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AIB. Commissione nazionale Catalogazione e Indicizzazione

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Osservazioni sul documento della Commissione RICA
"Intestazione uniforme - Enti"

 

Teresa Grimaldi (coordinatrice), Carlo Bianchini, Pino Buizza, Andrea Fabbrizzi, Stefano Gambari, M. Chiara Giunti, Stefano Tartaglia.

Bologna, 14 gennaio 2006

La Commissione Catalogazione e Indicizzazione dell'AIB, Associazione Italiana delle Biblioteche, ha esaminato il documento della Commissione RICA "Intestazione uniforme - Enti" disponibile all'indirizzo http://www.iccu.sbn.it/PDF/Intestazione_uniforme-Enti.pdf [in formato PDF, 116 Kbyte] ed esprime le seguenti osservazioni, nell'intento di contribuire positivamente al processo di revisione delle RICA.


Considerazioni generali
La Commissione ribadisce quanto evidenziato già nel precedente documento di osservazioni (Osservazioni sul documento della Commissione RICA "Forma dell'intestazione - Autore personale"), inviato in data 14 novembre 2004 e disponibile in linea https://www.aib.it/aib/commiss/catal/rica01.htm, a proposito della difficoltà di ponderare l'esame dei singoli documenti e della ratio che li sostiene in assenza, tra l'altro, di un Sommario e/o un Glossario per l'inquadramento generale del lavoro di revisione.
Per quanto riguarda l'individuazione del principio generale che governa la forma dell'intestazione, è evidente che prevale anche per gli enti, come per le persone, il criterio bibliografico-editoriale: la forma autorizzata è quella che l'ente adopera nelle sue pubblicazioni in lingua originale, preferita alla denominazione ufficiale. Questo principio - che per i nomi di persona entra in conflitto con l'uso delle fonti e dei repertori della tradizione storico-letteraria, e prefigura una concezione "decontestualizzata" e "destoricizzata" del catalogo1 - per gli enti è condivisibile, dato che il più delle volte si tratta di entità definite principalmente in relazione a funzioni extra-bibliografiche, e quindi privi di una forte tradizione citazionale storico-letteraria.
L'applicazione di questo principio, che sancisce la forma diretta del nome, ha opportunamente determinato il ridimensionamento da parte della Commissione RICA delle "forzature o distorsioni che in passato si è cercato di applicare ai nomi di vari enti per ricondurli dentro uno schema uniforme (università, accademie, camere di commercio, istituti e società storiche, aziende sanitarie locali, etc.)" (p.1). Tale applicazione non è stata tuttavia coerente e sistematica, e ha introdotto contraddizioni al principio di individuazione e identificazione con eccezioni non giustificabili e il ricorso a forme inusitate e inefficaci ai fini del recupero, in relazione:

