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AIB attività delle sezioni - notizie dalle regioni

Toscana

Il 16 aprile si è svolto presso l'Auditorium del Consiglio regionale il convegno dedicato a "Biblioteche pubbliche in Toscana'', promosso in occasione della presentazione dei risultati dell'indagine qualitativa sulle biblioteche pubbliche toscane curata dalla Sezione Toscana dell'AIB, ma organizzato assieme all'Assessorato alla Cultura della Regione. L'indagine dell'AIB infatti, giunta a conclusione dopo un lavoro durato un triennio, ha maturato il momento della sua presentazione pubblica proprio in concomitanza con le consultazioni sulla proposta di legge regionale per le biblioteche, che, presentata pubblicamente nel corso di questi mesi, ha iniziato il dibattito in Commissione consiliare per la cultura in maggio. In questa favorevole convergenza di impegno e di attenzione verso le biblioteche pubbliche è stato possibile per l'AIB rendere disponibili i dati sulla situazione oggettiva dei servizi di biblioteca pubblica in Toscana, una situazione indagata analizzando la quasi totalità delle biblioteche ed ignota alla Regione stessa, che non ha mai curato una propria raccolta di dati statistici; per la Regione è stato invece possibile cogliere questo momento come opportunità per parlare ai bibliotecari delle prospettive aperte dalla nuova legge. Anche se l'Assessore alla Cultura Marialina Marcucci ha giustificato la sua assenza affidando il suo saluto all'intervento del dott. Mosi, il compito di entrare maggiormente nel merito della politica regionale per le biblioteche pubbliche era affidato principalmente a Rossella Dini, Coordinatrice del Dipartimento Istruzione e cultura, che infatti non ha mancato l'occasione, tanto rara, di farci sentire la sua voce. Ma vediamo con ordine. Dopo il saluto di Vanni Bertini, presidente regionale della Sezione AIB, Rossella Caffo ha svolto la sua introduzione con alcune riflessioni sulla legge quadro per le biblioteche, alla quale l'Associazione sta lavorando ed ha così subito segnato lo stile della giornata, come momento di impegno volto a promuovere lo sviluppo delle biblioteche pubbliche come servizi di base qualificati e diffusi. In effetti, secondo una prospettiva rivolta al futuro sono state condotte anche le relazioni di Grazia Asta, Elena Boretti e Carlo Paravano, dedicate all'esposizione dei risultati dell'indagine. Risultati che, se guardati in se stessi, presentano il quadro piuttosto desolante di una regione che, nota per la buona fama delle sue biblioteche, è invece scesa progressivamente lungo una china che negli ultimi dieci anni e oltre l'ha portata a risultati non più che medio-bassi. Partiti infatti dalla disponibilità di una metodologia e di dati di riferimento nazionali, offerti dall'indagine a campione diretta da Giovanni Solimine e pubblicata nel Rapporto AIB n. 4 Quanto valgono le biblioteche pubbliche?, Asta, Boretti e Paravano si sono mossi nel desiderio di confrontare un risultato derivante dalla totalità delle biblioteche toscane con quello fornito da quel campione all'interno del panorama nazionale, spinti anche dalla curiosità di verificare in base a parametri oggettivi l'origine di tante difficoltà con le quali gli operatori che lavorano nella nostra regione si devono costantemente misurare. Ed in sintesi il risultato dell'indagine, che ha riguardato 250 biblioteche delle circa 300 note come appartenenti agli enti locali, ha confermato l'indagine nazionale, riproducendo sostanzialmente gli stessi esiti sul rendimento del servizio: misurato in termini di utenza del prestito e numero di prestiti, questo non arriva a toccare il 10% della popolazione servita, con una media di 0,31 prestiti per abitante nel '94. È il risultato di una politica di investimenti e di risorse decisamente insufficiente, con carenze evidenti sia dal punto di vista dei locali destinati a biblioteca che di acquisti di materiale bibliografico, un'automazione che non ha prodotto innovazione né nella gestione interna, né nei rapporti col pubblico (non è diffuso il prestito automatizato e rara è la disponibilità di OPAC), una situazione del personale che, apparentemente in sintonia con le medie nazionali, mostra una progressiva cessione della gestione del servizio a personale volontario, obiettori, figure a vario titolo precarie, mentre il personale di ruolo viene assorbito da altre mansioni inerenti cultura, istruzione, quando non anche altri settori. Se circa il 60% dei comuni si è dotato di biblioteca sono quasi del tutto assenti i sistemi bibliotecari e di conseguenza quasi del tutto assente è anche il prestito interbibliotecario. Di fronte a una simile situazione, le biblioteche delle città capoluogo di provincia, che nel rispetto della metodologia adottata sono state studiate separatamente, non migliorano molto il quadro generale, perlomeno dal punto di vista dei servizi di base. In termini assoluti di patrimonio e di personale questi istituti portano a raddoppiare il dato regionale, ma la disponibilità di volumi moderni rispetto al patrimonio antico è in percentuale inversa rispetto a tutte le altre biblioteche: in particolare Livorno, Siena e Pistoia, le tre maggiori biblioteche di ente locale in Toscana, mostrano anche nella destinazione delle loro superfici la loro maggiore vocazione alla conservazione, piuttosto che al servizio pubblico. Queste biblioteche indicano nelle raccolte di documentazione locale, nella produzione di pubblicazioni, ma anche nelle sezioni per ragazzi, i loro settori di maggiore sviluppo, però per quanto riguarda i dati dei servizi di base non raggiungono livelli di efficacia superiore alla media toscana. Una media che, se si guarda alla grandezza dei comuni per fasce di abitanti, è il risultato di un miglior concorso da parte dei comuni delle fasce di grandezza intermedia, mentre abbastanza comprensibilmente i comuni più piccoli, sotto i 5.000 abitanti, e invece più sorprendentemente i comuni più grandi, sopra i 30.000 abitanti, si attestano sui dati peggiori.

