[AIB-WEB] Associazione italiana biblioteche. Congresso 1999

 

SBN nuovi sviluppi

Duccio Filippi, Comune di Livorno 
Servizi di polo nell’ambito territoriale


Quando gli organizzatori del Congresso mi hanno rivolto l’invito a presentare un breve relazione sulla attuale situazione di SBN nelle biblioteche di ente locali, mi è sembrato di ringiovanire improvvisamente di 17 anni, di poter tornare idealmente a quel Congresso del 1982, tenuto a Giardini Naxos, che tutti noi consideravamo il Congresso di "fondazione" di SBN, in cui per la prima volta tutte le componenti dell’AIB (statali, universitarie, della ricerca, degli enti locali), dopo una accurata fase di preparazione e di discussione anche a livello locale, esaminavano il progetto presentato da Angela Vinay, sia da lato tecnico che da quello politico, e di fatto lo facevano proprio, con un sostegno compatto, anche se non immune da pressanti suggerimenti, in parte inascoltati.

Avevo in quella occasione l’arduo compito di coordinare una affollata sessione dedicata proprio al tema "SBN e le biblioteche di ente locale", dalla cui discussione scaturì un conciso documento di lavoro (pubblicato negli atti curati dall’Università di Messina), in cui venivano riassunti tutti i dubbi, le speranze, i pericoli che le Biblioteche di Ente locale intravedevano nell’attuazione del Servizio Bibliotecario Nazionale rispetto sia alla rigida impostazione centralizzata del progetto sia e soprattutto alla oggettiva fragilità della realtà istituzionale, organizzativa, gestionale e finanziaria delle rispettive organizzazioni.

Già in quella occasione, il dibattito mise in discussione la struttura di base del progetto SBN, caratterizzata da un forte accentramento progettuale e organizzativo, basato sostanzialmente sull’apporto tecnico e finanziario del Ministero attraverso l’ICCU, contemperato solo parzialmente da un accordo politico con alcune Regioni (Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia in primis) che ritennero imprescindibile entrare nel progetto investendo non solo con progettualità coordinata ma anche con ingenti risorse finanziarie.

Erano insomma quelli che furono poi detti "padri e soci fondatori" e che nel bene e nel male si presero carico per alcuni anni delle critiche di quanti auspicavano un diverso e più articolato sviluppo di SBN, più rispettoso della pluralità di molteplici aspettative in relazione alla complessa frammentazione delle competenze istituzionali ed organizzative delle biblioteche italiane.

In particolare, già nel 1982, nei vari auspici che diplomaticamente il Gruppo di lavoro delle Biblioteche di Ente locale rivolgeva all’AIB, dicendo a nuora perché suocera intenda, si metteva in evidenza la necessità di meglio definire il ruolo e le competenze che le biblioteche di Ente Locale, quale articolazione di base del servizio di pubblica lettura in Italia, diffuso in maniera capillare su tutto il territorio nazionale, avrebbero potuto e dovuto assumere all’interno di un progetto che si presentava con evidenti ambizioni di rinnovamento del servizio bibliotecario nazionale, anche in rapporto alla forte valenza di innovazione tecnologica che tale progetto sottintendeva come premessa necessaria ma non esaustiva.

Solo successivamente (nel 1992, quindi a ben 10 anni dal quel congresso), a seguito di un Accordo di programma tra il Ministero per i Beni Culturali e quello della Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica , l’ingresso in massa in SBN delle Università e degli Enti di ricerca ha allargato in maniera significativa l’assetto iniziale di SBN, apportato un forte e significativo contributo, non solo in termini qualitativi e quantitativi nella alimentazione della base dati bibliografica, ma anche rispetto all’apporto di competenze tipiche del settore della ricerca e della innovazione tecnologica.

