A. Wiercx, Luxembourg, Office for Official Publications of the European Communities, 1996 (EUR 16905), p. 21 e, per l'inquadramento generale, Luca Bardi, Prende forma la digital library, in «Biblioteche oggi», 16 (1998), n. 10, pp. 6-12.

[2] The British library Digital library development programme in http://www.bl.uk/diglib/diglib_main.html.

[3] Indispensabile per una visione d'assieme del sito la consultazione degli atti del Seminario AIB-WEB. Per un'integrazione delle risorse in rete, Roma, 27 maggio 1998 (https://www.aib.it/aib/commiss/cnur/semin01.htm).

[4] Si veda Sonia Minetto, «Adding value to professional information: the AIB-WEB exemple», in 22nd International online information meeting, 8-10 December 1998, Proceedings, London, 8.10 December 1998, Oxford, Learned Information, 1998, pp. 317-320.

[5] Edward A. Fox and Gary Marchionini, Toward a worldwide digital library, in «Communication of the ACM», 41 (1998), p. 30.

[6] L'indirizzo del sito sperimentale è: http://cibit.humnet.unipi.it/. Una presentazione del CIBIT in Amedeo Quondam, Mirko Tavoni, «Storia della lingua e informatica», in Storia della lingua italiana e storia letteraria, Atti del I convegno ASLI, Firenze 29-30 maggio, 1997, a cura di Nicoletta Maraschio e Teresa Poggi Salani, Firenze. Cesati, 1998, pp. 141-148.

[7] Ma si vedano su questo tema le riflessioni in Riccardo Ridi, «Il retaggio multimediale fra hardware, software e politiche culturali», in "Seminari Angela Vinay", l'automazione delle biblioteche nel Veneto: l'irruzione della multimedialità, Venezia, Giardini di Castello 5-6 dicembre 1997, a cura di Chiara Rabitti, Venezia, Fondazione Querini Stampalia, 1999, pp. 121-124 (pubblicato anche in https://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/ridi.htm).

[8] Il punto d'accesso a quest'area della biblioteca è il link "Documentazione" (https://www.aib.it/aib/w/w.htm3) in fondo alla pagina iniziale di AIB-WEB.


Copyright AIB 1999-02-04, ultimo aggiornamento 1999-02-27
a cura di Antonella De Robbio e Marcello Busato
URL: https://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/scolari.htm


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