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Alberto Petrucciani: alcune considerazioni, alcune scelte

a cura di Elisabetta Forte


"AIB notizie" ha incontrato Alberto Petrucciani, vice presidente dell'AIB: a lui, per i lettori e per tutti i bibliotecari interessati, ha posto alcune delle questioni sul tappeto in questo momento. Continua così un cammino di avvicinamento tra i soci e i responsabili dell'Associazione, per condividere tutti insieme quella che sembra essere oramai una matura, proficua e felice stagione per il mondo bibliotecario e per l'AIB.

D.: 29 aprile 1998: approvazione dell'albo dei bibliotecari italiani. Dopo tanto scrivere e parlare per costruire, l'albo c'è, esiste, e inizia il suo cammino. Attraverso il diario del periodo trascorso, un commento sulla "cosa" trovata al ritorno da Genova: la lista qualificata.
R.: Nella decisione di istituire un Albo professionale dei bibliotecari italiani, presa nell'Assemblea di Genova, vedo soprattutto una prova di maturità dell'AIB, un passo fondamentale del suo "diventare maggiorenne". L'Associazione si assume il compito di "rappresentanza professionale" che ha scritto nello Statuto, e lo fa con iniziative politiche più decise e impegnative (proposte di legge quadro sulle biblioteche, collaborazione e stimolo al Piano d'azione Mediateca 2000, accordi sul copyright, ecc.) e dandosi regole che garantiscano all'esterno competenza e deontologia professionale e all'interno una vita democratica efficiente e trasparente (prima dell'Albo, il nuovo Statuto, i codici di comportamento, i necessari regolamenti approvati a Roma, Napoli e Genova).
Vedo questa maturità anche nello spirito costruttivo e pragmatico con cui sono stati affrontati questi passi: ampia e tempestiva circolazione delle informazioni e del dibattito, per merito di ÇAIB notizieÈ, AIB-WEB e AIB-CUR, poi tempi rapidi di realizzazione, con massima disponibilità alle verifiche e ai cambiamenti che si rendessero necessari sulla base dell'esperienza, e una straordinaria dimostrazione di unità e di fiducia da parte dei soci, nonostante le tante e fondate ragioni di diversità di vedute o di dubbio sui risultati che potremmo raggiungere attraverso queste inedite sfide. Uno di questi dubbi potrebbe riguardare proprio la "lista qualificata", gestita dal Ministero per i beni culturali, di cui si sente parlare ma i cui connotati mi sembrano ancora tutti da definire. Sicuramente ogni attività di certificazione di professionalità, purché attendibile, è un fatto positivo: la logica "europea" in cui ci muoviamo è proprio quella di realizzare la massima flessibilità nei percorsi formativi e professionali e la garanzia di qualità attraverso il riconoscimento di una pluralità di forme di qualificazione.
Non avrei dubbi, invece, sul ruolo sempre maggiore che avranno in questi processi le organizzazioni della società civile, e nel nostro caso le associazioni professionali, rispetto ai poteri pubblici, che nelle società democratiche più avanzate si "ritirano" dalle attività di gestione diretta concentrandosi sulle imprescindibili funzioni di garanzia.
D.: Umori, sensazioni, personali speranze per e nella Commissione ministeriale RICA e, se è possibile, qualche indiscrezione per capire cosa ci aspetta e cosa avverrà dei nostri cataloghi.
R.: La Commissione ministeriale è al lavoro sulle RICA da più di un anno e la mia impressione personale è che il testo del codice, al di là dei principi che restano validi e dell'ottima strutturazione logica di varie parti, abbia bisogno di un'ampia revisione, finalizzata a renderlo più chiaro ed efficace sul piano applicativo e didattico oltre che ad aggiornarlo e integrarlo quanto a tipologie e forme dei documenti contemporanei.
Dall'eventuale revisione del testo del codice al possibile impatto sui cataloghi, però, c'è un passo molto lungo: francamente mi sembrano poche, e sempre da discutere, le aree in cui si potrebbero prospettare soluzioni differenti – nella sostanza – da quelle prescritte dalle RICA. L'impatto sui cataloghi potrebbe essere modestissimo, quello sulla catalogazione – sperabilmente – maggiore, in termini di chiarimento e di semplificazione. Ma, a mio parere, dovranno essere le biblioteche – di tutte le tipologie e condizioni – ad aiutarci a individuare, sulla base dell'esperienza quotidiana di servizio, le effettive esigenze di cambiamento nei cataloghi.
D.: Da ultimo, da Alberto Petrucciani un consiglio per i lettori e la rivelazione di un piccolo segreto: un libro da leggere e il libro che avrebbe voluto scrivere e che non hai scritto.
R.: Il bello dei libri, almeno per me (ma forse per ogni bibliotecario), è che sono tanti. L'ultima lettura "professionale" che ho consigliato è The principles of librarianship di Donald Urquhart (che, come tanti bei libri, non corrisponde all'impressione che ci si potrebbe fare dal titolo). L'ultima lettura non professionale, invece, è A guerra finita di Valerio Morucci (ma anche in questo caso "a ogni lettore il suo libro"). I libri che vorrei scrivere, tempo permettendo, sono parecchi (un manuale di bibliografia generale, una storia del libro a Genova, un equivalente italiano di Provenance research di David Pearson, e via fantasticando), e tanti sono quelli che mi fa piacere che qualcuno abbia scritto (ha poca importanza chi sia stato), ma i miei rimpianti e le mie illusioni perdute, ad esser sinceri, sono tutti "materiali non librari".


Alberto Petrucciani: alcune considerazioni, alcune scelte e una piccolissima... incursione nel privato, a cura di Elisabetta Forte. «AIB Notizie», 10 (1998), n. 5, p. 5.
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Copyright AIB, ultimo aggiornamento 1998-07-01 , a cura di: Andreas Zanzoni