Una forte connotazione politica è rintracciabile anche nella discussione che è seguita alla notizia della entrata in vigore della nuova legge sull'editoria e sui prodotti editoriali, n. 62 del 7 marzo 2001 (consultabile all'indirizzo
http://www.senato.it/parlam/leggi/01062l.htm).
Questa legge ha destato grande interesse tra i bibliotecari, non solo perché può riguardare i siti Web delle biblioteche che diffondono informazioni con carattere di periodicità, ma soprattutto perché tocca il più generale problema della libertà di accesso all'informazione e alla cultura.
È evidente che si tratta di una legge controversa e di difficile interpretazione (e probabilmente di ancora più difficile applicazione), tanto da permettere letture "politiche" opposte degli stessi articoli di legge.
In particolare, il problema è se la norma preveda o meno l'obbligo di registrare presso il tribunale quei siti Web che diffondono contenuti di carattere informativo, e se sia previsto l'obbligo di nominare un giornalista come direttore responsabile.
Alcuni messaggi passati in AIB-CUR interpretano la legge nel senso che tale obbligo esiste solo nel caso in cui i gestori del sito vogliano accedere al trattamento economico agevolato riservato agli editori di giornali e periodici, offrendo quindi un'opportunità in più, ma non vincolando in nessun modo le testate elettroniche alla registrazione.
Altri, invece, propendono per un'interpretazione opposta, contestando con forza questa legge che definiscono censoria e liberticida, in quanto vincola non solo i siti per i quali si intende richiedere l'accesso al credito, ma anche tutti quelli che in qualche modo abbiano caratteristiche di pubblicazione periodica.
In definitiva sembra che, a parte il problema di una interpretazione "autentica" della legge, la questione che sta più a cuore ai bibliotecari, in quanto professionisti dell'informazione, riguarda l'esigenza di tutela della libertà di espressione e la necessità di stabilire dei criteri di qualità che garantiscano i diritti dei lettori.
Questo è tanto più importante nel momento in cui l'enorme sviluppo di Internet da una parte garantisce una più ampia circolazione delle idee e della conoscenza, ma dall'altra solleva con ancora maggiore enfasi il problema della qualità dell'informazione.
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La legge prevede che il prestito di CD e videocassette in biblioteca avvenga non prima di 18 mesi dalla data della loro uscita in commercio. Il problema per i bibliotecari è quello di individuare tale data, visto che spesso non compare in nessuna parte del documento, né sul bollino SIAE.
In genere, sul contenitore è indicato l'anno, e una soluzione - empirica ma efficace - può essere quella di calcolare i 18 mesi a partire dal dicembre dello stesso anno.
Naturalmente, se la data annotata sul registro cronologico di ingresso della biblioteca o quella di catalogazione sono anteriori, queste possono essere utilizzate come punto di riferimento, dato che è evidente che per essere stato ingressato o catalogato il documento doveva essere già in commercio.
Un messaggio propone che siano i bibliotecari a preparare e a tenere aggiornata una lista dei film e dei CD pubblicati, dove sia indicata la data di uscita, per garantire un trattamento uniforme e corretto agli utenti. Altri messaggi obiettano come non sia possibile (né peraltro sia giusto) che siano proprio i bibliotecari a porre rimedio a una norma inadeguata alle esigenze di un servizio pubblico.
In alternativa, vengono segnalate due azioni possibili per dare visibilità a questo problema che ha dirette conseguenze sul servizio offerto all'utente. La prima è quella di sommergere gli editori di richieste di chiarimento, in relazione alla data di pubblicazione, per ogni videocassetta e CD acquistati da ciascuna biblioteca; la seconda è quella di proseguire e incrementare l'attività di
lobbying dell'AIB, per migliorare l'attuale situazione legislativa e arrivare a una norma che, tutelando il diritto d'autore, tuteli anche il diritto all'informazione dei cittadini.
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È lecito chiedere all'utente della biblioteca di lasciare in deposito il suo documento per il tempo nel quale usufruisce di un servizio? La risposta, dal punto di vista giuridico, sembrerebbe negativa, anche se tale prassi è ampiamente consolidata nelle biblioteche italiane. Infatti, la consegna del documento ha la funzione di "ricordare" all'utente di restituire la chiave dell'armadietto dove è obbligatorio depositare i propri effetti personali, e soprattutto permette agli addetti della biblioteca di sapere chi c'è all'interno della biblioteca stessa, soprattutto all'orario di chiusura. L'opinione dei bibliotecari intervenuti nella discussione è che non ci sia nulla di male né di sconveniente, e tuttavia si richiede un chiarimento da parte di un esperto qualificato, magari da parte della stessa Associazione, per evitare comportamenti illeciti.
PONZANI, Vittorio.
Bibliothecarius politicus. «AIB Notizie», 13 (2001), n. 5, p. 16-17.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2001-06-03 a cura di Franco Nasella
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n13/01-05ponzani.htm