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AIB. Commissione nazionale servizi bibliotecari nazionali e tutela


CONSERVARE IL '900
Ferrara, 25-26 marzo 2000

La scelta di conservare il libro per ragazzi. Un libro fatto per non essere conservato / Antonella Agnoli

Oggi ci poniamo il problema di conservare i libri per ragazzi, libri di consumo, oggetti fatti per non essere conservati perché resistono male al tempo e all'uso. Dopo anni, o addirittura pochi mesi ci appaiono, superati, banali, prodotti di serie di un'altra epoca. Mi chiedo se questa nostra volontà di salvarli non venga da una sottile inquietudine, un timore che questo secolo sbagliato non sia già andato troppo in là nella sua opera di distruzione. Un'ansia di preservare la memoria anche di opere, autori, momenti storici che potrebbero essere tranquillamente destinati all'oblio.

Cercherò di rispondere alla domanda perché conservare un libro "fatto per non essere conservato"?

Cosa intendiamo per libro per ragazzi?

Quello del libro per ragazzi è un campo difficile da definire; per comodità ci riferiamo ai libri che le case editrici propongono in modo specifico ai ragazzi. Si tratta di oggetti estremamente diversi tra loro: si va dai racconti o romanzi pensati per un pubblico giovanile alle edizioni "condensate" (o censurate) dei classici per adulti. Troviamo libri di solo testo, libri illustrati, fumetti, libri composti da sole illustrazioni. Questa varietà si spiega con il fatto che il libro "per ragazzi" si trasforma incessantemente, molto di più del libro per adulti. Sono mutamenti legati all'evoluzione dei linguaggi, al cambiamento del gusto, alla nascita di nuove tecnologie. Sono stati creati prodotti straordinari, pensati per conquistare nuovi pubblici, nuove fasce d'età. Il libro per ragazzi sta vivendo in questi ultimi trent'anni una fase di forte espansione, siamo in presenza di un mercato editoriale sempre più vivace, innovativo, interessante.

Il fenomeno forse più sorprendente negli ultimi anni è stata l'esplosione di libri per i più piccoli "i libri-gioco", per i bambini che ancora non leggono le parole ma esplorano gli oggetti con tutti i loro sensi. Sono libri da addentare, succhiare, annusare, accarezzare, ascoltare, colorare, da portare in vasca da bagno o a letto al posto dell'orsacchiotto. Libri di stoffa, di plastica, di cartone, di legno, di peluché, libri a forma di missile, di casetta, di papera. Libri con carillon, spirali, buchi, carte trasparenti. Libri piccolissimi facili da sfogliare anche per un bebè, libri giganteschi dietro i quali nascondersi a leggere altri libri, libri animati da quali spuntano velieri, dinosauri, locomotive.

Libri spesso fragilissimi, difficili da conservare, difficili da restaurare.

Esiste un segmento del mercato di libri per ragazzi di elevatissima qualità: non dovrebbe neppure essere necessario sottolineare l'importanza di case editrici come la Emme di Rosellina Archinto, o di autori come Leo Lionni, Iela e Enzo Mari, Eric Carle e tanti altri.

Userò un solo esempio per tutti Bruno Munari: a lui si devono alcuni tra i più bei libri per ragazzi degli ultimi 50 anni.

Munari comincia a creare libri per ragazzi nel 1943 per dare a suo figlio qualcosa di meglio delle "solite" fiabe e dei libri stampati in bianco e nero, con poche illustrazioni, spesso monotone e inutili. Si interessa al libro perché, dice, "serve a vivere meglio". Ne fa un oggetto di ricerca e di sperimentazione durante tutta la sua vita artistica, che dura ininterrottamente fino alla sua morte, due anni fa.

Per lui il libro è un oggetto che va preso nella sua interezza, Forma e Contenuto; un terreno per sperimentare materiali, tecniche tipografiche e artistiche. Dalle Macchine inutili del '42, a Toc toc, chi è? Apri la porta del '45, ai Libri illeggibili (perché senza testo) del '49, ai bellissimi Nella notte buia del '56 e Nella Nebbia di Milano del '68, Munari attraverso la trasparenza, il movimento, la sorpresa cerca nuovi modi di comunicare.

Valentino Bompiani, di fronte al manoscritto di Nella notte buia disse "Ah, carino! Lei è sempre così curioso e strano, fa delle cose così... Ma questo non è un libro, dov'è il testo?" Per Munari inizialmente non fu facile trovare qualcuno che volesse pubblicare i suoi libri. Oggi senza la sua lezione i libri per bambini sarebbero più poveri, grigi, scialbi, meno creativi.

Per Munari era importante che i bambini tenessero tra le mani oggetti belli, pieni di sorprese, di stimolazioni visive, tattili, sonore, termiche. "La cultura [diceva] è fatta di sorprese, cioè della scoperta di ciò che ignoriamo".

