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Dizionario bio-bibliografico dei bibliotecari italiani del XX secolo

[Ritratto]

Farfara, Fulvia

(Alessandria d'Egitto 26 agosto 1924 - Firenze 3 gennaio 2008)

Nata in Egitto, ad al-Iskandariyyah (Alessandria), da Ugo e da Iride Laterza, dopo aver frequentato nella sua città la scuola italiana, giunse in Italia l'8 giugno 1940, due giorni prima dell'entrata in guerra dell'Italia a fianco della Germania, insieme a tanti altri giovani, figli di italiani, fatti rimpatriare dai genitori su consiglio delle autorità italiane. Fermatasi in un primo tempo a Trieste, dove la madre risiedeva da tempo, si iscrisse alla seconda classe del Liceo scientifico, per poi proseguire gli studi, nell'anno scolastico successivo, presso la Sezione staccata di Firenze delle Scuole medie italiane di Tunisi, che frequentò regolarmente, dopo essere stata ammessa, come interna, al Collegio femminile G.I.L.E. di Firenze, su domanda al Ministero degli interni. Conseguita nel 1942 la maturità scientifica, venne iscritta dallo stesso Ministero alla Facoltà di lettere dell'Università di Firenze, fruendo dello speciale sussidio allora concesso a tutti gli universitari della Direzione generale Italiani all'estero. Poiché questo sostegno non era sufficiente per mantenere sé e la madre, rimaste entrambe prive di mezzi essendo il padre internato in Egitto in un campo di concentramento, fu assunta dalla Cassa di risparmio di Firenze, dal luglio 1943 all'ottobre 1944, in sostituzione del personale chiamato alle armi. Dal dicembre 1944 al luglio 1946 lavorò, sempre a Firenze, in due club aperti dalle forze armate di occupazione per le loro truppe.
Nel 1946 tornò in Egitto, per rivedere il padre e gli altri familiari, nel frattempo liberati dai campi di concentramento; ci andò, non appena le fu concesso, con una delle navi dirette in India per riportare in patria i prigionieri italiani. Sbarcata a Porto Said proseguì per Alessandria, dove rimase diversi mesi, ma era ormai chiaro che la situazione era cambiata e che non poteva esserci avvenire laggiù: moltissimi stranieri abbandonavano il paese che li aveva ospitati, mentre cercavano di resistere solo quelli che, dopo avervi dedicato tutta la loro vita, si erano visti confiscare i beni e lottavano, come i suoi familiari, per recuperare parte del perduto. Andò una seconda volta in Egitto alla fine di marzo del 1948, rimanendoci sei mesi. Alla fine di settembre lasciò definitivamente il paese e non ci tornò più, nemmeno come turista. Dovendo ancora portare a termine gli studi universitari, l'unica decisione che poteva prendere in quel momento era di rientrare in Italia e fermarvisi stabilmente.

