Marzia Miele incontra Roberto Fasoli
La legge delega n. 59 del 15 marzo 1997 e la legge
127 del 15 maggio 1997, ormai definitivamente approvate dal Parlamento,
prefigurano un radicale cambiamento dell'attuale organizzazione
centralizzata dello Stato e una semplificazione della burocrazia.
Coinvolgerà questa ristrutturazione anche le gestione del
patrimonio culturale, diviso dalla istituzione delle Regioni nel
1972 in patrimonio di carattere nazionale, affidato alle strutture
centrali del Ministero per i Beni culturali e ambientali, e patrimonio
di interesse locale, affidato agli enti locali? E quale cambiamento
di rapporto di lavoro potrebbero subire gli addetti a questo settore,
nel caso si optasse per il decentramento? Contemporaneamente,
la prima diffusione di notizie relative alle nuove mappe organiche
ha suscitato preoccupazioni e perplessità soprattutto tra
quei tecnici appartenenti alla settima qualifica funzionale che
non vedono in queste riconosciute le loro aspettative di progressione
nella carriera.
Marzia Miele ha chiesto a Roberto Fasoli, membro della delegazione nazionale CGIL Beni culturali (la delegazione abilitata a trattare la contrattazione a livello di Ministero) e membro del Comitato direttivo F.P. CGIL Roma centro, quali prospettive la riforma comporta per il Ministero, in particolare per le biblioteche pubbliche statali, e quali cambiamenti si possono prevedere per il personale tecnico-scientifico attualmente in servizio.
D: Il testo della l. 59 del 15 marzo 1997 sui beni culturali non è molto esplicito. La tutela infatti è considerata tra le materie di pertinenza statale, ma non chiarisce se gli istituti, tra cui le biblioteche, attualmente gestiti dal Ministero per i Beni culturali sono parte del patrimonio da tutelare, o se sono invece dei servizi da trasferire agli enti locali.
R: La legge 59 stabilisce che nell'arco di 9 mesi verranno
definite le funzioni e i compiti che dall'Amministrazione centrale,
in base al principio di sussidiarità, saranno trasferite
alle regioni e agli enti locali. In 12 mesi dovranno essere definiti
i processi di riorganizzazione e/o fusione delle amministrazioni
centrali dello Stato e inoltre tutta la riforma sia realizzata
nell'arco di tre anni.
Per quanto riguarda il Ministero per i Beni culturali, l'on. Veltroni
ha istituito una commissione di 12 esperti, composta da professori
universitari e magistrati della Corte dei conti, che insieme al
capo di Gabinetto prof. Bove e al capo dell'ufficio legislativo
dr. Gallucci hanno iniziato un lavoro per rivedere e riorganizzare
la struttura del Ministero.
La commissione, per il momento, ha dato l'avvio a una serie di
audizioni con l'ANCI, l'ANPI e tutte le organizzazioni sindacali
firmatarie del contratto nazionale per raccogliere osservazioni
ed eventuali suggerimenti e si è impegnata a presentare
in tempi brevi una proposta complessiva da sottoporre al Ministro.
Il Ministro dovrà poi, ai sensi del contratto collettivo
nazionale di lavoro, informare le organizzazioni sindacali del
progetto di riforma, che peraltro non costituisce materia di contrattazione.
Le altre due questioni importanti, ribadite anche dall'accordo
complessivo del 12 marzo 1997 sul pubblico impiego, sono il problema
della formazione professionale e la possibilità di risoluzione
attraverso un nuovo ordinamento professionale, da esaminare nella
prossima tornata contrattuale, del problema delle mansioni diverse
e/o superiori.
La legge 59 (Bassanini) indica nell'art. 11 la necessità
della riqualificazione e della formazione del personale, riferita
in particolare ad eventuali processi di mobilità, nel caso
di trasferimenti di funzioni, di riorganizzazione e/o fusione
di parti dell'amministrazione centrale. Inoltre, l'art. 3 della
l. 537/93 (legge finanziaria) ribadisce la necessità di
riesaminare gli organici con cadenza biennale.
