[AIB]AIB Notizie 10-11/2002
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Sendai Mediateque: Hyperarchitecture

Daniele Mancini


È ormai sceso il sipario sull’epoca in cui Museo, Biblioteca e Teatro – in quanto specifiche tipologie architettoniche – potevano celebrare orgogliosamente il proprio ruolo di punti di riferimento culturali. I dipinti appesi alle pareti e i libri stampati su carta non occupano più una posizione di totale privilegio. I media elettronici li hanno trasformati in oggetti che si misurano per il loro valore relativo e non più come assoluti. In futuro, quadri, libri e film saranno considerati al pari dei media elettronici, quali i compact disc o i videotape, senza discriminazioni gerarchiche. La gente userà gli uni e gli altri in modo complementare: di più, la possibilità di fruire dei dipinti e dei libri attraverso i media elettronici finirà per distruggere la forma tradizionale del museo e della biblioteca. Queste strutture saranno fuse in un unico e solo tipo di edificio. Verranno tutti ricostruiti in una forma nuova – la mediateca – la quale sarà come un emporio aperto fino a tardi con tutti i tipi di media esposti gli uni insieme agli altri. Questa nuova forma di edificio di uso pubblico non sarà una presenza simbolica o virtuale, isolata al margine di una piazza deserta, staccata dalla vita della città: dovrà essere invece situata in prossimità di una stazione ferroviaria, per esempio, e restare aperta fino a mezzanotte, sette giorni su sette, pronta a servire il pubblico in ogni momento della vita quotidiana. Negli anni Sessanta Marshall McLuhan disse che «l’abito e il tetto sono un prolungamento della nostra pelle». Fin dall’antichità l’architettura è servita come mezzo per consentire all’uomo di adattarsi all’ambiente naturale: oggi è un prolungamento della pelle non solo rispetto al mondo della natura, ma anche a quello artificiale della città, dove l’architettura agisce come “abito” per i media. Quando è avvolto in quell’abito meccanico che si chiama automobile, l’uomo fa l’esperienza dell’espansione del proprio corpo fisico. E parimenti si può dire che chi indossa un abito “mediatico” faccia l’esperienza dell’espansione del cervello. L’architettura come abito mediatico può essere definita un cervello “esteriorizzato”. Nel vortice creato dal sovraccarico di informazioni che minaccia di travolgerci tutti, l’individuo ha la libertà di navigare fra di esse per controllare e orientarsi nel mondo esterno. Ma anziché rivolgersi al mondo esterno protetto dall’armatura di un abito rigido come un guscio, oggi può indossare un abito mediatico leggero e duttile, che è l’incarnazione del vortice informatico. L’uomo avvolto in un abito di questo genere è il Tarzan della giugla dei media.

Toyo Ito, Tarzan in the media forest, «2G», 1997, n. 2, tradotto in italiano e presentato in Tarzan nella giugla dei media, «Domus», n. 835, marzo 2001, p. 36-59.


