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Conservare il Novecento: la stampa periodica


Antonio Giardullo
(Biblioteca nazionale centrale di Firenze)

Il progetto per un'emeroteca nazionale non può prescindere dalla raccolta della nazionale fiorentina che vanta oltre 86.000 testate di giornali, a partire dal 1874, anno in cui furono introdotti gli schedoni amministrativi e dal quale, quindi, parte una registrazione documentata.
Dico giornali e non quotidiani giacché, per consuetudine, nella BNCF si sono distinti i periodici in due grandi categorie: giornali e riviste.
In virtù di questa distinzione si sono alimentati e si alimentano due diversi magazzini con segnature e problematiche differenti.
È pur vero che nella categoria "giornale" dovrebbe rientrare solo il quotidiano ma, come dicevo, per prassi viene considerato giornale il periodico che si presenta "su carta da quotidiano, con formato da quotidiano" e per descrivere meglio l'oggetto della nostra emeroteca si aggiunge che è giornale quel periodico che presenta testi nella stessa pagina del titolo, al di là, quindi, della periodicità.
Ed è questo quel materiale che si avvale del supporto cartaceo più deperibile e, di conseguenza, è questo il materiale che più necessita di preservazione.

Nella ricorrenza di convegni riguardanti la deperibilità del supporto cartaceo viene sempre citata - ed è avvenuto anche in questo- l'alluvione di Firenze del 1966, tappa determinante, oltre che per la storia della biblioteca, anche per le metodologie del restauro e della duplicazione su altri supporti.
Dopo il drammatico evento in BNCF, si iniziò a dar vita al filone della riproduzione con due planetari, che fino a qualche giorno prima avevano microfilmato gli atti del processo di Norimberga, offerti dal CRIA (Commitee to Rescue Italian Art) e che lavorarono incessantemente per la duplicazione delle schede del catalogo topografico, a stento salvato, per poter, quindi, riorganizzare il catalogo per autori e titoli da presentare al pubblico dal momento che quello in servizio era stato sommerso dalle acque dell'Arno.
Ed il microfilm mostrò in quell'occasione le potenzialità della conservazione ed insieme della consultazione.
Da qui il passo fu breve per poter ipotizzare l'utilizzo di questa tecnologia sul materiale più deperibile.
Anche i giornali, già di per sé esposti a vari problemi conservativi, erano stati allogati in larga parte nel sottosuolo della biblioteca con il risultato che il tremendo evento inondò di acqua, fango e gasolio oltre 24.000 testate sulle quali si intervenne con asciugature estemporanee e artigianali negli essiccatoi delle manifatture di tabacco, con la speranza di poter poi ricostruire la numerazione e le sequenze.
Per anni il lavoro di ricostruzione delle testate è stato affidato ad un gruppo di operatori che si è via via assottigliato a causa di pensionamenti o per utilizzi in altri settori fino a quando con i progetti finalizzati HERMES e MERCURIO siamo arrivati in questi ultimi anni a recuperare tutte le testate alluvionate, facendo finalmente il punto fra le sequenze irrimediabilmente perse e quelle da poter ripresentare agli utenti.

Con l'"Avanti!" (solo perché comincia con la lettera A) iniziò anche il processo di microfilmatura dei quotidiani e molte altre delle nostre testate di quotidiani hanno come anno di inizio della loro consistenza in microfilm o il 1966 o il 1967.
I laboratori di restauro che nacquero all'interno della biblioteca avevano annesso anche un laboratorio di microfilm, oltre che un laboratorio di legatoria industriale.
Il laboratorio di ripresa lavorò a ritmo continuo con i quotidiani correnti, cercando di recuperare per quanto possibile anche il regresso, fu iniziata la microfilmatura a tappeto delle testate del cosiddetto "Alfabeto" (uno storico magazzino i cui giornali - della fine dell'Ottocento e dell'Inizio del Novecento - sono disposti in ordine alfabetico di testata), fu duplicato per intero qualche giornale locale (La Nazione e il Giornale del mattino), fu intrapresa la duplicazione delle riviste più consultate (Illustrazione italiana) o più "a rischio" per quel che riguarda la conservazione (La vita cinematografica) e fu attivata anche una procedura di collaborazione con altre biblioteche per lo scambio di bobine o per integrare raccolte da poter poi microfilmare con vantaggi reciproci.
Tutto questo lavoro ha portato il numero delle testate microfilmate a circa 3.700 (come si diceva, molti quotidiani sono stati microfilmati dal 1966 o 1967; di alcune testate correnti esiste una copia in microfilm fin dall'anno di nascita come per il Corriere della Sera, L'Osservatore romano, il Times, La Nazione o del cessato L'Unità).
Furono, all'epoca, dettati i primi standard dell'operazione di microfilmatura che confluirono nel primo disciplinare emanato con la Circolare ministeriale del 9 luglio 1979 nella quale si parlava ancora della "microfilmatura di materiale bibliografico raro e di pregio".

