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AIB rapporti istituzionali


Schema di decreto sul nuovo Ministero per i beni e le attività culturali: le proposte dell'AIB
Lettera inviata dal Comitato esecutivo nazionale all'On. Walter Veltroni, Ministro per i beni culturali e ambientali; alle Commissioni cultura di Camera e Senato; ai rappresentanti dei Comitati di settore e al comitato di presidenza del Consiglio nazionale dei beni culturali.

L'Associazione italiana biblioteche, che pure aveva seguito con grande interesse e soddisfazione l'iniziativa del Governo di procedere ad un radicale riassetto dell'attuale organizzazione del Ministero per beni culturali, ha dovuto, dopo un'attenta analisi dello schema di decreto legislativo predisposto per costituire il nuovo Ministero per i beni e le attività culturali, prendere atto di un'insufficiente volontà riformatrice del settore e dell'eccessiva vaghezza e genericità di tale schema, che pare prospettare un semplice riordino degli uffici che gestiscono i patrimoni culturali, senza alcuna autentica intenzione innovatrice.
Per tale motivo, in collaborazione con le altre Associazioni culturali maggiormente impegnate sui temi del patrimonio culturale e paesaggistico del Paese, l'AIB ha richiesto l'introduzione di alcune importanti modifiche, volte ad evitare che tutto si risolva in un semplice rafforzamento della struttura burocratica e ad introdurre nello schema soluzioni realmente innovative ed efficaci. Ma per il settore delle biblioteche, che l'Associazione rappresenta, l'emanazione del decreto di riassetto del Ministero può costituire l'occasione, tanto a lungo attesa, per procedere ad una ben più radicale e significativa riforma: la costituzione di quella Biblioteca nazionale italiana che, tante volte evocata fin dalla unificazione del Regno d'Italia e dai discorsi di Ruggero Bonghi, non ha mai trovato, caso unico fra tutte le nazioni europee, realizzazione nel nostro Paese.
L'attuale struttura dello schema, lungi dall'introdurre una tale innovazione, riconfermando all'art. 6, comma 6, le attuali funzioni degli Istituti centrali, esprime con chiarezza l'intenzione di non procedere nemmeno a quel riassetto nei rapporti fra ICCU e Biblioteche nazionali centrali, pure previsto dall'ormai celebre, e inattuato, ultimo comma dell'art.15 del D.P.R. n. 805 del 1975 di organizzazione del Ministero.
Per questo motivo l'Associazione italiana biblioteche, che già da alcuni mesi ha presentato un'ipotesi di legge-quadro per le biblioteche che consenta una vera ed organica riforma del settore, ritiene assolutamente necessaria l'introduzione nello schema di riforma di un nuovo articolo dedicato ai servizi bibliografici nazionali ed all'organismo chiamato a promuoverli, coordinarli ed eventualmente gestirli. Un articolo, cioé, che introduca una struttura totalmente nuova, la Biblioteca nazionale italiana, chiamata a fornire sistematica organizzazione a servizi di rilevanza e responsabilità nazionale, attualmente ripartiti fra più istituzioni del Ministero. Una struttura, che consenta anche all'Italia di affrontare in modo adeguato ed efficace la grande sfida proposta dalla moderna società dell'informazione, ponendo anche in questo campo il nostro Paese a livello delle altre grandi nazioni europee.
Il Comitato esecutivo nazionale

