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Scelte di politica bibliotecaria

Documento e tesi per il XXXIV Congresso dell'Associazione Italiana Biblioteche - Viareggio, 28/31 ottobre 1987

Indice delle tesi

0. L'informazione è un diritto
1. Non c'è vera politica per le biblioteche senza un'ipotesi culturale
2. Identificare le biblioteche come beni culturali snatura la loro vera funzione di servizi informativi
3. La diversità tipologica delle biblioteche non cancella la natura omogenea della funzione bibliotecaria
4. Il vecchio dilemma centralizzazione decentramento è superato dal metodo della cooperazione: l'efficacia dei servizi è garantita solo dall'integrazione delle funzioni e delle strutture
5. Compito urgente dei tecnici e dei politici è definire l'architettura complessiva dei servizi bibliotecari
6. Un eccesso di legislazione soffoca l'attività delle biblioteche
7. Le biblioteche hanno bisogno di maggiore autonomia
8. L'efficienza dei servizi presuppone la consapevolezza della dimensione professionale da parte dei bibliotecari e il riconoscimento giuridico della professione
9. L'associazione è la sede dei processi di aggregazione professionale e della loro traduzione in proposizioni politiche ed elaborazioni normative

0. L'informazione è un diritto

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Da questa enunciazione di principio, che può ritenersi universalmente accettata e che quindi non necessita di alcuna argomentazione, discende ogni possibile definizione dell'idea di biblioteca, delle sue funzioni, come pure dei fondamenti della professione bibliotecaria.

1. Non c'è vera politica per le biblioteche senza un'ipotesi culturale

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Una politica per le biblioteche non può assumersi sul fondamento delle abituali approssimazioni e genericità. Gli ideali della diffusione della cultura e simili possono tutt'al più costituire uno sfondo generale convenzionale. Allo stesso modo anche una politica che miri unicamente all'espansione del servizio bibliotecario purché sia, prescindendo da una riflessione sulle trasformazioni nei bisogni informativi e di lettura delle varie fasce di utenza. non può produrre evoluzioni significative. Molto spesso i comportamenti delle amministrazioni risultano privi di un disegno complessivo ed appiattiti sulla gestione ordinaria.

Si può affermare, perciò, che senza questi presupposti non possa esistere una vera "politica" bibliotecaria. Occorre, per raggiungere risultati concreti, un'ipotesi-guida. Tale ipotesi si costruisce su un'analisi della biblioteca e delle biblioteche che verta su:

L'ipotesi non può quindi che essere unica e nello stesso tempo differenziata:

2. Identificare le biblioteche come beni culturali snatura la loro vera funzione di servizi informativi

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Il concetto di bene culturale (del resto mai convincentemente definito) investe la biblioteca solo lateralmente.

Infatti

Prova ne sia che la biblioteca eventualmente spogliatasi del proprio patrimonio fisico e col proprio patrimonio informativo interamente in linea non cesserebbe d'essere biblioteca.

Se si trovano, ovviamente, a essere, "anche" strumenti della tutela dei beni culturali, come depositi di materiali storicamente insigni, le biblioteche appartengono ormai, in prima accezione, a un altro mondo, quello dell'informazione e della comunicazione. Perciò per l'amministrazione pubblica operare nel campo delle biblioteche deve significare operare in questo mondo: il diritto pubblico e

privato dell'informazione, l'editoria, il deposito legale e il diritto di proprietà intellettuale, l'agenzia bibliografica nazionale, il ruolo del paese nel controllo bibliografico universale e così via.

Le tematiche "museali" siano solo in funzione di questo. La biblioteca "è uno strumento sociale creato per istituire un legame nel sistema comunicativo, essenziale per qualsiasi società o cultura" (Shera).

3. La diversità tipologica delle biblioteche non cancella la natura omogenea della funzione bibliotecaria

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L'etichetta di biblioteca copre realtà diversissime: dalla grande biblioteca di conservazione alla biblioteca funzionale a un dipartimento universitario, dalla biblioteca pubblica alla biblioteca scolastica. E all'interno di queste categorie le diversità sono profonde: basti confrontare la grande biblioteca pubblica storica di un capoluogo con la minuscola biblioteca di un Comune di poche migliaia di abitanti. Può apparire puro nominalismo accomunarle tutte in una stessa nomenclatura.

