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Intervista a Madel Crasta


Il Consorzio biblioteche e archivi culturali di Roma (BAICR) si "racconta": il momento di coordinamento nelle parole del segretario generale

D.: Tu hai vissuto nel mondo delle biblioteche per molti anni, poi hai fatto altre cose; come vedi oggi le biblioteche da un osservatorio più ampio?
R.:
In realtà non ho mai lasciato le biblioteche: bibliotecario è uno stato dell'anima che persiste anche senza le biblioteche. Ho solo aggiunto altri punti di vista: l'editoria, i formati digitali, l'organizzazione di cultura, in particolare negli istituti culturali. Gli istituti sono un microcosmo dove coesistono biblioteche, archivi storici, iconografici ed audiovisuali, musei e palazzi storici, una pacchia per chi, come me, lavora sempre sui confini e sulla trasversalità.
D.: Ad un certo punto è sembrato che gli istituti culturali attraversassero in Italia una fase di stanchezza e anche di smarrimento, un po' ripiegati su se stessi e sul prestigio del passato, poi abbiamo visto molta vitalità, quasi una riscossa, puoi dirci brevemente cosa è successo?
R.: I grandi cambiamenti che hanno toccato il mondo della cultura dagli anni Settanta hanno richiesto agli istituti un impegno di ridefinizione dei propri spazi, del proprio ruolo nella società e del rapporto con gli altri soggetti della cultura e della ricerca. È stata una fase faticosa e complessa, non ancora conclusa, che ha però messo in moto energie e risorse ed anche uno sforzo di individuazione delle potenzialità degli istituti e delle opportunità che i cambiamenti creano. Questa ricerca ha finalmente messo in luce il forte valore di promozione e progettualità che hanno le raccolte degli istituti, dove spesso ogni documento – libro, lettera, manifesto o oggetto artistico – concorre a rappresentare una storia unica e irripetibile.
D.: È vero; negli ultimi convegni, sui giornali e nella produzione scientifica si nota questo capovolgimento, come se biblioteche e archivi storici fossero diventati un fiore all'occhiello, il cuore stesso degli istituti. Come è avvenuto questo cambiamento di prospettiva?
R.: È stato un lungo cammino; per alcuni istituti, come quelli del Polo IEI- Istituti Culturali, è iniziato con l'adesione al SBN e quindi l'uscita dall'isolamento e la scoperta che la biblioteca poteva diventare un volano di attività e di risorse. A SBN si è aggiunto "Archivi del '900", un'altra forte esperienza di cooperazione, che assume un respiro nazionale coinvolgendo istituti di Torino, Trento e Bologna. Questi lavori hanno creato le premesse per una partecipazione attiva alla nuova legge sugli istituti culturali (534/96) che sostituisce la famosa Tabella 123. Nella nuova legge si recepiscono come primi criteri di valutazione il possesso, lo sviluppo (quindi non mera conservazione) di raccolte storiche e la partecipazione a reti telematiche. Sempre negli stessi anni (1992) e direi nello stesso clima, nasce l'AICI (Associazione delle istituzioni culturali italiane); ancora prima, nel 1991, si era costituito il Consorzio biblioteche e archivi istituti culturali romani.
D.: C'è stata una vera e propria scoperta del valore del patrimonio degli istituti culturali; se dovessi definirlo in una breve sintesi, come lo descriveresti?
R.: Mi viene subito in mente l'unicità rispetto alla quantità. In passato queste raccolte hanno sofferto di marginalità, nei confronti degli enormi giacimenti conservati nelle biblioteche statali, o nelle storiche universitarie e comunali, o nel sistema degli archivi di Stato. Da una parte insiemi documentari preziosi ma conservati in istituzioni con l'attenzione rivolta altrove (ricerca, convegni, editoria, ecc.) e dall'altra invece l'intero sistema di istituzioni pubbliche dedicate alla conservazione e fruizione dei beni culturali. Il lavoro sistematico di descrizione e aggiornamento delle raccolte e di cooperazione (degli istituti fra loro e degli istituti con tutti i settori dei beni culturali) ha infranto questo muro, portando alla luce pezzi unici e insostituibili del mosaico composto dalle fonti della nostra cultura. Su questo mosaico si è innestato il processo di trasformazione tecnologica, che oggi vede gli istituti culturali impegnati a individuare le priorità in termini di politiche culturali. Si avvertono sostanzialmente due problemi: uno è il problema dell'invecchiamento tecnologico; l'altro è il problema della definizione di se stessi nell'ambito di un sistema; si tratta in sostanza di capire a quali priorità di politica culturale indirizzare oggi le scelte e i progetti che implicano l'uso delle tecnologie. È in atto il tentativo di