L'indagine toscana sta per essere pubblicata e non è questo lo spazio opportuno per dilungarsi oltre, se non per dire che comunque la sua presentazione al convegno si concludeva con l'indicazione all'attenzione di tutti di alcuni casi, per così dire, eccellenti: 28 biblioteche selezionate in base ad alcuni requisiti ed indicate all'attenzione di tutti come obbiettivo di standard regionale, non utopistico, ma molto concreto e radicato alla nostra realtà locale. Di fronte ad un quadro talmente modesto, e per certi aspetti desolante, bisogna dire che avremmo desiderato che Rossella Dini, il cui intervento era intitolato La Regione Toscana per le biblioteche pubbliche, ci parlasse della proposta di legge anche in termini di analisi delle motivazioni che possono avere concorso all'attuale risultato e degli obbiettivi che la legge si ripropone di perseguire come correttivi ed indicazioni di sviluppo. L'intervento della Dini invece è stato tutto incentrato sulla difesa dei presupposti sui quali la proposta di legge si è basata, in risposta evidente alle osservazioni emerse, anche da parte stessa dell'AIB, nelle consultazioni ufficiali. Si è così saputo, e certamente ci ha fatto piacere, che alcuni documenti AIB stanno alla base delle riflessioni che hanno concorso ad ispirare i passaggi fondamentali della legge, come le tesi di Viareggio e la lettera aperta alle nuove amministrazioni regionali di Lorenzo Baldacchini, editoriale del Bollettino AIB n. 1 del 1995. La Dini ha richiamato il quadro normativo statale e regionale all'interno del quale la legge trova dettati i riferimenti, le competenze specifiche ed i limiti, e si è soffermata dettagliatamente su ogni singolo aspetto, in conclusione affrontando anche lo scottante e spinoso problema della Biblioteca del Servizio Beni librari, che la Regione intende cessare di gestire in via diretta. Nonostante abbia fatto molto piacere il commento puntuale a tutte le osservazioni promosse dall'AIB, resta il fatto che, pur nella certezza degli ottimi intenti che hanno animato la redazione della proposta di legge, vi sono degli aspetti che vorremmo trattati diversamente e ce ne faremo portavoce tramite i canali ufficiali. Quello che nell'intervento della Dini è invece rimasto del tutto inespresso è l'obiettivo che la Regione vorrebbe perseguire e del quale la legge non può che essere uno, e non il solo strumento adottato. È rimasto cioè del tutto oscuro se e come la Regione intenderà d'ora in avanti farsi carico dell'esigenza di monitoraggio dei servizi, una richiesta che l'AIB ha presentato con insistenza in più occasioni, se e come la Regione intenderà governare il processo di sviluppo del settore, dal momento che ha voluto ridurre il Servizio Beni librari ad Unità operativa, se e come investirà in infrastrutture di supporto allo sviluppo delle biblioteche, quando i servizi telematici regionali, sui quali invece molto si conta, non sembrano in alcun modo formalmente collegati all'Assessorato alla cultura e nel contempo si intende anche cessare la gestione della Biblioteca. Saranno naturalmente tutti temi che la Sezione Toscana vorrà riprendere quanto prima nel dialogo, proficuo ed attento, che in questi anni si è costruito con l'Assessorato regionale.