La Mediateca di Sendai, è stato l’edificio più significativo e più atteso di fine millennio. Ha traghettato, in un certo senso, l’architettura nel ventunesimo secolo, e retroattivamente, come ogni manifesto che si rispetti, ha gettato nuove luci sul passato e aperto orizzonti vastissimi nel futuro, ponendo questioni e domande sul rapporto tra l’architettura, i media elettronici, le nuove tecnologie, la natura, la società.
Per cinque anni, a partire dal 1995, quando iniziarono a circolare i primi elaborati di concorso, le maggiori testate internazionali d’architettura, si sono contese il primato della sua prima pubblicazione, creando un clima d’attesa irresistibile, esattamente com’era avvenuto per il Guggenheim Museum di Bilbao. E ha trovato consacrazione ufficiale in NEXT, l’attuale mostra internazionale di architettura, alla Biennale di Venezia.
La Mediateca di Sendai rappresenta una sorta di summa del lavoro dell’architetto giapponese Toyo Ito, uno dei pochi architetti che oltre a realizzare i propri progetti, si prodiga in un’attività pubblicistica estremamente prolifica e suggestiva. E quindi l’attesa spasmodica è stata alimentata non solo dal desiderio di vedere realizzata una istituzione sicuramente importante per i suoi interessanti contenuti, ma soprattutto per verificare in quale misura le posizioni teoriche di Ito, trovassero riscontro – conferma o controprova – nell’architettura costruita.
L’edificio, che sorge nella cittadina di provincia di Sendai, a nord di Tokyo, si trova al centro della scacchiera urbana, ed è rivolto su uno dei viali alberati principali, nella zona dove sono localizzati altri importanti edifici pubblici.
È costituito da un prisma trasparente di 50 x 50 x 37 metri, e sette piani di diversa altezza, ognuno dei quali ospita una diversa attività culturale. I piani sono sostenuti da un sistema di tralicci leggeri in acciaio, all’interno dei quali scorrono flussi luminosi, calore, umidità, i dati delle reti informative e i collegamenti di mobilità verticale. Il prospetto principale è totalmente trasparente, ed è rivolto a sud, mentre gli altri presentano diverse textures opacizzanti.
Oltre alla mediateca vera e propria – dotata di un’infinita serie di dispositivi all’avanguardia per accedere a un esteso patrimonio di sapere digitalizzato (CD e DVD) – nell’edificio si trovano: una biblioteca tradizionale, una biblioteca per bambini, un cinema, diverse postazioni di navigazione Internet e due grandi spazi espositivi.


Hyperarchitettura: immaterialità / trasparenza / leggerezza / fluidità

Trovarsi davanti a una vasca gigantesca all’acquario vuol dire provare la sensazione curiosa di essere contemporaneamente in due posti. Con una sola parete trasparente intermedia, “qui”, da questa parte, sta la terraferma circondata d’aria, mentre “là”, dall’altra parte, si apre un mondo acquatico. […] La mia immagine iniziale per un progetto attualmente in costruzione (la Mediateca di Sendai) era una scena acquatica. Un cubo trasparente, situato in pieno centro della città, si affaccia su un viale fiancheggiato da grandi cedri bellissimi e s’innalza per sette piani da una pianta quadrata con lati di cinquanta metri. Sette solai sottili sono retti da tredici strutture tubolari. Ogni elemento è un tubo irregolare e non geometrico e assomiglia alla radice di un albero che cresce in spessore verso l’alto.[…] Nel margine accanto ai miei primi schizzi degli elementi tubolari avevo scritto: Colonne come alghe. Avevo immaginato dei tubi morbidi che ondeggiavano lentamente sott’acqua, dei tubi di gomma riempiti di fluidi
.
Toyo Ito, Three Trasparences, in Nuno Nuno Books: Suke Suke, Tokyo, 1997, p. 19-23 (traduzione dal giapponese in inglese di A. Birnbaum).

Ripercorrere anche sinteticamente le tappe dell’evoluzione del linguaggio di Ito significa imbattersi in questioni critiche che coinvolgono le vicende dell’architettura degli ultimi trenta anni. Le sue installazioni sono tutte architetture effimere che rifuggono qualsiasi calligrafismo architettonico, ma che rappresentano i punti fermi dell’attuale dibattito sul rapporto tra architettura e media elettronici. In particolare indagano il tema delle membrane sensibili sulla scorta del pensiero di McLuhan sull’“abito mediale”, il tema della dialettica tra corpo e contenitore, il tema dell’abitare nell’era contemporanea ed infine il tema dei flussi, delle interrelazioni, dei valori immateriali.
La Mediateca di Sendai, in un modo o nell’altro, risulta una impressionante sintesi di tutto questo: è un grande cubo trasparente, all’interno del quale “galleggiano” sette piani di diversa altezza e con diverse destinazioni, sostenuti da una foresta di sette “alghe fluttuanti” che sono al tempo stesso elemento strutturale, cavedi per ascensori e scale di sicurezza, alloggiamenti per impianti elettrici e di condizionamento dell’aria, percorsi per il cablaggio telematico, ovvero canalizzatori di flussi immateriali.
Per Ito dunque, metafora dei paradigmi della società dei media elettronici, è l’architettura che si veste di una pelle trasparente, di una dimensione tattile e percettiva, e si smaterializza in una vibrazione di stratificazioni ordinate, senza nessun compromesso “plastico”.
In effetti, l’articolazione spaziale della mediateca è ridotta all’essenziale: i piani sono lasciati liberi fino a luci di 20 metri, e l’unica “intrusione” è rappresentata dai pilastri a forma di tralicci.
La Mediateca di Sendai è stata più volte paragonata al Centre Pompidou di Parigi, e non a caso: trent’anni fa anche Piano e Rogers affrontarono i temi della leggerezza e il rapporto tra l’architettura e i media – sicuramente in un contesto molto più all’avanguardia in confronto! –, proponendo persino un grande schermo mediatico sulla facciata che poi venne eliminato in fase di realizzazione. Inoltre, riuscirono a produrre un impianto planimetrico di 150 x 50 metri, con luci totalmente libere, esibendo tutta la struttura in facciata.
Durante la presentazione della mostra retrospettiva alla Basilica Palladiana nel 2001, a Ito venne chiesto che rapporto ci fosse tra la sua architettura, la sua idea di leggerezza e l’architettura di Renzo Piano: Ito rispose che, nonostante avesse cercato di esplorarla in tutte le sue architetture, Piano sicuramente ne aveva assaporato di più l’essenza, poiché in lui era più forte il senso etico della leggerezza.