Dal Congresso di Giardini Naxos di acqua ne è passata sotto i ponti. Quasi una generazione, tanto che l’anno prossimo SBN festeggerà la maggiore età, compirà i suoi 18 anni avendo messo in campo una serie ampia e significativa di progetti di rinnovamento e di potenziamento (dalla versione Unix, alla "apertura" a sistemi non nativi SBN quali per ora ALEPH, SEBINA e ISIS, alla possibilità di interrogazione "passiva", senza cioè l’apporto attivo di catalogazione, alla nuova procedura di prestito interbibliotecario, etc.). La speranza di tutti, attuali utilizzatori e non di SBN, è che questa spinta al rinnovamento, oggi sempre più impellente per la rapida evoluzione dei sistemi di telecomunicazione e di elaborazione dati, riesca da una parte a mettere SBN "al passo" con gli altri più efficienti sistemi nazionali, ma anche e soprattutto a rispondere con una struttura progettuale ed operativa più snella e più rapida alle sfide tecniche ed organizzative sempre nuove ed imprevedibili che nel prossimo futuro la tecnologia sicuramente ci riserverà.

Gran parte dei dubbi e delle inquietudini presenti nel documento stilato dai rappresentanti degli Enti Locali a Giardini Naxos, non si sono affatto dissolti.

La storia di SBN vede alcuni attori forti, "fondatori" e non, (Stato, Università, Enti di ricerca, alcuni Regioni più "illuminate") che caratterizzano a tutt’oggi la struttura portante del Servizio Bibliotecario Nazionale.

L’intuizione iniziale di Angela Vinay, che scelse forse più per necessità che per convinzione una struttura fortemente accentrata, quasi dirigista e statalista, in stridente contraddizione con le sue personali convinzioni politiche e culturali, era probabilmente una scelta obbligata, all’epoca senza alternative credibili, data la fragilità tecnica, strutturale ed organizzativa della galassia delle biblioteche dipendenti dal decentramento istituzionale. Fragili sì ma essenziali e insostituibili nel compito di sostenere quotidianamente quella domanda di servizio capillare sul territorio e di documentazione sulla storia locale che nessun Istituzione accentrata potrà mai tentare di soddisfare.

Ed è per questo che i propositi di rinnovamento che il modello "SBN 2", che in questa sessione viene presentato, propositi impegnativi e complessi ma forse ancora troppo timidi e lenti rispetto alla rapida evoluzione della tecnologia, vanno salutati con soddisfazione ed incoraggiati verso una rapida applicazione.

Perché se è vero che una gran parte di quella galassia di piccole e medie biblioteche di Ente Locale di cui parlavo prima, non è ancora pronta ad usufruire di tutti i servizi offerti dal Servizio Bibliotecario Nazionale, è per altro vero che ci sono casi da tempo maturi dal punto di vista organizzativo, funzionale e tecnologico che hanno per così dire superato di slancio i limiti di SBN, organizzando a latere del pacchetto dei servizi nativi in SBN, vere e proprie gestioni paralleli ed indipendenti, attraverso OPAC più efficienti e più efficaci rispetto a SBN, utilizzando in parte gli stessi dati bibliografici presenti sull’Indice, in parte arricchendoli di ulteriori basi dati attualmente non comprese nell’Indice (quali le collezioni fotografiche, il materiale grigio, il materiale minore, le raccolte di stampe e di incisioni, i manoscritti, i bandi, etc.).

La costruzione di OPAC locali, paralleli rispetto all’Indice, è ormai un fenomeno molto diffuso in tutta Italia e si avvia a divenire (trasversalmente in quasi tutte le tipologie di biblioteche) una necessità più che una scelta. Infatti la lentezza dell’OPAC centrale appare ormai paralizzante e insopportabile in alcune fasce orarie, tanto che è ormai più conveniente arrivare all’OPAC indirettamente utilizzando il gateway Z.3950 della Library of Congress. Insomma per arrivare a Roma si passa da Washington, secondo il noto detto che "tutte le strade portano a Roma".

Una indagine sistematica presentata al recente Seminario organizzato dall’AIB Toscana sull’evoluzione di SBN, conferma questa tendenza a relegare all’OPAC dell’Indice le ricerche di seconda battuta, dopo che si è percorsa la più comoda e rapida strada degli OPAC locali.