Disegnare il libro in tutte le sue parti, invadere testo e pagina con le illustrazioni, inserire fogli trasparenti che raddoppiano forme e significati, progettare copertine perché segnalano al lettore che quel libro può interessarlo. E' a questo che serve la copertina, a differenziare (il libro) dagli altri libri della vetrina e infatti per Munari "...il libro è un oggetto che delimita un blocco di spazio. Per attraversare questo spazio occorre sfogliare le pagine dalla prima all'ultima....Per entrare in questo spazio bisogna aprire la copertina, che è come una porta che permette l'attraversamento del libro".

La sparizione di opere come i Prelibri di Munari penso sia una sorta di catastrofe culturale. Chissà se alla Nazionale di Firenze ci sono, e chissà se i colleghi sanno di avere tra le mani dei veri capolavori.

Conservare è costoso ma la perdita di questi libri ci impoverisce, rende la letteratura italiana più banale e ci sottrae una cosa bella, una di quelle piccole cose che rallegrano la nostra vita.

La proliferazione di novità provoca spesso nelle nostre biblioteche una continua rincorsa al titolo più recente. Si tratta di un atteggiamento indotto anche dalle case editrici che tendono a sfornare titoli in quantità più che a riproporre quelli qualitativamente significativi.

Così troviamo intere generazioni di bambini che non conoscono autori come Lionni, Mari, Sendak. Un libro bellissimo di Leo Lionni come Piccolo blu e piccolo giallo ci ha messo oltre 30 anni ad essere ripubblicato. Era un libro di cui tutti parlavano, citato in tutti i corsi di aggiornamento, ma pochi avevano avuto l'occasione di averlo tra le mani.

Io penso che i ragazzi, non abbiano bisogno di avere disponibile l'edizione originale ma che abbiano il diritto di avere delle ristampe, delle riedizioni fedeli al prodotto originale, prodotto che era stato concepito in quel modo per motivi precisi. Torniamo ancora a Munari: alcuni suoi titoli sono stati ripubblicati sotto altra veste da due case editrici, la Emme di Trieste e la Corraini di Mantova. Se quest'ultima ha concentrato tutti i suoi sforzi nel riproporre i libri esattamente come l'autore li aveva concepiti, nel loro straordinario equilibrio di forme, materiali, caratteri e colori, la Emme/Einaudi ragazzi di Trieste ha invece riproposto vari titoli con un formato diverso, con carta diversa e soprattutto con colori che non hanno nulla a che vedere con le prime edizioni.

Per la conservazione, l'interrogativo a cui ci troviamo di fronte non riguarda i classici della nuova letteratura per ragazzi, bensì il resto della produzione. Gran parte dei prodotti sfornati ogni anno dagli editori sono privi di interesse culturale. Sono prodotti di serie, alcuni migliori, altri peggiori tutti destinati a un consumo immediato e non a durare nel tempo. I contenuti sono troppo effimeri, le immagini datate, il linguaggio troppo sciatto e banale. Tuttavia, conservare il libro per ragazzi significa mantenere in vita qualcosa che può fornirci un quadro interpretativo utile, un importante tassello per capire questo secolo: la presenza o l'assenza di figure, i riferimenti alla vita quotidiana, l'evoluzione di particolari temi popolari nelle diverse epoche sono elementi preziosi per lo storico.

Alcune biblioteche conservano tutto, anche se sarebbe necessario rinnovare il patrimonio e scartare quei titoli che per diversi motivi sono diventati vecchi in breve tempo. Molti colleghi però non lo fanno perché temono che nessuno li conservi per loro. Questo è un problema che nella mia biblioteca mi pongo quasi quotidianamente: ho numerose collane che so essere state importanti nella storia editoriale e culturale del nostro paese che non oso eliminare perché forse un giorno potrebbero servire.

In realtà questi libri che non hanno più nessun interesse per gli utenti ragazzi, ma hanno un valore storico, dovrebbero essere conservati in un luogo specifico. Da qualche parte devono esistere perché sono comunque parte della storia dell'editoria italiana e perché un paese che abbia rispetto della propria memoria deve fare ogni sforzo per rendere disponibili i materiali pubblicati, su cui gli studiosi futuri potrebbero anche dare giudizi diversi dai nostri. Questo però non significa che ogni biblioteca di provincia debba raccogliere, con criteri eterogenei, parte della produzione. L'unica soluzione razionale è che l'Italia, come tutti gli altri paesi europei e non, si doti di un centro nazionale per la raccolta, lo studio, la promozione e la valorizzazione del libro per ragazzi.

La Biblioteca Nazionale di Firenze, che per diritto di stampa raccoglie anche i libri per ragazzi, non ha spazio per conservarli e non ha mai investito in risorse interne che permettessero agli studiosi di accedere facilmente a questo tipo di materiale. I libri sono sparpagliati in vari depositi inaccessibili, sono da decenni conservati in scatoloni, molti non sono stati raccolti, oppure non sono catalogati. Fino a prima della nuova serie della BNI per ragazzi, che per accordo con la casa editrice Bibliografica pubblica le registrazioni di gran parte dei titoli editi, la Nazionale copriva con le sue registrazioni solo parte della produzione editoriale. Nella sua ampia casistica di esclusioni c'erano per esempio tutte le "pubblicazioni per bambini e ragazzi, che siano riduzioni o rielaborazioni di testi o di spettacoli" e "i libri gioco". Cioè la maggior parte dell'editoria di questi ultimi anni. A questo si è supplito con alcune iniziative editoriali e con la pubblicazione della serie della BNI ragazzi.