Strategia funzionale / design di interni
Il programma funzionale elaborato nel 1994 inizialmente prevedeva la realizzazione di un edificio multifunzionale che comprendesse una biblioteca, una galleria espositiva e un visual-media-centre, dove poter installare speciali dispositivi per coloro che avessero ridotte capacità percettive sia in termini visivi che uditivi. In seguito l’idea venne sviluppata e l’edificio fu inteso come mediateca vera e propria, ovvero uno spazio in cui l’informazione viene liberata dal medium e messa a disposizione senza nessun preconcetto gerarchico.
Le funzioni principali sono ospitate separatamente nei sette livelli a pianta libera dell’edificio. Ogni piano è un microcosmo urbano assolutamente ricco e diversificato sia nell’impianto planimetrico sia nelle forme, nei colori e nei materiali. Questo effetto di stratificazione si percepisce chiaramente dalla facciata principale che è completamente trasparente.
In realtà, sulla base neutra dei plan libres privi di vincoli formali e totalmente adattabili a qualsiasi esigenza funzionale – predisposti da Ito –, gli interni sono stati progettati e concepiti come installazioni effimere, in cui le trasparenze e le opacità degli elementi (pareti divisorie in vetro smerigliato, pannelli mobili e teli traslucidi), connettono in una fitta rete percettiva i vari ambiti spaziali. La connessione tra un piano e l’altro invece, si realizza unicamente attraverso le colonne a traliccio, inconsistenti, nella dimensione smaterializzata dei flussi informativi e luminosi.
A progettare gli interni, sono stati chiamati diversi designer di fama internazionale che hanno declinato lo spazio, ognuno secondo la propria sensibilità.
L’ingresso della mediateca è localizzato in posizione decentrata, sul fronte principale che dà sul viale alberato Jozenji-Dori. Il piano terra ospita la hall di ingresso – concepita inizialmente come una piazza coperta concava, priva di chiusure perimetrali – uno spazio informativo, la caffetteria e un’ampia libreria d’arte. L’atrio centrale è provvisto di un grande schermo e può essere diviso in spazi più piccoli attraverso pannelli scorrevoli. Per non snaturare completamente l’idea iniziale della permeabilità tra esterno e interno, una parte dell’infisso frontale è su sopporti mobili, per poter essere completamente aperto sulla via principale, e il soffitto è stato mantenuto alto sopra la testa del visitatore, a 6,8 metri. Karim Rashid ha realizzato i mobili di questo piano: quelli variopinti della caffetteria e quelli in fibra di vetro, uno rosso e l’altro verde dalle forme organiche, che si riflettono sul marmo bianco del pavimento.
Il primo piano ospita, per la maggior parte dello spazio, l’arredo per la biblioteca dei bambini che fa parte della Sendai Shimin Library. Kazuyo Sejima ha disegnato sia le sedute sagomate in gomma nera, disposte liberamente nella sala, sia i tavoli bianchi ad anello. Inoltre questo spazio è dotato di teli bianchi ritraibili a tutta altezza, traslucidi, che non compromettono la percezione dell’open space.
Al secondo e al terzo piano è localizzata la Sendai Shimin Library, dotata di circa 110.000 libri su scaffali a presa diretta per una superficie di 2500 mq e di 300.000 libri conservati nelle scaffalature del secondo livello interrato. Lo spazio è a doppia altezza (5,1 metri) con un ballatoio che ospita uno sala di lettura isolata dalle scaffalature centrali. Intorno alle colonne sono organizzate isole di lettura su piani continui che ricevono dall’alto la luce indiretta del sole. La progettazione degli arredi è stata affidata a KT Architecture (Yoshiaki Tezuka, Hirono Koike).
Il quarto e il quinto piano ospitano una galleria espositiva flessibile. Mentre al quarto piano lo spazio è diviso in più stanze da pannelli in parte mobili, il quinto piano è un vero e proprio open space, senza divisori, adattabile a qualsiasi installazione. Anche le sedute della galleria d’arte sono state progettate da Karim Rashid.
La mediateca vera e propria si trova al sesto piano che, avendo pareti perimetrali completamente trasparenti su tutti e quattro i lati, si configura come un vero e proprio belvedere sulla città. Ross Lovegrove ha delimitato il volume centrale che ospita un cinema da 180 posti, con una parete curvilinea in vetro traslucido a tutta altezza, e ha progettato le isole multimediali con tavoli curvi che offrono ai visitatori un piano di appoggio per consultare la biblioteca di DVD.