A conclusione della mattinata Giovanni Solimine ha riportato l'attenzione sulle eperienze di misurazione che si vanno compiendo e su come si stiano maturando metodologie che, pur non ancora in grado di cogliere a tutto tondo i servizi della biblioteca pubblica, tuttavia dimostrano di riuscire ad offrirne una valutazione oggettiva e scientificamente valida. La capacità di adottare strumenti adeguati alla valutazione dei servizi delle biblioteche è un percorso ancora non concluso, ma dal quale dipende molto il futuro dei servizi bibliotecari ed è questa una scommessa con la quale è necessario che la nostra professione si confronti. Il convegno è proseguito nel pomeriggio portando all'attenzione dei bibliotecari alcune significative riflessioni sul ruolo delle biblioteche pubbliche e su quanto i bibliotecari possono fare per promuoverne la crescita: riflessioni che, non nuove nell'ambito dell'Associazione, non avevano ancora avuto l'occasione di essere presentate in Toscana. Susanna Giaccai ha così parlato delle opportunità offerte dalla telematica e da Internet in relazione anche alle politiche promosse dall'Unione Europea. Claudio Leombroni ha sviluppato una relazione ricca di spunti di confronto con quanto si sta facendo anche in Emilia-Romagna, in rapporto sia alle reti civiche che al Servizio bibliotecario nazionale. Fausto Rosa ha approfondito i temi della cooperazione nell'esperienza di gestione del consorzio di Abano Terme, un'esperienza tanto significativa in Italia quanto lontana dalla situazione reale che la Toscana si trova attualmente a fronteggiare. Alberto Petrucciani ha affrontato il tema della professione con un approfondimento ulteriore rispetto a quanto avevamo, già altre volte e in modo tanto qualificato, avuto modo di ascoltare dalla sua voce. Grazie a tutti questi contributi, di grande stimolo a proseguire nell'impegno e nel costruttivo rapporto intrecciato con la Regione, e nell'attesa che i dati dell'indagine toscana siano pubblicati, ci sembra che il convegno abbia se non altro raggiunto l'obbiettivo di portare l'attenzione su quanto si sta facendo ed è ancora necessario continuare a fare per le biblioteche pubbliche in Toscana.


Campania

Dal 17 al 23 marzo 1997 nell'Atrio degli Istituti anatomici della Facoltà di Medicina e chirurgia dell'Università degli studi "Federico II" di Napoli, nell'ambito della VII Settimana della Cultura scientifica e tecnologica promossa dal Ministero dell'università e della ricerca si è svolta la III Settimana della Formazione intitolata "Verso non dove: percorsi ed avventure tra scienza e coscienza all'interno dell'università".

La Biblioteca centrale della Facoltà di Medicina ha quest'anno partecipato attivamente alla manifestazione, organizzando una mostra che ha suscitato l'interesse e la curiosità sia dei docenti che degli studenti. L'esposizione è stata intitolata "Liber. Ma dove studiavano i nostri maestri?" Rassegna di libri antichi tra l'800 e il 900".

