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49. Congresso nazionale AIB

AIB2002

Giovedì 17 ottobre 2002
ore 9,30-13,30
Roma EUR, Palazzo dei congressi
Sala Quirinale


Biblioteche pubbliche: la sfida multiculturale


Franco Pittau

Dai dati statistici alle prospettive di impegno in una società multiculturale

Sono onorato di essere stato invitato a questo convegno e porgo un sentito ringraziamento a nome della Caritas e della Migrantes, le organizzazioni promotrici del "Dossier Statistico Immigrazione".

Come avete visto dalle schede e, per chi lo ha avuto, dal libro stesso, curiamo dal 1991un volume sotto forma di rapporto annuale per aggiornare sulla situazione migratoria in Italia secondo una impostazione il più possibile oggettiva, impostata sui dati statistici e libera quindi da pregiudizi. Questo è il primo motivo per apprezzare il collegamento con l'AIB: chi fa un libro non può che guardare con interesse alle biblioteche.

Il secondo motivo è più profondo. Chi lavora nelle biblioteche, va al fondo della questione come attesta il tema di questo convegno. Andando oltre l'interesse a far diffondere il libro, si tratta qui di lavorare insieme per sensibilizzare al messaggio di cui è portatore, per l'appunto la sfida multiculturale.

Entrando nel merito di questa problematica, cercherò con 15 fotografie desunte dal "Dossier Statistico Immigrazione 2002" di dare un'idea del fenomeno migratorio in Italia, per poi passare adelineare prospettive di impegno in una società multiculturale e, in particolare, a precisare la funzione della mediazione culturale.

A. 15 ASPETTI DEL FENOMENO MIGRATORIO IN ITALIA

1. Aumento della popolazione immigrata

A partire dagli anni '70 la popolazione immigrata in Italia si è raddoppiata ogni dieci anni. Alla fine del 1991 gli immigrati registrati come legalmente soggiornanti in Italia erano 648.935; alla fine del 2001 sono aumentati a 1.362.930.
Se si tiene conto che molte persone sposate hanno lasciato i figli in patria, che altre devono ancora costituire una famiglia, che ogni anno c'è bisogno di nuove le lavorative è facile ipotizzare che la presenza degli immigrati è destinata ad aumentare ulteriormente. Una stima prudente dei demografi ipotizza che a metà secolo essi saranno almeno il dieci per cento della popolazione.

2. I nuovi ingressi nel 2001

Nel 2001 i nuovi permessi di soggiorno per inserimento a carattere stabile sono stati 130.000, dei quali la metà è avvenuta per ricongiungimento familiare. Nel 2001 motivi di lavoro e motivi di famiglia risultarono pressoché equivalenti, mentre per il 2002 non sono state fissate delle quote di ingresso per motivi di lavoro, al di fuori di quelle per lavoro stagionale. Si può, perciò, prevedere che, tenendo conto anche degli ingressi per lavoro stabile, i nuovi insediamenti diventeranno più consistenti.

3. Le aree di maggiore attrazione

Le regioni del Nord Italia e alcune regioni del Centro stanno calamitando sempre più la presenza degli immigrati. Questo processo avviene perché è il lavoro la principale ragione di presenza e, a questo riguardo, il Centro-Nord offre possibilità ben più consistenti del Meridione.
La ripartizione è la seguente: Nord 56.8%, Centro 29,1%, Sud 9,8% e Isole 4,3%.
La Lombardia da sola accoglie quasi un quarto del totale e l'area romano-laziale circa un sesto.
A livello di province Roma, con 212.000 soggiornanti, supera di gran lunga Milano, dove i soggiornanti sono 168.000.

4. Stime della presenza totale

Le statistiche, che col tempo sono state perfezionate e assoggettate a maggior controlli, sono diventate più attendibili. Resta però valida l'accortezza di leggere insieme i risultati di diverse banche dati. Ad esempi, se ai 1.362.000 immigrati registrati aggiungiamo tutti i minori e i nuovi nati il numero degli immigrati sfiora le 1.600.000 unità (senza tener conto delle persone da regolarizzare). L'incidenza sulla popolazione residente è del 2,8%, una presenza ogni 38 residenti.
In molti altri paesi la consistenza dell'immigrazione è più elevata: un immigrati ogni venti residenti nella media europea, un immigrato ogni dieci residenti negli Stati Uniti d'America come anche in Germania, Austria, Belgio), un immigrato ogni 6 residenti in Canada e uno ogni cinque residenti in Svizzera e in Australia.