Tuttavia un'omogeneità le accomuna, superiore alle singole specificità. Le tre parti in cui vediamo suddivisa la biblioteca moderna sono le stesse per qualsiasi biblioteca:

Inoltre

4. Il vecchio dilemma centralizzazione decentramento è superato dal metodo della cooperazione: l'efficacia dei servizi è garantita solo dall'integrazione delle funzioni e delle strutture

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Le battaglie politiche per le biblioteche negli anni passati sono state fondate sul problema del decentramento, ma alla prova dei fatti questo tema ha rivelato tutta la sua connotazione astrattamente ideologica.

Da un lato il mancato decentramento di tutte le competenze alle regioni, dall'altro la perdita di strutture e di parte delle competenze da parte dello Stato, sono stati di volta in volta considerati come i motivi del mancato decollo del sistema bibliotecario italiano.

Ma laddove il decentramento, come è avvenuto in Sicilia, è stato attuato completamente, la mancanza di un progetto politico complessivo ha impedito alla autorità istituzionalmente preposta alla politica bibliotecaria di intervenire nella gestione delle biblioteche in modo incisivo.

Per la stessa ragione i settori restati completamente di competenza dello Sta to sono stati lasciati decadere progressivamente. Il Ministero per i beni culturali è stato incapace di modificare la legge sul deposito legale, di trovare un ruolo ed una politica per gli istituti bibliotecari statali, di attuare l'art. 15 della legge 805, cioè di realizzare il coordinamento delle funzioni delle due biblioteche nazionali centrali e dell'Istituto centrale per il catalogo unico, che dovrebbero costituire il fulcro dei servizi di sua competenza.

Entrambi, sia lo Stato che le regioni, non sono stati in grado di risolvere il problema della tutela: le regioni hanno dimostrato, nella maggior parte dei casi, una vera e propria insensibilità e incapacità tecnico-organizzativa di fronte a questo compito. Lo Stato, che pure ne avrebbe avuto la possibilità, non ha trovato il modo di emanare norme quadro che mettessero ordine in questo settore.

Subito dopo la loro costituzione le regioni avevano dato segni di voler inaugurare una fase di organico sviluppo dei servizi bibliotecari sul loro territorio; successivamente, però, sono ricadute in una conduzione del settore con modalità e mentalità burocratiche di tipo statale, mostrando nella maggior parte dei casi un'incapacità di programmazione complessiva, limitandosi a produrre norme e regolamenti ed a erogare contributi senza un disegno preciso.

La soluzione dei malfunzionamenti del sistema bibliotecario italiano non può venire né da un totale accentramento di competenze e strutture alle regioni, né dalla regressione ad un centralismo di tipo napoleonico, ma piuttosto deve passare per una precisa definizione di competenze e compiti che consentano l'integrazione degli istituti e dei servizi su tutto il territorio nazionale.

Il metodo con cui attualmente le molteplici amministrazioni competenti gestiscono le biblioteche è improntato a un totale disinteresse ai rapporti con altre istituzioni per la integrazione delle diverse funzioni, al fine di migliorare i servizi. Solo in questi ultimi anni, sia l'espansione della domanda di informazione, sia i costi elevati degli interventi nel settore, hanno portato queste istituzioni a scoprire il metodo della cooperazione.

L'esempio più rilevante è il progetto di Servizio Bibliotecario Nazionale, che si fonda sulla cooperazione sostanzialmente paritaria di Stato, regioni ed università per la realizzazione di un servizio per le biblioteche ed i loro utenti.

Forse le ristrettezze di bilancio possono essere la molla per avviare l'integrazione dei servizi bibliotecari sul territorio; il confronto con altri costringerà le biblioteche a definire con maggiore chiarezza sia gli obiettivi che intendono raggiungere, sia il ruolo che possono svolgere.

Gli accordi interistituzionali per l'attuazione di un servizio che integri le diverse strutture bibliotecarie, a prescindere dall'amministrazione di appartenenza, come quelli realizzati per il Servizio Bibliotecario Nazionale, costituiscono un modello che potrebbe consentire di sviluppare il sistema bibliotecario italiano sfruttando al massimo le risorse disponibili.

5. Compito urgente dei tecnici e dei politici è definire l'architettura complessiva dei servizi bibliotecari

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La caratteristica saliente del sistema bibliotecario italiano è che non è un sistema.

Le biblioteche vengono, nella massima parte dei casi, considerate come unità singole, teoricamente autosufficienti per erogare servizi ai loro utenti.

Il risultato è che, in media, la qualità dei loro servizi è tra le più scadenti in Europa.