Inoltre la presenza sempre più folta sul mercato, e a prezzi bassi, di prodotti informatici che lanciano in automatico e in contemporanea ricerche multiple su centinaia di siti Z.3950, apre scenari che fino a poco tempo addietro sembravano fantascientifici. Peccato che ad oggi in Italia le biblioteche che offrono lo standard Z.3950 si contino sulle dita di una mano. E’ questo un gap che va rapidamente superato e che dimostra a mio avviso che tutti gli sforzi di aggiornamento tecnico e organizzativo rischiano, ieri come oggi, di non centrare mai l’obiettivo di mettere una volta per tutte l’Italia al passo con le reti bibliotecarie più evolute e più pronte a rispondere, con nuovi modelli organizzativi, ai cambiamenti imposti dall’evoluzione tecnologica. Si pensi, uno per tutti, alla evoluzione in corso in OCLC.

Accanto a questa tendenza a creare OPAC paralleli, anche quando la Biblioteca è in grado di offrire il pacchetto completo di servizi SBN, si sta timidamente affacciando un’altra possibilità, del tutto finora inedita ma affascinante per le biblioteche italiane: quella di mettere a disposizione l’esperienza acquisita nella raccolta e nella elaborazione delle proprie notizie catalografiche standard, anche per l’elaborazione di dati che propriamente non riguardano il servizio bibliotecario in senso stretto, ma più in generale le diverse tipologie dei beni culturali di una certa area o di un certa Istituzione.

E’ un po’ la filosofia di fondo che sembra guidare gli ultimi bandi europei (e in particolare il "Quinto programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico", in cui due importanti "azione chiave" sono finalizzate a favorire la conoscenza globale dei beni culturali nelle loro diverse forme espressive e supporti, attraverso la elaborazione dei relativi archivi e la loro diffusione mediante strumenti multimediali (dai CD Rom, a Internet, alla multimedialità più spinta).

L’ipotesi di un allargamento del campo di azione delle Biblioteche, e di quelle di Ente locale in particolare, ad altri settori che si occupano dei beni culturali in genere (allargamento da intendersi correttamente come stretta cooperazione e non come invasione di campo e sottrazione di competenze) era già presente in un saggio di Mauro Guerrini dal titolo "Archivio biblioteca, museo: dialogo, compartecipazione e accesso integrato alle basi di dati locali" presentato sotto il motto latino "e pluribus unum" al Congresso sulla gestione delle fonti di storia locale tenuto presso la Biblioteca Comunale di Trento nel 1996.

In quel saggio Guerrini citava come esempio alcuni esperimenti compiuti presso la Biblioteca Labronica di Livorno, volti alla interrogazione integrata di archivi provenienti da records bibliografici ed archivistici. A distanza di appena tre anni quel primo esperimento ha dato frutti maturi, rendendo possibile la completa integrazione funzionale (ma non fisica) di archivi complessi contenenti dati delle Biblioteche del Sistema bibliotecario provinciale, degli Archivi storici, dei Musei, dei Beni culturali in genere (sia quelli conservati in contenitori sorvegliati: chiese, conventi, collezioni private, sia quelli affidati alla pubblica fede, come i monumenti  esposti in pubblico e i complessi architettonico monumentali).

Il sistema ha attualmente tre tipologie di applicazione territoriale: quella propriamente urbana, quella provinciale, ed infine una valenza interprovinciale su un ampio territorio della costa toscana (da Carrara all’Isola d’Elba) dove sette importanti comuni (di quattro diverse provincie) si sono associati, mediante Accordo di programma, in un progetto di valorizzazione dei loro Musei e delle loro iniziative espositive.

Per quanto riguarda Livorno il sistema copre la quasi totalità dei beni culturali censiti dalla Soprintendenza BAAAS, buona parte del posseduto della Biblioteca Labronica e del Sistema Bibliotecario Provinciale e circa la metà dell’Archivio storico del Comune.

