[AIB]AIB Notizie 8/2002
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Un manifesto deludente

Riccardo Ridi

Dispiace dirlo, ma il Manifesto IFLA per Internet (https://www.aib.it/aib/cen/ifla/manifinternet.htm) è una delusione. Approvato e proclamato fra il marzo e il maggio del 2002, quando ormai Internet non può più essere considerata una novità per la maggior parte del pianeta, il Manifesto è ambiguo e reticente su troppi punti cruciali.

A oltre dieci anni dall'invenzione del World Wide Web (che di Internet è stato il coronamento e il fattore di massima diffusione) ci si poteva aspettare dall'IFLA una posizione "tradizionalista" e di consolidamento, nel segno della continuità (Internet è una risorsa informativa come tutte le altre, da utilizzare esattamente come tutte le altre nei servizi di biblioteca, e a rigore non ci sarebbe neppure bisogno di uno specifico Manifesto per dirlo) oppure una posizione "avanguardista" e di rottura, nel segno della discontinuità (Internet è qualcosa di radicalmente diverso dalle risorse informative fin qui trattate in biblioteca e ci vuole un Manifesto per spiegare in cosa tale differenza consista e quali conseguenze essa abbia nei vari servizi).

Purtroppo il testo proclamato dall'IFLA non imbocca nè l'una nè l'altra strada con decisione, resta ambiguo quando entra nello specifico e, quando invece fornisce principi generali, ripete solo cose già dette in altri documenti ufficiali.

Le premesse da cui il Manifesto prende le mosse sono già tutte contenute nella Dichiarazione sulle biblioteche e sulla libertà intellettuale approvata dall'IFLA nel 1999 (https://www.aib.it/aib/editoria/n11/99-05dichia.htm) e nel Manifesto Unesco per le biblioteche pubbliche del 1994 (https://www.aib.it/aib/commiss/cnbp/unesco.htm). Esse possono, sostanzialmente, ridursi a due fondamentali principi: da una parte il diritto di ogni essere umano di poter esprimere il proprio pensiero e di poter accedere alle espressioni del pensiero altrui, dall'altra il compito assegnato alle biblioteche di costituire uno strumento fondamentale per garantire a chiunque - senza alcun tipo di discriminazione - tale duplice diritto, così come l'accesso, più in generale, a ogni sorta di informazione pubblica.

Quasi metà del Manifesto è utilizzata per ribadire questi concetti e altri loro corollari di validità generale, indipendentemente dal tipo di risorsa informativa coinvolta. Dal restante, limitato, spazio, ci si aspetterebbe qualche lume su quelle che sono le principali questioni attualmente in discussione rispetto al rapporto fra biblioteche e Internet, ovvero:

Il concetto di "risorsa Internet", la cui esatta definizione (per nulla pacifica, del resto) dovrebbe essere preliminare al chiarimento delle cinque questioni, viene lasciato nel vago dal Manifesto. In certi punti si parla genericamente di «accesso a Internet» e di «risorse disponibili su Internet», attribuendo alle biblioteche un altrettanto generico ruolo di «essential gateways to the Internet» che lascerebbe intendere una apertura a ogni genere di risorsa, anche non documentaria. Altrove, invece, si attribuisce alle biblioteche il compito di promuovere e agevolare l'accesso alla «networked information», al fine di garantire a tutti «uguale accesso all'informazione», restringendo, più tradizionalmente, al solo ambito informativo la competenza bibliotecaria rispetto a Internet. Complessivamente, suffragati anche dall'assenza di esempi o definizioni esplicite, si ha l'impressione che il Manifesto non abbia messo a fuoco la distinzione su cui si basa la questione 1 e la lasci quindi sostanzialmente indecisa.

Una certa indecisione, sebbene meno marcata, emerge anche rispetto alla questione 2 che pure, visti i preliminari sulla libertà intellettuale, avrebbe dovuto essere particolarmente centrale per il Manifesto. L'accesso a Internet deve essere "libero" (molto espressivo il termine inglese unhindered con cui si apre il Manifesto) e «coerente con la Dichiarazione universale dei diritti umani» e, inversamente, grazie a Internet «tutti possono rendere accessibili al mondo i propri interessi, le proprie conoscenze e la propria cultura». Da queste premesse è naturale concludere che l¹accesso a Internet «non dovrebbe essere sottoposto ad alcuna forma di censura ideologica, politica o religiosa».