5. I paesi di provenienza

In Italia, paese di policentrismo migratorio, sono rappresentati tutti i continenti con gruppi consistenti, senza preponderanza di uno o di pochi gruppi. Si è costituita, per così dire, una presenza scalare: ogni 10 presenze, 4 europei, 3 africani, 2 asiatici e 1 americano. Continuando la tendenza in atto, dopo l'adesione di alcuni paesi dell'Est all'Unione Europea, la proporzione sarà di 4,5 europei e di 2,5 africani.
La graduatoria delle nazionalità vede al primo posto il Marocco con 158.000 presenze e l'Albania con 144.000, seguiti a distanza da Romania (75.000), Filippine (64.000) e Cina (57.000).
Le aree, dalle quali si sono originati dei flussi più consistenti, sono state l'Europa dell'Est insieme al Subcontinente Indiano. Da ultimo sono aumentati i flussi dall'America Latina, a causa della grave crisi economica locale, e dall'Africa Subsahariana dove la pressione demografica è molto elevata.

6. I motivi del soggiorno

La tipologia dei permessi di soggiorno indica una immigrazione stabile, presente per il 59% per lavoro, per il 29% per motivi familiari e per un altro 7% per altri motivi anch'essi stabili o comunque di una certa durata (motivi religiosi, residenza elettiva, corsi pluriennali di studio). Si può perciò inquadrare l'immigrazione come una dimensione strutturale della nostra società che, di conseguenza, esige una politica di accoglienza e di inclusione.

7. La durata del soggiorno

Talvolta si parla dell'immigrazione come di un fenomeno passeggero, che non mette radici e che tocca solo marginalmente la società di accoglienza. I dati statistici inducono, invece, a inquadrare le cose diversamente. Negli anni '90 il processo di radicamento è stato molto incisivo e la popolazione stabile, con almeno 5 anni di soggiorno, è passata da un terzo a più della metà. All'inizio del 2001, secondo una verifica effettuata dall'ISTAT, il 10% viveva in Italia da più di 15 anni, il 26% da più di 10 anni e il 54% da più di 5 anni. Pertanto, gli interventi, oltre a essere calibrati sui bisogni dei nuovi venuti, devono tenere sempre più conto delle esigenze più profonde di chi è già stabilito e del loro bisogno di convivenza. È questo il delicato settore che passa sotto il nome di mediazione culturale.

8. La presenza femminile

Nel mondo maschi e femmine hanno all'incirca la stessa incidenza percentuale. Tra l'immigrazione italiana la proporzione è meno favorevole alle donne, che arrivano solo al 46 per cento. Questo è un segno che la dimensione familiare non è ancora pienamente radicata, perché il nucleo familiare è legato alla presenza di entrambi i partner. Il ricongiungimento familiare non è una pratica così agevole perché presuppone la disponibilità di un lavoro stabile e di un alloggio adeguato: avviene così che più di un terzo delle persone coniugate non abbia un figlio con sé.
Le donne, che trovano più facile sbocco nel lavoro domestico, non sempre vengono coperte con il versamento della contribuzione dovuta e non sempre hanno una disponibilità di tempo necessaria per occuparsi dei figli.

9. I figli degli immigrati

Solitamente si parla di minori immigrati, dimenticando che i due terzi di essi non sono venuti in Italia ma sono nati qui da noi. Mentre per la popolazione immigrata avviene il raddoppio nel corso di dieci anni, bastano quattro anni per il raddoppio dei minori: sono infatti passati da 126.000 alla fine del 1996 a 278.000 alla fine del 2000. Tenendo conto dei nuovi nati (più di 25.000) e dei ricongiungimenti, la soglia delle 300.000 presenze è stata ormai superata. Essi sono ormai un quinto della popolazione immigrazione.

10. I bambini "stranieri" a scuola

Anche il termine "bambino straniero" è improprio, perché si tratta spesso i bambini nati qui, che parlano come i nostri, hanno gli stessi gusto e spesso si distinguono solo per i tratti etnici. Il loro ha superato le 100.000 unità solo quattro anni fa ed è arrivato 147.000 nell'anno scolastico 2001-2002 e a 182.000 nell'anno successivo. Sei su dieci sono iscritti alle elementari e alle materne.Ora sono poco meno del 2% sulla popolazione residente; nel 2017, secondo una stima ministeriale, potrebbero arrivare ad a 529.000 e incidere per il 6,5% sulla popolazione scolastica. Nel Nord già oggi la loro incidenza è più alta e ogni 33 presenze a scuola una è coperta da immigrati.