Art. 9 bis: L'articolo introduce un istituto totalmente nuovo, seppur in parte identificato dall'ultimo comma dell'art.15 del D.P.R. n. 805/1975. Tale istituto, denominato Biblioteca nazionale italiana, fornisce sistematica organizzazione a servizi di rilevanza e responsabilità nazionale attualmente ripartiti fra più istituzioni del Ministero.
1. é istituita la Biblioteca nazionale italiana, con il compito di promuovere, coordinare e svolgere, anche in cooperazione con altri, i servizi bibliografici nazionali. In particolare assicura:
a) l'archivio della produzione editoriale nazionale e dei documenti sonori e audiovisivi;
b) le funzioni di agenzia bibliografica nazionale per la descrizione normalizzata dei documenti;
c) il servizio di gestione e diffusione in rete delle informazioni bibliografiche;
d) il servizio di accesso ai documenti e la loro fornitura e circolazione;
e) l'elaborazione e diffusione di norme e standard attinenti al settore;
f) l'elaborazione di programmi e il coordinamento e la realizzazione di progetti nazionali ed internazionali in materia di servizi bibliografici;
2. Per lo svolgimento delle funzioni indicate ed in attuazione di quanto disposto dall'art.15 del D.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805, con decreto del Ministro sono individuati gli istituti e le biblioteche che costituiscono la Biblioteca nazionale italiana, la cui organizzazione è attuata dai regolamenti di cui all'art. 12.
3. La Biblioteca nazionale italiana dispone di autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile. Essa si articola in settori ed uffici di livello dirigenziale, individuati dai suddetti regolamenti.
4. Il direttore della Biblioteca nazionale italiana è nominato ai sensi dell'art. 21 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, fra le professionalità tecnico-scientifiche. Il relativo incarico è conferito ai sensi dell'art. 19 del medesimo decreto legislativo.
5. Il direttore cura l'attuazione degli indirizzi definiti dagli organi centrali e dal Consiglio direttivo composto dai dirigenti responsabili dei diversi settori ed uffici della Biblioteca.

