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Intervista a Igino Poggiali

a cura di Elisabetta Forte


L'AIB è a convegno anche per esprimersi doverosamente su temi cruciali di questo paese. Da Genova sembra giusto un messaggio sul lavoro e sull'occupazione. Attraverso le parole del presidente dell'AIB, i soci hanno la possibilità di ribadire la necessità e l'urgenza del coinvolgimento di tutti, perché non fallisca quel principio di impegno sociale che aveva spinto a volere una Conferenza sull'occupazione, per impedire che quest'istanza si allontani «in un miraggio da leggenda metropolitana» e ancor più perché tutti si contribuisca a che un intero settore produttivo si senta saldato nella ricerca di soluzioni al problema del lavoro. Anche alla luce di quanto a più voci espresso nel notiziario n. 54/55 dei Beni culturali, Poggiali si interroga e riflette.

D.: Da Poggiali, presidente dell'AIB, una considerazione e "istruzioni per l'uso", rivolte ai giovani che vogliono entrare in questo settore e ai precari perché dal Congresso di Genova si sentano finalmente parte di questa Associazione.
R.: L'appartenenza a un'Associazione deve essere connessa a un interesse concreto che il socio collega alla sua adesione. Deve essere chiaro cosa ci si può aspettare legittimamente dal pagamento di una quota associativa e dalla partecipazione alle iniziative sociali. Con l'approvazione dell'Albo e con il rafforzamento della presenza dell'AIB sulla scena politico-istituzionale del Paese penso che il vantaggio di entrare nell'Associazione assuma un interesse ancora più rilevante rispetto a quanto già non accadesse ieri. Per i giovani che vogliono lavorare in biblioteca e nei servizi di informazione e documentazione l'AIB ha sempre rappresentato un importante momento di condivisione dei valori e degli umori che circolano nell'ambiente professionale. Posso dire, anche per esperienza diretta, che per un giovane la partecipazione a esperienze associative con adulti inseriti nella professione ha un valore formativo che nessuna scuola potrà mai dare. Si impara infatti ad apprezzare la differenza di peso e rilevanza tra i vari saperi, alla luce delle esigenze che la realtà quotidiana impone. Si assorbono stili di comportamento che nessun libro potrà mai trasmetterci. Si respira l'orgoglio dell'appartenenza a un gruppo sociale consapevole di vivere, promuovere e testimoniare valori esaltanti proprio per un giovane quali il diritto alla conoscenza, le libertà, la resistenza contro ogni forma di esclusione, discriminazione, la passione per la conservazione e la tutela della memoria dell'umanità. Ovviamente ciò non significa che queste esperienze possano sostituire studi regolari che restano la strada maestra per qualunque attività lavorativa, ma esse possono fortemente irrobustire una buona preparazione di base. Se l'AIB sarà forte e i suoi soci si faranno apprezzare sul posto di lavoro per capacità ed esperienza anche lo sviluppo del numero e della dimensione delle biblioteche potrà entrare nella programmazione delle infrastrutture socioeconomiche del Paese e quindi per i giovani aspiranti colleghi si creano prospettive di lavoro stabile e soddisfacente.