11. Il mondo del lavoro

Gli immigrati soggiornanti per motivi di lavoro sono 800.000: 90.000 sono lavoratori autonomi, 651.000 sono lavoratori dipendenti in attività e 60.000 sono disoccupati o alla ricerca di lavoro.Il tasso di disoccupazione tra gli immigrati, pari al 7,5%, è quindi contenuto e comunque più basso rispetto alla media registrata per gli italiani e questo perché il loro apporto è funzionale alle esigenze del mercato del lavoro.
Sono 400.000 gli immigrati che hanno un permesso per motivi familiari: tra di essi sono abilitati a lavorare i coniugi e i figli non più soggetti all'obbligo scolastico.

12. Il mercato occupazionale nel 2001

Per il 2001 è stato autorizzato l'ingresso di 83.000 nuovi lavoratori, inclusi 39.000 stagionali e 3.000 lavoratori autonomi. Secondo i dati raccolti dall'INAIL i lavoratori extracomunitari hanno inciso per il 10% sul totale delle assunzioni, mentre sui rapporti di lavoro a saldo (praticamente i nuovi posti di lavoro) la loro incidenza del 20% (88.448 su 446.205). Da queste percentuali risulta che i lavoratori extracomunitari, che costituiscono il 3% della totale delle forze lavoro, triplicano la loro incidenza sulle assunzioni e la aumentano di sette volte sui rapporti a saldo. Rispetto agli italiani, questi lavoratori vengono assunti con più frequenza e con maggiore facilità vengono tenuti in attività e questo perché il loro apporto integra le richieste del mercato.

13. Il contesto multireligioso

Per stimare l'appartenenza religiosa degli immigrati la Fondazione Migrantes si basa sulle percentuali riscontrate nei paesi di origine. Risulta così che la metà è costituita da cristiani, così ripartiti al loro interno ogni 10 presenze: 5,5 cattolici, 3 ortodossi, 1,5 protestanti. Al secondo posto vengono i musulmani con il 35,4% e al terzo posto le religioni orientali con il 6,4%. In termini numerici ciò significa 660.000 cristiani, 488.000 musulmani e 88.000 fedeli di religioni orientali: tenuto conto anche dei minori, queste cifre vanno aumentate del 20%. I musulmani sono maggioritari in sei regioni.
La differenza religiosa, alla pari di quella culturale, non deve far paura e va rispettata, a condizione che non vengono lese le regole fondamentale di convivenza imperniate sul rispetto della coscienza e sulla pari dignità. Sarebbe falso nascondere i problemi, taluni anche molto gravi: parimenti sarebbe sbagliato escludere la possibilità di una soluzione positiva.

14. Sbarchi e richiedenti asilo

Solitamente, quando si parla di sbarchi, si pensa a immigrati clandestini, dimenticando che molti di loro sono dei richiedenti asilo che sfuggono a situazioni di gravissimo pericolo, come avviene per i curdi o vari paesi dell'Africa e dell'Asia. I richiedenti asilo sono stati circa 10.000 nel corso del 2001e molte sono state le domande respinte, mentre altri non hanno interesse a fermarsi in Italia. La nuova legge sull'immigrazione, secondo l'auspicio formulato dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, avrebbe dovuto offrire maggiori garanzie nell'esame delle domande e dei ricorsi.
Oltre ai richiedenti asilo vi sono anche gli immigrati irregolari, spinti dalla disperazione che li colpisce nei loro poveri paesi e spesso anche dai trafficanti di manodopera che, senza alcun scrupolo, lucrano somme ingenti sulle loro teste. Più di 40.000 sono stati respinti alle frontiere, e altri 34.000 sono stati espulsi con effettivo accompagnamento. Vi è poi un numero imprecisato di persone che vivono in situazione irregolare. Gli osservatori più prudenti hanno parlato di 300-350.000: poiché le istanze di regolarizzazione sono state 700.00 bisogna concludere che nell'ultimo periodo il tasso di irregolarità è aumentato notevolmente.

