Intervento di apertura dei lavori W. Morgese al Convegno “Open your minds to open science: le molteplici forme dell’accesso aperto”

AIB-Associazione Italiana Biblioteche – Sezione Puglia
con il patrocinio dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro
dell’Università di Foggia
del Politecnico di Bari
dell’Università del Salento

promuove il Convegno

Open your minds to open science: le molteplici forme dell’accesso aperto

Bari, venerdì 3 febbraio 2017
Aula Magna Aldo Cossu, Palazzo Ateneo, Piazza Umberto I, n. 1

Waldemaro Morgese, presidente AIB Puglia. Intervento di apertura dei lavori.

Ringrazio a nome dell’AIB Puglia i rappresentanti delle istituzioni che hanno portato il loro saluto e in particolare l’istituzione che ha voluto ospitarci, accogliendo la nostra richiesta.

Ringrazio i coordinatori delle sessioni e tutti i relatori. Ringrazio anche coloro che purtroppo per vicende insormontabili non hanno potuto essere qui, oggi e ci dispiace.

Naturalmente ringrazio tutto lo staff dell’AIB Puglia e in particolare il gruppo università e ricerca.

In questo rapido intervento di apertura dei nostri lavori vorrei formulare alcune riflessioni che forse possono essere di complemento all’interessantissimo regesto di problematiche contenute nel programma dei lavori, che abbiamo voluto focalizzare sull’Open Access (OA) nel mondo universitario.

Inizierei così.

L’incontro di boxe fra i welter Floyd Joy Mayweather jr. ed Emmanuel “Manny” Pacquiao, svoltosi a Las Vegas il 2 maggio 2015 e trasmesso sulle PayTV al costo medio di 100 dollari, è stato un boom dello streaming libero, perché visionato gratis da milioni di persone grazie all’utilizzo di una semplice app(1). Alla faccia e in danno delle TV che avevano speso fior di dollari per assicurarsi la privativa!

E’ questo da considerare un fatto negativo o positivo?

Credo che un qualsiasi convegno sull’OA ruoti – volenti o nolenti – attorno a questa domanda o comunque abbia questo quesito sullo sfondo, uno sfondo molto incombente, che non può essere sottratto alla nostra vista.

Oggi di OA si discetta soprattutto in riferimento al mondo dell’editoria scientifica e alle aspettative degli Autori di pubblicazioni scientifiche e degli utilizzatori delle medesime.

Ma in questa considerazione ristretta, per quanto importante, la tenzone fra sostenitori dell’accesso aperto e difensori di quello chiuso non ha e non può avere storia, almeno attualmente: dato che il modello commerciale dell’editoria scientifica è del tutto prevalente mentre quello libero resta marginale; ciò soprattutto a motivo della forza dei grandi editori, tutti “barricati” attorno ad una difesa strenua e interessata del copyright(2).

Credo invece che la considerazione più adeguata debba essere, oggi, all’imbocco del XXI secolo, di natura geopolitica.

Nel senso che l’esigenza “Open” (o “Free”) comincia oggi a diventare un asset strategico utile per aggiungere un ulteriore argine a quegli aspetti della globalizzazione(3) che si stanno sempre più rivelando come negativi(4) : a cominciare dalla centralizzazione e verticalizzazione dei processi di Knowledge, rafforzati dalla robotizzazione crescente sul piano tecnologico(5), dalle disuguaglianze economiche crescenti e dalla crescente esclusione politica di masse sterminate di esseri umani dai luoghi di effettiva formazione delle decisioni(6).
Si consideri che un OA così “aumentato” di significato e di ruolo riguarderebbe appieno, oltre l’università, perlomeno altri tre “scacchieri” da interrelare:

  • la filiera MAB (musei – archivi – biblioteche), ove un punto di speciale attenzione è già costituito dalle esperienze di corto circuito fra wikipediani e bibliotecari(7)
  • il complesso e sterminato mondo di quanti sono interessati ai dati giuridici(8)
  • le variegate e vivacissime inclinazioni informative di quei giovani cittadini che un sociologo ha di recente definito “la generazione Z dei pre-adulti”(9).

Del resto attraverso questo approccio “aumentato”, innervato su motivazioni di rango geopolitico, sarebbe possibile affrontare in modo più fecondo e forse senza inutili frizioni la spinosa quaestio del diritto d’autore, sottraendolo al monopolio degli interessi della grande editoria e riconducendolo in un alveo più morale, affrancato dai risvolti strettamente economici e dalle vere e proprie rendite(10).

In ogni caso fa piacere constatare che un magazine culturale italiano – mi riferisco a «laLettura» – abbia voluto ricordare Aaron Swartz nell’anniversario del suo suicidio a 26 anni(11) : tecnologo e attivista digitale, Swartz, nato a Chicago da famiglia ebraica, si è distinto per una combattiva militanza radicale a favore della libera condivisione delle conoscenze, convinto come era che il diritto umano ad accedere al Knowledge è un ‘fondamentale’ sacro.

Aaron Swartz nel Guerrilla Open Access Manifesto(12) , concepito nel luglio 2008 nell’Eremo dei frati di Cupramontana, sostiene con trasporto visionario che la condivisione di conoscenza non è “l’equivalente morale di arrembare una nave e assassinarne l’equipaggio”; che, al contrario, la condivisione “è un imperativo morale” e che bisogna rendere la privatizzazione del sapere “un ricordo del passato”.