  1. alla adozione dei nomi convenzionali per gli enti giurisdizionali e politico-amministrativi. Tale è il nome del territorio, di derivazione anglo-americana, presente ancora nelle AACR sotto la categoria "nomi geografici", e introdotto inizialmente sia per la convinzione dell'efficacia del nome del luogo come "caption word" per il recupero degli enti privi di un nome determinato; sia per un evidente retaggio del catalogo dizionario (in cui il nome geografico è accesso autonomo come soggetto corrispondente al territorio). In una logica catalografica imperniata sulla indicizzazione delle singole entità impegnate nella produzione intellettuale e realizzazione materiale delle opere e delle pubblicazioni, l'unica preoccupazione non può essere che quella di citare l'ente secondo il suo nome specifico e diretto, evitando elementi estranei al criterio della indicizzazione alfabetica specifica. Ne consegue che: a) l'ente politico territoriale deve avere come nome quello in lingua originale e in forma diretta rispecchiante la sua identità di carattere giurisdizionale (significativa è in Italia l'applicazione coerente di questo principio da parte della Biblioteca del Senato); b) che i mutamenti istituzionali giustificano una nuova intestazione.
    Del resto il dibattito scientifico su questa problematica ha prodotto dei risultati teoretici di notevole entità: si veda la raccomandazione di Lubetzky di abolire la diversificazione tra le varie categorie di enti; la preziosa analisi comparativa e le acute riflessioni di Eva Verona, ampiamente conosciute e commentate anche nella letteratura catalografica italiana. Né va dimenticata la posizione della delegazione italiana in seno alla Conferenza di Parigi, saldamente attestata sulla preferenza del nome ufficiale rispetto al nome convenzionale; sulla forma originale del nome dello stato, a garanzia della conformità internazionale; sulla forma diretta e autonoma degli organi dello stato e che, in ambito italiano, è stata rinvigorita teoreticamente anche con le critiche ai Principi di Parigi e alle RICA.
    L'adozione del principio dell'intestazione specifica, inoltre, è a maggior ragione necessaria nell'ottica della costituzione di cataloghi integrati (prefigurata dai Principi di Francoforte), in cui gli indici per nomi si riferiscono alle persone, famiglie e enti non solo come autori ma anche come soggetti. In questo caso, il requisito fondamentale, prima ancora che quello della uniformità e univocità del nome dell'ente, è quello della identificazione e diversificazione delle entità geografico-territoriali da quelle politico-territoriali, al fine di ottenere un ordinamento delle entità sulla base della loro natura, geografica o politico-amministrativa (e all'interno di questa, per tipo, grado e livello di giurisdizione), e di poter riferire coerentemente a tali entità le diverse categorie di articolazioni topiche pertinenti.
  2. All'adozione della forma gerarchica per gli organi degli enti politico-territoriali e religiosi. In realtà, l'accesso attraverso il nome del territorio tradisce la necessità di un espediente per classificare sistematicamente tutti gli organi di una autorità politico-territoriale e religiosa. Ma per delineare una struttura sindetica completa l'attuale soluzione - cioè la presenza di numerose intestazioni singole, composta da "Nome geografico in italiano + nome originale dell'ente specifico" - è debole e inefficace: sarebbe forse più opportuno, come già prefigurato nel documento, delineare tale struttura in maniera sistematica e una volta per tutte in relazione all'autorità politica pertinente, nella lingua originale; da questa intestazione, che non è il punto di accesso preferito, ma il punto di raccordo tra i vari nomi autorizzati degli organi, si rinvierebbe a tutti gli enti indicizzati direttamente sotto il loro nome specifico.

  3. All'adozione della forma italiana al posto di quella originale del nome del territorio. La forma italiana, se va senz'altro incontro alle difficoltà di ricerca degli utenti del catalogo locale rispetto ad usi linguistici specialistici o estranei alle tradizioni locali, non risolve le difficoltà che il lettore incontrerà in quanto utente di un METAOPAC internazionale, in cui si dovrà adattare ai diversi usi linguistici, tanti quante sono le diverse tradizioni localistiche. Del resto la difficoltà del recupero di enti stranieri, specie se in linguaggi poco conosciuti, può essere attenuata dalla consultazione di liste di autorità e dalla predisposizione di opportuni meccanismi di commutazione automatica delle varie forme di accesso dell'utente nelle forme autorizzate in lingua originale. A tale scopo, ad esempio, nel campo della catalogazione per soggetto si è da tempo prospettata la necessità di affiancare, ai tradizionali strumenti di controllo per gli indicizzatori, i cosiddetti thesauri utenziali, nei quali appunto vengono registrate le forme comuni o correnti.


Le contraddizioni evidenziate potrebbero essere eliminate dalla prescrizione univoca della forma diretta del nome degli enti in lingua originale.
A questa prescrizione si potrebbe rivolgere l'obiezione che essa contrasta con la prassi oggi prevalente.
Tuttavia, da una parte è evidente che già la bozza della Commissione RICA comporta cambiamenti di notevole entità, che riguardano la riformulazione dei nomi delle università, accademie, biblioteche, camere di commercio, aziende sanitarie locali, istituti e società storiche, parrocchie, diocesi, etc. L'eventuale, ulteriore cambiamento riguarderebbe solo le giurisdizioni statali e locali e i loro organi, ma ciò garantirebbe l'applicazione coerente del principio della forma diretta in lingua originale, senza alcuna eccezione.
Dall'altra è altrettanto ovvio che la prassi non può condizionare le ragioni di principio e le considerazioni teoriche sollecitate sia dalla elaborazione di un documento di revisione e innovazione del codice italiano, sia dalle raccomandazioni espresse nelle istanze internazionali di revisione e rifondazione dei principi di catalogazione. A proposito di queste ultime, la Commissione AIB osserva:

  1. che la prescrizione dei Principi di Francoforte al punto 5.4.1: "Per le giurisdizioni territoriali, l'intestazione autorizzata deve includere la forma correntemente usata del nome del territorio interessato", può essere applicata coerentemente sia dalla forma "Italia <Repubblica>", sia, più correttamente, dalla forma diretta "Repubblica italiana", in quanto il nome del territorio, anche se espresso in forma aggettivale, è incluso nel nome dell'ente; e, per gli organi di tali enti, dalla forma "Cabinet Office <Great Britain>, "Ministero degli interni <Italia>" etc. (ovviamente quest'ultima qualificazione sarebbe da aggiungere solo in un METAOPAC internazionale, non nei cataloghi italiani).
  2. che la raccomandazione del Working Group 2 dell'IME ICC2, Corporate Names, sanziona il principio dell'ordine diretto come trovato comunemente nelle manifestazioni.