15. Immigrati e società

Sono ormai molti i dati che consentono di andare oltre l'immigrato come semplice lavoratore e di considerarlo come cittadino nella nuova società.
La situazione è carente sotto molteplici aspetti:
- sono poche le acquisizioni di cittadinanza (poco più di 10.000 l'ultimo anno);
- non sono diffusi i matrimoni misti (10.000 l'anno);
- si riscontra un atteggiamento di diffidenza da parte degli italiani (la maggioranza degli italiani ritiene che gli immigrati non si possano più accogliere);
- la loro immagine viene alterata dai media (in prevalenza appaiono sotto un aspetto negativo);
- la diffusione dei fenomeni di devianza che seriamente preoccupa (che in parte è vera e in parte puramente immaginata).
Non mancano gli aspetti positivi: con riferimento agli italiani si può parlare delle forze sociali ed ecclesiali che si adoperano per l'integrazione e del contributo dato dal mondo della scuola, e con riferimento agli immigrati, della valutazione positiva che essi danno della società italiana e dell'elevato grado di adesione sindacale.

B. PROSPETTIVE DI IMPEGNO IN UNA SOCIETA' MULTICULTURALE

Tentando una sintesi di poche parole, possiamo dire che abbiamo di fronte una immigrazione consistente, una diffusione su tutto il territorio nazionale anche nei piccoli centri e nelle aree agricole, un flusso annuale di entrate considerevole, un fabbisogno molto accentuato del mercato del lavoro, un persistente difficoltà dei politici e della società italiana di conciliare l'attenzione ai nuovi flussi con quella dovuta agli immigrati già soggiornanti e, infine, la possibilità di ottenere una convergenza tra i bisogni degli immigrati e le necessità di noi italiani. Oltre tutto, gli immigrati che vivono in Italia non sono arrivati ieri. Chi continua a parlare di una immigrazione passeggera, senza salde radici, non tiene conto che negli anni '90 il processo di radicamento è stato molto incisivo. All'inizio del 2001 (dati ISTAT), il 10% degli immigrati viveva in Italia da più di 15 anni, il 26% da più di 10 anni e il 54% da più di 5 anni.

Nell'interesse degli immigrati e della società italiana bisogna favorire la stabilità. Molti nuclei familiari di immigrati non vivono uniti. Ciò dipende dalla impossibilità di trovare casa, dalla difficoltà non tanto di avere un reddito ma di poterlo dimostrare, dalla mancanza di tempo da dedicare alla famiglia, dalle stesse complessità burocratiche: parlando di ricongiungimenti familiari, se veramente si ritiene l'unità della famiglia un bene primario, bisogna pensare ad attenuare queste difficoltà. Il fatto, poi, di aver diminuito a 6 mesi il periodo di permanenza come disoccupati non ha fatto che complicare le cose e costringe a vivere in una situazione estrema di precarietà. È perciò tempo di interrogarsi se non debbano essere rimesse a punto le strategie di recupero dal sommerso, per vari aspetti verticistiche e socialmente non coinvolgenti.

L'immigrazione è iscritta strutturalmente nel nostro futuro: è tempo di farcene una ragione. Ogni decennio l'immigrazione è raddoppiata. Tenendo conto che molte persone sposate hanno lasciato i figli in patria, che altre devono ancora costituire una famiglia, che ogni anno c'è bisogno di nuove leve lavorative è facile ipotizzare che la presenza degli immigrati è destinata ad aumentare ulteriormente. A metà secolo potranno essere tre, quatto, cinque volte di più: non arriviamo impreparati e impauriti a questo appuntamento. Non necessariamente questo futuro dovrà avere le tinte fosche: potrà essere all'americana (incidenza degli immigrati del 10% sulla popolazione residente), alla canadese (incidenza del 16%) o alla svizzera o all'australiana(incidenza del 20%). Quello che per noi potrà essere il futuro è da molti anni attualità in paesi che noi prendiamo per modelli: questo dovrebbe aiutarci a vincere i timori e le incertezze.

Essere paese di immigrati non significa perdere la propria cultura. La paura di perdere il proprio patrimonio culturale e religioso non dipende dall'immigrazione bensì dal fatto di averlo interiorizzato in maniera superficiale : approfittiamo della presenza degli immigrati per riscoprire quello che noi siamo. Un contesto certo di diritti e di doveri garantisce noi e non penalizza i nuovi venuti. Accettiamo tutto quello che è compatibile con la Costituzione, ma abbandoniamo il pregiudizio che gli immigrati siano una massa di delinquenti, ponendo così gravi ostacoli alla convivenza. La filosofia degli scudi è poco efficace, costosa e inefficiente. La politica migratoria, presa seriamente, significa impegno per gestire la complessità. A seguito di quel vasto movimento di globalizzazione umana, che sono le migrazioni, è nato un mosaico di etnie, lingue, culture, tradizioni sociali, religioni, che è compito della politica migratoria comporre in maniera armoniosa.

