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Associazione Italiana Biblioteche

Osservazioni e proposte sul DDL 4014, servizi pubblici locali, con riferimento ai servizi di carattere sociale e culturale senza rilevanza imprenditoriale

30 marzo 2000

L'attenta lettura del Disegno di legge n. 4014, nel testo finale approvato in data 8 marzo dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato, lascia non poche perplessità e non risolve alcuni problemi di fondo che appesantiscono le questioni riferite ai servizi culturali degli enti locali.

L'Associazione Italiana Biblioteche vuole porre all'attenzione dei rappresentanti parlamentari le seguenti osservazioni e i conseguenti suggerimenti che, ovviamente, sono riferiti ai problemi della gestione dei servizi bibliotecari dei comuni.

Premessa

La definizione di "servizi pubblici locali", adottata all'art. 22, pone giustamente sullo stesso piano tutti i servizi che gli enti locali predispongono per i cittadini: "i servizi pubblici locali hanno ad oggetto la produzione di beni e lo svolgimento di attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali".

Ma, nell'individuazione degli strumenti di gestione di questi servizi, viene ad essere riprodotta una storica situazione di discriminazione tra i "servizi industriali" e "i servizi di carattere sociale e culturale".

Con riferimento a quanto sopra premesso, due sono gli elementi che maggiormente evidenziano, nel DDL, una chiara condizione di "minorità" dei servizi culturali rispetto ai servizi industriali:

Tale contraddizione ci appare ancor più palese se si richiamano i principi più importanti trasmessi dalle leggi di riforma delle autonomie locali e della pubblica amministrazione:

Le biblioteche e la loro gestione in forma associata

La nostra analisi e le nostre proposte, riferiti alle problematiche dei servizi bibliotecari, partono dal presupposto che, in linea generale, questi servizi sono ascrivibili alla categoria dei "servizi a contenuto sociale e culturale senza rilevanza imprenditoriale" (art. 22, comma 6). Pertanto i comuni, al fine di gestire in modo efficace le proprie biblioteche, dovranno decidere l'adozione di una delle seguenti modalità:

È ovviamente da escludere, stante la natura non economico- imprenditoriale dei servizi bibliotecari, l'ipotesi di trasformare le biblioteche in "società di capitali" (comma 4, punto b).

Ebbene, delle tre forme sopra elencate, solo quella tramite istituzione ha in teoria la possibilità di poter essere utilizzata come forma di gestione associata e, comunque anche in questo caso, con notevoli problemi applicativi, derivanti dal vigoroso legame che l'istituzione si trova ad avere con il comune di riferimento. Se sono più di uno i comuni compartecipanti alla stessa istituzione, questo ente strumentale diviene ingestibile, salvo che non sia ritenuto possibile approvare uno statuto costitutivo che attribuisca all'Assemblea dei partecipanti i compiti previsti nel DDL come competenza dei consigli comunali: la nomina e la revoca degli amministratori, l'approvazione dei programmi, dei bilanci e del conto consuntivo. Ai comuni partecipanti ad un modello di "istituzione intercomunale" dovrebbero rimanere solo i compiti del conferimento del capitale di dotazione e la verifica dei risultati di gestione.

Esisterebbero, con il ricorso agli articoli 24 e 25 della L. 142/90, altre forme amministrative per la gestione dei servizi pubblici in forma associata:

Sottolineiamo con forza queste contraddizioni, evidenziando in definitiva la mancanza di strumenti per la gestione associata delle biblioteche da parte dei comuni, domandandoci del perché i servizi economici e industriali (acqua, gas, ecc.) abbiano giustamente abbandonato da tempo la metodologia del "far da soli", mentre gli altri servizi (sociali e culturali) debbano, quasi necessariamente, continuare con i criteri del "piccolo è bello".

In queste condizioni di palese precarietà e inadeguatezza degli strumenti indicati dal DDL 4014 per la gestione dei servizi culturali, si paventa la quasi certezza che gli oltre cinquemila comuni italiani titolari di servizi bibliotecari, adotteranno in massa il residuale strumento della "gestione in economia", in palese contraddizione con il DDL che lo configura quale modalità "eccezionale"; ma soprattutto in netta contraddizione con la dichiarata volontà di mettere in atto, nel comparto dei servizi, quella necessaria riforma per adeguarli, in termini di efficienza ed efficacia, al fondamentale obiettivo di promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali che, ne siamo profondamente convinti, non hanno solo bisogno di efficienti servizi economico-industriali, ma certamente anche di servizi sociali e culturali.