Commento ai punti specifici del documento:

Premessa
Permane l'ambiguità relativa all'oggetto di studio dei due documenti della Commissione RICA, e l'incertezza nel superare il retaggio della problematica autoriale. Ciò è evidente dal fatto che il nome dato al primo documento era "Forma dell'intestazione-Autore personale", successivamente modificato in "Forma dell'intestazione-Persone"; in questo secondo documento la prima frase della Premessa recita: "Le intestazioni per gli enti costituiscono uno dei campi più complessi e ostici della catalogazione per autori". Inoltre, in che senso si parla di "enti ai fini catalografici"? Si tratta di una formula pregnante, perchè introdotta inizialmente sia per motivi sostanziali (includere o meno nel catalogo per autore categorie convenzionali di autori; tener conto, nella determinazione della identità dell'ente, di considerazioni diverse da quelle sostanziali, riguardanti le funzioni e la natura giuridica, politica, commerciale, culturale, etc. dell'ente); sia per motivi formali (considerare enti anche quei raggruppamenti non forniti di nomi identificanti). È quindi necessario definire il preciso significato di questa formula in questo nuovo ambito e contesto di dichiarazione programmatica.

0.3. Trasformazioni degli enti e cambiamenti di nome
Sembra che una nuova e distinta identità bibliografica sia determinata soprattutto sulla base di cambiamenti formali che non siano minori. Ma a proposito dei cambiamenti minori nel nome degli enti, come quelli citati negli esempi a p. 7, siamo sicuri che non muti l'identità dell'ente (cioè le competenze e gli ambiti politico-gestionali) tra l'intestazione "Umbria <Regione> Ufficio per i beni e i servizi bibliotecari, archivistici e le attività dello spettacolo" e l'intestazione "Umbria <Regione> Ufficio per i beni e i servizi bibliotecari, archivistici e le attività dello spettacolo, sport e tempo libero" da cui si fa rinvio?
Se invece, nei casi di cambiamenti formali minori si tenessero in debito conto anche i cambiamenti di funzione, natura giuridica, ambiti giurisdizionali etc., si potrebbe dire più semplicemente e con più aderenza alla sostanza, che "I cambiamenti formali minori di nome danno comunque origine a intestazioni distinte se cambia la natura, funzione, ambito di competenza etc. dell'ente"; si unificherebbero di conseguenza i punti 0.3, 0.3.1, 0.3.2. , e si rispecchierebbe più fedelmente l'identità dell'ente.
Inoltre, l'introduzione a questo punto degli esempi riferentisi a nomi convenzionali (quelli degli enti territoriali) è inopportuna, dato che non si è ancora introdotta la regola (che non si condivide) secondo cui la forma delle giurisdizioni territoriali è il nome del territorio. All'inefficacia di questa scelta - che nelle RICA valeva comunque per tutti i tipi di giurisdizione, mentre adesso ci sono delle eccezioni nella eccezione - subentra ora anche una contraddizione all'interno degli stessi enti politico-territoriali, perché mentre, per es., per la Repubblica Italiana l'intestazione è "Italia" e per il Comune di Roma è "Roma", per un'altra entità politico-territoriale di livello diverso, la regione, la forma dell'intestazione è "Umbria <Regione>".

1. Scelta del nome
Il criterio è, come per le persone, quello bibliografico-editoriale: la forma prevalente nelle pubblicazioni in lingua originale prevale su quella ufficiale o su quella più completa. L'indicazione "nella pubblicazione" si rivela anche qui, come per le intestazioni per le persone, molto generica e ambigua: significa a volte edizione originale, a volte edizione autorevole, a volte pubblicazione ufficiale.
Inoltre sembra che con il termine "pubblicazione" ci si riferisca essenzialmente al documento librario a stampa, e si eluda la complessità e varietà delle citazioni degli enti negli altri tipi di documenti.