Non bisogna invocare Dio per intralciare il cammino della città dell'uomo. L'evento migratorio ha, per così dire, accelerato la storia e ha provocato un confronto culturale e religioso al quale non tutti si era preparati. Anche l'Italia, centro del cattolicesimo, è diventata irrevocabilmente realtà multireligiosa: un buon terzo della presenza (circa 600.000 persone) è costituito da musulmani. In questo contesto, non bisogna scatenare guerre di religione e invocare Dio per provocare divisioni tra i popoli e all'interno della stessa società. Anche dal punto di vista religioso, siamo chiamati a capire, seguendo l'esempio del Papa, che l'apertura all'altro mostra la grandezza del messaggio cristiano e non la sua debolezza. Altra cosa è la condanna di chi, bestemmiando Dio, invoca la propria religione per scatenare guerre sante, calpestando la libertà di coscienza degli altri: a questo livello dovremmo essere tutti più severi e chiedere maggiore coerenza alle autorità religiose e politiche.

C. QUALE TIPO DI MEDIAZIONE CULTURALE

Per i nuovi arrivati deve essere reso più agevole l'accesso ai servizi pubblici, da rimodellare in maniera tale da poter rispondere anche alle esigenze di questa nuova utenza. Resta però il fatto che l'utente immigrato si trova in una più accentuata situazione di bisogno e di maggiore insicurezza per la scarsa conoscenza dei meccanismi della nuova società. Ciò esige, da un lato, un forte impegno di semplificazione amministrativa e, dall'altro, la messa a disposizione di una figura facilitatrice, che si adoperi per decodificare e raccordare i codici della società di accoglienza e di quella di arrivo, e all'occorrenza si faccia carico di tradurre, interpretare e anche riempire la modulistica, evitando i malintesi, le lungaggini e nei casi estremi la perdita dei diritti. Questa è una funzione conosciuta in molti paesi di immigrazione, dove si parla di interpretariato di contatto e di conversazione o di interpretariato sociale, comunitario e culturale, accentuando così la valenza tecnico-professionale nel primo caso e quella socio-culturale nel secondo.

Gli immigrati da tempo residenti, e specialmente quelli nati in Italia, senza rinunciare all'attaccamento alla loro cultura di origine, sono chiamati ad acquisire una flessibilità che consenta loro di inserirsi in maniera più approfondita nel nuovo contesto, contribuendo così alla costruzione di una sintesi societaria più ricca che veda anche gli italiani coinvolti in un processo di cambiamento. A questo livello è indispensabile la mediazione culturale che, a differenza dell'interpretariato sociale, non si occupa direttamente di facilitare l'accesso del singolo immigrato ai servizi bensì opera in ambito sociale e si fa carico di favorire una sorta di transizione culturale che impegna italiani e immigrati e consente di inquadrare in maniera non conflittuale le nuove specificità culturali, favorire i percorsi di reciproco scambio e promuovere, sia tra gli italiani che tra gli immigrati, interventi di sensibilizzazione ed educazione alle prospettive interculturali.
Entrambi i tipi di intervento sono, seppure a livelli differenti, un derivato dell'impegno necessario in una società plurilingue, multietnica e multiculturale che evidenzia la necessità di diffondere su tutto il territorio un'organica politica di integrazione a favore di questa categoria di "nuovi cittadini", diventati parte stabile della popolazione residente.

La mediazione culturale, da considerare un vero e proprio ponte tra le due parti, serve ad agevolare il processo di integrazione degli immigrati e di mutamento della società italiana che li accoglie in un comune impegno di reciproco adattamento.
L'utilizzo di mediatori culturali immigrati presso gli uffici pubblici contribuisce a rimuovere gli ostacoli che impediscono o intralciano la comunicazione con gli utenti immigrati, specie di recente inserimento, prevenendo le situazioni conflittuali e favorendo il conseguimento dei loro diritti.
Ma il compito della mediazione culturale non si esaurisce nel facilitare le pratiche amministrative ai nuovi venuti, il che porterebbe a qualificarla come emergenziale. Nel senso più pieno la mediazione culturale consiste in un'azione d'insieme che favorisce l'integrazione culturale degli immigrati residenti in Italia e la loro accettazione da parte degli italiani su un piano di pari dignità. Accanto alla dimensione personale della mediazione vi è quindi quella collettiva, che coinvolge gruppi e associazioni e favorisce una vera e propria integrazione societaria.
La mediazione, così intesa, è l'anima della politica migratoria e della stessa integrazione perché, collocandosi al termine di quelle decisioni che hanno una prevalente natura strumentale (determinazione dei flussi, normativa sul soggiorno, funzionamento della pubblica amministrazione) porta a interrogarsi sul significato della convivenza di persone di culture differenti e a individuare e a rendere operanti le possibilità di un raccordo funzionale ed arricchente. È a questo livello che si gioca la riuscita della politica migratoria, mostrando cioè nel concreto che le diversità possono essere coordinate in un disegno unitario condiviso dalla popolazione locale e dai nuovi venuti.

