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Intervista a Antonio Scolari

a cura di Elisabetta Forte


Tra i membri del CEN, da ultimo Antonio Scolari, un esperto della biblioteca tecnologica, un consulente discreto al servizio del "nuovo in biblioteca".

D.: La reale penetrazione dell'automazione nei servizi bibliotecari italiani: oltre alla catalogazione, cosa quanto e come l'informatica in biblioteca arriva agli utenti?
R.: La mia impressione è che oggi la ricaduta dell'automazione sugli utenti delle nostre biblioteche sia assai maggiore di quanto non fosse quattro o cinque anni or sono, però probabilmente non è ancora stato del tutto colmato il gap che ci separava dai risultati ottenuti in molte altre nazioni.
Non va dimenticato che nelle nostre biblioteche l'automazione è arrivata tardi, per altro in perfetta sintonia con i ritardi accumulati in questo settore dalle amministrazioni da cui le nostre biblioteche dipendono; di fatto nei primi anni Ottanta, quando già nei paesi più avanzati si stava vivendo la seconda generazione dei sistemi di automazione per biblioteche. Questa nostra prima generazione di automazione, in cui siamo ancora in sostanza, è nata con una visione troppo legata all'automazione delle procedure manuali, che i sistemi di automazione "dovevano" (in qualche caso ancora "devono") replicare nel modo migliore: stampare "belle" schedine bibliografiche, preparare libri di inventario conformi a direttive totalmente cartacee, piegarsi a regolamenti inventati per far circolare poco e male i libri delle nostre biblioteche.
Ancora, non ha giovato all'automazione delle nostre biblioteche il fatto che praticamente fino all'avvento della rete diffusa, Internet, da noi mancasse totalmente la cultura delle reti di trasmissione: oggi fa sorridere, eppure non si può non ricordare l'evidente nostro sollievo alla fine degli anni Ottanta, quando l'arrivo dei CD-ROM ci ha evitato di misurarci con la ricerca bibliografica in linea. Di qui, credo, la fortuna forse un po' eccessiva, anche in biblioteche pubbliche e universitarie di dimensioni ragguardevoli e magari centri di sistemi bibliotecari, di pacchetti pensati per il personal computer, quando il personal computer al massimo consentiva la creazione di reti locali assai ristrette. Il pensare in termini di rete di trasmissione, veicolo indispensabile in questo settore per realizzare anche una rete di cooperazione, è stato uno dei meriti storici del progetto del Servizio bibliotecario nazionale, pensato almeno agli esordi con una visione tra l'altro assai avanzata delle reti di telecomunicazioni. E mi pare altrettanto indubbio che il tardivo avvio dell'Indice SBN e la sua stessa riconsiderazione, rispetto al progetto iniziale, abbiano finito per nuocere alla coerenza stessa del progetto, la cui ricaduta sugli utenti per troppi anni è stata davvero minima.
Poi, ma questa è storia degli ultimi anni, l'arrivo di Internet e la diffusione dei Web ci hanno indotto a una (salutare) rincorsa per mettere a disposizione i nostri cataloghi sulla rete. Questa mi pare sia stata e sia la prima positiva ricaduta sugli utenti. Potere finalmente consultare numerosi cataloghi, magari non completi, ma certamente significativi, consente ai nostri utenti di incominciare a fruire meglio dei patrimoni delle nostre biblioteche. Anche il prestito interbibliotecario, questa bella fenice della nostra tradizione, incomincia a diventare (almeno nel settore universitario che ho sott'occhio) una pratica sempre più diffusa. La lezione da questo punto di vista non può che essere interessante e da meditare: l'accesso ai cataloghi e la grande disponibilità di moltissimi colleghi, hanno reso possibili nel settore del prestito interbibliotecario – almeno nell'ambito di biblioteche che io più pratico – risultati che convegni, articoli, sollecitazioni, progetti ambiziosi, non erano giunti neppure a traguardare. Risultati magari ottenuti interpretando con "saggezza" e spirito di servizio regolamenti di prestito locali e nazionali nati piuttosto nell'ottica del possesso che non in quella dell'accesso alla documentazione.
Ma oggi l'informatizzazione della biblioteca non si può più identificare con la sola automazione delle procedure e del catalogo. L'approccio alla multimedialità, l'accesso all'informazione in rete nel suo senso più vasto e l'offerta di servizi sulla rete sono componenti essenziali dell'informatizzazione delle biblioteche, di qualsiasi tipologia: credo che questo sia il significato profondo di cui vada sostanziato il concetto dal sapore un po' troppo di slogan della digital library. Mi pare che anche su questi aspetti qualcosa si muova, forse ancora in prevalenza nelle biblioteche universitarie, oggettivamente avvantaggiate dalla disponibilità di una rete diffusa, ma le biblioteche pubbliche dovranno e in vari casi si stanno rapidamente adeguando a questa nuova realtà della domanda dei nostri utenti.
D.: Una proposta operativa e di impegno per l'AIB e per i suoi soci nella verifica prima e nella diffusione poi del concetto di managerialità nella informatizzazione dei servizi in biblioteca, perché si possa eludere il rischio che corrono le biblioteche medio-piccole (e non solo) di programmare nell'ottica della home automation e non in quella della office automation.