D.: Un pensiero ai giovani volontari delle nostre biblioteche, coinvolti in un'esperienza diversa dal volontariato di ieri, ma non sempre inquadrabili nella realtà della legge nazionale del volontariato.
R.: Il volontariato, nella nostra visione etica, è il dono di una parte del tempo che residua dopo quello che serve allo svolgimento di un lavoro regolarmente retribuito, che garantisce una indipendenza economica e una dignitosa esistenza. Voglio dire con molta chiarezza che quando il volontariato in biblioteca o in altre strutture sociali resta l'unica risposta che viene offerta a un giovane in cerca di lavoro noi ci dobbiamo ribellare perché, in quel momento, stiamo approfittando della condizione di debolezza di una persona già gravemente lesa nel suo diritto costituzionale a un lavoro. Per lui o lei la nostra disponibilità ad accettarne la collaborazione potrebbe essere letta come la promessa di un'improbabile acquisizione di titoli per un'eventuale futura assunzione. In ogni caso la responsabilità di una struttura deve essere affidata a operatori regolarmente assunti: accettare che interi servizi vengano gestiti attraverso il volontariato apre pericolose derive verso lo svuotamento di ogni contenuto professionale. Nel momento in cui persino le Forze Armate hanno capito che la complessità dei sistemi sociali del nostro tempo richiede la trasformazione degli eserciti, basati sulla leva, in organizzazioni di professionisti ben pagati e ben addestrati trovo curioso e inquietante che invece, per la gestione delle infrastrutture strategiche che favoriscono lo sviluppo del paesaggio intellettuale delle nazioni avanzate, si possa anche solo pensare di poter ripiegare su forme di precariato o di prestazione senza corrispettivo. La malafede nell'interpretazione della Legge nazionale sul volontariato è arrivata al punto di lasciar intendere che il rimborso spese che spesso viene corrisposto a fronte della prestazione può essere inteso come sostitutiva di un salario. Noi non ci prestiamo a questo gioco e quando ci dovessimo trovare a intraprendere iniziative di questo genere dovremmo stare molto attenti a non diventare complici di questo tradimento verso i giovani. Una volta posti questi paletti il contributo del volontariato diventa estremamente rilevante in quanto la prestazione avviene fuori da ogni inganno o mistificazione e si configura come generosa disponibilità di chi ha risolto i suoi problemi fondamentali. Queste persone possono risultare preziose nell'ampliare le possibilità di accesso e la distribuzione di un servizio la cui sostanza però deve essere sempre garantita da professionisti responsabili e regolarmente assunti o comunque in regime di contratto regolare per la prestazione effettuata. Un caso a parte è costituito dagli obiettori di coscienza che chiedono espressamente di lavorare in biblioteca: essi sono comunque inquadrati in una forma di contratto di prestazione, anche se con un basso corrispettivo. L'esperienza che essi possono effettuare può andare dalla semplice assistenza e vigilanza fino alla gestione di procedure informatiche. La possiamo considerare un investimento nella formazione degli utenti e la creazione di un nucleo di possibili volontari una volta che abbiano trovato una loro collocazione nel mondo del lavoro. Una variabile da considerare con molta attenzione in questo ambito riguarda il volontariato prestato da giovani che contemporaneamente stanno studiando per prepararsi a svolgere la nostra professione. In questo caso, la prestazione costituisce certamente una importante occasione di apprendimento e può rappresentare un investimento sia da parte del giovane che da parte di un'istituzione che agisce nell'ambito dell'attività di proiezione dei suoi servizi verso il futuro. Occorrerebbe però che per almeno una parte degli interessati si potesse dar corso all'instaurazione di un rapporto di lavoro, anche a tempo determinato e rinnovabile, qualora il giovane dopo un certo periodo di permanenza si dimostrasse capace e utile, altrimenti l'investimento formativo da parte della biblioteca non ha ritorni se non indiretti. Se questo è difficile per una singola biblioteca potrebbe essere invece molto interessante per organizzazioni più vaste come i sistemi o altre forme di gestione di biblioteca a scala territoriale che sarebbe desiderabile si affermassero in maniera decisa anche nel nostro Paese. In sostanza, tutto il ragionamento che sto cercando di proporre vuol collocare le forme di collaborazione precaria con le biblioteche fuori della casualità e dell'improvvisazione, fuori dalle tentazioni di sfruttamento, fuori dal rischio di rappresentare perdita di tempo e fonte di frustrazione per il giovane e in qualche modo anche per la biblioteca.

D.: Per finire: la voce dell'AIB sul difficile momento dei lavoratori inseriti nei progetti socialmente utili, mentre partono le borse lavoro.
R.: Spero che i lavori socialmente utili e altre forme di applicazione di una visione caritativo-assistenziale del lavoro vengano presto sostituiti da forme più moderne gestite alla luce del rispetto della persona umana e della intangibilità dei suoi diritti. Le misure per il lavoro che con un ritardo inaccettabile sono finalmente state promosse cominciano timidamente a imboccare la strada giusta ( borse lavoro, vouchers per l'assunzione, formazione collegata al lavoro, ecc.) ma ancora una volta non si ha il coraggio di affrontare il problema fondamentale: senza un reddito minimo garantito comunque al giovane disoccupato a fronte di un legame con un'organizzazione che abbia interesse a formarlo e piazzarlo presso un'azienda non si raccoglieranno effetti rilevanti dalle misure poste in atto. Anche i lavori socialmente utili soffrono della stessa carenza di progetto sulla persona umana, sono espedienti per tirare avanti che certamente dobbiamo accogliere in mancanza di meglio ma senza lasciar passare l'idea che servano a risolvere i problemi delle persone coinvolte né tantomeno i problemi di efficienza e qualità dei servizi pubblici. Il reddito minimo è la chiave di volta della flessibilità alla quale giustamente aspira la visione del lavoro delle aziende che vogliono giocare la partita delle competitività. Questo accade in tutti i paesi che stanno applicando una via non burocratica alla piena occupazione. Insomma: reddito minimo + formazione continua contro flessibilità e abolizione di tutte le altre misure frammentarie, costose e inefficaci di creazione di lavoro potrebbero essere la piattaforma base di una forza lavoro che sa mettere a valore le possibilità della Società della conoscenza. Chi studia e si forma sta già contribuendo ai risultati dell'azienda presso la quale lavorerà e va ricompensato. In una prospettiva di questo tipo le biblioteche potrebbero potenziare quella funzione di supporto ai processi economici che già svolgono in parte fornendo gli strumenti e i servizi per le attività di autoformazione degli individui. Si innescherebbe un ciclo che potrebbe creare posti di lavoro di certo "socialmente utili".


Intervista a Igino Poggiali, a cura di Elisabetta Forte. «AIB Notizie», 10 (1998), n. 4, p. 1-3.
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Copyright AIB, ultimo aggiornamento 1998-05-21 , a cura di: Andreas Zanzoni