[AIB]AIB Notizie 9/2002
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La libera professione negli archivi

Piera Colarusso

"La libera professione negli archivi" è stato il tema del seminario organizzato dall’Associazione nazionale archivisti italiani (ANAI) che si è svolto il 7 giugno a Roma, presso l’Archivio centrale dello Stato. L'incontro ha visto la partecipazione interessata e appassionata di archivisti provenienti da varie parti d'Italia e la scrivente vi è intervenuta quale rappresentante del settore privato dell'AIB-Osservatorio Lavoro, seguendo e partecipando all'analisi fatta dai vari relatori sulla libera professione negli archivi, portando il saluto dell'AIB.
Fra i primi argomenti toccati la definizione della figura del "libero professionista": un notevole contributo è pervenuto da Lucia Nardi che ha presentato il censimento dei liberi professionisti attivi presso le Soprintendenze archivistiche, interessante lavoro di indagine che ne ha evidenziato la provenienza, la formazione, le attività professionali e in quali forme contrattuali queste si realizzano.
Il ricorso al libero professionista, iniziato negli anni Ottanta, si è consolidato nel tempo per una serie di ragioni: l'evoluzione tecnologica, il fermo delle assunzioni, la possibilità di portare avanti grossi progetti. L'attribuzione avviene in genere attingendo alle liste presso le Soprintendenze archivistiche; il tipo di rapporto si configura, per lo più direttamente, nella collaborazione occasionale (quasi nel 50% dei contratti) e nella collaborazione coordinata e continuativa (20% circa).
In alcune Soprintendenze viene richiesta la partita IVA, che però si
rivela troppo onerosa per i livelli di retribuzione che, in alcuni casi a parità di ore e prestazione, non deve superare quella di uno stipendio medio di un lavoratore dipendente. Le esperienze dei protagonisti di varie regioni (Piemonte, Campania, Puglia, Lazio ecc.) hanno poi evidenziato grande disparità di trattamenti, mentre nei progetti a livello nazionale si giunge necessariamente alla omogeneizzazione delle tariffe.
Risulta evidente la scarsa tutela del "libero professionista": difatti molti degli interventi hanno auspicato il riconoscimento professionale, chiedendo tra l'altro che l'ANAI si faccia carico anche di azioni finalizzate a una maggiore visibilità della professione.
Questo, in estrema sintesi, il contenuto delle relazioni. Il dibattito che ne è seguito ha continuato a incentrarsi sul libero professionista: alcuni chiedevano chi può fregiarsi di tale qualifica, altri ritenevano discriminante l'uso della partita IVA. È risultato chiaro che gli archivisti, come i bibliotecari d'altronde, si dibattono nella ricerca del riconoscimento giuridico della "professione che non c'è" da cui derivano la mancanza di tutela della dignità della professione stessa, l'assenza di norme e di omogeneità nell'attribuzione degli incarichi, la diversità di trattamento economico fra le varie regioni e l'accusa di sfruttamento che è risuonata più di una volta anche da parte di soprintendenti. Molto interessante è stato l'auspicio da parte del direttivo ANAI di continuare e intensificare la collaborazione con la nostra Associazione e le altre operanti nell'ambito culturale per cercare di rendersi più visibili e quindi di raggiungere l'obiettivo del riconoscimento.
In tale ottica, su incarico del CEN, in rappresentanza dell'OL-AIB ho partecipato da uditore alla preparazione di una trattativa con il Ministero per i beni e le attività culturali, avviata da CGIL/NidiL (Nuove Identità di Lavoro, che si occupa di professioni non riconosciute) con la partecipazione di ANASTAR (Associazione storici dell’arte), ANAI, FEDERPIBC (Associazione Archeologi), su "La professione nei beni culturali", prima delle elezioni del 2001, il resto... è storia: il governo in carica ha sospeso tutte le azioni avviate da chi lo ha preceduto, e noi siamo ancora in attesa. Infine, una piccola chiosa a titolo strettamente personale: si rileva come all'interno dell'ANAI si parli da tempo di "libera professione" e quello svolto è, salvo errori, il terzo incontro che negli ultimi anni ha avuto per oggetto tale tema, con la partecipazione non solo dei soggetti interessati, ma dei rappresentanti ai più alti livelli dell'amministrazione archivistica, come anche dell’Osservatorio lavoro dell’AIB. All'interno dell'AIB e del mondo bibliotecario nazionale, invece, i bibliotecari che agiscono senza vincoli di dipendenza in biblioteche pubbliche o private, sono sempre definiti col termine di "operatori privati", mai "liberi professionisti". Senza alcun intento polemico, si avverte l'utilità di una riflessione a tale riguardo.

pieracolarusso@libero.it

COLARUSSO, Piera. La libera professione negli archivi. «AIB Notizie», 14 (2002), n. 9, p. 17.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2002-09-11 a cura di Franco Nasella
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n14/02-09colarusso.htm

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