Tale esposizione, frutto di una attenta raccolta di testi in numerose strutture pubbliche, ha contribuito a fare luce sulla "formazione del medico" in un periodo particolare degli studi medici: un periodo nel quale si attua la rottura tra la medicina ancora legata alla metafisica e la medicina che si proietta verso il futuro, trovando le sue basi nel naturalismo scientifico. Ad evidenziare tale innovazione è opportuno ricordare una frase di S. Tommasi pronunciata nel 1865 nella prolusione al I corso di lezioni svolto nell'Ospedale clinico: «Nelle scienze obiettive e naturali la dottrina non può coesistere con un "a priori", non può sorgere dalle speculazioni metafisiche, non può essere un'intuizione e moltomeno un sentimento: noi non possiamo oltrepassare i confini dell'e-sperienza».

Gli studi di medicina, dei quali si trova una forte tradizione a Napoli e a Salerno in scuole di carattere privato, trovano una prima regolamentazione "statale" nel Decreto organico dell'istruzione pubblica del 29 novembre 1811 emanato da Gioacchino Murat, il quale dedica ampia attenzione alla riorganizzazione dell'Università napoletana. Il regio decreto del 27 dicembre 1815, emanato da Ferdinando di Borbone, fece proprie le disposizioni precedenti con piccolissime modifiche. Dal 1815 al 1869, pur in presenza di studiosi di indubbio valore, quali Bruno Amantea, Domenico Cotugno, Felice De Renzis e Salvatore Farina, l'Università divenne, a poco a poco, sempre più dipendente dal potere politico e pertanto meno qualificata, al punto da essere descritta in un opuscolo pubblicato nel 1860 dal titolo: Le piaghe dell'istruzione pubblica napoletana. La Commissione De Sanctis tentò alla fine del 1860 il rinnovamento dell'Università Napoletana, sostituendo quasi completamente il corpo docente. Il Decreto del nuovo governo del 16 febbraio 1861 applicò la Legge Casati all'Università di Napoli. Si avviò così una Facoltà viva con la nascita di gabinetti e cliniche funzionali accanto agli insegnamenti tradizionali. L'esposizione è stata organizzata suddividendo i testi esposti secondo i quattordici insegnamenti ufficiali: 1) Anatomia umana normale; 2) Fisiologia sperimentale; 3) Anatomia patologica; 4) Materia medica e terapia; 5) Clinica medica; 6) Clinica chirurgica; 7) Medicina operatoria; 8) Clinica ostetrica; 9) Clinica oftalmica; 10) Clinica dermosifilopatica; 11) Patologia razionale; 12) Patologia speciale medica; 13) Chirurgica teoretica; 14) Storia della medicina.

È stata particolarmente notata la mancanza delle varie specialità della Medicina, quali ad esempio la Pediatria e la Neurologia, che unitamente a molte altre rientravano negli insegnamenti più generali di Clinica medica e Patologia speciale medica. Particolare interesse hanno suscitato alcuni dei testi esposti, quali la prima edizione del Trattato di Psichiatria di Leonardo Bianchi, le Istituzioni di fisiologia di S. Tommasi, il Genio e follia di C. Lombroso ed in genere tutti i testi di Anatomia e Chirurgia per il fatto stesso che le tavole mostravano chiaramente che erano state disegnate dagli studiosi sulla base delle loro esperienze pratiche.

Sono stati esposti con possibilità di consultazione 405 volumi, dei quali soltanto una decina in vetrina in quanto particolarmente rari o delicati. È stato redatto un catalogo a stampa del materiale esposto. Tale catalogo, ordinato alfabeticamente e recante naturalmente le indicazioni di proprietà dei testi, è stato distribuito a tutti i visitatori della mostra. L'esposizione, per quanto limitata ha voluto dare l'idea di una piccola biblioteca di medicina dell'epoca, nella quale fossero ben rappresentate tutte le discipline oggetto di studio nella formazione del medico tra l'800 e il '900.


AIB attività delle sezioni - notizie dalle regioni. «AIB notizie», 9 (1997), n. 6, p. 22-24.
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Copyright AIB, ultimo aggiornamento 1997-07-08 , a cura di Andreas Zanzoni