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Dalle pubblicazioni ufficiali alla documentazione di fonte pubblica: il ruolo delle biblioteche tra controllo bibliografico e diffusione dell’informazione

Roma, Biblioteca della Camera dei deputati, 23 ottobre 1998


La documentazione di livello regionale

di Maria Grazia Vecchio

Istituto di Studi sulle Regioni – Consiglio Nazionale delle Ricerche

 

Premessa.

Il tema della documentazione di fonte pubblica (ivi compresa quella di livello regionale) include diversi aspetti e si presta a differenti approcci di analisi (documentazione prodotta dall'amministrazione; documentazione prodotta da chi studia i fenomeni relativi all'amministrazione; le fonti di informazione; gli apparati di raccolta, ecc…).

A me è stato assegnato il compito di esaminare la documentazione dell'ente Regione , vale a dire l'insieme dei documenti che gli organi regionali (Consiglio e Giunta), gli uffici e gli organismi dipendenti dalla Regione producono nello svolgimento delle funzioni loro attribuite dalla Costituzione e dalle leggi.

Non è facile dare una delimitazione organica al campo di indagine, perché, da un lato il settore dell'informazione sta conoscendo, in seguito ai processi di riforma che toccano l'amministrazione italiana nel suo complesso, un'evoluzione rapida e incontenibile (sia nelle modalità sia nelle forme di divulgazione) e, dall'altro lato, perché le Regioni, anche su questo versante, hanno comportamenti diversi tra loro.

Volendo, tuttavia, tentare un'operazione di sistematicità possiamo individuare, in base alle finalità, tre macrosettori in cui suddividere la documentazione:

1) documentazione di comunicazione;

2) documentazione conoscitiva;

3) documentazione di informazione.

 

1. La documentazione di comunicazione.

Utilizziamo il termine comunicazione (prescindendo dalla sua complessa valenza giuridica) nella accezione generale con cui si designa l'attività della amministrazione per dare e trasmettere all'esterno elementi di conoscenza.

Rientrano, quindi, in questo settore gli atti (ufficiali in senso classico) attraverso i quali l'amministrazione svolge la funzione di regolamentazione (all'interno ed all'esterno) e per i quali è previsto un obbligo di divulgazione ed un diritto/dovere di conoscenza da parte dei soggetti interessati, e gli atti di cura degli interessi pubblici.

1.1 Gli atti normativi.

Innanzitutto gli atti normativi (leggi e regolamenti), la cui pubblicità è disciplinata dalla legge statale e dagli statuti regionali , attraverso la divulgazione sulle pubblicazioni legali (Bollettino ufficiale, o, nel caso della Sicilia, Gazzetta ufficiale).

I Bollettini ufficiali rappresentano, quindi, la fonte primaria di conoscenza degli atti ufficiali e tutte le Regioni hanno adottato misure (attraverso leggi o atti amministrativi) per disciplinarne l'ordinamento, stabilendone la suddivisione, la periodicità, la tipologia degli atti inseriti (atti normativi, atti amministrativi, atti degli enti locali, sentenze della Corte cost., leggi statali, atti comunitari, decisioni del Co.re.co, ecc..) e la redazione dei testi legislativi.

I criteri adottati sono diversi da Regione a Regione.

Le differenze più eclatanti si evidenziano nei criteri e nelle forme di pubblicazione dei testi legislativi: solo sei Regioni (Emilia, Liguria, Marche, Puglia, Umbria e Sicilia) riportano i lavori preparatori; non tutte le Regioni redigono le note in calce al testo; la Lombardia pubblica solo il testo coordinato degli articoli modificati da successive leggi ed il Veneto, in calce ad ogni legge, segnala il procedimento di formazione, la scadenza degli adempimenti e la struttura amministrativa regionale cui compete l'applicazione.

L'Emilia-Romagna e l'Umbria, inoltre, in sezioni staccate pubblicano anche i progetti e le proposte di legge e di atti amministrativi.