Potrebbe essere sufficiente fermarsi qui e il messaggio sarebbe netto e chiaro nella sua radicalità. Invece il Manifesto prosegue, ricordando una ovvietà che non si era sentito il bisogno di rammentare finché si parlava genericamente di accesso alle fonti informative, ovvero che «oltre alle tante risorse valide disponibili tramite Internet, ve ne sono di inesatte, fuorvianti e potenzialmente offensive». Bene, così va il mondo, e allora? Il Manifesto a questo punto conclude che i bibliotecari «dovrebbero promuovere attivamente e agevolare un accesso responsabile a informazioni di qualità per tutti i loro utenti, compresi i bambini e i giovani». Ma cosa significa «accesso responsabile»? Che il bibliotecario deve insegnare come trovare e valutare le informazioni in Internet ma è poi l'utente che decide autonomamente quali documenti leggere e quanto credito attribuirvi, oppure si tratta di una subliminale, surrettizia, microscopica apertura verso i filtri, i controlli, le liste di siti "buoni" e "cattivi" e, in una parola, la censura?

E quel riferimento, proprio alla fine, ai bambini e ai giovani, come va inteso? E' solo un esempio di una tipologia di utenti fra le tante (se non devo censurare alcun sito ad alcun utente, ciò è banalmente vero anche per gli utenti bambini e per gli utenti giovani) oppure ventilando proprio questo esempio si vuole suggerire (ma senza dirlo esplicitamente) che per bambini e giovani l'accesso deve essere ancora più "responsabile", qualunque significato si voglia dare a tale termine?

Ma forse si tratta di sospetti eccessivi. In fondo il Manifesto si conclude incoraggiando «tutti i governi a sostenere il libero flusso dell¹informazione accessibile tramite Internet nelle biblioteche e nei servizi informativi e a opporsi a qualsiasi tentativo di censurare o inibire l'accesso», senza accennare a eccezioni di alcun tipo, né per tipologie di utenti né per tipologie di documenti.

Per quanto riguarda la questione 3, i passi cruciali sono questi: «Le biblioteche e i servizi informativi rappresentano dei punti di accesso fondamentali a Internet. Alcuni vi trovano comodità, orientamento e assistenza, mentre per altri costituiscono gli unici punti di accesso disponibili. Le biblioteche e i servizi informativi forniscono un meccanismo capace di superare le barriere create dal divario di risorse, di tecnologie e di formazione. [... ] Bisogna aiutare gli utenti mettendo a loro disposizione le competenze necessarie e ambienti adeguati, dove possano utilizzare liberamente e con fiducia le risorse e i servizi prescelti [... ]. I bibliotecari dovrebbero fornire informazioni e risorse che aiutino gli utenti a imparare a utilizzare Internet e l¹informazione elettronica in modo efficace ed efficiente».

Su questo punto la posizione del Manifesto appare leggermente più decisa. La si può condividere o meno (io, personalmente, non la approvo, reputando l'alfabetizzazione informatica un preciso dovere di altre istituzioni a carattere prevalentemente educativo, dalle scuole alle università passando per la formazione permanente degli adulti) ma pare che il Manifesto assegni alle biblioteche (senza neanche citare altri enti che potrebbero collaborare) l'impegnativo compito di colmare i divari formativi relativi alla capacità di utilizzare non solo Internet nel suo complesso, ma anche l'ancora più ampio insieme dell'informazione elettronica. Dico "pare" perchè, invece di affermare esplicitamente che i bibliotecari dovrebbero insegnare a usare Internet e l'informazione elettronica, si preferisce dire che essi «dovrebbero fornire informazioni e risorse che aiutino gli utenti a imparare», lasciando uno spiraglio all'interpretazione, ben più ragionevole, della biblioteca come supporto e non come sostituto della formazione scolastica.

Le questioni 4 e 5, infine, non vengono neppure sfiorate nel Manifesto dall'IFLA, che pure alla conservazione aveva dedicato alcune frasi già nella sua Dichiarazione sulle biblioteche e sulla libertà intellettuale e che della catalogazione si occupa autorevolmente e massicciamente.

Il Manifesto, quindi, risulta complessivamente incompleto, non affrontando o lasciando irrisolte le questioni più "calde". Laddove, invece, si esprime con chiarezza, dice cose già note o discutibili. Spero che lo si possa considerare una "beta version" da collaudare attraverso il dibattito e la pratica professionale, in modo da permettere all'IFLA di emanarne presto una versione più soddisfacente.

Nel frattempo può servire per ribadire e consacrare alcuni punti fermi che dovrebbero essere già patrimonio acquisito di tutte le biblioteche e soprattutto di tutte le relative amministrazioni, ma che di questi tempi può capitare di dover difendere strenuamente. Internet è uno strumento fondamentale per raggiungere gli altrettanto fondamentali obiettivi della libertà di espressione e del libero accesso alle informazioni, quindi le biblioteche devono fare di tutto per permetterne ai propri utenti l'accesso in modo gratuito, assistito e informato, senza discriminazioni o censure di alcun tipo.

ridi@aib.it


RIDI, Riccardo.Un manifesto deludente.«AIB Notizie», 14 (2002), n. 8, p. 3-4.
English translation available at <https://www.aib.it/aib/editoria/n14/02-08ridi-e.htm>
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a cura di Franco Nasella Ultimo aggiornamento 2010-03-02
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n14/02-08ridi.htm

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