1.3. Enti subordinati o collegati ad altri enti
La citazione di un settore, un ente o un ufficio accanto a quello dell'ente sovraordinato non è ritenuta condizione sufficiente per la forma diretta del nome: l'organo subordinato deve essere un organo effettivamente e autonomamente costituito. Ma allora perché "Italia. Senato. Biblioteca" se la forma della pubblicazione è "Biblioteca del Senato della Repubblica"? Non è una denominazione sufficiente? Inspiegabile anche la forma "Italia. Soprintendenza...", mentre si ammette "Servizio geologico nazionale".

1.4. Enti territoriali
Il criterio di scelta del nome per gli enti politico-territoriali, il nome del territorio, contrasta:

  1. con il criterio bibliografico-editoriale (il nome dell'ente territoriale non è quasi mai presente nelle pubblicazioni che ad esso si ascrivono; inoltre, se le pubblicazioni di riferimento devono essere quelle in lingua originale, non si vede perché attestare, per es., la forma "Francia" e non "France");
  2. con quello sostanziale (la denominazione ufficiale o tradizionale dell'ente è quella relativa alla sua natura giurisdizionale), e introduce una preferenza dell'italiano come lingua del catalogo che contrasta con l'intenzione espressa programmaticamente di evitare scelte locali.
Inoltre, la scelta del nome che connota il territorio - tra l'altro non sempre attuabile - protrae lo svantaggio di affastellare alfabeticamente organi politici, amministrativi e regionali che sarebbe più opportuno riferire alle rispettive forme politiche istituzionali.
Sopravvivono infine, senza alcun criterio né territoriale, né citazionale, inusitate forme convenzionali, quali per es. "Due Sicilie".

1.4.2. Qualificazioni degli enti territoriali
A parziale smentita del criterio del nome del territorio succede la regola della qualificazione di alcuni territori con espressioni relative alla loro denominazione giurisdizionale: per es. "Toscana <Regione>", "Baviera <Land>": eccezione non giustificata per gli stati moderni.

1.4.4. Organi di enti territoriali
Il criterio più efficace sarebbe quello della forma diretta: per es. "Senato della Repubblica". Esso coinciderebbe il più delle volte con il nome usato nelle pubblicazioni, a sua volta rispecchiante molto spesso la denominazione ufficiale: per es. "Ambassade de France <Roma>" al posto di "Francia. Ambassade <Roma>". In quest'ultimo caso, e in tutti quelli analoghi, si eviterebbe tra l'altro la forma mista e inusitata "Primo elemento dell'intestazione in italiano/secondo elemento dell'intestazione in lingua straniera". Si tratterebbe di estendere agli enti lo stesso principio del "nome in lingua originale delle edizioni originali", che ha sicuramente il pregio di fornire al catalogo un linguaggio nello stesso tempo specifico e di carattere internazionale, e di evitare un approccio gerarchico e classificatorio, spurio in un catalogo alfabetico in cui dovrebbe governare il principio della citazione diretta e specifica delle entità individuali.

1.5. Enti religiosi
Al criterio generale di intestazione (il nome con cui gli enti religiosi sono prevalentemente identificati nelle loro pubblicazioni) si oppone la clausola "nella forma italiana se usata comunemente dall'ente stesso (cfr.il par.1.2.2)": cosa significa la clausola? Se l'ente usa prevelentemente la forma italiana nelle pubblicazioni originali la scelta della forma italiana rientra nel criterio generale: se si vuol dire invece che si posseggono soprattutto pubblicazioni in lingua italiana, e queste contano per la scelta della forma del nome, allora non è questione di clausola, è il criterio generale che cambia! Questa obiezione va estesa ovviamente anche agli enti interessati dalla regola 1.5.2.
Per quanto riguarda gli istituti religiosi, si adotta la forma italiana, ma il criterio di giustificazione è adesso non l'uso da parte dell'ente stesso ma l'uso corrente (in che ambito?) della forma breve: eccezione al criterio generale e alla clausola precedente, e retaggio delle AACR.