Una maggiore uniformità sarebbe garantita dal ricorso all'informatizzazione, che comporterebbe un maggior rigore nella formulazione dei testi e che renderebbe più facili la ricerca e l'accesso alla fonte normativa

Ma non tutte le Regioni hanno implementato banche dati legislative e ciò ha comportato un handicap per il ricorso a nuovi strumenti di comunicazione e di disseminazione dell'informazione.

Infatti, solo quelle Regioni che avevano per tempo allestito l'archiviazione informatizzata, sono state in grado di rendere accessibile la propria raccolta normativa via Internet oppure (come la Toscana) su compact-disk.

Va infine detto, per completezza, che in ogni caso la conoscibilità degli atti normativi regionali è garantita anche da altre fonti, pubbliche (i Codici e le Raccolte normative regionali; la Gazzetta ufficiale (che, per norma riporta, anche le leggi delle Regioni e delle Province autonome) e Guritel; le banche dati della Camera e della Cassazione), e private (per esempio: la banca dati della legislazione regionale vigente curata dalle Edizioni europee, sia in compact disk, sia in versione telematica).

 

1.2 Gli atti non normativi.

In questa sezione facciamo rientrare tutti quegli atti (pur sempre ufficiali) attraverso i quali gli organi, gli uffici e gli organismi regionali adottano decisioni ai fini della cura degli interessi pubblici di cui sono titolari (nella forma di decreti degli organi monocratici; delibere degli organi collegiali; determinazioni dei dirigenti amministrativi).

La tipologia di questi atti ha subito notevoli modificazioni in questi anni, in seguito all'entrata in vigore delle norme che disciplinano il procedimento amministrativo, la trasparenza dell'attività amministrativa ed il diritto di accesso (l.241/90) e le funzioni dei dirigenti pubblici (d.lgs 29/93 e d.lgs 80/98).

Rispetto a questi atti sulle Regioni, in quanto pubbliche amministrazioni, incombe il dovere di adottare idonee misure di pubblicità, che possono essere anche assai diverse tra di loro.

In primo luogo va considerata la pubblicità attraverso la loro pubblicazione, per intero o per estratto, sui B.U. delle Regioni.

Una lettura comparata delle disposizioni statutarie e delle leggi sulla struttura dei B.U ed una prima, sommaria, analisi del loro contenuto ci porta alle seguenti osservazioni:

a) è automatica la pubblicazione degli atti in quei casi in cui essa sia prevista direttamente dalla legge (statale o regionale);

b) non tutte le Regioni prevedono, per statuto, la diffusione di questi atti attraverso le proprie pubblicazioni legali.

Fanno eccezione la Campania che (art.48 St.) parla di pubblicazione delle leggi, dei regolamenti e di ogni altro atto o documento sull'attività della Regione; l'Emilia-Romagna che stabilisce (art.60 St.) che gli atti amministrativi devono essere pubblicati per estratto sul Bollettino Ufficiale; la Liguria che (art.56 St.) estende l'obbligatorietà della pubblicazione ad altri atti della Regione e dello Stato di interesse regionale; le Marche che (art.57 St.) prevede che gli atti amministrativi regionali siano pubblicati per estratto sul Bollettino ufficiale; il Piemonte che stabilisce (art.65 St.) la pubblicazione, almeno per estratto delle delibere degli organi regionali.

c) quasi tutte le Regioni, nel disciplinare la pubblicazione nei propri fogli legali, prevedono la pubblicità sui B.U. anche di atti non normativi, ma non adottano un criterio uniforme quanto alla scelta dei tipi di atti da pubblicare e quanto alla completezza della pubblicazione (integrale, per estratto o in sunto);

d) un criterio che sembra adottato con una certa omogeneità dalle diverse Regioni è quello che prevede la pubblicazione sul B.U. degli atti a carattere generale (per esempio circolari esplicative di leggi regionali, piani e programmi settoriali), criterio di facile applicazione, in quanto con esso si definiscono gli atti a contenuto generale che, per loro natura, interessano un'ampia collettività di soggetti;

e) in tutti i casi in cui manchi un sicuro criterio di individuazione degli atti non normativi da pubblicare, la divulgazione tramite il B.U. potrà dipendere o dalla scelta degli organi emananti ( per es. in Lombardia "su determinazione del Presidente della Giunta") ovvero dalla applicazione delle disposizioni sul procedimento amministrativo e del diritto di accesso;

f) alcune Regioni hanno adottato norme specifiche per la pubblicazione di determinati atti non normativi sui B.U.