Il 2 dicembre 1955 Giorgio La Pira, allora sindaco di Firenze, con una lettera autografa alla direttrice della Biblioteca nazionale centrale di Firenze Irma Merolle Tondi, la ringraziava per avere accolto in biblioteca Fulvia Farfara che poco tempo prima aveva personalmente segnalato come aspirante volontaria. Irma Merolle il successivo 10 dicembre rispondeva: «se c'è qualcuno che ha il dovere di ringraziare, questa sono io, visto l'elemento serio e prezioso che Ella mi ha presentato. Gliene porgo, perciò, i sensi della maggior gratitudine». In biblioteca era stata addetta, dal 14 novembre 1955, alle funzioni di segretaria della direttrice, la quale successivamente ebbe a dichiarare: «Durante tale periodo essa svolse mansioni non solo inerenti al proprio ruolo ma essenzialmente del ruolo bibliotecario dimostrando vivacità d'ingegno, prontezza nell'eseguire, precisione. Fu di valido aiuto in ogni lavoro che le venne affidato». Il volontariato si concluse il 31 agosto 1956, perché nel frattempo la direttrice l'aveva presentata ai responsabili del Centro nazionale per il catalogo unico delle biblioteche italiane per trovarle una possibilità di inquadramento tra i collaboratori fuori ruolo e il 18 luglio 1956 informava il senatore Aldo Ferrabino, presidente del Comitato direttivo del Catalogo unico, e Camillo Scaccia Scarafoni, direttore dell'Ufficio esecutivo, che l'interessata avrebbe preso servizio presso la zona di Roma. A Roma, dal 1º settembre 1956 fino al 30 giugno dell'anno successivo, si occupò della catalogazione retrospettiva, con l'incarico della revisione dei relativi tabulati. Il 28 giugno 1957 il direttore dell'Ufficio esecutivo comunicò a Irma Merolle che col 1º luglio successivo Fulvia Farfara sarebbe stata trasferita a Firenze per prestarvi servizio nei lavori del Centro presso la BNCF, in particolare per la catalogazione del fondo Palatino.
All'inizio del 1958, nel quadro dei lavori di impostazione della «Bibliografia nazionale italiana» (BNI), come nuova serie del «Bollettino delle pubblicazioni italiane», le era affidato dal direttore Alberto Giraldi l'incarico di preparare la lista unificata dei nomi degli editori e dei tipografi. Il 15 gennaio 1962 lo stesso Giraldi, in qualità di direttore della zona di Firenze del Centro nazionale per il catalogo unico, in un attestato scriveva di lei: «Ottimo elemento sotto tutti i riguardi, prontissima nel comprendere e nell'eseguire, essa è senza dubbio uno dei migliori elementi del Catalogo unico», e il 22 gennaio dello stesso anno riferiva: «Durante il quinquennio di servizio 1957-1962 ella si è meritata la qualifica di ottimo». Sostanzialmente connesso con la riorganizzazione del servizio della Bibliografia nazionale e con gli sforzi per renderla meglio rispondente alle esigenze dell’informazione era il successivo incarico di responsabile dell'Ufficio reclami, che svolgeva in senso dinamico, stabilendo contatti anche diretti con prefetture, editori e tipografi per ottenere una consegna più regolare e tempestiva degli esemplari d'obbligo. Riusciva, infatti, a contribuire alla corretta impostazione pratica anche del servizio delle ricerche bibliografiche preliminari che era stato istituito, con concetti nuovi, nell'ambito della BNI. Nel 1964 in occasione della necessaria radicale ristrutturazione della Bibliografia nazionale veniva chiamata a collaborare allo studio delle modifiche da introdurre nelle procedure per semplificarle e delle innovazioni tecniche e formali indispensabili ad una gestione più economica del servizio. Al termine chiedeva di ritornare alla catalogazione retrospettiva e partecipava anche al lavoro di preparazione del catalogo cumulativo del «Bollettino», il CUBI.
In questi anni si era già avviato e consolidato un rapporto felice e significativo nella sua vita professionale e privata: l'incontro con Alberto Giraldi è stato per lei, assieme a quello con Gina Risoldi, il punto più alto e gratificante di partecipazione e condivisione dei progetti di lavoro sia della Nazionale che del Catalogo unico. Non è un caso che con questi due direttori lei avesse anche un rapporto privato di amicizia, devota, come poteva sviluppare e far fiorire solamente un personaggio forte e sentimentale quale era; la perdita di entrambi fu un dolore che la accompagnò per tutta la vita. In particolare, esemplare è stata l'amicizia che condivise fino all'ultimo con la famiglia Risoldi, divenuta sua famiglia, frequentata con affetto e rispetto. Era solita dire che Gina Risoldi (che, come del resto tutti i colleghi, lei chiamava sempre, per antonomasia, «la Signora»), alla morte di Giraldi, aveva accolto con sollecitudine e disponibilità gli "orfani" della Nazionale fiorentina, dato che temporaneamente sostituì Giraldi come direttore responsabile della «Bibliografia nazionale italiana», allora pubblicata a spese del Catalogo unico.