Concezione strutturale e impianti

Cercare nel modo più assoluto di esprimere la purezza di questi tre elementi: le lastre piatte, i pilastri a forma di alga, lo schermo della facciata. Va fatto un approfondito studio delle caratteristiche strutturali di ogni elemento, lo sforzo va concentrato per semplificare il tutto. Vorrei lasciare vuoto tutto il resto. / Per lo schermo della facciata, solo strisce laterali in pellicola di materiale trasparente o semitrasparente. / Lastre sottili, piatte. Altezze tra i piani irregolari. / fuori-(gradazione)-dentro. Dentro le colonne si passa dal vuoto esterno al solido interno / cuore, tubazioni, ascensori, etc. etc. / Intrecciare dei tubi di acciaio oppure praticare dei fori a lastre di ferro?

Toyo Ito, schizzo destinato allo strutturista Maturo Sasaki, da «Casabella», n. 684-685

Nel 1997, Mutsuko Sasaki tenne una conferenza al Centre Pompidou per spiegare la concezione strutturale della mediateca. Raccontò di aver avuto da Toyo Ito uno schizzo quando iniziò a lavorare al progetto: «Sembrava fuori dalla realtà, con tutti quei tubi irregolari che sostenevano sottili piattaforme fluttuanti come alghe marine. Comunque questa immagine così poetica mi colpì profondamente e stimolò la mia fantasia».
Ancora una volta ricorre emblematicamente il confronto con il Centre Pompidou, la cui struttura trent’anni prima era stata «creativamente inventata» da Peter Rice, un ingegnere d’eccezione che, in quell’occasione, predispose un complicato ma efficiente organismo strutturale a vista per avere luci libere interne fino a 50 metri.
L’edificio di Sendai è composto di 13 colonne indipendenti nella forma di tralicci in acciaio rinforzato, e 7 solai a piastra con interpiani di diversa altezza. La struttura basamentale in cemento armato è dotata di un meccanismo strutturale che permette di assorbire l’energia dei sismi.
Le colonne reticolari sono state concepite a forma di paraboloide iperbolico, sottoponendo un cilindro prima a torsione poi a una deformazione per oscillazione. Questo accorgimento ha consentito un risparmio nell’impiego del materiale resistente (tubi di acciaio rinforzati con cemento iniettato all’interno) e una maggiore resistenza ai carichi di punta (stabilità). Inoltre, le quattro colonne, con diametro di 9 metri, sono state disposte agli angoli dell’edificio per resistere alle spinte orizzontali dei frequenti terremoti. I solai a sandwich (griglie di travi coperte da piastre in acciaio sopra e sotto) risultano estremamente leggeri e non superano lo spessore di 40 centimetri, nonostante i 20 metri di luce libera. Tutte le sollecitazioni telluriche vengono concentrate e smorzate nel basamento, che può traslare sino a 100 millimetri. Le colonne reticolari sono persino dotate di una testa arrotondata per ruotare e rendere meno rigida la struttura. Infine, le travi alla base delle colonne sono state calcolate per cedere subito solo in caso di forti scosse e permettere alle colonne di ruotare e al piano terreno di traslare. Ogni componente della struttura è stato prefabbricato per consentire una maggiore precisione di esecuzione e poi verificato prima di essere montato in situ.
Livelli adeguati di illuminazione naturale schermata vengono soddisfatti grazie alla presenza di pozzi di luce all’interno dei tralicci: infatti, dispositivi sul tetto riflettono la luce del sole verso il basso, all’interno degli ambienti. Alla stessa maniera, anche l’impianto elettrico, il cablaggio a fibre ottiche, gli ascensori e le scale di emergenza, che in sostanza sono supporti diversi per differenti tipi di “flussi”, sono alloggiati all’interno della struttura a traliccio.
Per quanto riguarda l’impianto di climatizzazione, la facciata sud è realizzata in vetro doppio, per ridurre i costi di condizionamento. La ventilazione estiva avviene grazie ad aperture praticate alla sommità della facciata a “doppia pelle”. D’inverno, invece, le aperture vengono chiuse creando un piano di insolazione che riscalda l’aria da immettere in circolo all’interno della mediateca.

