[AIB]AIB Notizie 02/2004
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La magna carta delle biblioteche pubbliche degli enti locali

Dario D'Alessandro

Una nostra socia, recentemente investita di un’importante carica istituzionale all’interno dell’AIB, tempo fa aveva sollevato il problema del lavoro di chi opera nelle biblioteche monoposto in una terra di confine del nord-est italiano sottolineando quanto questi nostri colleghi vivano una situazione di trincea, tra l’isolamento fisico e l’isolamento professionale.
Quella testimonianza non rimase fine a sé stessa, ma fu seguita da un interessante dibattito sullo stato di quei tanti bibliotecari degli enti locali che da un lato nel loro ente costituiscono una rara avis e dall’altro operano in assoluta solitudine confortati nel proprio lavoro unicamente dal riscontro quotidiano con i propri utenti.
Riflettevo sulla condizione professionale border line di questi nostri colleghi e a loro pensavo quando, chiamato a far parte del gruppo di lavoro ANCI-UPI-Regioni per la redazione delle Linee di politica bibliotecaria per le autonomie, con gli atri componenti del gruppo affrontavo i vari passaggi della costruzione di quella che oggi costituisce, a buon diritto, la piattaforma di lavoro (enfatizzando mi verrebbe voglia, fuor di preterizione, chiamare magna carta delle biblioteche pubbliche degli enti locali) cui d’ora in poi dovranno riferirsi sia i bibliotecari italiani, sia i loro amministratori.
Pensavo cioè che una buona normativa sulle biblioteche pubbliche se da un lato dovesse percorrere nei contenuti quei principi e quelle raccomandazioni (e cioè quella legge quadro che non c’è e per la quale l’AIB si era sempre battuta) che i nostri legislatori avevano dimenticato di far seguire al d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 3 (col quale era stato disposto il trasferimento delle funzioni amministrative statali sulle biblioteche degli enti locali alle regioni) dall’altro ritenevo che le Linee avrebbero dovuto altresì fornire ai bibliotecari uno strumento di pressione sui propri amministratori perché i principi e le regole in esse contenute venissero poi applicate e rispettate. E chi ha più necessità di questo strumento se non i tanti bibliotecari che da soli o coadiuvati da personale privo di specifica professionalità mandano avanti la loro biblioteca di uno dei tantissimi piccoli centri urbani di cui è tessuto il territorio italiano?
Questo non vuol dire che le linee in cui si è tradotto l’accordo abbiano mirato a un profilo basso: tutt’altro. Il gruppo di lavoro, costituito da Giovanni Galli, Antonella Riacci e Vincenzo Santoro per l’ANCI, Roberto Piperno e il sottoscritto per l’UPI, Rosaria Campioni, Erica Gai, Susanna Giaccai e Giampiero Ravenni per le Regioni, coniugando i princìpi della scienza biblioteconomica con le istanze sociali e culturali, ha tracciato un percorso in cui i soggetti pubblici coinvolti diventano compartecipi della costruzione del sistema bibliotecario pubblico, fissando le fasi operative dei vari livelli di coinvolgimento e individuando le strategie per il reperimento delle risorse finanziarie necessarie per raggiungere i fini che l’accordo si è prefisso.
I pilastri su cui si reggono le linee sono principalmente due: la cooperazione territoriale – sia come strumento per l’ottimizzazione delle risorse economiche, sia come momento politico di sviluppo programmato – e l’uso diffuso degli indicatori di efficienza ed efficacia che, unitamente agli standard, dovranno certificare e garantire la qualità del servizio bibliotecario prestato. Inoltre, nel documento è stata ribadita la gratuità dell’accesso ai servizi essenziali delle biblioteche (informazione, consultazione, prestito) e l’obbligatorietà per i comuni di istituire una biblioteca nel proprio territorio direttamente o tramite accordi con altri comuni (singoli o associati) o con altri soggetti qualificati.
Dunque i Comuni, le Province e le Regioni con le Linee di politica bibliotecaria per le autonomie, nel riconoscere formalmente la biblioteca come diritto per il cittadino col conseguente obbligo dell’ente locale di fornire questo servizio al pari degli altri servizi essenziali per la collettività, hanno fissato un punto d’arrivo e di partenza in cui viene a configurarsi un servizio bibliotecario nazionale degli enti locali che ha nella programmazione nazionale e regionale i suoi punti di forza, mentre alle province ed ai comuni vengono demandate, ciascuno per le proprie competenze, i compiti di gestione dei servizi sul territorio.
L’articolo 117 del riformulato titolo quinto della Costituzione trova quindi, in queste norme frutto della concertazione tra gli enti locali, concreta attuazione su un terreno al quale il legislatore nazionale in passato non aveva prestato molta attenzione. Fissati i principi generali, il coordinamento delle politiche bibliotecarie e l’individuazione e la verifica delle linee previste dall’accordo passano ora al Comitato nazionale che entro 18 mesi dovrà elaborare quanto previsto dagli articoli 5, 6 e 7. A questa seconda fase parteciperanno anche le associazioni professionali definite nell’accordo interlocutori degli organismi di programmazione e di verifica: e non è certo un caso se nel testo delle linee l’AIB sia nominato in ben quattro circostanze. Comunque il documento, approvato in conferenza unificata ANCI-UPI-Regioni il 23 ottobre scorso e sottoscritto in questi giorni dai rispettivi rappresentanti istituzionali, è già operativo e vincolante per tutti gli enti locali.
Con questa vera e propria rivoluzione copernicana, che vede gli enti locali parti attive nel processo normativo, le Regioni, alle quali è demandata la funzione normativa in tema di biblioteche di enti locali, si sono autonomamente imposte regole di base uniformi che per il futuro eviteranno l’emanazione di leggi regionali difformi e distanti tra loro tali da creare vere e proprie barriere tra una regione e l’altra come in più di un’occasione si è verificato nel nostro recente passato.
Ma l’accordo, pur limitando in questa prima fase la sua efficacia dispositiva alle biblioteche degli enti locali (né potrebbe essere altrimenti essendo le autonomie i soggetti firmatari) si spinge ben oltre, fino a chiedere il coinvolgimento sia delle biblioteche pubbliche statali, sia di quelle degli istituti scolastici sia di quelle universitarie, riservandosi di estendere le intese anche alle biblioteche ecclesiastiche ed a quelle delle istituzioni culturali pubbliche e private ipotizzando in tal modo la costituzione di un quadro di riferimento nazionale per tutte le biblioteche italiane.
Per avviare questa seconda fase dell’accordo le autonomie si incontreranno a Parma il 5 marzo prossimo non solo per illustrare il documento approvato, ma per coinvolgere anche le altre componenti istituzionali: saranno infatti presenti alla giornata di lavoro, oltre a Francesco Sicilia in rappresentanza del MBAC, anche i rappresentanti del MIUR, del CRUI e dell’ABEI, ed il presidente dell’AIB Miriam Scarabò.

biblioteca@provincia.pescara.it


D'ALESSANDRO, Dario. La magna carta delle biblioteche pubbliche degli enti locali «AIB Notizie», 16 (2004), n. 2, p. I-II.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2004-03-06 a cura di Franco Nasella
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n16/0402dalessandro.htm

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