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Intervista ad Angelo Sante Trisciuzzi

a cura di Elisabetta Forte


Un altro incontro con un membro del CEN e una tematica attuale, scottante: un'apertura di credito ulteriore verso il sociale e il civile dell'Istituto Biblioteca. Tematiche da approfondire e da non far cadere.

D.: Al Congresso di Genova la tua sessione era giustamente intitolata "Mediterraneo, biblioteche di confine", ma alla luce di quanto avviene in questi mesi sulle nostre coste meridionali, un titolo cos“, certo appropriato, merita qualcosa in più: biblioteche di frontiera, avamposto di paesi e culture a confronto, una cronaca per partecipare e per fare.
R.: Durante quella sessione mi colp“ l'intervento di un collega siciliano che raccontò come gli immigrati provenienti, in particolare, dalla Tunisia erano riusciti a ricreare nel centro storico una loro "gasba", chiusa all'esterno e tutta orientata a conservare le loro specifiche tradizioni e gli usi, persino nelle scuole veniva mantenuto il loro metodo di insegnamento. Una esperienza, perciò, chiusa ed impermeabile.
La mia esperienza di pugliese non è nel grande Mare Mediterraneo ma nel piccolo Adriatico dove il confine viene individuato solo nell'Albania o nella gente, tanta, che proviene da quel paese, ma di diversa etnia, albanese, curda, pakistana, cingalese, serba, croata: vera porta d'Oriente.
I continui arrivi hanno caricato notevolmente le strutture di accoglienza ma molto meno le nostre città perché i nuovi arrivati intendono ripartire subito verso altre nazioni o altre città.
Mai era immaginabile che potessimo diventare biblioteche di frontiera. Eravamo lontani dai paesi extraeuropei del nord e protetti dal grande mare dai paesi jugoslavi ed africani.
Fino alla fine degli anni Ottanta non eravamo in condizione di capire il vero significato della immigrazione: una terra che aveva avuto solo emigranti non poteva comprendere come altri potessero vedere questi luoghi "terra promessa" e opportunità di lavoro. Ma lo sgomento è durato poco, le nostre popolazioni si sono dimostrate ricettive e anche le strutture hanno aperto le porte alla nuova domanda.
La prima cosa che la mia biblioteca preparò, e non solo la mia, fu una serie di vocabolari per venire incontro alle prime esigenze: quelle di capirsi.
Non sono mancate, però, le iniziative per la conoscenza della lingua, in particolare albanese, attraverso corsi specifici tenuti in biblioteca, ma sono state iniziative sporadiche.
D.: Ma all'illustrazione di un evento, dall'angolo di visuale di un bibliotecario non possono non seguire le considerazioni che la multietnicità all'assalto e d'assalto, fa nascere. Per coinvolgere tutti, perché nessuno possa sentirsi chiamato fuori dal sostegno di una realtà di frontiera: una biblioteca da sostenere, seguire, gemellare.
R.: Oggi diventa difficile parlare solo di biblioteche di frontiera, quasi a pensare che sia un problema riguardante solo quelle di confine; ormai, tutte le biblioteche devono prendere atto che l'Italia è diventata una nazione multietnica al pari di tutta l'Europa e tutte devono aprirsi a questa nuova realtà.
Le iniziative da intraprendere non possono essere prese a battesimo da un singolo comune, stante la situazione ancora perdurante in tutte le nazioni al di là dell'Adriatico; è indispensabile il sostegno degli organi istituzionali nazionali e regionali, e questi devono fungere da battistrada per sostenere, seguire e gemellare le biblioteche albanesi, macedoni, montenegrine.
é ormai tempo di guardare all'Adriatico, ed ancora di più al Mediterraneo, come centro della civiltà antica e che sicuramente ritornerà ad essere centro di cultura: i tempi sono ormai maturi. Se scoppierà, finalmente, la pace nel Medio Oriente e ritorneranno normali i rapporti con la Libia, tutto il Mediterraneo ritornerà all'antico splendore, ebbene, da oggi dobbiamo porre le basi per una rete di biblioteche mediterranee per presentare quello che è la cultura mediterranea oltre la europea e l'americana.
Ci accorgiamo che vi è qualcosa nel Mediterraneo solo quando si assegna un Nobel, ma rare sono le traduzioni di autori egiziani, turchi, siriani, libici, tunisini, algerini e, quando ci sono, hanno una scarsa circolazione. Con la rete di biblioteche del Mediterraneo, si potrebbero affrontare meglio questi problemi ed offrire uno scambio utile per una vera coscienza della cultura che ha radici comuni fin dal tempo dei fenici o degli assiro-babilonesi.
D.: Alfabetizzazione e biblioteche, insegnanti di sostegno (linguistico) e biblioteche. Impegno per l'integrazione.
R.: L'integrazione di tanti stranieri passa certamente attraverso le biblioteche le quali, oltre che attrezzarsi per rispondere ai nuovi bisogni, devono promuovere l'educazione interculturale e collaborare con tutte le istituzioni, in particolare con le scuole.
I nostri scaffali dovranno arricchirsi di testi ed autori dei paesi mediterranei tradotti ed in lingua e proporsi che altrettanto avvenga nelle biblioteche di quei paesi, garantire cioè la conoscenza reciproca a favorirne lo scambio; a questo proposito non è superfluo ricordare che con i nuovi mezzi l'opportunità degli scambi è notevolmente facilitata.
Inoltre, c'è la moda di gemellarsi: questo istituto può essere utilizzato per creare nicchie di conoscenza al di qua e al di là dell'Adriatico, ma anche nell'intero Mediterraneo.
Ma non potremmo anche pensare ad una Associazione delle biblioteche del Mediterraneo?


Intervista ad Angelo Sante Trisciuzzi , a cura di Elisabetta Forte. «AIB Notizie», 10 (1998), n. 10, p, 6.
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