In conclusione, se è vero che l'inclusione è la grande sfida dei prossimi decenni, non risulta che questa sia stata la tonalità prevalente nel dibattito politico, e questo bisogna dirlo anche se può generare disappunto e fastidio. È fondamentale l'apporto che può venire dagli operatori culturali impegnati nel settore delle biblioteche. Unendo gli sforzi possiamo far sì che l'Italia si concilii con il proprio futuro e che l'immigrazione venga accettata come componente della nostra società.

 
ITALIA. Prospetto generale dell'immigrazione in Italia (2000-2001)
Popolazione immigrata soggiornante 2000 2001
  v.a. % v.a. %
- registrata negli schedari del Ministero dell'Interno 1.388.153 100,0 1.362.630 100,0
- stima presenza complessiva, minori inclusi 1.686.000 100,0 1.600.000 100,0
- incidenza% su residenti (57.844.017 all'1.1.2001) - 2,9 - 2,8
Variazione annuale + 136.159 + 10,9 - 28.104 - 2,0
Provenienza continentale        
Unione Europea 159.799 10,9 147.495 10,8
Altri paesi europei 404.768 29,2 416.390 30,5
Africa 385.630 27,8 366.598 26,9
Asia 277.644 20,0 259.783 19,1
America 277.644 20,0 259.783 19,1
Oceania/Apolidi 3.370 0,3 3.285 0,3
Nazionalità ignota - - 10.873 0,8
Motivi del soggiorno        
Lavoro 839.982 60,5 800.800 58,9
Famiglia (inclusi adozioni e affidamenti) 366.132 26,4 293.865 28,9
Inserimento non lavorativo (religiosi, residenza elettiva, studio) 136.098 9,8 124.053 9,1
Asilo politico e richiesta asilo 10.435 0,8 5.115 0,4
Altri motivi 21.345 1,5 36.336 2,7
Ripartizione territoriale        
Nord Ovest: Lombardia, Piemonte, Liguria, Valle d'Aosta 433.497 31,0 444.876 32,7
Nord Est: Veneto, Friuli V.Giulia., Trentino Alto Adige, Emilia R. 327.801 23,9 328.488 24,1
Centro: Toscana, Umbria, Marche, Lazio 422.483 29,8 396.834 29,2
Sud: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria 143.121 18,8 133.263 9,7
Isole: Sicilia, Sardegna 61.251 4,5 59.169 4,3
Caratteristiche popolazione immigrata        
Incidenza percentuale maschi 754.424 54,2 726.809 53,3
Incidenza percentuale femmine 583.729 45,8 635.821 46,7
Coniugati (con e senza prole con sé) 676.296 48,7 678.342 49,9
Celibi 644.887 46,4 584.013 42,9
Vedovi 16.287 1,2 14.000 1,0
Divorziati e separati 21.243 1,6 21.289 1,7
Stato civile non registrato 21.243 1,6 21.289 1,7
Nuovi ingressi 2000        
Totale permessi 155.244 100,0 232.813 100,0
Lavoro 59.394 38,3 92.386 39,7
Famiglia 56.914 34,72 60.027 25,8
Inserimento non lavorativo (religiosi, residenza elettiva, studio) 21.816 14,1 27.920 12,0
Asilo 5.589 3,6 10.341 4,4
Altri motivi 17.691 11,4 42.139 18,1

Fonte: Elaborazioni Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes su dati del Ministero dell'Interno.
Copyright AIB 2003-02-18, ultimo aggiornamento 2003-02-18 a cura di Gabriele Mazzitelli
URL: https://www.aib.it/aib/congr/c49/pittau.htm


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