Manca da parte dei responsabili, a tutti i livelli, delle biblioteche un progetto reale per i settori di loro competenza.

La politica per le biblioteche si deve fondare su un progetto complessivo che individui le strutture portanti a livello nazionale e le loro funzioni, che costituiscono l'ossatura su cui fondare le articolazioni territoriali e settoriali dei servizi con la partecipazione delle diverse amministrazioni competenti.

L'obiettivo deve essere quello di creare un sistema informativo nazionale che sia differenziato per tipo di utenza e diffuso su tutto il territorio, e di garantire la conservazione del patrimonio bibliografico nazionale.

Non si tratta di fare un'operazione astratta ed avulsa da un preciso contesto: ad esempio, le funzioni di agenzia bibliografica nazionale non debbono essere identificate in astratta aderenza alle definizioni dell'IFLA, ma in rapporto alle esigenze di informazione delle biblioteche e alla strutturazione dei diversi livelli e tipologie di servizio.

La definizione di una architettura di strutture e servizi consentirebbe, eliminando sprechi e sovrapposizioni, lo sfruttamento ottimale delle risorse, anche finanziarie, a disposizione delle biblioteche.

La semplice produzione di norme e regolamenti specifici, come sta avvenendo a livello regionale e si sta minacciando a livello nazionale, non può essere sostitutiva di un piano organico di interventi.

Le necessarie riforme della legislazione attuale debbono corrispondere ad un modello e debbono andare nel senso della creazione di un sistema organico di norme che definisca e regoli solo gli aspetti essenziali dei servizi bibliotecari.

L'articolazione degli obiettivi generali in precise funzioni e la configurazione delle strutture necessarie per realizzarli, non può essere costruita a prescindere dal contributo dei tecnici.

Tuttavia questi, se vogliono svolgere un ruolo attivo nel processo di formulazione della politica per le biblioteche, debbono modificare l'atteggiamento verso la loro professione e trasformarsi in gestori e pianificatori di servizi agli utenti.

6. Un eccesso di legislazione soffoca l'attività delle biblioteche

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Il quadro normativo in cui si muovono le biblioteche italiane è vecchio e superato. Mancano le leggi di indirizzo, che disegnino un coerente sistema bibliografico nazionale, indichino gli strumenti fondamentali per il suo funzionamento e definiscano i compiti di ciascuna sua parte.

Palesemente indifferente al senso e alle funzioni dell'attività bibliotecaria, il legislatore, statale ma anche regionale, ha concentrato tutta la sua attenzione sulle procedure formali per l'"amministrazione della cosa libro", con risultati fallimentari.

"Lacci e lacciuoli", imposti senza tener conto delle differenze di contesti e funzioni, vincolano le biblioteche in ogni loro attività, pregiudicando la fruizione del documento senza garantirne peraltro la conservazione.

Norme anacronistiche cercano di definire fin nei minimi dettagli la stessa organizzazione dei servizi, spesso concepiti come privilegi che la biblioteca può "concedere" a sua discrezione.

La maggior parte delle biblioteche, prive di autonomia finanziaria, sono costrette ad attendere i tempi lunghi amministrativi dell'Ente cui appartengono per provvedere ai loro bisogni più elementari. Le norme contabili impediscono persino di pagare in anticipo un abbonamento o di gestire il servizio fotocopie in maniera soddisfacente.

L'AIB chiede un profondo rinnovamento della legislazione bibliotecaria, che tenga conto soprattutto di un concetto fondamentale: che la biblioteca è un servizio informativo, e non un bene culturale. (Per questo motivo l'associazione ha sostenuto davanti all'VIII commissione permanente della Camera dei Deputati, riunita in sede conoscitiva, l'irrilevanza per le biblioteche della nuova legge di tutela).

Le biblioteche hanno bisogno di leggi che stabiliscano le finalità generali e i presupposti essenziali del loro servizio, senza vincolarne le procedure più elementari e senza appiattirne la fisiologica diversità di funzioni.

La biblioteca deve essere in grado di soddisfare le esigenze dei suoi utenti: questa è la sua funzione e la sua prima legge, cui tutte le norme devono ispirarsi.

7. Le biblioteche hanno bisogno di maggiore autonomia

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Le biblioteche non chiedono autonomia per sottrarsi ai controlli e alle responsabilità, ma per il motivo opposto.

