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Intervista a Fausto Rosa

a cura di Elisabetta Forte


D.: La legge 142/90 è stata una legge che, per diversi motivi, ha fatto discutere i bibliotecari. Oggi tale legge costituisce ancora un possibile momento di riflessione anche per le biblioteche? Quali sono le novità normative seguite a quella riforma che possono essere di interesse per il settore delle biblioteche di ente locale?
R.: Quando nel 1990 fu promulgata la ormai "vecchia" legge 142 (ora in fase di rifacimento e profonda modifica) sulla riforma delle autonomie locali, i bibliotecari, con tempestività e buona intuizione, ritennero opportuno avviare un'attenta riflessione sui principi e le importanti novità che essa riportava, convinti che anche per il servizio bibliotecario pubblico tali principi potessero costituire elementi di consolidamento di un servizio giovane e vivace, forse ancora approssimativo, certo bisognoso di conferme e radicamenti.
Non è forse cosa inutile ricordare, schematicamente, almeno i principi più importanti trasmessi dalla legge 142:
– l'autonomia normativa e regolamentare fondata sugli statuti comunali;
– il riconoscimento dei diritti di accesso all'informazione e di partecipazione;
– l'importanza dei servizi pubblici locali e le loro forme di gestione;
– il ruolo e le forme della cooperazione tra gli enti locali;
– i criteri dell'efficienza e dell'efficacia nella gestione dei servizi;
– l'attribuzione al personale dipendente di dirette responsabilità di gestione dei servizi pubblici.
Nell'ampio alveo di quella legge si svilupparono, nel corso degli anni Novanta, altre normative di attuazione, riferite alle riforme istituzionali, alla riorganizzazione della pubblica amministrazione, ai problemi delle competenze e dell'autonomia, consegnando al paese un insieme di strumenti senza dubbio più adeguati alle esigenze di una società complessa e in fase di continua trasformazione.
In veloce ma necessaria elencazione, il corpo normativo che ne è seguito è: la legge n. 241/1990, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi; il decreto legislativo n. 29/1993 Razionalizzazione delle amministrazioni pubbliche...; la legge n. 81/1993, Elezione diretta del sindaco; il decreto legislativo n. 77/1995 sulla finanza e la contabilità degli enti locali; le leggi "Bassanini" n. 59/1997 Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione, n. 127/97 Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo e la n. 191/1998 sempre su decentramento e semplificazione amministrativa; e in ultimo i recenti decreti legislativi n. 112/1998 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali e n. 80/1998 Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche.
Quel tentativo di portare il servizio bibliotecario comunale a una concreta riconoscibilità istituzionale non è stato del tutto infruttuoso: le biblioteche comunali, anche se non in modo diffuso su tutto il territorio nazionale, hanno in gran parte ormai definito una propria identità e una propria funzione nel contesto dei servizi ai cittadini e sono definitivamente uscite da una posizione di marginalità e di sudditanza, in forza soprattutto del preciso e sempre più consolidato riferimento nel proporsi come punto di accesso ai servizi di informazione e documentazione di base.
Questo fatto sta imponendo dinamiche nuove nel processo di ridefinizione dei servizi bibliotecari e sospinge al superamento di una tradizionale impostazione che ha sempre privilegiato la centralizzazione dei servizi, imperniati fin qui quasi unicamente sull'asse delle grandi biblioteche statali, di cui nessuno ovviamente vuol disconoscere l'alto valore culturale e documentario delle raccolte in esse conservate.
D.: A tre anni dalla pubblicazione del libro La biblioteca servizio pubblico locale, quale parte meriterebbe un aggiornamento, una seconda puntata?
R.: é esperienza abbastanza comune dei bibliotecari di ente locale il doversi ormai quotidianamente confrontare con colleghi di lavoro di altri settori o aree dell'organizzazione comunale, e dover quindi manifestare nei loro confronti almeno una pari conoscenza delle forme e degli strumenti normativi, finanziari e organizzativi oggi richiesti nella gestione della "macchina burocratica" dei servizi e delle attività comunali.
Nel prossimo futuro le pur indispensabili conoscenze professionali della biblioteconomia e della bibliografia si riveleranno da sole insufficienti e inadeguate alla crescita e all'efficienza del servizio bibliotecario pubblico. é necessario che il responsabile dei servizi bibliotecari acquisisca conoscenza e dimestichezza nell'uso delle forme e degli strumenti della gestione amministrativa della biblioteca come servizio pubblico locale.
Alla luce di queste considerazioni quindi la riposta alla domanda posta non può che essere ovviamente positiva. La biblioteca servizio pubblico locale, di taglio amministrativo, fatta in lavoro di équipe da parte di alcuni bibliotecari comunali ed edita in collaborazione con l'ANCI, meriterebbe certo un' edizione aggiornata tante e tali sono le novità normative che hanno dilagato nel settore delle autonomie locali e delle riforme della pubblica amministrazione in questi ultimi anni. Mi limito ad elencare alcuni dei principi che le normative hanno messo in luce e a mettere in evidenza le principali novità che sono nel frattempo comparse nel settore della pubblica amministrazione e che toccano anche le modalità e le forme della gestione dei servizi bibliotecari:
– i confini e la distinzione tra l'indirizzo politico e la gestione amministrativa;
– la molteplicità delle forme giuridiche di gestione dei servizi pubblici;
– la pianificazione e la programmazione del servizio bibliotecario nell'ambito dei piani-programma di bilancio e del piano esecutivo di gestione;
– la misurazione e la valutazione delle attività e dei servizi;
– attualizzazione anche per le biblioteche della Carta dei servizi, a garanzia dei diritti di partecipazione dei cittadini, di liberalizzazione dell'accesso e di garanzia della trasparenza e della verifica dei risultati;
