[AIB]AIB Notizie 3/2001
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L'evidenza scientifica nella ricerca e nella professione

di Elisabetta Poltronieri

Il «Bullettin of the Medical Library Association» http://mlanet.org/ publications/bmla/index.html è una rivista internazionale, a periodicità trimestrale, che tratta argomenti legati al settore della biblioteconomia biomedica. Offre accesso online agli indici dei fascicoli pubblicati a partire dal 1996 e ad alcuni articoli a testo completo. La Medical Library Association, di cui il periodico è organo ufficiale, è una organizzazione professionale fondata negli Stati Uniti nel 1898 che vanta una grande varietà di iniziative a favore dell'accrescimento professionale nel campo dei servizi di informazione a supporto delle scienze mediche.

L'articolo preso in esame questo mese è apparso su un periodico di biblioteconomia biomedica e propone riflessioni di contenuto sicuramente più familiare ai bibliotecari di questo settore. Tuttavia, considerato che ad essere trattati sono i principi di metodo nella ricerca in campo biblioteconomico, è sembrato utile proporne alcuni spunti di interesse generale. L'articolo in questione, di Jonathan D. Eldredge, si intitola Evidence-based librarianship: an overview ed è stato pubblicato sul «Bulletin of the Medical Library Association», 88 (2000), n. 4, p. 289-302.
La tesi ampiamente argomentata dall'autore vuol dimostrare che le caratteristiche della evidence-based medicine (EBM) possono essere applicate con successo alla evidence-based librarianship (EBL). Quest'ultimo modello ha come elemento di fondo l'assunzione da parte delle scienze biblioteconomiche di una collaudata metodologia di interpretazione critica della letteratura scientifica che si avvale di metodi e di strumenti standardizzati di analisi. Da tale approccio alle conoscenze deriva un esercizio della professione fondato sulla verifica dell'efficacia di un determinato intervento e sull'evidenza empirica di un comportamento. Questo atteggiamento si pone a supporto di una autonoma abilità di decisione, non subordinata all'unico valore dell'autorità scientifica veicolata dal parere degli esperti.
Il concetto di biblioteconomia basata sulle prove di efficacia ha dunque il merito primario di ancorare gli studi teorici della disciplina alla pratica effettiva dei servizi di biblioteca e di configurarsi quindi come scienza applicata. Il risultato è quello di apportare dosi crescenti di efficienza nella risposta alle esigenze degli utenti.
La medicina delle prove di efficacia (per una definizione del termine, vedi il box a p. 15) è un universo di conoscenze in divenire, di controversa definizione e destinato a riformulare incessantemente il suo oggetto di studio nell'ambito dei processi di decision making che riguardano la pratica medica. La dimensione dinamica connaturata a questo nuovo volto della scienza medica promuove, a supporto delle generalizzazioni assunte dalla medicina tradizionale, un modello pragmatico di assistenza basato sulle caratteristiche e le situazioni legate alla storia clinica dei singoli pazienti e sostanziato da una solida metodologia di ricerca nello studio dei singoli casi. Questo indirizzo serve a guidare le scelte cliniche più appropriate da adottare in contesti di cura similari e a valutarne il rapporto rischi-benefici.
Illustrato questo quadro di riferimento, l'autore tratta i punti di forza di una biblioteconomia basata sull'evidenza, tutti incardinati in un processo che fa propri i fondamenti metodologici della evidence-based medicine. L'assunto di base è che i processi decisionali che investono chi ha responsabilità manageriali nel lavoro di biblioteca devono avvalersi di risultati validati da un'esperienza di studio rigorosa.
L'iter decisionale si apre con l'individuazione di una problematica rilevante nel campo della pratica professionale corrente (ad esempio, la valutazione del livello di utilizzazione da parte degli utenti dei sistemi elettronici di recupero dell'informazione) e si muove verso la ricerca di una soluzione ottimale da applicare nel lavoro quotidiano di biblioteca. Questo processo si snoda attraverso una serie di strumenti di analisi (metodi qualitativi e quantitativi) degli studi apparsi in letteratura, mette a confronto i risultati emersi e raccoglie tutte le possibili casistiche legate allo scioglimento di un quesito di ordine pratico. Tutto l'insieme delle operazioni consente di mettere a punto linee guida e raccomandazioni da seguire nella pratica corrente, per orientare scelte politiche sicure e controllate, con il vantaggio di ridurre possibili deformazioni messe in atto nei percorsi di ricerca e riconducibili all'utilizzazione di dati non obiettivi.