Ad esempio le determinazioni dei dirigenti amministrativi, ai quali in seguito all'entrata in vigore del d.lgs 29/93, sono adesso riservati gli atti di funzione amministrativa sottratti agli organi politici. Il Lazio (art.4, l.r.4/96) prevede la pubblicazione "dei provvedimenti dei dirigenti regionali" e la Valle d'Aosta (art.1, comma2, lettera b, l.r.7/94) la pubblicazione "di decreti e determinazioni emanati dalle competenti autorità regionali".

Ad esempio le relazioni del Difensore civico, per le quali alcune Regioni (Calabria, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Puglia, Sardegna, Toscana, Valle d'Aosta e Veneto) hanno espressamente previsto, oltre ad altre forme di pubblicità, anche la pubblicazione sul B.U.

In secondo luogo va considerata la pubblicità attuata attraverso altre forme: affissione ad albi, pubblicazione sul foglio annunzi legali delle Province, avvisi al pubblico tramite la stampa e i mezzi di comunicazioni di massa.

A questo proposito è utile segnalare l'iniziativa della Valle d'Aosta che, "al fine di rendere effettivi e penetranti i principi di trasparenza e pubblicità", ha istituito (art.9, l.r.7/94) un Albo notiziario su cui pubblicare tutti gli atti per cui non è previsto l'obbligo di divulgazione sul B.U., con finalità di mera pubblicità, salvo i casi in cui vi sia estrema urgenza di rendere pubblico un atto da pubblicare successivamente sul B.U.

 

2. La documentazione conoscitiva

I problemi nodali dell'amministrazione contemporanea sono quelli della programmazione e dell'efficienza/efficacia della propria attività.

Per il perseguimento di questi obiettivi, le diverse amministrazioni necessitano di una quantità e qualità di informazioni assolutamente incomparabile rispetto al passato.

Nel quadro del pluralismo democratico l'amministrazione deve acquisire informazioni sia sull'attività di altre amministrazioni (a fini di coordinamento e controllo), sia sui problemi oggetto delle scelte amministrative da effettuare (a fini di programmazione), sia sulla propria organizzazione (a fini di efficienza/efficacia).

Come si organizzano le Regioni per soddisfare queste esigenze?

Ricorrendo a specifici apparati preposti alla funzione conoscitiva e classificabili in:

a) apparati interni alla Regione;

b) apparati esterni con compiti strumentali;

c) apparati neutrali con funzioni tecnico-conoscitive e non strumentali;

d) enti e strutture di studio sulle pubbliche amministrazioni.

Nel primo caso ci si riferisce ad organismi (uffici studi, uffici di staff) interni all'amministrazione, che hanno come compito precipuo quello di raccogliere ed elaborare i dati conoscitivi necessari all'amministrazione per svolgere le proprie funzioni.

In questi ultimi anni, parallelamente ai processi di automatizzazione, si assiste alla proliferazione di organismi sempre interni all'amministrazione (i cosiddetti Osservatori) che, oltre a svolgere una funzione conoscitiva di supporto all'attività amministrativa del settore di riferimento (elaborando statistiche e promuovendo ricerche), sono indispensabili per lo svolgimento dell'attività di comunicazione pubblica e per la diffusione delle informazioni all'esterno, peraltro legata, come nel caso dell'ambiente a specifiche norme della tutela dell'accesso.

Non solo, essi sono molto importanti anche in quanto rappresentano strumenti di valutazione e controllo delle politiche di settore da parte sia dell'amministrazione, che di soggetti esterni all'amministrazione.

