Contro la censura in biblioteca. Lettera al Sindaco del Comune di Sesto Calende (VA)

Egregio Sig. Sindaco,
sono venuto a conoscenza dalla stampa (“Corriere della Sera”, 29 gennaio 2012, Varesenews.it) della censura da Lei operata nei confronti della biblioteca del comune di cui è il primo cittadino.
Il Suo comportamento, rivendicato pubblicamente, induce alcune riflessioni che non mancherò di trasmettere alla stampa locale e nazionale, affinché resti memoria imperitura delle Sue decisioni:

  • la biblioteca pubblica è, come recita il Manifesto Unesco “centro informativo locale che rende prontamente disponibile per i suoi utenti ogni genere di conoscenza e informazione”. Le sue raccolte non dovrebbero essere soggette “ad alcun tipo di censura ideologica, politica o religiosa” per il semplice motivo che da un accesso libero e senza limitazioni al pensiero e alle opinioni – anche se contrastanti con la nostra visione del mondo – dipendono la partecipazione dei cittadini alla vita civile e politica. La biblioteca pubblica documenta le idee, lasciando al lettore la responsabilità di formarsi un’opinione. Ogni pretesa di discriminare a priori costituisce una limitazione della libertà di scelta e lascia trasparire l’idea che i cittadini debbano essere sottoposti a una tutela non richiesta e probabilmente nemmeno desiderata;
  • la legge regionale 81/1985 (“Norme in materia di biblioteche e archivi storici di Enti Locali o di interesse locale”) stabilisce all’art. 16 comma 3 che “competono ai bibliotecari ed agli assistenti di biblioteca le funzioni inerenti all’ attuazione delle procedure in ordine all’acquisizione del materiale librario e documentario, al suo ordinamento ed al suo uso pubblico”. Non si capisce in virtù di quali prerogative “una commissione preposta” (cito le sue parole, riportate dal sito VareseNews) possa contravvenire a una disposizione di legge e con l’occasione la invito a non reiterare ulteriormente comportamenti lesivi della dignità professionale della bibliotecaria;
  • la mancata restituzione del libro nei termini previsti dal regolamento della biblioteca e l’istigazione a comportamenti dilatori da parte di altre persone che ricoprono incarichi pubblici nella Sua città stride con il dovere di rispettare le norme che massimamente dovrebbe sentire chi è chiamato a dare l’esempio. Mi chiedo come potrà, d’ora in avanti, sanzionare il comportamento di quanti si sentiranno autorizzati a prendere in prestito e non restituire libri sui più vari argomenti perché non corrispondenti alle rispettive convinzioni;
  • non risulta che le biblioteche “vendano” i libri appartenenti alle loro raccolte, se non a seguito di una procedura amministrativa di sdemanializzazione e dopo aver appurato la non corrispondenza all’uso pubblico, la quale, evidentemente, non può essere decisa dal direttivo locale di un partito politico ma sulla base di valutazioni di natura tecnica, secondo la prassi biblioteconomica in uso.

Ciò detto, mi permetta un consiglio: non si dia pena di lottare contro i mulini a vento e cerchi di confutare nel merito le opinioni riportate dal libro, invece di affannarsi a farlo scomparire. Ciò che una biblioteca non possiede è disponibile in tutte le altre e lei stesso ha dovuto ammettere che nel sistema bibliotecario al quale il suo comune aderisce ve ne sono altre copie a disposizione di chiunque.

Immagino che, a seguito delle sue esternazioni, da domani le richieste di prestito del libro di madame Dematteo subiranno un’impennata. Per limitare il disservizio e diminuire i tempi di attesa dei lettori, con la presente mi pregio a nome dell’Associazione Italiana Biblioteche di inviare in dono alla biblioteca della Sua città due copie de “L’idiota in politica”.

Distinti saluti,

Il presidente dell’Associazione Italiana Biblioteche
Stefano Parise

Roma, 31 gennaio 2012
Prot. n. 5/2012