[AIB]

Associazione italiana biblioteche. Congresso 1997


Il rapporto tra dirigente e interlocutori politici

di Giorgio Lotto
Abstract

(introduzione all'intervento previsto all'interno del Dibattito sulle forme di gestione autonoma e le più significative esperienze di innovazione)

A partire dal 1990 il legislatore italiano ha prodotto una articolata normativa intesa a rivedere i modelli organizzativi della pubblica amministrazione (v. soprattutto la L. 142/90, il D.Lgs 29/93, il D.Lgs 77/95 e la L. 127/97). Particolare attenzione in questi passaggi è stata riservata alla separazione e alla ridefinizione dei ruoli degli amministratori-politici e dei dirigenti, alla presentazione di una nuova managerialità degli stessi dirigenti, al disegno di assetti strutturali caratterizzati da criteri di efficacia, di efficienza nonché di flessibilità.

Tutto ciò ha creato le premesse, negli enti locali come nell'Amministrazione centrale, per un diverso dialogo tra queste due importanti componenti del sistema pubblico: quella politica chiamata a compiti di indirizzo e di controllo, quella dirigenziale chiamata a farsi totalmente carico degli aspetti attuativi.

Tale rapporto, determinante ai fini di garantire qualità ai servizi e prima ancora alle strutture di servizio, ha assunto ulteriore significatività negli enti locali per l'elezione diretta dei sindaci e dei presidenti delle province.
Questi soggetti forti richiedono partner tecnici affidabili: non a caso lo stesso legislatore ha previsto la possibilità per gli enti di usufruire di figure nuove quali quella del dirigente con contratto di diritto privato a tempo determinato o quella del city-manager.

Un rapporto fiduciario tra politico e dirigente non sarà tuttavia sufficiente a produrre i migliori effetti se non sarà supportato da elevata professionalità e, dall'altra parte, da una adeguata considerazione della professionalità. Determinante si rivelerà poi la capacità del politico di offrire una costante attenzione budgettaria al manager e, per contro, la capacità di quest'ultimo, attentamente valutata e conseguentemente retribuita, di raggiungere gli obiettivi fissati.

Nell'attuale situazione di passaggio, peraltro, non mancano difficoltà in questi processi. Si va dall'ancora parziale equiparazione del rapporto di impiego pubblico con quello privato, che riduce le possibilità di movimento del dirigente, alla lentezza nel passare da una cultura gestionale "per adempimenti" ad una "per obiettivi"; da una visione burocratica e scarsamente manageriale di nuovi strumenti quali il Piano esecutivo di gestione o il controllo di gestione, all'incapacità di ricomporre tutti gli elementi di innovazione recentemente presentati all'interno di un'unica, organica strategia di cambiamento.

Le biblioteche di enti pubblici di fronte al rivisto assetto che si sta comunque imponendo sembrano intanto voler ridescrivere le strategie per il raggiungimento di maggiori livelli di autonomia operativa proposte negli scorsi anni. Per il momento, comunque, novità come quella dell'introduzione di responsabili dei servizi con contratti a tempo determinato, già diffusa in area amministrativa ed in altri settori tecnici, hanno poco interessato l'area bibliotecaria. Un mercato della dirigenza bibliotecaria non esiste quindi ancora in Italia, anche se tale ambito potrebbe portare in un prossimo futuro ad interessanti sviluppi per la professione.


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Copyright AIB, ultimo aggiornamento 1997-10-21 a cura di Susanna Giaccai e Maria Teresa Natale