– riposizionamento della biblioteca comunale come infrastruttura essenziale per una società della conoscenza alla luce delle riforme sul decentramento dei beni culturali, con riferimento alle competenze della tutela e della gestione;
– i principi della territorializzazione e della sussidiarietà: i servizi nazionali finalizzati alla domanda territoriale;
– le esigenze e l'inevitabilità della cooperazione: la diversificazione delle forme e delle modalità oggi possibili;
– gli impegni, le competenze e i doveri dell'autonomia della gestione;
– l'applicazione della legge sulla privacy (n. 675/96) in biblioteca e le questioni dell'autocertificazione;
– la tariffazione dei servizi;
– la privatizzazione del pubblico impiego;
– produttività, risultati e competenza scardinano la rigidità dei vincoli formali delle vecchie "qualifiche";
– competenze, formazione e professionalità soppiantano i concorsi nel determinare gli scatti di carriera;
– i codici di comportamento;
– la riorganizzazione di uffici e servizi: pianificazione, programmazione, rideterminazione delle dotazioni organiche e della struttura organizzativa. Dove va la biblioteca.
Termino per ovvi motivi un'elencazione che potrebbe ancora continuare, ma credo che gli argomenti appena selezionati danno certo l'idea della necessità di poter disporre, come bibliotecari, di strumenti di natura giuridico-amministrativa, a fianco dei consueti manuali professionali di carattere biblioteconomico e bibliografico.
D.: Una proposta per rendere voluta, sentita e operativa la presenza dell'Associazione in comitati, consigli e quant'altro, perché negli enti locali e non solo, le iniziative AIB si sostanzino e siano riconosciute.
R.: Trovo difficoltà nel rispondere alla terza domanda e la risposta non potrà quindi che essere parziale ed evasiva, e comunque del tutto personale.
Ritengo che se l'AIB vuol attivare con efficacia iniziative di contatto e di collaborazione con le associazioni del volontariato, dei cittadini, delle libere organizzazioni sociali, del mondo politico e del lavoro, deve innanzitutto meglio precisare i contorni e le specificità della sua natura istituzionale e associativa. A mio avviso questo nodo da sciogliere può essere infatti una delle cause possibili che rendono problematiche e di non facile attuazione iniziative dell'AIB che entrino in vivace e stretta collaborazione con le altre associazioni del territorio. L'incisività e la capacità di lavoro dell'AIB potrebbe avere un significativo rafforzamento qualora venisse del tutto risolto il problema che vede questa associazione né dichiaratamente un' associazione culturale, né in definitiva ancora un'associazione professionale.
Nell'art. 2 dello statuto vigente dell'AIB viene ancora messo al primo punto delle finalità associative quello di Çpromuovere l'organizzazione e lo sviluppo in Italia delle bibliotecheÈ, e al punto successivo Çquello di svolgere il ruolo di rappresentanza professionaleÈ. Sarebbe certo altamente encomiabile, come ha fatto l'AIB, che le associazioni, anche professionali, mettessero al primo punto delle proprie finalità non il diretto interesse dei soci, ma i servizi che essi gestiscono e a cui l'utenza si rivolge; solo che l'attuale impianto statutario concede poi alle biblioteche o agli enti bibliotecari (i cui servizi sono appunto gestiti dalla nostra professione) la facoltà di iscrizione come soci effettivi, dando loro il diritto di voto e quindi di determinare, a fianco dei soci bibliotecari, le scelte politiche, finanziarie e programmatiche dell'associazione.
E una buona dose di contraddizione sta proprio in questo tipo di impianto, all'intemo del quale stanno pure i bibliotecari che, soci AIB con legittime aspettative di rappresentanza professionale, lavorano volontariamente e utilizzano il proprio tempo libero a vantaggio di un'associazione che ritiene ancora prioritaria la presenza giuridicamente rilevante ed effettiva delle istituzioni bibliotecarie, che sono gli enti da cui poi i soci-persona giuridicamente dipendono.
Per i bibliotecari soci AIB in definitiva questo significa lavorare due volte per la propria istituzione che è anche "datore di lavoro": la prima volta come dipendente, giustamente retribuito dall'istituzione bibliotecaria di appartenenza; la seconda volta, giustamente non retribuito, come socio AIB, a cui il bibliotecario dedica, nel proprio tempo libero e in totale "regime volontaristico", passione professionale ed energia lavorativa. E al riguardo mi viene spontaneo un esempio che certo è paradossale, ma aiuta e rendere l'idea: è come se l'operaio metalmeccanico della Fiat, finito il proprio lavoro in qualche stabilimento di montaggio, decidesse poi di occupare il proprio tempo libero in gestione volontaria di attività e iniziative predisposte dalla Confindustria, associazione di appartenenza della Fiat, che trova in essa la propria rappresentatività e i propri legittimi vantaggi.
é possibile uscire da queste "sottili" ma non insignificanti ambiguità? Credo proprio di sì e una concreta iniziativa in questa direzione è stata la recente approvazione, nell'Assemblea di Genova dell'aprile 1998, dell'albo professionale dei bibliotecari italiani.
Chiarito questo aspetto, che personalmente significa scegliere fino in fondo la costituzione di un'associazione professionale, credo che molti bibliotecari soci sarebbero messi nelle condizioni di lavorare nell'associazione con più convinzione, certo con criteri e metodologie più chiare e trasparenti. Come pure altri bibliotecari, non ancora soci, vedrebbero probabilmente nell'AIB quel punto di riferimento professionale che forse hanno fino ad ora difficilmente percepito, a causa anche di un impianto statutario e organizzativo ambiguo e in qualche modo contraddittorio.


Intervista a Fausto Rosa, a cura di Elisabetta Forte. «AIB Notizie», 10 (1998), n. 8, p. 4-5.
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