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E la chiamano biblioteca

a cura di Puntospaziolineapunto



Proprio perché sostanzialmente costruita intorno ai bisogni dell'utente/cliente, da sempre la biblioteca abitua i suoi operatori a verificare costantemente l'efficacia della propria immagine riflessa; ne sono prova gli innumerevoli appuntamenti in cui si discute, per esempio, dei codici di catalogazione o del recupero dell'informazione, vale a dire degli strumenti del comunicare, oppure della rete integrata tra servizi bibliotecari ed altri servizi documentari, della mediazione tra la biblioteca e i supporti di tipo multimediale, e così via. L'elenco potrebbe continuare a lungo, ma siamo ancora tra addetti ai lavori, che si sforzano quotidianamente di allargare il proprio indice di ascolto, con tutti i mezzi a propria disposizione. Tuttavia, per tentare di vincere la scommessa di rendere sempre più potente e utile un servizio con sempre meno fondi a disposizione, una volta fatta la scelta di non praticare la strada dei miracoli, è indispensabile conoscere esattamente che cosa si aspetta da noi il "grande pubblico", che con le biblioteche non ha una grande frequentazione e che, nel soddisfacimento dei propri bisogni informativi, si orienta per lo più attraverso gli organi di stampa a grande diffusione.
Al di là della estrema episodicità con cui se ne occupa, il mezzo radiotelevisivo non riesce ad oltrepassare la soglia della biblioteca museo del libro, una sorta di salotto buono da usare con gli ospiti di riguardo; esperienze più recenti e sicuramente positive (La biblioteca ideale: Radiotre; Per un pugno di libri: Raitre) sono certamente più evolute, ma ancora lontane dal binomio biblioteca-informazione. Al contrario, l'interesse da parte del mondo della carta stampata sembrerebbe spaziare su più aspetti. I segugi di Puntospaziolineaspazio per l'occasione si sono trasformati in piccoli documentalisti ed hanno raccolto una serie di contributi comparsi su alcuni periodici a larga diffusione nel corso del 1998, allo scopo di analizzare che cosa si sa o si pensa della biblioteca da parte degli operatori dell'informazione. Beninteso, la ricerca non ha né vuole avere un carattere di esaustività. Saremo pertanto grati a quanti vorranno contribuire al nostro sforzo con ulteriori segnalazioni.
Le colonne de «Il Sole 24 ore» hanno ospitato due interviste con l'attuale ministro dei beni e servizi culturali Giovanna Melandri, una delle quali centrata sul nostro argomento (Salveremo libri e biblioteche, 1 novembre 1998). Prendendo spunto da un articolo pubblicato sullo stesso quotidiano la settimana precedente a cura di Tullio Gregory, il ministro enuclea alcuni punti sui quali incentrare l'impegno del proprio dicastero: «innanzitutto aumentare i fondi destinati alla conservazione del patrimonio librario: non solo quello delle biblioteche statali, ma anche quello conservato nelle biblioteche degli enti locali o di altre istituzioni che mettono il proprio patrimonio a disposizione del pubblico». E ancora: «conservare il materiale librario, aprire le biblioteche, modernizzarne il funzionamento, rendere possibile e agevole la consultazione dei libri: questi devono essere i nostri obiettivi».
Nulla da eccepire; tuttavia provate a sostituire al termine biblioteca il termine museo: il concetto mantiene inalterata la sua coerenza, certamente condivisibile, ma relativamente ad un contesto di tutela da parte del patrimonio culturale (quello librario) e della sua fruizione pubblica in quanto patrimonio prima che in quanto segmento informativo, vale a dire per quello che costa più che per quello che serve. In fine di articolo il ministro Melandri interviene sulla generale promozione del libro e della lettura, che «va sostenuta e promossa, attraverso il sostegno alla rete delle biblioteche, soprattutto degli enti locali che mettono i libri a disposizione dei cittadini che intendono leggerli, ma anche attraverso forme di incentivazione nelle scuole».
La stessa impostazione viene mantenuta in un successivo incontro con il ministro (Cento fiori fan sbocciare la cultura, a cura di Anna Detheridge, «Il Sole 24 ore», 22 novembre 1998), dove peraltro si fa un giusto riferimento alla cooperazione tra amministrazioni locali e stato centrale come terreno di innovazione e valorizzazione.
La non considerazione della biblioteca da nessun punto di vista caratterizza il pensiero di Renato Nicolini, attuale presidente dell'azienda Palazzo delle Esposizioni di Roma, già assessore alla cultura a Roma e a Napoli. Lasciandosi andare a una serie di riflessioni raccolte da Maristella Iervasi (Quant'é bello perdersi a Roma, «L'Unità/Metropolis», 31 ottobre 1998) il re dell'effimero (ma anche promotore del primo regolamento del Sistema biblioteche centri culturali del comune di Roma), parlando dei luoghi dell'offerta culturale, delle biblioteche non parla mai : non ci sono, né come spazi culturali, né come servizio pubblico di prima informazione.
È davvero curioso notare come ai professionisti dell'informazione non venga spontaneo concentrare l'attenzione su questo particolare aspetto proprio quando intervistano protagonisti della gestione politica.
Una piccola pausa di riflessione, in attesa del prossimo numero, dove continueremo il nostro viaggio esplorativo.

Sempre vostro PSLS


E la chiamano biblioteca, a cura di Puntospaziolineaspazio. «AIB Notizie», 11 (1999), n. 2, p. 6-7.
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Copyright AIB, ultimo aggiornamento 1999-03-15 a cura di Gabriele Mazzitelli