Le proposte delle Associazioni dei beni culturali
[É] Le Associazioni culturali richiedono modifiche che siano volte a garantire:
1. l'attribuzione di funzioni non solo consultive, ma di indirizzo, di proposta, di concorso nella programmazione, di garanzia tecnico-scientifica a Comitati di settore e a un Consiglio scientifico nazionale che non siano designati se non in minima parte dal ministro, ma siano in primo luogo rappresentativi, su base elettiva, della comunità scientifica e culturale [É];
2. un effettivo snellimento e semplificazione degli apparati burocratici ministeriali e delle normative e procedure che hanno sin qui imbrigliato o comunque fortemente limitato l'autonomia gestionale e scientifica delle Soprintendenze, dei Musei, degli altri istituti culturali. Preoccupa, al riguardo, la genericità della normativa circa l'istituzione dei Dipartimenti. Affinché tale istituzione conduca a un effettivo sveltimento dell'apparato ministeriale, occorre precisare in modo rigoroso nella legge che tra i Dipartimenti da un lato e le Soprintendenze e gli altri istituti consimili dall'altro non debbono essere interposti altri uffici dirigenziali diretti da direttori generali [É].
3. per garantire la preminenza del punto di vista scientifico nel campo della tutela, non basta soltanto precisare che, senza eccezioni, i Soprintendenti regionali debbono provenire, tramite concorsi, dai ruoli tecnico-scientifici dell'Amministrazione. Occorre altres“ chiarire nel testo legislativo che la gestione della tutela resta affidata per i diversi settori rientranti nel Dipartimento del patrimonio (beni archeologici, storico-artistici, ambientali-architettonici ecc.) ai Dirigenti di uffici specificamente competenti per materia e che ai Soprintendenti regionali (che, in taluni casi, possono essere sovraregionali) competono invece funzioni di coordinamento della programmazione e della spesa. Per quanto riguarda gli altri settori di beni, occorre altres“ chiarire che le Soprintendenze archivistiche sono mantenute alle dirette dipendenze del Dipartimento degli Archivi e che i compiti di indirizzo e di surroga in materia di tutela dei beni librari sono esercitati dal Dipartimento dei beni librari;
4. sorprende che nella cosiddetta "bozza Cheli" manchi pressoché totalmente una visione riformatrice che si ispiri a una visione più moderna e avanzata, rispetto alla tradizione, di ciò che si intende per patrimonio culturale da tutelare. Si propone di supplire a questa fondamentale carenza prevedendo l'istituzione, fra gli istituti centrali, non solo di un istituto per gli archivi, ma di istituti per altre categorie di beni culturali sinora troppo trascurati o quasi ignorati: per esempio i Beni demoetnoantropologici, i Beni culturali musicali, i Beni culturali scientifici, i Beni sonori e audiovisivi, ecc.
A ciò devono corrispondere, ovviamente, anche adeguate modalità di reclutamento, immissione nei ruoli, utilizzazione anche di laureati e specializzati in discipline che facciano specifico riferimento a tali categorie di Beni;
5. la proposta di istituire un registro dei conservatori è un giusto segnale della necessità di riconoscere e valorizzare l'alta qualificazione culturale e specialistica richiesta a coloro che sono preposti all'opera di tutela. La formulazione contenuta nello schema di decreto appare però inadeguata. Si richiede, al fine di garantire l'unitarietà dei criteri di tutela dei beni culturali, che o nel testo legislativo sulla riforma o in testi o atti paralleli si perseguano due obiettivi essenziali: da un lato la determinazione – d'intesa con i coordinamenti delle Regioni, dei Comuni, delle Province – di omogeneità di requisiti culturali, qualificati livelli professionali, rigorose modalità di reclutamento per quel che riguarda la formazione culturale e professionale del personale tecnico-scientifico impiegato negli istituti di tutela e negli altri istituti culturali, sia che essi facciano capo all'Amministrazione statale ovvero a quella delle Regioni e delle Autonomie locali; d'altro lato il riconoscimento, al personale tecnico-scientifico, di uno stato giuridico e retributivo che corrisponda alle sue preminenti funzioni di studio e ricerca e che consenta maggiori possibilità di circolazione e trasferimento dai ruoli dei Beni culturali ai ruoli delle Università e degli istituti di ricerca;
6. è infine indispensabile prefigurare una concezione e una pratica della tutela che (registrando e valorizzando, tra l'altro, le molteplici esperienze già compiute in materia) non si esauriscano in un'azione eminentemente conservativa o in un'impostazione essenzialmente vincolistica, ma abbiano come fine – in collaborazione con altri Enti e Istituzioni – lo sviluppo delle ricerca, l'allargamento delle conoscenze, la promozione dei servizi educativi e tendano a valorizzare il Bene culturale come momento qualificante e non come fastidioso ostacolo per una moderna politica di pianificazione delle città e del territorio. A questo fine si ritiene necessario che la legge indichi come criteri prioritari o comunque indispensabili: la stretta collaborazione in tutta una serie di campi (censimento sommario e catalogazione del patrimonio culturale, approfondimento di studi e ricerche, azione scientifica di prevenzione e restauro, attività educativa e didattica, promozione verso il pubblico) con Università, istituti di ricerca, associazioni e fondazioni private, oltre che con le strutture culturali facenti capo alle Regioni e alle Autonomie locali; un'intelligente politica di incentivazione e agevolazioni fiscali che coinvolga anche i proprietari privati in un impegno sistematico di recupero, salvaguardia, pubblico godimento (ovviamente in forme da concordare, rispettose delle esigenze dei singoli) del patrimonio culturale immobile e mobile; infine e soprattutto la disponibilità, da dichiarare esplicitamente nella legge, delle strutture dello Stato preposte ai compiti di tutela (Soprintendenze e altre istituzioni) a partecipare con propri rappresentanti alle sedi in cui si discutono e predispongono i piani urbanistici e territoriali e i relativi programmi di attuazione, instaurando cos“ un metodo di cooperazione istituzionale che consenta di non dover limitare la tutela all'azione in extremis di divieto di interventi compromettenti, ma di fare della difesa e valorizzazione del bene culturale uno dei fini essenziale della pianificazione stessa.
(l'articolato di legge è disponibile su AIB-WEB all'indirizzo https://www.aib.it/aib/cen/mbca5.htm)


AIB rapporti istituzionali. «AIB Notizie», 10 (1998), n. 8, p. 16-18.
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Copyright AIB, ultimo aggiornamento 1998-10-31 , a cura di: Andreas Zanzoni