Nello stesso canone rientrano gli apparati di raccolta d’informazione generale (le Biblioteche ed i centri di documentazione dei Consigli o delle Giunte), che svolgono (o, meglio, dovrebbero svolgere) il ruolo determinante di bacino di raccolta sistematica e selettiva (attraverso il controllo bibliografico) di tutta la documentazione, sia prodotta a livello regionale, sia prodotta sulla amministrazione regionale e locale.

Questi organismi forniscono elementi di conoscenza per l'amministrazione regionale, ma garantiscono anche l'accesso alle informazioni dall'esterno, creando un ulteriore canale di collegamento tra i cittadini e l'amministrazione.

Nel secondo caso ci si riferisce agli Istituti regionali di ricerca, organismi sorti per iniziativa diretta o indiretta delle Regioni..

La loro missione è quella di supporto all'attività di programmazione economica e territoriale della Regione e, comunque, di supporto informativo generale all'attività di governo della Giunta.

Attualmente questi organismi di tipo strumentale stanno conoscendo una crisi perché, da un lato, c'è la difficoltà dei ricercatori di adattarsi a relazioni contrassegnate dalla strumentalità e, dall'altro lato, perché l'amministrazione ha sempre più bisogno di basarsi su dati conoscitivi neutrali ed inoppugnabili.

Proprio in questo quadro si capisce il successo di organismi come gli Osservatori.

Al terzo tipo (apparati neutrali con funzioni non strumentali) appartengono gli Uffici statistici regionali, strutture costituenti il Sistan., preposti al compito di rilevazione statistica territoriale, sia a fini di interesse regionale, che a fini di interesse nazionale.

Con l'ultima tipologia si individua la possibilità (e la prassi) per l'amministrazione di ricorrere, sempre per fini conoscitivi, ad esperienze già formate in ambienti nei quali si perseguono esigenze conoscitive più libere (Università, enti di ricerca, singoli esperti).

Espressioni tipiche di questa procedura conoscitiva sono le Commissioni di studio, con composizione mista (rappresentanti della Regione ed esperti o istituzioni esterne), create appositamente e (temporaneamente) in determinate occasioni per studiare ed analizzare problemi di particolare significatività e rilevanza (per esempio, un progetto di riforma istituzionale di stampo federale). Nello stesso modello si inscrivono le committenze o le convenzioni stipulate con enti esterni (università ed enti di ricerca) sempre per fini conoscitivi.

L’attività conoscitiva, così articolata, produce essa stessa documentazione, che, pur non provenendo in modo diretto dall’amministrazione, non può non considerarsi ufficiale, in quanto sottosta alla valutazione delle scelte che l’amministrazione adotta nella cura degli interessi pubblici.

 

3. La documentazione di informazione

In questo settore facciamo rientrare tutte le iniziative (sia atti che fatti), che, al di là di quanto descritto nei punti precedenti, l'amministrazione ritiene opportuno intraprendere, per trasmettere all'esterno informazioni sull'articolazione della propria attività e per comunicare direttamente con i cittadini/utenti.

E', questo, un tratto assai significativo del passaggio da un modello di amministrazione di tipo autoritativo, a quello basato sul concetto di governare informando, vale a dire regolare i servizi che vengono erogati da altri soggetti (pubblici o privati) nell'ambito del pluralismo amministrativo, o indurre determinati comportamenti attraverso la diffusione di dati conoscitivi.

Le amministrazioni adottano varie e disparate formule per attuare questo progetto.

Innanzitutto creando, al proprio interno, uffici ad hoc (i cosiddetti Uffici relazioni con il Pubblico):

In secondo luogo, fornendo strumenti adeguati di conoscenza delle proprie attività e delle strutture preposte alla loro gestione (una sorta di who's who).

A questo scopo si predispongono Guide e Vademecum, attraverso le quali il cittadino/utente è informato non solo sulle attività svolte all'interno del "palazzo" e sull'articolazione degli uffici, ma anche sulle funzioni che l'ente Regione ha delegato a soggetti esterni (istituti, aziende ed organismi di profilo pubblico-privato con partecipazione regionale), dotati di autonomia di gestione tecnica, scientifica e amministrativa.

