[AIB]AIB Notizie 5/2002
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Le nuove prospettive della comunicazione scientifica: il ruolo degli open archives

Intervista a Herbert Van de Sompel
a cura di Valentina Comba e Vittorio Ponzani

Herbert Van de Sompel, matematico di formazione, è uno dei maggiori esperti nel campo delle biblioteche digitali ed è uno dei promotori, insieme a Paul Ginsparg (creatore del primo server di pre-print presso il Los Alamos National Laboratory, chiamato "ArXiv.org"), dell'Open Archives Initiative (OAI), un progetto per favorire l'accesso agli archivi di pre-print disponibili gratuitamente in linea. L'OAI si propone in particolar modo di sviluppare gli standard necessari a garantire l'accesso alle risorse informative disponibili all'interno di sistemi gestionali diversi e quindi l'interoperabilità tra i sistemi stessi. Van de Sompel è inoltre il creatore di SFX, un prodotto sviluppato dall'Università di Ghent per favorire l'interconnessione tra collezioni di risorse informative eterogenee, attraverso lo standard openURL. Attualmente, dopo una breve permanenza alla British Library come Director of e-Strategy and Programmes, Van de Sompel ha da poco iniziato a lavorare come Digital Library Researcher presso il National Laboratory di Los Alamos.

In AIB-CUR, la lista di discussione dei bibliotecari italiani, sono recentemente circolati diversi messaggi relativi alla Budapest Open Access Initiative (BOAI). Sappiamo che Lei ne ha firmato il manifesto e vorremmo sapere cosa ne pensa.
È vero. Tuttavia, anche se sono uno dei firmatari del manifesto, questo non significa che io ne condivida in tutto e per tutto i contenuti. Per esempio non condivido completamente quello che Steven Harnad [docente di psicologia all'università di Southampton e uno dei promotori dell'iniziativa, n.d.r.] definisce self archiving, cioè la possibilità per i ricercatori di mettere in rete i propri lavori, in modo che siano accessibili da tutti liberamente, al fine di garantirne il maggiore impatto possibile all'interno della comunità scientifica. D'altra parte trovo particolarmente interessanti gli sforzi di Harnad per la creazione di nuove forme di editoria elettronica. In ogni caso ho deciso che fosse più costruttivo firmare, anche se non sono completamente d'accordo con il manifesto, piuttosto che non firmare, dando così l'idea che io non approvi l'iniziativa. In realtà apprezzo molto questo progetto. Sono necessarie moltissime di queste iniziative, come anche SPARC (The Scholarly Publishing and Academic Resources Coalition), che sta portando avanti un'intensa collaborazione tra le biblioteche e il mondo della ricerca, con lo scopo di trovare soluzioni innovative per una maggiore diffusione della letteratura scientifica, utilizzando le opportunità offerte dalle nuove tecnologie. C'è bisogno di nuove idee per elaborare un diverso sistema della comunicazione scientifica. Ecco perché ho firmato, nonostante non condivida ogni singolo punto del manifesto.

Quali sono gli aspetti più problematici del manifesto BOAI?
Come ho detto, ritengo non completamente fondata l'idea proposta da Harnad sul self archiving, cioè sulla possibilità che i ricercatori, invece che affidare la pubblicazione dei loro lavori agli editori commerciali, li depositino su server ad accesso libero. Ciò avrebbe indubbiamente dei grandi vantaggi, dal momento che consentirebbe a tutti l'accesso gratuito ai documenti, ma non cambierebbe in maniera sostanziale l'attuale sistema della comunicazione scientifica. La conseguenza più probabile di questa proposta è che gli editori sarebbero costretti a uscire dal circuito economico, perché tutto quello che oggi pubblicano sarebbe invece disponibile gratuitamente in linea. Personalmente non reputo questo scenario molto fondato, ma è comunque necessario lavorare per trovare nuove vie alternative all'attuale sistema di pubblicazione.

Quali sono le relazioni tra Budapest Open Access Initiative e Open Archives Initiative? Sembra che l'OAI sia il supporto tecnologico della BOAI, che invece svolge una funzione più "politica" e culturale.
Sì, direi proprio di sì. OAI è citata nel manifesto soprattutto per quanto riguarda l'interoperabilità del sistema. Tutte queste iniziative, quindi, sia quelle che riguardano il self archiving sia le nuove forme di pubblicazione, dovrebbero supportare queste specifiche tecniche al fine di facilitare la disseminazione dell'informazione scientifica. Ovviamente mi sembra interessante il fatto che la Fondazione Soros offra tanto denaro per questa iniziativa. C'è realmente bisogno di molto denaro per cambiare l'attuale sistema della comunicazione scientifica, quindi ben vengano tutti quegli interventi che sostengono (anche economicamente) questi progetti.