R.: Mi pare che il nuovo ruolo e i nuovi scopi dell'informatizzazione delle biblioteche non possano che enfatizzare l'importanza delle scelte di cooperazione sul territorio. So bene che questa affermazione pare l'ennesima scoperta dell'acqua calda, eppure mi sembra che, malgrado il gran parlare che se ne fa, troppo spesso in pratica la cooperazione, intesa come reale condivisione delle risorse a favore degli utenti, resti nel limbo delle buone intenzioni invece di incarnarsi nella pratica quotidiana. Eppure le nuove possibilità offerte dalla tecnologia sono ancora costose sia in termini di acquisizione che, soprattutto, in termini di gestione. Per questo credo che per le biblioteche medio-piccole la scelta della cooperazione sia di importanza centrale, a patto che siano ben chiari gli scopi, cioè i vantaggi concreti per gli utenti, e i costi che la cooperazione comporta. Le nuove tecnologie invitano anche ad estendere i soggetti della cooperazione, forme specifiche possono comprendere la partecipazione di partner privati e commerciali: in più di un caso fornitori di servizi di informazione guardano con interesse a gruppi di biblioteche che cooperino tra loro, come possibili partner per la fornitura di servizi diffusi.
Tra l'altro proprio la tecnologia della rete spinge e facilita gli scopi della cooperazione: basti guardare in casa AIB quello che rappresentano realtà direi ormai indispensabili del panorama bibliotecario italiano quali AIB-CUR e AIB-WEB, che io definirei nel loro complesso un bellissimo esempio di digital library, sia in termini di cooperazione di gruppi di colleghi appartenenti agli enti più diversi, sia in termini di offerta informativa e di possibilità di interscambio e cooperazione.
Mi pare inoltre che per le realtà minori proprio lo spostarsi della centralità di interesse dell'automazione dalle procedure interne al recupero dell'informazione in rete, possa rappresentare un'occasione di valorizzazione del ruolo della biblioteca sul territorio. La biblioteca con il suo patrimonio di conoscenza può diventare uno degli elementi centrali del sistema informativo territoriale: direi che questa possibilità può essere perseguita proprio in centri più piccoli dove la "concorrenza" di altri servizi in questo settore è senz'altro meno forte rispetto ai centri maggiori. Mi pare che la sfida dell'automazione per questo tipo di biblioteche debba essere vista a questo livello, piuttosto che nella spesso defatigante disamina di pacchetti di automazione di procedure che in realtà piccole non sempre hanno davvero necessità di essere automatizzate.
D.: Biblioteche statali, universitarie, di ente locale: investimenti in termini di risorse umane e finanziarie per uscire dall'ottica di un'ormai solo giovanilista sperimentazione e gestire la quotidianità nelle strade tecnologiche.
R.: Mah, su questo aspetto mi permetto di essere piuttosto scettico. Il vero problema è che ancora oggi le pubbliche amministrazioni in genere mi sembrano vivere l'automazione dei servizi come un "male necessario", quando va bene. È – credo – esperienza comune a chi si è trovato a gestire sistemi informatici di qualsiasi tipo all'interno di un ente, lo scarso peso che viene attribuito nei fatti all'automazione da parte della dirigenza amministrativa, anche in enti che pure dovrebbero essere più sensibili all'informatizzazione. Un esempio per tutti, la ritrosia o i ritardi di molti enti – purtroppo anche biblioteche – nel diffondere al proprio interno l'uso della posta elettronica, malgrado le raccomandazioni dell'AIPA in merito.
Probabilmente occorrerebbe un cambiamento di mentalità, una volontà seria di articolare un sistema bibliotecario di livello nazionale, quale l'AIB ha provato a definire nel progetto di legge quadro: infatti le applicazioni tecnologiche per funzionare al meglio necessitano di un quadro dal contorno chiaro e funzionale, come invece è ben lungi dall'essere il nostro sistema bibliotecario. Così anche il progetto Mediateca 2000, che l'AIB ha sostanziato di contenuti, per quanto era nelle sue possibilità, avrebbe potuto rappresentare un momento importante, tuttavia l'impressione è che ancora una volta non si sia potuto o saputo intervenire nelle condizioni del contesto. Un'altra occasione sembra essere quella delle nuove biblioteche, alcune di grande ambizione, che si annunciano per l'inizio del nuovo secolo. Se non saranno cattedrali nel deserto, ma diventeranno uno stimolo e un modo per giungere a un ripensamento dei nostri servizi bibliotecari, anche da un punto di vista politico, allora probabilmente anche la tecnologia di cui certamente saranno ampiamente dotate potrà essere davvero funzionale alle esigenze degli utenti.

( a cura di Elisabetta Forte)


Intervista a Antonio Scolari, a cura di Elisabetta Forte. «AIB Notizie», 11 (1999), n. 1, p. 6-7.
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Copyright AIB, ultimo aggiornamento 1999-02-12 a cura di Gabriele Mazzitelli