In terzo luogo ricorrendo a strumenti di comunicazione pubblica, che convincano i cittadini ad assumere determinati comportamenti nella tutela dell'interesse generale, chiamandoli ad una assunzione diretta di responsabilità..

In questo caso la comunicazione diventa uno strumento per amministrare: individuato un obiettivo da perseguire, nella tutela dell'interesse generale, l'amministrazione, anziché ricorrere ad atti autoritativi, comunica direttamente con gli individui, convincendoli (con-vincendoli=vincendo insieme) ad adottare comportamenti che, sommati uno ad uno, confluiscono nel risultato finale della tutela dell'interesse generale .

Le modalità con cui la comunicazione si estrinseca sono le più varie (dal volantinaggio, ai manifesti, agli spot pubblicitari, alle videocassette, alla diffusione attraverso gli organi di stampa e telecomunicazione).

Per non parlare di Internet, strumento ideale per la realizzazione della democrazia diretta , nel senso che permette ai cittadini, attraverso la disseminazione dell'informazione, di conoscere e controllare l'attività amministrativa in modo diretto e interlocutorio, in una posizione di par condicio.

  1. Osservazioni conclusive

L’analisi fin qui descritta ha tentato di fare chiarezza (anche se sicuramente molti sono gli aspetti rimasti in ombra) nel quadro vasto e complesso della documentazione di livello regionale..

Lungo il percorso ci siamo imbattuti in una serie di difficoltà che suggeriscono alcune considerazioni e, d’altro canto, alimentano alcune proposte.

  1. I problemi.

Il problema emerge, soprattutto (come nel passato) per la documentazione di tipo non normativo, che, peraltro, rappresenta il corpus più sostanzioso e significativo della documentazione amministrativa e quello che, più marcatamente, testimonia, attraverso la sua conoscibilità, il rapporto tra l’amministrazione erogatrice di servizi e l’utenza esterna.

Soprattutto per questi atti, in sintonia con i principi della trasparenza e della partecipazione, gli elementi di conoscenza e di pubblicità sono fondamentali.

Ma è proprio qui che le Regioni mostrano elementi di confusione ed incertezza, adottando criteri diversi l’una dall’altra, in alcuni casi, solo formali (forma di pubblicazione dei documenti nei fogli legali), ma, in altri casi, sostanziali (allargando o restringendo la loro pubblicazione sui B.U.). La questione non è da sottovalutare perché, in questo modo, si rischia di discriminare l’accesso all’informazione da parte dei cittadini, a seconda del luogo di residenza.

Qui, peraltro, si tocca il problema nodale che condiziona l’intera problematica: vale a dire il rapporto tra la garanzia di diritti fondamentali (quale quello all’informazione) e le necessarie differenziazioni di soluzioni e strumenti di informazione insite nell’autonomia costituzionalmente riconosciuta alle Regioni.

Queste trasformazioni, come si è visto, tendono ad attribuire valori sempre più forti alle funzioni di assunzione e di trasmissione di conoscenza, di cui però è difficile controllare il flusso.

Da un lato, perché i produttori di dati conoscitivi (e quindi di documentazione) aumentano a dismisura (organismi interni ed esterni all’amministrazione), dall’altro perché la disseminazione delle informazioni passa attraverso canali diversi e disparati, e i metodi tradizionali di controllo bibliografico risultano inadeguati.

Senza volere assolutamente mettere in discussione l’autonomia delle scelte, il fatto obiettivo che molte Regioni non abbiano ancora implementato sistemi di archiviazione della propria produzione documentaria; non abbiano ancora istituito e rafforzato al proprio interno strutture generali di raccolta e trattamento delle informazioni (biblioteche e servizi di documentazione); non abbiano ancora avviato un opportuno sistema di controllo bibliografico (nella forma di cataloghi) rappresenta, di per sé, un fattore fortemente discriminante della capacità di assolvere adeguatamente ai compiti di tutela del diritto di accesso e di informazione o ad altri (come quello del diritto di stampa e di controllo bibliografico) loro affidati.