In molti messaggi circolati in AIB-CUR si legge una vena polemica rispetto al fatto che a sostenere questo tipo di iniziative sia un finanziere miliardario come Soros.
Effettivamente ho percepito anch'io queste preoccupazioni circa la Fondazione Soros, prima della pubblicazione del manifesto BOAI. In realtà è una cosa tipicamente americana il fatto che una fondazione privata offra contributi economici a favore di un'iniziativa come questa, basti pensare alla Mellon Foundation [una fondazione che sovvenziona molte istituzioni in ambito culturale e scientifico, ma anche della formazione e delle attività benefiche, n.d.r.], che sta finanziando attualmente molte proposte davvero interessanti negli Stati Uniti per quanto riguarda la diffusione della comunicazione scientifica, come JSTOR (Journal Storage), uno dei progetti di digitalizzazione più importanti degli ultimi anni. Penso che sia importante che Soros sia coinvolta in questo campo di attività; certamente dobbiamo osservare con attenzione e stare attenti a come agisce, ma non dobbiamo partire con pregiudizi negativi solo perché si tratta di un uomo che viene dal mondo della finanza. Le biblioteche possono fare cose importanti e ottenere grandi vantaggi con i tre milioni di dollari di questi finanziamenti. Non sappiamo esattamente quali siano gli scopi di Soros, ma si tratta di aspettare e vedremo...

Di fronte all'enorme quantità di informazioni che oggi è possibile reperire in rete, si pone con sempre maggior forza il tema della selezione e della qualità dell'informazione. In che modo si pone questo problema nell'ambito degli open archives?
La valutazione della qualità dell'informazione e la sua certificazione sono un argomento di grande importanza. Non esiste un vero sistema di comunicazione scientifica che possa prescindere dal problema della validazione dei lavori. Ma questo non significa che non possa esistere un sistema di scambio di informazioni non certificate. L'idea che sta alla base degli open archives è l'introduzione della competizione all'interno del sistema della comunicazione scientifica esistente. Vogliamo condividere più informazione scientifica possibile allo stato grezzo, pre-print, informazioni anche non certificate. In questo modo aumenterebbero gli incentivi economici per gli editori a creare servizi a valore aggiunto. Se tutte le pubblicazioni non certificate fossero disponibili in archivi aperti, chiunque potrebbe accedere a quelle informazioni, mentre i servizi ad alto valore aggiunto sarebbero a pagamento. Anche la certificazione è un valore aggiunto e non necessariamente deve riguardare un articolo pubblicato su una rivista, ma potrebbe riguardare ad esempio un pre-print. È fondamentale introdurre la competizione nel mercato della comunicazione scientifica, per favorirne una maggiore diffusione. Ma certamente la certificazione rimane un aspetto di enorme importanza. Spesso si sente dire, per esempio nel campo della fisica delle alte energie, che non c'è bisogno di certificazione, perché gli articoli sono scritti talvolta anche da un centinaio di autori insieme e quindi sono di per sé già soggette al peer review. Questo è vero in certe discipline e per una certa tipologia di utenti che si occupano della stessa disciplina, mentre in altri settori, oppure nel caso degli studenti che non sono degli esperti della materia, allora la certificazione è davvero importante per garantire che si tratta di articoli scientificamente autorevoli. Io penso che sia importante avere la possibilità di accedere a tutti i lavori scientifici, certificati o meno.

Un'ultima domanda: qual è il ruolo delle biblioteche e dei bibliotecari nel nuovo mondo dell'informazione digitale?
Se mi aveste fatto questa domanda tre o quattro anni fa avrei detto che il compito dei bibliotecari è quello di ottimizzare i servizi in ambiente digitale, rendere perfettamente integrate le diverse risorse informative, in modo da permettere agli utenti finali di ricercare all'interno delle diverse collezioni della biblioteca. Oggi, invece, rispondo che secondo me la priorità massima dovrebbe essere quella di fare qualcosa per cambiare il processo della comunicazione scientifica. È necessario provare a fare qualcosa in questa direzione, magari proprio all'interno della propria istituzione, per esempio raccogliendo in un archivio di pre-print la documentazione prodotta dai propri ricercatori e inserendola all'interno di un sistema ad accesso libero. Questo dovrebbe essere l'impegno per i prossimi due o tre anni. La ragione per fare questo è che, se guardiamo all'attuale processo di comunicazione scientifica, quello che vediamo è che esiste la catena dell'informazione che va dall'autore al lettore, passando per l'editore, i cosiddetti aggregatori e le biblioteche. Nella fase di input di questo processo, che prevede l'acquisizione delle informazioni, la biblioteca si trova in una situazione di debolezza, dal momento che non è effettivamente in grado di avere accesso a "tutte" le informazioni. Quello che cerchiamo di fare nelle nostre biblioteche quando creiamo un buon servizio informativo all'utente (output) è di tentare di ottimizzare l'output di un sistema che non ha un buon input. In mancanza della disponibilità di "tutte" le informazioni esistenti, possiamo dare degli ottimi servizi, ma solo relativi a quelle informazioni che sono disponibili e che possiamo acquisire. Occorre capovolgere questa prospettiva, mettendo la biblioteca all'origine della catena informativa come produttrice di informazioni: in questo modo abbiamo la disponibilità di tutte le informazioni ed è quindi possibile organizzare un servizio di grande utilità per gli utenti. Questo dovrebbe essere lo sforzo delle biblioteche per i prossimi due anni.

valentina.comba@unito.it
ponzani@aib.it


Le nuove prospettive della comunicazione scientifica: il ruolo degli open archives. Intervista a Herbert Van de Sompel a cura di Valentina Comba e Vittorio Ponzani. «AIB Notizie», 14 (2002), n. 5, p. 8-9.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2002-05-25 a cura di Franco Nasella
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n14/02-05sompel.htm

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