Attualmente interi cataloghi, alcuni fondamentali come quello della già citata Emme, che negli anni '60 pubblicò il meglio della produzione mondiale per ragazzi, sono andati dispersi.

Esistono molti centri (BDP-università-biblioteche) che a vario titolo hanno conservato in questi anni i libri per ragazzi, ma tutto è frammentato, non coordinato: manca un luogo, un centro specifico che tra i suoi obiettivi abbia il recupero e la conservazione di quanto prodotto nel settore. Teoricamente sarebbe possibile "mettere in rete" l'esistente e unificare semplicemente l'accesso con criteri omogenei e rigorosi, nella pratica penso sia importante pensare ad una istituzione alla quale studiosi, bibliotecari, ricercatori, editori possano fare riferimento con la certezza di trovare il materiale che cercano. Occorre un'istituzione bibliotecaria a cui sia affidato questo compito di coordinamento e centralizzazione: non può essere Firenze perché serve una cultura specifica che alla Nazionale non si è mai formata e infatti la stessa Nazionale pensa di decentrare in altri luoghi alcuni settori particolari e tra questi anche "tutti i prodotti editoriali compresi nella fascia d'età 0-14, compresi i libri-gioco".

Come realizzare questo decentramento? Senza entrare in dettagli troppo tecnici credo sia possibile realizzarlo solo se esiste un rapporto organico tra le modalità procedurali e la cultura amministrativa. Trasferire pezzi importanti del patrimonio altrove implica un salto culturale delle politiche gestionali, significa soprattutto essere in grado di governare complessivamente il processo di decentramento.

Trasferire in altra sede i libri per ragazzi deve nascere della volontà di cercare un luogo dove la scelta di conservare risponde a criteri culturali e non a logiche meramente burocratiche.

La formula amministrativa per realizzare tutto questo non è difficile da trovare, le modalità tecniche neppure, quello che forse risulta più difficile è il riconoscimento che le funzioni nazionali possono essere svolte pienamente anche al di fuori delle sedi fisiche deputate per legge a svolgerle.

Questo è possibile solo se le responsabilità culturali della scelta di decentrare sono condivise, sarebbe sbagliato se che da un lato ci fosse solo un trasferimento di competenze e dall'altro il semplice prevalere di un criterio di carattere patrimoniale.

E' la funzione, più che il luogo, a determinare la cultura di un servizio per questo penso che un centro italiano del libro per ragazzi possa nascere solo lì dove, per vari motivi, esiste un terreno favorevole.

Già da parecchi anni sono convinta che la scelta dovrebbe ricadere su Bologna, innanzi tutto per la presenza della Fiera annuale del libro per ragazzi, diventata un appuntamento mondiale per gli autori e gli editori. Un centro italiano del libro per ragazzi a Bologna rafforzerebbe il ruolo leader della fiera e contemporaneamente ne sarebbe nutrito e sostenuto. A Bologna, inoltre, è presente la più qualificata cattedra italiana di storia della letteratura per l'infanzia, opera da molti anni con successo una libreria specializzata come la "Giannino Stoppani". Nella regione è radicata da decenni una tradizione di servizi per l'infanzia, di biblioteche per ragazzi, di biblioteche scolastiche, di centri lettura.

Dare vita a un centro di conservazione del libro per ragazzi suona quanto meno azzardato in un'epoca che celebra il nuovo, l'effimero, l'usa-e-getta; i 30 milioni di telefoni cellulari che ci circondano esprimono un crescente fastidio per ogni messaggio più lungo o più complesso del "sono in stazione, adesso arrivo" che sembra essere diventato lo slogan dell'Italia del terzo millennio. La memoria storica si scontra con l'imperativo di dimenticare in fretta, per poter commettere domani gli stessi errori di ieri.

Malgrado questo, io sono convinta che l'esigenza di sapere chi siamo, di ritrovarci attraverso storie immortali, di avere dei punti di riferimento che non siano soltanto i ripetitori televisivi alla fine prevarranno. Come bibliotecari possiamo dare il nostro contributo al vivere civile cercando di fare una cosa utile come salvare i libri per ragazzi; libri che già da decenni avrebbero dovuto uscire dal ghetto in cui sono stati confinati ed essere trattati come libri qualsiasi: belli, brutti, utili, inutili, effimeri, immortali. Insomma, libri, quell'oggetto cartaceo che -assieme ai bambini- ogni mattina ci rende più certi che esista un futuro.


Copyright AIB 2000-06-09, a cura di Elena Boretti
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