 

2. Le proposte

Per risolvere questi problemi cruciali ritengo fondamentale stabilire criteri comuni, non nel senso dell’imposizione di una forzata uniformità nella raccolta o nella pubblicazione dei dati, ma piuttosto nella identificazione, condivisa tra lo Stato e le Regioni, di livelli di standard minimi di qualità delle pubblicazioni ufficiali, della tipologia degli atti da raccogliere e pubblicare, dei dati informativi e statistici da acquisire. Questo sembra essere, tra l’altro, in piena coerenza con il nuovo atteggiarsi dei rapporti tra lo Stato e le autonomie territoriali, che oggi va sotto il nome di federalismo amministrativo. In esso lo Stato non svolge più direttamente compiti operativi al posto delle autonomie territoriali (nel senso che, per quanto ci riguarda, non raccoglie direttamente i dati) ma opera, attraverso la definizione di criteri e standard, affinché l’intero sistema amministrativo raggiunga i necessari livelli minimi qualitativi.

In tal senso, ben vengano tutte le iniziative di raccordo e di intesa tra le organizzazioni regionali preposte alla cura della documentazione, rivolte ad individuare questi strumenti.

E, in verità, qualcosa si sta muovendo in questa direzione.

Come l’attività del Coordinamento dei sistemi informativi di legislazione statale e regionale che, operando all’interno della Conferenza dei Presidenti dell’Assemblea e dei Consigli regionali e delle Province autonome, ha il compito precipuo di realizzare un progetto di integrazione e sviluppo delle banche dati di legislazione regionale, creando metodologie e standard comuni di interscambio delle informazioni e della documentazione, validi per tutti i procedimenti di formazione di atti normativi statali e regionali.

Recentemente si è dato vita ad un organismo di coordinamento delle biblioteche dei Consigli regionali, che dovrebbe avere come obiettivo principale quello di valorizzare il ruolo degli apparati documentari interni all’amministrazione.

Ad essi dovrebbe andare, come è naturale, il compito del controllo bibliografico di un sistema di documentazione che, per la maggior parte, rimane allo stato grigio sia per la destinazione (circolazione interna) che per la distribuzione (dal momento che non passa attraverso i classici canali editoriali).

L’esigenza, per queste strutture, di individuare standard minimi nella raccolta, nella elaborazione e nella diffusione dei documenti sta diventando fondamentale, anche in vista dell’approvazione del disegno di legge sulla riforma del deposito obbligatorio, che affida loro il compito di raccolta (per diritto di stampa) e, di conseguenza, di controllo bibliografico, delle pubblicazioni ufficiali prodotte a livello regionale (ente Regione ed enti locali).

Andrebbe, pertanto, ridimensionato il gap, che tuttora rimane, tra le diverse biblioteche regionali, adottando soluzioni sia sul versante delle risorse umane che tecnico-documentarie, soluzioni che possono, sicuramente, essere diverse tra di loro, ma che debbono, a mio avviso, tenere presente quanto sia importante il ruolo che, nell’attuale contesto dell’amministrazione italiana, ricopre l’aspetto della circolazione delle informazioni.

Mi rendo conto che il compito a cui sono chiamati i nostri colleghi non è facile, perché devono con-vincere gli amministratori a superare diffidenza e disinteresse che, in genere in Italia ancora si nutrono nei confronti di questi problemi; perché devono essere in grado di uniformarsi con agilità alle rapide trasformazioni che attraversano il sistema di trasmissione delle informazioni; perché il mondo della documentazione è vario e complesso e richiede intelligenza nell’individuare strumenti di controllo di volta in volta adeguati, ma io ritengo che, a compensare questi sforzi, ci sia la consapevolezza di assolvere ad un dovere di pubblica utilità e di partecipare attivamente alla realizzazione del valore democratico che caratterizza la società moderna.



Copyright AIB 1998-12-12, a cura di Fernando Venturini e Elena Boretti
URL: https://www.aib.it/aib/commiss/pubuff/vecchio.htm

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