Inquadrata, con effetto dal 28 marzo 1962, nella seconda categoria del personale non di ruolo delle biblioteche governative, rimanendo assegnata presso la sede di Firenze del Centro nazionale per il catalogo unico, intraprese con determinazione una generosa battaglia perché tutte le persone che come lei lavoravano nelle quattro zone (Milano, Firenze, Roma e Napoli) del Catalogo unico venissero collocate nei ruoli ordinari. Non lesinava fatiche e viaggi verso Roma, recandosi più volte anche alla Camera dei deputati e al Senato, e alla fine i risultati furono positivi, con l'inquadramento per tutti, dal 1º settembre 1962, nel ruolo aggiunto della carriera di concetto, con la qualifica di vice aiutobibliotecari.
Si era laureata con grosso ritardo il 23 giugno 1961, in lingua e letteratura francese, dietro insistenza e affettuosa pressione esercitata da Giraldi perché si scrollasse di dosso il timore paralizzante che, a un certo momento del percorso universitario, la assaliva durante gli esami. Il passaggio dalla carriera di concetto a quella direttiva le sarebbe stato riconosciuto solamente il 20 febbraio 1968, con effetto dal 28 marzo 1962, dopo una battaglia sostenuta contro il Ministero. Le era stato eccepito che il suo diploma di laurea non era sufficiente, in quanto la maturità che aveva conseguito non era la classica, bensì la scientifica. Intraprendeva un contenzioso, opponendo il fatto che per i figli degli italiani all’estero, almeno in Egitto, esisteva un unico tipo di liceo, che prevedeva le stesse materie del liceo classico, con la differenza che l'insegnamento del greco veniva sostituito da quello di una seconda lingua straniera. Il Consiglio di Stato emetteva un giudizio finale favorevole, ritenendo valida la motivazione addotta e, di conseguenza, il Ministero l'avrebbe riconosciuta «direttore di biblioteca di prima classe del ruolo a esaurimento, a partire dal 1º gennaio 1968». Il 27 settembre 1973 le fu comunicato l'attestato di riconoscimento della qualifica di profugo e, dal 1º marzo 1976, come tale le fu computata, ai fini economici e di carriera, un’anzianità di due anni.
Dopo l'alluvione del 4 novembre 1966 partecipò alle operazioni di salvataggio delle raccolte della Nazionale, all'inizio sul posto e poi sui mezzi che trasportavano i libri verso gli impianti di essiccazione fuori Firenze, e infine accompagnando il primo carico di materiale da restaurare a Roma, al Palazzo della Civiltà del lavoro, dove, su richiesta del direttore Emanuele Casamassima, si trattenne per più di due settimane (ospite della famiglia Risoldi), per aiutare i colleghi romani a organizzare il lavoro e per assicurare i collegamenti con Firenze. Particolarmente preziosa si rivelò poi la sua opera quando, agli inizi del 1967, in stretto contatto e intelligente sintonia con il coordinatore della «Bibliografia nazionale italiana», Diego Maltese, lo aiutò in maniera determinante nella riorganizzazione e ripresa del lavoro in un settore ritenuto giustamente strategico, pur in quei primi drammatici momenti, per la ripresa stessa della biblioteca ferita. A Fulvia Farfara fu affidato uno dei compiti più difficili e urgenti, rappresentato dal recupero e riordinamento dei cataloghi, danneggiati e sconvolti dalla furia dell'acqua. Così ne scrisse il direttore Casamassima in un attestato del 5 aprile 1967: «Si tratta di un insieme di operazioni assai complesso, dalle quali dipenderà in gran parte la futura ripresa della Biblioteca: decisione delle schede da ricopiare o da riprodurre xerograficamente, distribuzione e controllo del lavoro eseguito da 41 persone, ricostruzione delle schede danneggiate e lacunose, revisione e riordinamento definitivo del catalogo. A questa prima fase del lavoro seguirà la trasformazione del catalogo, con mezzi fotografici, in schede di formato internazionale. La direzione di questo lavoro è stata affidata alla dott. Farfara perché in lei si deve riconoscere la personalità più competente e adatta per spirito di iniziativa, preparazione professionale, capacità di giudizio e di decisione, dedizione al lavoro, prestigio. Specialmente nel difficile periodo degli ultimi mesi, che potremmo chiamare senza retorica la prova del fuoco, la dott. Farfara ha dimostrato le sue fattive coraggiose qualità. Già prima di assumere la direzione della Biblioteca Nazionale ho avuto modo di apprezzare come collega le qualità e la preparazione di bibliotecaria e di dirigente della dott. Farfara [...]