d.mancini@galactica.it



Sendai Mediatheque Office
2-1, kasuga-cho, aoba-ku, sendai-shi, miyagi-ken
zip-code:980-0821
tel:+81-22-713-3171
fax:+81-22-713-4482
e-mail: office@smt.city.sendai.jp

Sendai Shimin Library
http://lib-www.smt.city.sendai.jp/

Toyo Ito & Associates Web Page
http://www.c-channel.com/c00088/

Toyo Ito & Associates e-mail
mayumi@toyo-ito.co.jp

Sul Web
Mostra alla Basilica Palladiana Vicenza, settembre 2001
http://www.bta.it/txt/a0/02/bta00289.html

Intervista a Toyo Ito
http://www.designboom.com/eng/interview/ito.html

Sendai Mediateque Official Web Page
http://www.smt.city.sendai.jp/en/


DATASHEET

Denominazione: Sendai Mediatheque
Luogo: Miyagi-ken, Sendai, Giappone
Studio di progettazione: Toyo Ito & Associates
Progettazione: giugno 1995 - marzo 1997
Realizzazione: dicembre 1997 – agosto 2000
Inaugurazione: 26 gennaio 2001
Area del sito: 3.948,72 mq
Area dell'edificio: 2.933,12 mq
Superficie totale calpestabile: 21.682,15 mq
Altezza massima: 36,49 m
Dimensioni: 2 piani sotto terra + 7 piani fuori terra + tetto terrazza
Struttura: tubi d’acciaio intrecciati parzialmente rinforzati con cemento
Costo di realizzazione: 13 miliardi di yen
Fotografie © Hiro Sakaguchi, Sergio Paolantonio, Stefano Mirti


Riferimenti bibliografici

Toyo Ito: le opere i progetti gli scritti. In: Documenti di architettura, a cura di A. Maffei. Milano: Electa, 2001.

Toyo Ito. Allestimento alla Basilica Palladiana. «Casabella», n. 694, 2001, p. 4-9.

A. Maffei. La Mediateca di Sendai: un organismo scomposto. «Casabella», n. 684-685, 2000, p. 144-165.

Toyo Ito. Blurring architecture. In: Toyo Ito: blurring architecture. Milano: Charta, 1999.

L.P. Puglisi. Hyperarchitecture: apazi nell'età dell'elettronica. Torino: Testo & Immagine, 1998.

MANCINI, Daniele. Sendai mediateque: hyperarchitecture. «AIB Notizie», 14 (2002), n. 10-11, p. 9-14.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2002-24-12 a cura di Franco Nasella
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n14/02-10mancini.htm

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