[AIB-WEB] Associazione italiana biblioteche. Congresso 1999

 

I problemi del lavoro in biblioteca

Simona Tirbanti
L’AIB come riferimento per la professione e come opportunità per il lavoro

Da diversi anni il mondo delle biblioteche è in rapida evoluzione, grazie all’affacciarsi continuo di novità sia a livello di strumentazione, che di procedure.

All’interno di questo panorama così mutato e così mutevole ciò che fatica a stare al passo coi tempi è proprio la base e la condizione di ogni cambiamento, vale a dire la risorsa umana.

Sono sempre più numerosi i giovani che intraprendono "per vocazione" la professione del bibliotecario, dedicando tempo ed energie ad un’attività che offre possibilità concrete di lavoro e che, proprio per questo, avverte la stringente necessità di un’azione di regolamentazione e di tutela.

Si tratta, in parecchi casi, di un percorso che inizia con il conseguimento della laurea in biblioteconomia o di un titolo meno specifico arricchito e supportato dall’attività di volontariato, dalla frequenza di corsi, scuole speciali o tirocini, e che prosegue con contratti a termine, collaborazioni a vario titolo con enti pubblici e privati, borse di studio, ecc.

A questo proposito, vale forse la pena di spendere qualche parola sul volontariato, un’esperienza il cui esito dipende troppo spesso dalla buona volontà della persona (bibliotecario) a cui il giovane si affida, oltre che dall’efficienza della biblioteca in cui è svolto.

Il volontario non è e non è giusto che sia un supplente di personale talvolta insufficiente a ricoprire le mansioni basilari di una biblioteca; il rapporto tra la biblioteca e il volontario, infatti, si dovrebbe configurare come un vero tirocinio, durante il quale il giovane dà e contemporaneamente riceve qualcosa in cambio, avendo così la possibilità di crearsi una propria professionalità.

A tal fine, occorre, innanzitutto, una definizione più precisa di questa attività, delle sue finalità e dei suoi limiti, senza livellare le diverse realtà bibliotecarie, ma tenendo conto, da un lato, delle forze che ciascuna istituzione è in grado di mettere in campo, dall’altro delle attitudini personali dei volontari. Solo così si può giungere ad uno scambio davvero proficuo per entrambe le parti, dal quale la biblioteca ne uscirebbe ripagata del tempo e delle energie dedicati alla formazione del giovane.

Facciamo un altro passo in avanti e arriviamo a parlare del mondo del lavoro vero e proprio.

Se sul mercato l’offerta è in crescita (per rendersene conto è sufficiente dare un’occhiata alle offerte pubblicate a scadenze ravvicinate in AIB-CUR Lavoro), non si può certo dire che il panorama sia idilliaco. Sempre più spesso le biblioteche affidano a ditte esterne lavori di catalogazione, riorganizzazione, recupero, digitalizzazione dei dati, nei quali, con altrettanta allarmante frequenza, si "gioca al ribasso", oltrepassando quello che dovrebbe essere il giusto limite tra domanda e offerta, tra qualità e quantità.

Non sono certamente io la prima a notare come appalti di questo genere, in cui non ci si preoccupa di stabilire un limite minimo nelle offerte dei partecipanti, determinino condizioni di sfruttamento del personale assunto che, oltre a non premiare la professionalità di quest’ultimo, conducono a risultati insoddisfacenti per la biblioteca, costretta ad investire nuovamente tempo e mezzi in interventi di correzione.

Si ha l’impressione che nell’appalto dei servizi, il requisito prioritario debba essere l’economicità anche a costo di sorvolare talora sulla competenza necessaria per svolgere il lavoro; in realtà, "l’offerta più vantaggiosa" dovrebbe essere tale anche dal punto di vista della qualità, ma questo particolare è spesso trascurato.

La creazione dell’Albo professionale dei bibliotecari italiani costituisce sicuramente un passo in avanti verso la soluzione del problema, ossia la mancanza di punti di riferimento in grado di orientare gli enti nella selezione del personale esterno. C’è da sperare che esso diventi uno strumento realmente usato, capace, da una parte, di salvaguardare le biblioteche nei confronti delle aziende private, e di promuovere, dall’altra, la professionalità e competenza dei soggetti che operano nel settore, siano essi cooperative, aziende o liberi professionisti.

Da tempo si auspica anche la definizione di un tariffario da applicarsi ai vari tipi di servizi affidati all’esterno, pur con le dovute diversificazioni in base alla specificità dei casi; questo potrebbe rivelarsi un modo efficace per evitare, o comunque limitare, le situazioni arbitrarie e insieme garantire la realizzazione di un buon lavoro.

Altro capitolo importante nel percorso giovanile è rappresentato dai concorsi pubblici, bersaglio di non poche polemiche, considerata la rarefazione dei bandi e la conseguente scarsità dei posti, specie se rapportata al numero dei concorrenti.