. Nell'ultimo periodo alla sua versatilità, al suo spirito di iniziativa sono state affidate alcune tra le attività più complesse e dinamiche connesse con la redazione e la pubblicazione della Bibliografia Nazionale Italiana e del Catalogo collettivo delle biblioteche italiane».
Gli anni dal 1968 al 1970 sono stati importanti per la ripresa e il rilancio della Biblioteca nazionale. In questo periodo Fulvia Farfara era presente in alcune delle iniziative più significative. Collaborava all'organizzazione e alla stesura delle risoluzioni finali dell'incontro internazionale di studi "Razionalizzazione e automazione nella Biblioteca nazionale centrale di Firenze" (1968) e rappresentava la BNCF, con Diego Maltese, nella Commissione – di cui facevano parte per la Biblioteca nazionale centrale di Roma Emidio Cerulli e Angela Vinay – per la definizione di una politica comune delle due biblioteche sul diritto di stampa e sull'ordinamento delle cosiddette pubblicazioni minori. Dal 1º settembre 1969, praticamente al termine del lavoro di ricostruzione e riordinamento dei cataloghi alluvionati (diversi milioni le schede interessate), rientrava in BNI, con il compito di affiancare Diego Maltese nella direzione del servizio. Il sodalizio tra i due si caratterizzò da subito e poi per tutta la sua durata per una forte intesa relativamente a soluzioni operative richieste dal lavoro corrente e, in particolare, per tutto il periodo di attività della commissione per un nuovo codice di catalogazione per autori (le RICA), di cui Maltese faceva parte, si esprimeva anche in una consuetudine di scambio di idee su questioni trattate in quella sede. Collaborava poi alla stesura definitiva del testo delle Regole e ne curava con intelligenza l'applicazione da parte dei collaboratori.
Il 22 aprile 1971 la direttrice Anna Maria Giorgetti Vichi, istituendo l'Ufficio ricerche e programmazione per l'automazione, che veniva affidato a Maltese, passava a lei la direzione della BNI. Nel nuovo incarico seppe subito affrontare la situazione, mantenendo il metodo tradizionale del lavoro di redazione, cercando anche di recuperare, per quanto era possibile, il grosso arretrato, dovuto a varie cause, ma curando nel tempo stesso la preparazione, soprattutto psicologica, dei collaboratori al nuovo metodo che li attendeva con il passaggio all'automazione. All'impegno quotidiano aveva saputo imprimere un ritmo serrato, che tutti seguivano con rinnovato entusiasmo, consapevoli della responsabilità di mantenere la BNI al passo con gli impegni istituzionali. Nel 1973 il direttore del Catalogo unico, Angela Vinay, aveva deciso di dare via libera al programma di elaborazione elettronica della BNI, messo a punto sotto la guida di Maltese (che nel frattempo, dal maggio di quell'anno, era stato destinato alla direzione della Biblioteca governativa di Lucca), ma per ragioni di forza maggiore se ne dovette rimandare l'avvio al 1975. Per un anno ci si limitò, per prudenza, a una sorta di prova generale, elaborando, in concomitanza con la tradizionale pubblicazione a stampa, una versione elettronica di controllo della BNI, ad uso interno, per valutarne i risultati tecnici. Quelli furono anni di attività sostenuta: all'interno per preservare il ruolo prestigioso che la Bibliografia nazionale rappresentava per il paese; all'estero per mantenere vivi e proficui i contatti avviati da tempo con gli organismi competenti. Di conseguenza, molti i rapporti con il CNR, il CNUCE di Pisa, il British Council, la Regione Toscana, l'IBM e i numerosi enti che da molte parti sollecitavano incontri con la BNI in vista dell'adozione di nuove tecniche, di studio di vari esperimenti, di impostazione di progetti e altro ancora. Significativa la sua partecipazione ufficiale nel maggio del 1974, accanto a Diego Maltese, al Seminario di Banbury, "Western European seminar on the interchange of bibliographic information in machine readable form", dove familiarizzò subito con Michel Boisset, allora direttore dell'ufficio per l'automazione della Biblioteca nazionale di Francia, con la conseguente adesione al Gruppo INTERMARC e l'organizzazione della riunione del Gruppo a Firenze nel gennaio 1975. Determinanti furono la visita, nello stesso anno, di John Linford della British National Bibliography (BNB), che contribuì alla scelta di adottare per la stampa della BNI il metodo della fotocomposizione, invece della stampa con i caratteri della catena ALA, e la collaborazione con l'Istituto universitario europeo.