Fa anche piacere leggere sul medesimo quotidiano di Confindustria un articolo(13), sia pure stampato in posizione defilata, in cui si dà notizia della studentessa kazaka Alexandra Elbak-yan, creatrice di Sci-hub, un repository con 50 milioni di articoli scientifici piratati, consultato da circa 6 milioni di utilizzatori al mese (soprattutto iraniani, indiani, cinesi, russi). Ma anche da migliaia di studenti dei campus universitari USA che pure hanno accesso libero alle riviste: evidentemente il download da Sci-hub è più semplice che ottenerlo nelle loro biblioteche!

Naturalmente non auspico la pirateria, bensì – i tempi sono maturi – che si sviluppi un approccio alle tematiche dell’OA più coraggioso e più inclusivo, più ampio negli orizzonti e nella selezione dei teatri in cui cimentarsi, affinché la virtualizzazione del reale possa beneficiare di nuovi strumenti per “curarne” gli aspetti disfunzionali(14).

Vi ringrazio per l’attenzione.


(1)Ci riferiamo ad app quali “Periscope” o “Meerkat” ad esempio. Con “Periscope” servono 20 MB di banda per 3 minuti di diretta.
(2)Le concentrazioni economiche editoriali hanno così facile gioco nell’equiparare a “pirateria” tutto ciò che si proponga di rompere il monopolio sulla proprietà intellettuale (che non va confuso con la difesa dell’autorialità!). Cfr. Andrea Capocci, L’inflessibilità del copyright, su «il manifesto» del 7 maggio 2016, p. 10. D’altra parte secondo statistiche dell’Open Knowledge Foundation ben il 90% dei dati pubblicati nel mondo non sono open.
(3)O “mondializzazione”, come avrebbe preferito l’umanista planetario Edgar Morin.
(4)Per alcune riflessioni sul tema mi permetto di citare: Waldemaro Morgese, La biblioteconomia allo snodo del XXI secolo, relazione svolta al 59° Congresso Nazionale AIB, Roma, 25 novembre 2016 (atti in corso di pubblicazione).
(5)La robotizzazione, trainata dagli sviluppi dell’intelligenza artificiale, è un processo inarrestabile: secondo calcoli nel 2018 vi saranno nel mondo 2,3 milioni di automi (Sandro Orlando, Un robot per amico, su «Style Magazine» n. 12 del dicembre 2016, pp. 232-237). Ma, a parte l’immaginifico filmico (J. P. Telotte, Replications. A Robotic History of the science fiction film, University of Illinois Press, Urbana e Chicago 1995), questo processo è da valutare con attenzione anche per meglio governarlo. Cfr. Max Bergami, Rivoluzione digitale tra sostenibilità e rischi per il lavoro, su «Il Sole 24 Ore» del 27 novembre 2016, p. 15. Ad esempio Autori come Yuval Noah Harari sostengono che le intelligenze artificiali accresceranno le disparità: «Se il nuovo obiettivo della medicina sarà invece – com’è probabile – il potenziamento dell’essere umano, per esempio attraverso interventi genetici, allora chi potrà permetterselo si potenzierà più degli altri» (in Giuliano Aluffi, Così l’uomo diventerà un dio. Inutile, su «il venerdì – la Repubblica» del 16 dicembre 2016, p. 66). Peraltro nel report “Accenture Technology Vision 2017” si prevede che il sommarsi di intelligenza artificiale, internet of things e big data determinerà un processo di adattamento delle tecnologie alle persone, in sostituzione del processo inverso riscontrato finora.
(6)Un piccolo passo in avanti è di certo la nascita di AISA – Associazione Italiana Per la Promozione della Scienza Aperta: cfr. Elena Giglia, Un altro mondo è possibile: dall’Open Access all’Open Science, su «Bibliotime» n. 1 del marzo 2016.
(7)Ci riferiamo fra l’altro ai progetti “Wikipedia love Libraries” ed anche alle (modeste) esperienze che coinvolgono le biblioteche digitali: ne ha scritto Andrea Zanni in Costruire comunità: le biblioteche digitali partecipative nell’epoca di Wikipedia, in Digital Library/La biblioteca partecipata/Relazioni, Editrice Bibliografica, Milano 2015, pp. 183-189.
(8)L’OA è stato qui fortemente trainato dalla “Open Government Directive” del Presidente degli USA (8 dicembre 2009).
(9)Francesco Morace, ConsumAutori. I nuovi nuclei generazionali, Egea, Milano 2016. I “pre-adulti” sono la generazione dei nativi digitali dai 4 ai 19 anni. Potrebbe anche essere di interesse, per verità, la generazione dei “longevi”, i cosiddetti “Boomers e super-adulti” dai 65 anni in poi, a motivo dell’eccezionale allungamento della speranza di vita ed anche del calo senza precedenti dei nuovi nati: in Italia nei primi 6 mesi del 2016 sono diminuiti rispetto al 2015 del 6%, secondo l’ISTAT.
(10)Prospettiva che invece sembra essere contraddetta dagli orientamenti UE, sbilanciati a favore degli editori rispetto agli stessi Autori: si pensi ad es. al cosiddetto “ancillary copyright”.
(11)Avvenuto l’11 gennaio 2013. Cfr. Guido Brera, Il Robin Hood di internet, su «laLettura – Corriere della Sera» dell’8 gennaio 2017, pp. 12-13.
(12)https://batysbase.com/guerrilla-open-access-manifesto-traduzione-in-italiano/.
(13)Patrizia Caraveo, L’era della scienza piratata, su «Domenica – Il Sole 24 Ore» del 19 giugno 2016, p. 28.
(14)Ottavio Marzocca, Il mondo comune. Dalla virtualità alla cura, Ecommons, Roma 2015.