Credo di rappresentare il punto di vista di molte persone, affermando che manca spesso un legame diretto tra preparazione professionale e prove di concorso, per affrontare le quali sono richieste conoscenze che presuppongono un’esperienza lavorativa già solida nel settore, acquisibile paradossalmente solo con la pratica in una biblioteca. Non basta, infatti, lo studio attento di manuali o bibliografie per superare test talmente specifici da risultare ostici anche per i bibliotecari più esperti.

A questa esigenza di informazione l’AIB viene incontro con le sue pubblicazioni, gli incontri ed i corsi di aggiornamento professionale diretti non solo a bibliotecari, ma anche a chi abbia intrapreso da poco tale percorso e necessiti, quindi, di un riferimento costante.

Se mi è consentito esprimere un parere, sarebbe utile alla formazione giovanile ritagliare uno spazio ancora più "ad hoc" all’interno della vita e degli eventi dell’Associazione, che potrebbe prendere avvio proprio dalla presente Sessione.

Dico questo perché in molti casi l’impressione è quella di sentirsi troppo distanti o addirittura "dall’altra parte" nei confronti di un mondo consolidato che, probabilmente, necessita di forze che portino avanti le spinte costanti di rinnovamento.

Il fatto che una consistente parte dei nuovi soci AIB di ogni anno sia rappresentata non da bibliotecari, ma da giovani ancora alla ricerca di un’occupazione stabile, se non addirittura studenti, deve far riflettere quanti operano in questo settore: se esiste, ed esiste, una spinta verso il futuro, è sicuramente nell’interesse di tutti renderla ancora più partecipe della realtà in cui si trova ad agire, per sfruttare nel miglior modo possibile la sua carica positiva.

Avanzare valide proposte non è cosa da poco, né potrà bastare un breve intervento a definirne le modalità di attuazione. Mi limiterò, dunque, a far conoscere ciò che i giovani pensano possa esser fatto per facilitare un loro più pieno inserimento, fornendo qualche spunto raccolto durante varie occasioni di incontro, da cui poter partire per maturare riflessioni certamente più organiche e precise.

Potrebbe essere utile, innanzitutto, stimolare gli enti locali ad organizzare con maggior assiduità, in collaborazione magari con le sezioni regionali dell’AIB, corsi di formazione para e post-universitari, con un taglio pratico e non solo teorico, che suppliscano alla scarsa integrazione tra realtà universitaria e mondo del lavoro.

L’organizzazione di corsi così concepiti si affiancherebbe all’esperienza di volontariato-tirocinio presso le biblioteche, sulla quale mi sono già soffermata, contribuendo ad una più solida preparazione di quanti iniziano ad operare nel settore e consentendo loro almeno un contatto con la dimensione lavorativa.

Auspicabile sarebbe anche, come accennato innanzi, l’ideazione di uno spazio interamente dedicato al mondo giovanile all’interno della vita dell’Associazione; in esso si potrebbe non soltanto dar voce alle varie problematiche, ma anche stabilire i primi contatti con ditte e cooperative, sulla base di quanto si sta già facendo tramite AIB-CUR Lavoro.

Ritagliare, ad esempio, in AIB Notizie un inserto periodico, che lasci intendere fin dal titolo la destinazione ad un pubblico specifico che non coincide necessariamente con quello dei biliotecari, può costituire, a mio parere, un’ottima partenza verso l’instaurazione di rapporti più diretti tra l’Associazione e i più giovani.

Un significativo contributo in tal senso potrebbe giungere anche da parte delle varie sezioni regionali, tramite l’organizzazione di riunioni ideate a misura dei neoiscritti, i quali, come ho già accennato prima, si sentono come tagliati fuori dalle ordinarie occasioni d’incontro promosse dall’AIB.

Un altro gesto concreto che potrebbe essere attuato sul modello delle associazioni bibliotecarie di area anglosassone, consiste nella differenziazione dei costi per i vari tipi di soci, per venire incontro a quanti non abbiano ancora ottenuto un’occupazione fissa o comunque stabile (mi riferisco, per esempio, alle spese dell’iscrizione annua, già diversificata per gli studenti del corso di laurea in beni culturali, alle quote di partecipazione a corsi formativi e a congressi, ecc.).

Interventi di questo tipo non porterebbero magicamente alla soluzione dei problemi di cui si è parlato nel corso dell’intervento, né sarebbe realistico e sensato pretenderlo, ma, da un lato, contribuirebbero certamente ad un più maturo contatto tra diversi tipi di realtà all’interno dell’Associazione, dall’altro favorirebbero, forse, una maggiore presa di coscienza circa la situazione giovanile del settore da parte delle istituzioni ministeriali, con le quali l’AIB ha avviato un dialogo da tempo.

In conclusione, mi auguro che da questi pochi accenni siano emerse alcune delle problematiche maggiori che coinvolgono quanti, come me, siano in cammino lungo un percorso non facile, ma certamente stimolante, che resta in parte ancora da tracciare con l’aiuto e l’appoggio dei colleghi più esperti.


Copyright AIB 1999-05-22 a cura di Susanna Giaccai

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