D: A proposito di organici, per quale motivo le organizzazioni sindacali non hanno valutato positivamente la proposta di organico presentata dal Ministero?
R: La prima proposta, avanzata dalla nostra Amministrazione
all'ex ministro della Funzione pubblica Frattini, era stata formulata
sulla base da un lato delle richieste avanzate dai dirigenti degli
istituti, e dall'altro in base alla valutazione dei carichi di
lavoro. L'organico, individuato in questo modo, avrebbe elevato
la pianta organica del Ministero a circa 33.000 unità.
Quella proposta veniva respinta dal dipartimento della Funzione
pubblica senza appello.
Pertanto, sia ai sensi dell'art. 3 della legge finanziaria 1993,
sia ai sensi del comma 53 della l. 662/96 (legge di accompagnamento
alla finanziaria 1997), era necessario presentare una nuova proposta
entro il 30 aprile 1997, pena un taglio del 15% sul totale del
personale in servizio, che attualmente è di 24.078 unità.
La nostra Amministrazione, cercando in linea generale di salvaguardare
il personale in servizio e la distribuzione dello stesso nelle
qualifiche di attuale appartenenza, ha ridotto la propria richiesta
a 25.307 unità, con la possibilità di recuperare,
a livello occupazionale, i posti disponibili in più rispetto
al personale in servizio.
Le OO.SS. però non sono rimaste soddisfatte, perché
ritengono che il lavoro svolto precedentemente, cioè la
valutazione delle proposte dei dirigenti e degli effettivi carichi
di lavoro nei singoli istituti, sia il metodo corretto da seguire
e hanno quindi ribadito la loro opposizione al ridimensionamento
dell'organico.
Anche l'organico, sia ai sensi del decreto 29/93 che del contratto
collettivo nazionale di lavoro, è materia di informazione
e non di contrattazione sindacale, e quindi la decisione ultima
è di competenza dell'Amministrazione.
Visti però sia i processi di eventuali modifiche delle
funzioni, sia la decisione di riconsiderare gli organici ogni
due anni, sia l'accordo menzionato sopra sul pubblico impiego,
abbiamo la speranza e la necessità di proporre nuovamente
all'Amministrazione il percorso, a nostro avviso più corretto,
per dimensionare gli organici secondo criteri non "emergenziali",
ma che tengano conto della necessità di una maggiore tutela,
fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale.
L'accordo del 12 marzo 1997 individua una strada fondamentale
per la qualificazione del personale pubblico: la formazione professionale
deve diventare elemento costante, non episodica, all'interno della
pubblica amministrazione.
L'accordo generale identifica due filoni principali: l'informatizzazione
e le leggi sulla sicurezza (626/94 e success.), lasciando evidentemente
alla contrattazione di settore la formazione per le attività
specifiche di rilievo per le diverse amministrazioni.
D: Che si intende per nuovo ordinamento professionale?
R: Nel comparto dei ministeriali vi sono 285 profili professionali,
distribuiti in 9 qualifiche funzionali.
I passaggi tra qualifica e qualifica possono avvenire soltanto
per concorso pubblico, essendo stata abrogata dall'art. 74 del
decreto 29/93 la possibilità per chi avesse effettuato
mansioni superiori, ai sensi del comma 10 dell'art. 4 della l.
312/80, di vederle riconosciute, bloccando così gran parte
del personale pubblico rigidamente nella qualifica di appartenenza.
Crediamo sia quindi necessario rivedere l'ordinamento rendendolo
più flessibile, con la costituzione di aree professionali,
che dovranno essere definite nella prossima tornata contrattuale,
e la possibilità di passaggi all'interno dell'area, anch'essi
da definire con la piattaforma contrattuale 1998-2001.
Nei prossimi mesi avremo importanti appuntamenti, che invito tutti
a seguire con attenzione per comprendere le implicazioni che i
cambiamenti in atto nella P.A. e nell'organizzazione dello Stato
avranno anche per il nostro lavoro.