Nel marzo 1976 la direttrice Maria Luisa Garroni la nominava vicedirettore della BNCF, mantenendole la responsabilità della BNI. L'incarico della vicedirezione le fu nuovamente affidato da Maltese nel 1977 – ma vi rinunciò dopo pochi mesi per motivi personali – e dalla direttrice successiva Anna Lenzuni nel 1979. Si trovò a dover sostenere contemporaneamente i due compiti della responsabilità della BNI e della vicedirezione fino a quando la direttrice Lenzuni, il 29 ottobre 1981, le conferì l'incarico, a partire dal 1º novembre successivo, della direzione del programma di partecipazione della Biblioteca al progetto del Servizio bibliotecario nazionale (SBN). Disponeva precisamente il relativo comunicato: «La dott. Farfara avrà il compito di realizzare, con i poteri direttamente delegati da questa Direzione e con la collaborazione del personale, il coordinamento e la preparazione al Programma di tutti i settori in qualche modo interessati. Tali settori vanno individuati negli uffici e servizi preposti all'incremento delle raccolte, al trattamento e ordinamento delle accessioni correnti e alla loro descrizione, alla gestione dei cataloghi generali (compreso il centro stampa), alla circolazione (distribuzione e prestito) e all'informazione generale». Gli anni che seguirono furono particolarmente impegnativi per la preparazione e l'adeguamento della Biblioteca al primo impatto con il Servizio bibliotecario nazionale, cui si sarebbe collegata nel giugno del 1986. Si trattava di definire, testare e utilizzare procedure nuove di gestione del deposito legale, di riorganizzare i magazzini, di rivedere completamente le procedure di redazione della BNI, assieme ad altri grossi cambiamenti interni, insomma dell'avvio di un mondo nuovo, sconosciuto a tutto il personale. Quel periodo fu vissuto da lei con grande dedizione, seguendo fin dall'inizio il personale, concordando ogni decisione con i responsabili dei vari settori, sempre disponibile senza alcuna riserva.
Insomma tutto cambiava in biblioteca o, meglio, la biblioteca cambiava del tutto. Lei era lì, sempre presente e vicina a tutti, non solo a tranquillizzare gli animi, a sdrammatizzare le situazioni, spesso complesse da affrontare, ma soprattutto a spronare, offrire fiducia piena e far percepire ad ognuno la sua stima, spesso la sua ammirazione. E sapeva anche tirarsi indietro, all'occasione, consapevole che per tutti la prova era più difficile della sua propria e sempre desiderosa che i meriti degli altri venissero riconosciuti. Vicedirettore fu anche con la direttrice Carla Guiducci Bonanni dal 1988 fino al termine del suo impegno nella BNCF.
Collocata a riposo dal 1º settembre 1989, il 26 agosto lasciò la Nazionale per così dire alla chetichella, salutando come fosse un qualunque giorno, senza informare nessuno. E nessuno si stupì che avesse deciso di devolvere ad una associazione filantropica la somma raccolta dai colleghi per un ricordo da offrirle, dando esempio, anche in quella occasione, di uno stile di rapporti di lavoro più caldo e umano.
È morta il 3 gennaio 2008, dopo lunghi mesi di sofferenze acute, senza mai lamentarsi, lucida e appassionata come sempre, lasciando in tutti un senso di abbandono e di sorpresa. Diego Maltese, che ben la conosceva, forse come nessun altro, aveva scritto di lei, nel rapporto informativo del 1977: «Eccezionali doti di lealtà e generosità, intelligenza acuta e pronta, carattere tenace e rigoroso e nello stesso tempo ricco di umanità e capacità di comprensione».

Gloria Cerbai

Fonti: Carte personali di Fulvia Farfara (presso Gloria Cerbai) e Archivio della Biblioteca nazionale centrale di Firenze.


Copyright AIB 2012-09-10, ultimo aggiornamento 2020-04-30, a cura di Simonetta Buttò e Alberto Petrucciani
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/dbbi20/farfara.htm

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