L'attuale ginepraio di norme impedisce alle biblioteche di funzionare e rappresenta il miglior alibi per le inefficienze e gli abusi. Scompare la certezza del diritto. L'eccesso di controlli vanifica qualsiasi controllo. Il risultato è la polverizzazione della responsabilità. Nessuna organizzazione può funzionare senza responsabilità chiare e controlli rigorosi. Ma essi devono riferirsi più ai risultati e meno alle procedure formali. Oggi, invece, manca qualsiasi controllo a posteriori sull'efficacia del servizio: le statistiche bibliotecarie versano infatti in condizioni primordiali.

Affinché le biblioteche possano rispondere agli utenti e ai contribuenti del servizio reso, le leggi devono indicare, in modo chiaro e univoco, i compiti fondamentali, le responsabilità, i principi generali di funzionamento delle biblioteche.

All'interno di questo quadro generale di riferimento, ciascuna biblioteca studia i bisogni della propria specifica utenza e definisce il modo più efficiente ed efficace di soddisfarli. Tutte le attività della biblioteca devono essere orientate sul suo carattere inevitabilmente "speciale": la pianificazione e l'organizzazione dei servizi, la struttura dei cataloghi, la selezione e il trattamento del materiale, l'utilizzo degli spazi e le stesse procedure amministrative. Ognuna di queste scelte è, più o meno direttamente, una scelta di servizio, e al tempo stesso una decisione sull'uso delle risorse umane, finanziarie e tecniche di cui la biblioteca dispone.

Pertanto, la biblioteca deve avere un ampio margine discrezionale, per adattare le regole comuni al suo specifico contesto: non solo nella sfera tecnica, legata direttamente alle attività di servizio, ma anche in quella della gestione amministrativa. Deve poter decidere autonomamente gli orari di apertura o la politica di prestito, deve poter applicare in modo flessibile gli standard catalografici, ma deve anche poter scartare il materiale documentario incoerente con i suoi obiettivi, deve poter pagare in anticipo un abbonamento, deve avere mezzi sufficienti a provvedere alle sue necessità elementari, soprattutto dev'essere messa in condizione di gestire autonomamente le dotazioni di bilancio assegnatele e di acquisire ulteriori fondi, vendendo prodotti e servizi documentari ed editoriali, salvo rendere conto della legittimità ed efficacia del proprio operato.

L'autonomia è l'unica soluzione che rispetti la diversità di compiti delle biblioteche. Se la normalizzazione è strettamente commisurata agli obiettivi comuni, se essa offre delle opportunità in più, non degli inutili vincoli, il sistema produce, a partire dalle risorse disponibili, il massimo beneficio per tutti e per ciascuno.

Soltanto se autonoma la biblioteca può adeguare i propri servizi ai bisogni in continua evoluzione dei propri utenti e cogliere le nuove opportunità per soddisfarli. Solo assolvendo sempre meglio alle proprie funzioni essa può legittimare la propria esistenza in un mondo che offre possibilità sempre più ricche di accesso all'informazione.

8. L'efficienza dei servizi presuppone la consapevolezza della dimensione professionale da parte dei bibliotecari e il riconoscimento giuridico della professione