Si tratta in buona sostanza di un OPAC evoluto che interroga, partendo da una query iniziale, diverse tipologie di beni culturali, aiutando l’utente nella navigazione e nella individuazione di tutti i documenti (a stampa o manoscritti, comprese le immagini) o gli oggetti di interesse storico artistico presenti in un certo territorio. Facendo l’esempio classico di una ricerca su Garibaldi, il sistema segnala immediatamente tutti i libri di e su Garibaldi, i ritratti di Garibaldi (compreso quello conservato nelle stanze di rappresentanza del Comune), il monumento a Garibaldi nella omonima piazza, nonché l’indicazione di tutte le filze di archivio contenenti pratiche su Garibaldi. Il tutto naturalmente nel rispetto rigoroso degli standard  di descrizione propri di ciascuna tipologia di oggetti e interrogazione per campi per liste, per parole libere su tutto il testo delle schede comprese le note. Quando sono previste, il sistema rende anche le immagini a bianco e nero o a colori.

Sono attualmente iniziate le operazioni di versamento delle schede relative alla collezione numismatica e alla collezione archeologica del Comune. Chissà  che prossimamente non venga fuori anche una moneta o una medaglia con l’effigie di Garibaldi.

In questo periodo, oltre che al miglioramento del sistema di interrogazione dell’OPAC (per renderlo sempre più efficiente e veloce), stiamo lavorando sulla georeferenziazione dei dati contenuti negli archivi: cioè l’indicazione sulla mappa sensibile della città delle emergenze storico architettoniche, con finalità non solo di informazione e di documentazione, ma anche e soprattutto di costruzione dinamica di percorsi turistici tematici su richiesta degli utenti remoti. La base del sistema (che funzionerà sia partendo sia dalle schede descrittive standard, sia dalla mappa sensibile) è il GIS territoriale, cioè la rappresentazione digitalizzata della città su cui operano di norma gli uffici tecnici per la predisposizione del piano regolatore, e su cui vengono calati diversi strati informativi (dalle linee di trasporto con i relativi orari, ai sensi unici, alle farmacie, agli esercizi commerciali, ai servizi pubblici, etc.), richiamabili a piacimento senza che interferiscano gli uni con gli altri.

In conclusione, mi sembra di poter dire che quella fragilità tecnica ed organizzativa che sembrava una delle cause che avevano suggerito in passato una sostanzialmente marginalizzazione in SBN del tessuto delle biblioteche dipendenti dalla Autonomie locali (facendo soffrire molti, ma si sa anche la sofferenza è un elemento portante, e talvolta positivo, della vita), quella fragilità si è evoluta in una progettualità che talvolta precede gli stessi desiderata della Unione Europea e supera autonomamente alcuni ritardi ed inefficienze del sistema SBN con una inventiva ed una capacità tecnica che, fatte le debite proporzioni, non ha niente da invidiare ai più celebrati sistemi stranieri.

E’ per questo, per non sprecare le potenzialità espresse o ancor più quelle inespresse che le Biblioteche che operano a livello territoriale ancora possono offrire al potenziamento e al completamento del disegno complessivo del Servizio Bibliotecario Nazionale, di cui si sentono, a ragione, elemento portante sia per i propri fondi antichi o rari, sia per le proprie ricche sezioni di storia locale, sia infine quali terminali diffusi di una rete di servizio a livello territoriale, è per questo, dicevo, che credo sia da auspicare una linea di sviluppo specifica di "SBN 2", che delinei un ruolo importante anche per le biblioteche di Ente locale, stimolando la creazione di poli autonomi di servizio, oggi resi possibili, sia dal punto di vista tecnico che finanziario, dall’avvento della rete Internet, dal rilascio della versione Unix, e più in generale dall’evoluzione della tecnologia informatica.

Anche questo caso, come nel 1982, l’invito pressante è rivolto a nuora (cioè all’AIB) perché suocera intenda, al fine di ricondurre queste esperienze avanzate all’interno dell’alveo istituzionale SBN, entro un quadro di programmazione generale che veda una significativa presenza degli Enti locali territoriali negli organi di indirizzo generale di SBN.

Grazie per l’attenzione.


Copyright AIB 1999-05-25 a cura di Susanna Giaccai

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