[AIB]AIB Notizie 11/2000
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Scusi, dove si comprano i francobolli elettronici?

di Giulia Visintin

Basta essere stati una volta all'estero per sapere che l'istituzione italiana dei tabaccai, dove oltre a quelli che una volta si chiamavano generi di monopolio si possono comprare cartoline e francobolli, all'estero non esiste. Per spedire un messaggio su carta, fuori d'Italia bisogna andare negli uffici postali. E per spedire un messaggio di posta elettronica? Ci sono gli Internet café, che dalle nostre parti sono abbastanza rari, e le ancor più rare agenzie di servizi elettronici. E le biblioteche, quelle almeno che mettono a disposizione dei lettori gli strumenti per accedere all'Internet? In effetti, nella minoranza di biblioteche italiane attrezzate per l'uso pubblico della rete, si possono vedere comportamenti differenti per quanto riguarda l'uso personale della posta elettronica. Un informale sondaggio rivolto in particolare alle biblioteche pubbliche è stato tentato nel settembre scorso attraverso la lista di discussione dei bibliotecari italiani (AIB-CUR).
Posto che la stessa disponibilità di accessi al Web per i lettori delle biblioteche è il risultato di una scelta da parte di chi organizza il servizio, si è cercato di capire le ragioni che stanno alla base dell'inclusione o dell'esclusione del servizio di posta elettronica fra quelli offerti al pubblico. Non che queste ragioni si siano dimostrate sempre, completamente e serenamente consapevoli. La prima e più ovvia osservazione è che l'intreccio fra servizio postale e tutti gli altri servizi ascrivibili all'uso del Web è talmente stretto da rendere difficile una distinzione anche solo paragonabile a quella fra uso di una risorsa informativa tradizionale (un libro, un'enciclopedia, una videocassetta) e una comunicazione strettamente personale come quella epistolare. Probabilmente anche in passato qualche lettore ha sostato in una biblioteca per scrivere una lettera, ma un atto simile aveva ridottissime conseguenze sul servizio della biblioteca, se non quella dell'occupazione di un posto a sedere, e forse della consultazione di un vocabolario, o nei casi più romantici, di un Segretario galante. Ma come la mettiamo ora che per portare a termine la medesima operazione - che si tratti della spedizione di un curriculum per una richiesta di assunzione come di una lettera molto intima all'amica del cuore lontana - si può usare la stessa apparecchiatura con la quale si consulta il catalogo e si recuperano informazioni dalla rete?
Fra le risposte che sono arrivate alla lista, i sostenitori della massima libertà in fatto di uso di tutti gli strumenti della rete hanno sottolineato innanzi tutto la difficoltà di isolare l'uso della posta elettronica dal complessivo uso delle risorse del Web: spesso anche la mera consultazione di certe pagine implica un passaggio di comunicazioni postali. È stato inoltre sottolineato come l'uso della posta sia un efficace mezzo di apprendimento delle abilità necessarie a servirsi della rete, possibilità che viene vista come particolarmente apprezzabile quando è rivolta a chi non potrebbe usare il Web se non glielo mettesse a di-sposizione la biblioteca. Qualcuno ha citato casi di biblioteche straniere, ma curiosamente anche dagli esempi portati a favore della posta elettronica per i lettori sembra di capire che - perfino in caso di biblioteche molto ben attrezzate - gli impianti disponibili per la posta siano ben distinti e separati da quelli usati per i servizi informativi. La cosa più difficile, da noi, sembra proprio questa: evitare, con le buone maniere e senza imporre divieti o vincoli automatici, che l'uso strettamente personale (cosa c'è di più personale di una lettera?) della rete prevalga sugli altri, in particolare sull'uso di risorse per le quali si è appositamente venuti in biblioteca. Fra chi giustifica l'attrattiva della posta per far conoscere la biblioteca a chi mai se ne è servito prima e chi parla semplicemente di amichevolezza nel mettere a disposizione la posta insieme alla toilette, al bar, al telefono suona forse più convincente quest'ultimo, visto che non pare garantito che gli epistolografi diventino poi regolarmente assidui utenti del prestito (parrebbe anzi il contrario). Ma, a proposito di telefono, quello per il pubblico (quando c'è) non è certo quello della biblioteca stessa. E se credo che chiunque di noi telefonerebbe volentieri ad un'altra biblioteca per assicurare rapidamente ad un lettore l'informazione di cui ha bisogno, quanti sarebbero disposti a fare lo stesso, se si trattasse di chiamare un numero privato per conto di una lettrice che vuole semplicemente sapere se il fidanzato è in casa?


VISINTIN, Giulia. Scusi, dove si comprano i francobolli elettronici?. «AIB Notizie», 12 (2000), n. 11, p. 11.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2001-01-20 a cura di Gabriele Mazzitelli
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n12/00-11visintin.htm

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