L'atteggiamento delle biblioteche, prima indifferente rispetto al problema della duplicazione, poi inadeguato, fu tale da creare un ritardo anche rispetto a tanti programmi europei che si andavano definendo (come EROMM=The European Register of Microform Masters) e deluse le attese di collaborazione e cooperazione fra biblioteche statali nonostante l'impegno dell'Ufficio centrale per i beni librari e dell'Istituto centrale per il catalogo unico che promossero la pubblicazione del Catalogo dei microfilms di giornali e periodici posseduti dalle biblioteche statali nel tentativo di offrire e promuovere un'indagine conoscitiva delle raccolte dei microfilm e coordinare le numerose iniziative che in quel campo si andavano attuando.
Non si arrivò mai ad integrare le raccolte, a coordinare i singoli laboratori di microfilm, a pianificare i lavori di ripresa - quelli più costosi -, né furono scambiate - se non in sporadici casi ed a livello territoriale (come tra la BNCF e la Marucelliana) - bobine duplicate.

Ora la tecnologia ci offre una nuova possibilità: arrivare a una emeroteca digitale che non può non tener conto dei microfilm già esistenti e dei quali si deve verificare la bontà tecnica per poterli scannerizzare, e lì dove essi sono inutilizzabili o dove non esistono bisogna rifarli ex novo giacché i tecnici consigliano, come abbiamo sentito, prima della digitalizzazione, il passaggio attraverso il microfilm.
Ma questa tecnologia ha già dato la stura a molti progetti europei e internazionali specifici come il DIEPER (Digitised European Periodicals), l'ILEJ (Internet Library of Early Journals), per non parlare del più noto JSTOR (Journal Storage) sostenuto dalla Mellon Foundation, ma so che la Commissione coordinata dalla Dottoressa Romano è attenta a captare questi segnali internazionali; recentemente, infatti, ben due membri di questa Commissione hanno partecipato ai lavori della Conferenza sulle future strategie delle biblioteche europee tenutasi a Copenhagen e il cui titolo era appunto "Digitising Journals".

La BNCF anche in questo campo può offrire l'esperienza della digitalizzazione che attraverso vari progetti (SDIEF, GALILEO, ARSBNI), anche se non specifici per i giornali, ha già avuto soddisfacenti test. Proprio a questo riguardo, abbiamo sperimentato la digitalizzazione di varie riviste (Nuova Antologia, Il giornale storico della letteratura italiana, Paragone, Domus, ecc.), stipulando anche convenzioni con Enti ed istituzioni, come con l'INU = Istituto nazionale di urbanistica per la rivista Urbanistica, e possiamo affermare che le difficoltà maggiori per l'impiego delle risorse sono date dai lavori di indicizzazione e dalla profondità di tali operazioni.
Per i giornali si attuerà, credo, una indicizzazione legata al numero del fascicolo perché sarebbe troppo costoso un impegno di spoglio dei singoli articoli.

Anche su un altro fronte la BNCF ha operato: nello specifico, ci siamo attivati per rendere visibile in rete attraverso il nostro OPAC e, quindi, attraverso l'indice SBN i titoli, la reperibilità e la consistenza dei nostri periodici.
La BNCF è forse la sola grande biblioteca - so, però, che anche Roma si sta muovendo in questa direzione- ad inserire la gestione dei singoli fascicoli in SBN; operazione iniziata nel 1988 con il recupero del regresso per le testate correnti in quell'anno. Le testate chiuse dovevano essere tutte recuperate.
Con il progetto PIC (Periodici in Catalogo) e con il progetto PIC2, quest'ultimo finanziato quest'anno e che concluderà i lavori, si raggiungerà tale scopo.
Ad esempio, se oggi contattate il nostro OPAC e digitate la parola chiave QUOTIDIANO e la natura PERIODICO, e lanciate la ricerca, vi appariranno ben 2544 titoli di quotidiani o di quei periodici che anche solo sporadicamente hanno avuto cadenza giornaliera. Ma è un lavoro ancora da completare.

Oggi le nuove tecnologie ci danno queste possibilità e ci inducono - direi ci costringono - loro stesse a forme di collaborazione giacché sarebbe impensabile che una qualsiasi soluzione, in questo ambito come in altri, possa attuarsi se non in un'ottica di cooperazione su larga scala.
Nessuna biblioteca, dalla più grande alla più piccola, può illudersi di affrontare da sola questi problemi.


Copyright AIB 2001-04-18, ultimo aggiornamento 2001-04-21 a cura di Vittorio Ponzani
URL: https://www.aib.it/aib/cen/conv01-t3.htm

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