1.5.3- 1.5.4 Circoscrizioni territoriali ecclesiastiche e Istituzioni religiose locali
Rientrano sotto il principio generale della forma diretta nella lingua originale gli enti e gli organi ecclesiastici che hanno una competenza territoriale, le chiese, le abbazie e simili, per es.:
- "Arcidiocesi di Milano" ... vs. RICA ... Milano <Arcidiocesi>
- "Provincia ecclesiastica veneta" ... vs. RICA ... Veneto <Provincia ecclesiastica>
- "Abbazia di Montecassino" ... vs RICA ... Montecassino <Abbazia>
- "Parrocchia san Giovanni Bosco <Belluno>"

1.5.5. Enti religiosi subordinati e organi di enti religiosi
Si enuncia la regola generale: forma diretta o, se insufficiente all'identificazione, forma gerarchizzata. Tuttavia si adotta la forma gerarchizzata anche quando la forma diretta è dotata di autonomia semantica e citazionale per:

  1. gli ordini religiosi, in ottemperanza alla adozione del criterio dubbio del nome breve: per: es. "Francescani. Provincia lombarda", al posto di "Provincia dei frati minori di Lombardia" (èinvece forma accettata "Provincia ecclesiastica veneta");
  2. gli organi della chiesa cattolica e altri organi collegati, es. "Chiesa Cattolica. Congregazione De propaganda fide"(al posto di "Congregatio de propaganda fide") in ottemperanza allo stesso criterio gerarchico e classificatorio fatto valere per gli organi delle autorità politico-territoriali.
Per accademie e istituti culturali dipendenti o collegati con la Curia romana o la Santa Sede è prescritta invece la forma diretta, per es.: "Biblioteca Apostolica Vaticana". La specificazione non sarebbe necessaria se ci fosse attenuti sempre e correttamente al criterio della forma diretta della pubblicazione in lingua originale.

1.6.1. Nome formale che identifica un ente a carattere occasionale
Qual è la fonte per l'identificazione del nome formale di questo tipo di ente: tutta la pubblicazione (come recita il primo paragrafo) o il frontespizio (come risulta evidente dagli esempi)? È un problema delicato e spinoso, ma deve essere affrontato e risolto esplicitamente, soprattutto tenendo conto non solo che in molti casi non è il frontespizio a citare il nome formale del congresso, ma anche che esistono numerose tipologie di risorse prive di frontespizio. Si suggerisce pertanto di eliminare ogni riferimento alle variazioni grafiche, anche per evitare gli esiti incerti e oscuri degli esempi che accettano "Tavola rotonda La zootecnia al servizio dell'uomo" ma non "Convegno internazionale Il sistema delle dispersioni ...", e che risultano del tutto incomprensibili all'utente.

2.2. Nomi di persona nel nome di un ente, nota 6
Non si comprende per quale motivo il documento non considera le problematiche relative alla registrazione sistematica e uniforme di editori e tipografi (o librai, ecc.) come responsabili materiali delle pubblicazioni, per il libro antico o anche per i materiali contemporanei. Forse si deve presumere che gli enti finora considerati sono legati esclusivamente alla problematica della responsabilità autoriale nei confronti delle opere? In ogni caso, il criterio di indicizzazione di un ente deve essere unico, indipendentemente da considerazioni di ordine descrittivo o funzionale.

3.1 Qualificazioni che accompagnano un nome anche in assenza di omonimie
Perché distinguere, secondo quanto prevede il punto c, gli stati moderni dagli altri? Perché qualificare la provincia e la regione e non il comune?

3.2.2. Qualificazioni di luogo
Questa prescrizione potrebbe essere applicata efficacemente se tutti gli enti e gli organi, anche quelli di carattere politico territoriale, fossero citati in forma diretta. Per es. alla forma "Osservatorio turistico regionale <Emilia-Romagna>" potrebbe essere equiparata la forma "Assessorato alla pubblica istruzione <Puglia>. C'è inoltre una incertezza tra luogo come sede (es. "Institut national de la statistique <Tunisi>") e luogo come territorio di riferimento (es."Osservatorio turistico regionale <Emilia-Romagna>"). In ogni caso la qualifica andrebbe data nella lingua originale.

4. Rinvii e richiami
Se la forma prescelta, insieme ai rinvii e richiami, costituiscono la registrazione d'autorità per l'entità, allora deve essere sviluppata sistematicamente una nota sulla storia dell'ente, e una struttura sindetica di tutte le relazioni pertinenti (relazioni gerarchiche, cronologiche, associative, partitive, ecc.).

Nota 1
La Commissione AIB si riserva di far pervenire a breve una riflessione sulla concezione del catalogo e sui principi di indicizzazione sottesi alla elaborazione dei documenti della Commissione RICA sulla forma dell'intestazione, per le persone e per gli enti.



Copyright AIB, 2006-01-29, a cura di Stefano Gambari
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