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La professionalità del bibliotecario è strettamente legata al contesto in cui egli opera, al tipo e alla qualità dei ser vizi resi, al sapere specifico che egli è ca pace di impiegare come gestore di questi servizi, al livello di responsabilità ricoperta e ai risultati raggiunti rispetto alla soddisfazione delle esigenze degli utenti. Quella dei bibliotecari è quindi una professionalità che, pur essendo fortemente radicata nella rigorosità degli studi condotti all'interno del sistema scolastico e universitario, non può essere affidata soltanto alle capacità individuali e non è misurabile solo con questo metro. Pertanto la giusta rivendicazione - che va facendosi largo tra i bibliotecari - di un riconoscimento della professione non può essere disgiunta da una forte iniziativa politica per un miglioramento dei servizi bibliotecari e, in quest'ambito, per un maggiore impegno delle amministrazioni sul terreno della formazione e dell'aggiornamento. Molti sono, quindi, gli aspetti della questione, interdipendenti tra loro, che vanno analizzati nel loro insieme: l'individuazione dei prerequisiti che l'aspirante ad un lavoro in biblioteca deve possedere al termine del suo curriculum di studi, il problema dei meccanismi di reclutamento più idonei a selezionare i candidati, quelli di un primo momento formativo che faccia seguito all'assunzione e che consenta l'apprendimento di metodi e tecniche da applicare nella pratica lavorativa quotidiana, quelli - infine - della necessità di ricorrenti occasioni di aggiornamento e adeguamento della prepara zione. Se non vi sarà certezza di un serio impegno di tutti su questo terreno non avrà senso porre il problema del riconoscimento giuridico della professione bibliotecaria, che l'AIB ritiene necessario ed urgente. A cosa serve, infatti, attivare corsi di laurea nelle discipline professionali, se poi mancano ruoli specifici e l'immissione nell'attività bibliotecaria resta aperto a chiunque? A cosa serve pretendere l'organizzazione di corsi di aggiornamento, se poi la progressione in carriera e l'accesso alle qualifiche dirigenziali non si basa sul merito e viene di fatto ridotto ad un riconoscimento dell'anzianità maturata? Purtroppo non sempre i bibliotecari mostrano di avere consapevolezza della dimensione professionale del loro lavoro e della complessità delle questioni sul tappeto: anzi, spesso essi sono i primi ad avere una visione burocratica del loro ruolo e dei loro problemi. Quindi, la reale soluzione del problema del riconoscimento della professione non va ricercata all'esterno, o, meglio, non soltanto all'esterno, ma nella capacità di cultura e di coscienza dei bibliotecari, nella capacità di conquistarsi stima e considerazione, oltre che nella capacità di aggregazione che l'AIB saprà offrire loro.

9. L'associazione è la sede dei processi di aggregazione professionale e della loro traduzione in proposizioni politiche ed elaborazioni normative

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All'interno del panorama bibliotecario italiano l'AIB occupa una posizione peculiare, che ne definisce le finalità e il ruolo.

Negli ultimi anni su questo panorama si sono affacciato nuovi attori, a testimonianza di una maggiore vivacità e di un rinnovato interesse per le biblioteche: il corpo docente delle discipline bibliografiche e biblioteconomiche è raddoppiato di numero, l'espansione della produzione editoriale specializzata ha consentito ad una nuova generazione di bibliotecari di misurarsi con le tematiche più nuove della letteratura professionale, numerosi organismi pubblici e privati propongono agli operatori di biblioteca iniziative formative e di aggiornamento. La presenza di questa pluralità di soggetti e di occasioni sta anche a significare che oggi l'elaborazione politica e scientifica non viene maturata solo all'interno di poche sedi istituzionali e che nessuno può ritenere di essere deposita rio di funzioni e competenze esclusive e definitivamente acquisite. Né si può pensare che queste evoluzioni tolgano spazio all'Associazione, che invece conserva inalterata la sua funzione di guida professionale e di garante sia per i bibliotecari che per le realtà esterne.

Non si può negare, infatti, che il permanere di ritardi e inadempienze da parte delle istituzioni e la contemporanea crescita e rivitalizzazione del setto re, pur non senza qualche confusione, richiedano l'esistenza di un momento di aggregazione, dal quale i bibliotecari possano sentirsi rappresentati. In tal senso va inteso oggi lo spirito del nostro statuto, che affida all'AIB compiti di intervento nel dibattito e nella politica bibliotecaria e di valorizzazione e qualificazione della professione.

In termini di programma ciò vuol dire che non è sufficiente limitarsi a chiedere, stimolare, denunciare: queste scelte vanno tradotte in un maggiore impegno nell'elaborazione di progetti e principi, sul terreno politico e su quello scientifico, confrontandosi su di essi con interlocutori e controparte, seguendone poi l'iter e controllandone l'attuazione; ciò che invece l'associazione non può e non deve fare è la gestione diretta, la cogestione, la surroga rispetto alle incapacità e alle inadempienze altrui.

Per rispondere a queste esigenze e per esercitare pienamente i suoi compiti di Associazione professionale, l'AIB ha bisogno di essere realmente rappresentativa, il che richiede un rafforzamento ed una espansione delle sue strutture centrali e periferiche (v. riconoscimento della personalità giuridica, soluzione del problema sede, disponibilità di maggiori risorse finanziarie e umane) e un adeguamento qualitativo e produttivo degli strumenti di elaborazione (v. commissioni e gruppi di lavoro, Bollettino, attività editoriale, biblioteca).


Copyright AIB2000-01-12, ultimo aggiornamento 2001-08-12 a cura di Elena Boretti e Vanni Bertini
URL: https://www.aib.it/aib/commiss/cnbp/tesi.htm


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