Tutti i metodi di ricerca richiamati nell'articolo sono quelli noti agli operatori della sperimentazione e della epidemiologia clinica e si fondano, prevalentemente, sull'assegnazione di individui in gruppi di trattamento e di controllo. La loro valenza metodologica è tale da renderli strumenti a forte potenzialità di applicazione anche per gli studi nel settore della ricerca biblioteconomica.
Malgrado la scarsa confidenza dei bibliotecari con metodi rigorosi di presentazione dei dati statistici, determinanti per l'esito dei sistemi di analisi applicati dalla medicina basata sull'evidenza, esistono studi di biblioteconomia biomedica che hanno dimostrato l'efficacia di tecniche di misurazione come quelle applicate nelle sperimentazioni cliniche controllate (randomized clinical trials), basate sulla comparazione tra gruppi di entità con caratteristiche differenti. Ne è un esempio uno studio, pubblicato nel 1991 (R.B. Haynes - R.F. Ramsden - K.A. McKibbon - C.J. Walker, Online access to MEDLINE in clinical settings: impact of user fees, «Bulletin of the Medical Library Association», 79 (1991) n. 4, p. 377-381), sugli effetti dei costi di connessione alle basi di dati del sistema Medline sul comportamento degli utenti. Messi a confronto due gruppi di utenti, le sessioni di ricerca soggette a pagamento sono risultate in numero nettamente inferiore rispetto a quelle eseguite senza oneri di spesa.
Basati tutti su questo approccio di tipo comparativo, anche se con margini più ampi di flessibilità metodologica rispetto ai contesti della medicina clinica, sono diversi gli studi in ambito biblioteconomico segnalati dall'articolo di Eldredge. Si tratta di ricerche mirate per lo più al riconoscimento e alla cause di comportamenti differenziati dell'utenza nell'accesso ai servizi di informazione.
La tipologia di ricerche descritte dall'autore comprende, tra gli altri, gli studi di coorte (cohort studies) che in epidemiologia consentono di determinare le probabilità di rischio patologico causate nel tempo dall'esposizione di individui a determinati fattori o condizioni. Sul versante biblioteconomico, le ricerche di questo tipo riguardano principalmente l'utenza delle biblioteche (ad esempio, frequenza d'accesso in biblioteca; grado di soddisfazione nell'impiego di nuove tecnologie) e l'uso delle collezioni (ad esempio, valutazione comparata dell'utilizzo di riviste elettroniche e a stampa; tasso di consultazione delle raccolte in un determinato lasso di tempo).
Altre categorie di studi frequenti nel settore della biblioteconomia sono quelli di tipo osservazionale (descriptive surveys) (per esempio, valutazione della rilevanza delle biblioteche di ospedale nei risultati dell'attività medica) o gli studi analitici di casistiche che non richiedono sofisticate tecniche di misurazione di fenomeni e variabili, quanto abilità nell'osservare situazioni e problemi di ordinaria amministrazione e nell'individuare l'associazione tra eventi e possibili fattori causali.
Un ulteriore genere di ricerche menzionate nell'articolo di Eldredge riguarda l'applicazione di metodi di indagine qualitativi, ad utile integrazione delle ricerche di tipo quantitativo. Si tratta di analisi di carattere storico o di indagini circoscritte a particolari bacini di utenza o a ben identificate tipologie di servizi che si prestano allo sviluppo o alla verifica di ipotesi.
Forse è troppo presto per esprimere predizioni, ma un più solido impegno verso la comprensione di regole metodologiche di base nell'analisi delle conoscenze puoigrave; schiudere ai bibliotecari non solo la prospettiva di valutazioni debitamente ponderate del proprio operato, ma anche il loro inserimento a pieno titolo nel vasto circuito dei cultori del metodo scientifico nella pratica professionale.

Una definizione ricorrente del termine "medicina delle prove di efficacia" è contenuta in: D.L. Sackett et al., Evidence based medicine: what it is and what it isn't. «British Medical Journal», 312 (1996), n. 7023, p. 71-72 http://cebm.jr2.ox.ac.uk/ebmisisnt.html. Il MeSH (Medical Subject Headings), vocabolario di termini controllati adottato dalla National Library of Medicine per la ricerca della letteratura medica negli archivi Medline, riporta che l'espressione è stata coniata dalla McMaster Medical School del Canada negli anni '80 e che ora, all'interno di questa stessa istituzione, la Health Information Research Unit http://hiru.mcmaster.ca utilizza il termine Evidence-based health care che riflette con maggiore flessibilità, rispetto al rigore scientifico della Evidence-based medicine, una più ampia applicazione dei principi anche a discipline estranee allo stretto ambito della medicina clinica.



POLTRONIERI, Elisabetta. L'evidenza scientifica nella ricerca e nella professione. «AIB Notizie», 13 (2001), n. 3, p. 14-15.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2001-03-31 a cura di Franco Nasella
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n13/01-03poltronieri.htm

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