saldare le applicazioni tecnologiche agli indirizzi generali dell'istituzione o di gruppi di istituzioni, superando le scelte autoreferenziali e settoriali, definite esclusivamente sugli ambiti di attività (biblioteche, archivi, archivi iconografici, ecc.), in favore di scelte che tendano a ricostruire intorno a filoni tematici l'insieme dei contenuti a cui l'istituto culturale può attingere. In questa chiave la telematica è uno strumento per ricostruire contesti, per definire se stessi in un insieme che è l'ambiente culturale che ci circonda, per mettere insieme oggetti e informazioni di natura diversa. Non solo, e non più, libri coi libri, carte archivistiche con le carte archivistiche, immagini con immagini e la ricerca scientifica separata e a sé stante, ma la prova di una trama che rafforzi reciprocamente tutti questi aspetti, e mostri i percorsi irripetibili della produzione culturale. Anche i progetti di rete vanno ripensati in maniera più organica, più programmatica per capire qual è il pubblico a cui ci rivolgiamo, e come si articolano le sue esigenze. Altrimenti il capitale di informazione digitale che abbiamo accumulato, assume connotati di indeterminatezza, e, soprattutto, rischia di non raggiungere il suo "potenziale mercato". Molti istituti hanno imparato a inserire fin dall'inizio nei progetti di prodotti e servizi multimediali le logiche e le strategie della comunicazione, facendo delle raccolte un sistema di contenuti vivi, non solo "passato". Tutto questo, in fondo, è ciò che oggi si chiama cultural planning.
D.: Vorrei che facessi qualche esempio concreto di raccolte documentarie rese disponibili da istituti culturali, continuando quel lavoro di informazione che è iniziato con le interviste precedenti.
R.: Si tratta di una realtà molto vasta per esaminarla in questo spazio, ma rimando al rapporto dell'AICI Gli Istituti Culturali fra passato e futuro, a cura di Giancarlo Monina, Soveria Mannelli (CZ): Rubbettino, 1998, che descrive gli istituti culturali fornendo anche i dati sulle raccolte. In questa sede potrei citarne alcuni di grande valore esemplare: penso ai grandi istituti del Nord, la Fondazione Biblioteca e Archivio Luigi Micheletti di Brescia, dedicata alla storia politica e sociale del '900, con biblioteca, archivio, fototeca (oltre 25.000 immagini) e oltre 6000 manifesti; l'Istituto veneto di scienze, lettere e arti; le fondazioni e centri studi dedicati alla memoria di protagonisti del nostro secolo come Feltrinelli a Milano; Gobetti, Einaudi e Donat Cattin a Torino; Spadolini e Turati a Firenze, Sturzo, Basso e Spirito a Roma; gli istituti per gli studi storici con le loro raccolte dedicate alle grandi epoche: Medioevo, Rinascimento, Risorgimento, con sede in molte città italiane; i diversi istituti intitolati a Gramsci; la rete di istituti per la storia del movimento di liberazione e dell'Italia contemporanea in genere; l'Istituto per le scienze religiose a Bologna con una biblioteca di oltre trecentomila volumi e archivi sulla Chiesa contemporanea (Giovanni XXIII, Concilio Vaticano II, Don Milani, ecc.).
Oltre alle grandi aree disciplinari gli istituti coprono anche aree di forte specializzazione, affiancando in modo complementare i centri universitari, come l'Associazione malacologica italiana con sede a Roma, dotata di museo e biblioteca, o il Centro sulla storia dell'impresa e dell'innovazione a Milano, che gestisce biblioteca, archivi, immobili e manufatti legati alle testimonianze della storia economica e industriale. Questo rapido e parziale excursus intende solo evidenziare la corposità e l'articolazione dell'insieme di documenti e di servizi che gli istituti mettono in gioco; insieme che oltre a raggiungere una ingente dimensione quantitativa, costituisce il "fisiologico" complemento delle grandi raccolte nazionali e di quelle con matrice territoriale, non tanto e non solo per l'unicità degli esemplari posseduti, quanto per la storia stessa delle raccolte, per la sua stratificazione e per l'unicità del contesto che esse rappresentano. Un piccolo ma significativo apporto alla professione bibliotecaria può venire dal profondo senso del contesto che queste biblioteche hanno, più vicine forse all'esperienza archivistica che a quella bibliotecaria, dall'attenzione e la sensibilità per gli aspetti storici delle raccolte, per i percorsi dei fondi e le vie della ricerca che hanno messo insieme i singoli testi.

(a cura di Michela Ghera)


Intervista a Madel Crasta, a cura di Michela Ghera. «AIB Notizie», 11 (1999), n. 4, p. 5-6.
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Copyright AIB, ultimo aggiornamento 1999-05-08 a cura di Gabriele Mazzitelli