[AIB]AIB Notizie 06/2004
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Il deposito legale dei documenti sonori e audiovisivi

Marzia Miele

La legge 106, approvata il 15 aprile 2004, pone fine alla vistosa lacuna presente nella conservazione dei documenti sonori e audiovisivi elencandoli in modo chiaro tra quelli destinati al deposito legale.
Fino ad oggi, infatti, la Discoteca di Stato ha goduto di una sorta di diritto di copia limitato, potendo richiedere la consegna delle registrazioni sonore ritenute d’interesse culturale, mentre gli audiovisivi erano privi di qualsiasi tutela legislativa che ne garantisse la conservazione.
L’assenza totale dell’audiovisivo è giustificata storicamente in quanto non esistente al momento in cui furono emanate le norme istitutive di queste misure parziali di deposito legale nel settore della riproduzione sonora, anche se in questi anni forse qualche misura in proposito si poteva prendere. Più complesse le ragioni dei limiti posti alla conservazione delle registrazioni fonografiche.
L’istituzione del deposito legale è contenuta nella legge n .467 del 1939 Riordinamento della Discoteca di Stato e istituzione di una speciale censura sui nuovi testi originali da incidersi sui dischi, il cui obiettivo primario era evidentemente il controllo e non la conservazione, ed aveva come scopo la formazione di quell’Archivio di voci storiche, in parte monumento celebrativo delle alte personalità del regime, in seguito tentativo di salvaguardare le tradizioni contadine e popolari, che costituiscono ancora oggi le raccolte più preziose della Discoteca.
La conservazione delle registrazioni musicali era limitata a ciò che il Ministero della cultura popolare riteneva opportuno conservare, mentre alla Discoteca era affidato il compito di conservare «la voce dei grandi cantanti, universalmente noti ed apprezzati».
Manca, come d’altra parte negli altri settori delle “belle arti”, la consapevolezza del valore storico e documentario delle registrazioni musicali, cui si riconosce il diritto alla conservazione solo quando «mezzo educativo e culturale» (l. 467, art. 2, comma 1).
Questa impostazione, se da un lato ha permesso alla Discoteca di Stato, col mutare della sensibilità in questo campo specifico e con l’evolversi della nozione stessa di Bene Culturale, di estendere sempre più la richiesta di pubblicazioni discografiche fino a comprendere tutta la produzione nazionale, dall’altro non consente, per le difficoltà connesse alla procedura di richiesta, un’acquisizione esaustiva delle produzione.
Paradossalmente, infatti, il controllo della produzione discografica, abbastanza semplice quando nessuno si poneva l’obiettivo di acquisirla completamente, è diventato estremamente arduo da quando la Discoteca di Stato ha, con l’istituzione del Museo dell’audiovisivo, ricevuto «il compito di raccogliere, conservare e assicurare la fruizione pubblica dei materiali sonori, audiovisivi, multimediali, realizzati con metodi tradizionali o con tecnologie avanzate» (l. 237/99).
La legge del ’39 faceva obbligo alle case discografiche di inviare elenchi mensili proprio per permettere alla Discoteca di Stato un controllo puntuale. Oggi, con l’esplosione della produzione musicale e l’avvento di Internet, le etichette discografiche hanno cessato di stampare cataloghi ed hanno eletto la rete loro canale di diffusione per eccellenza, come mezzo più adeguato ad un mercato dinamico ed in continuo mutamento.
E difficilissimo da seguire e controllare…
Come già scriveva Giuseppe Vitiello nel 1994 «attualmente vi sono circa 50 milioni di incisioni nel mondo, effettuate il più delle volte da una congerie di piccoli produttori, e la maggior parte di esse esce fuori commercio dopo appena 6-8 settimane. In queste condizioni il controllo bibliografico è piuttosto difficile e lo scambio di dati è quasi inesistente» (Il deposito legale nell’Europa comunitaria, Milano: Editrice Bibliografica: 1994). Certamente la situazione non è migliorata, tanto che nel nostro Istituto il tasso di dispersione è superiore al 50%.
Un’indagine a campione eseguita in Discoteca agli inizi di quest’anno ha, infatti, evidenziato che su 18.000 segnalazioni della rivista «Musica e Dischi», forse la più importante rivista di reference musicale in Italia, sono pervenuti circa 8000 CD.
Teoricamente con la l. 106 e l’obbligo di deposito posto in capo alle Case discografiche questa situazione dovrebbe essere superata. Ma quali strumenti di controllo possono essere messi in atto per verificare che effettivamente ciò avvenga?
Purtroppo, per le ragioni appena esposte, il controllo è estremamente difficile, avviene su cataloghi elettronici con finalità commerciali, che mutano velocemente in quanto specchio di pubblicazioni che nel giro di pochi mesi, a volte settimane, escono dal mercato.
Sono previste delle sanzioni amministrative e pecuniarie per chi elude l’obbligo, ma è pur vero che, senza adeguati strumenti, non sarà facile individuare chi non rispetta la legge, e, comunque, una volta trovati i trasgressori, c’è il rischio di non reperire più i documenti.
Gli audiovisivi meritano un discorso particolare, in parte perché rappresentano un terreno vergine in parte perché si tratta di un prodotto editoriale che può contenere tipologie estremamente varie di contenuti.
La Discoteca di Stato da qualche anno ha iniziato una collezione di video selezionati in base al loro valore culturale ed alla rispondenza ad alcune delle finalità tradizionali dell’Istituto (folklore, storia orale, danza ecc.), tra cui anche materiale inedito, che non costituiscono una documentazione della produzione nazionale di questa tipologia di supporti, né possono essere un parametro di riferimento per valutarne la crescita.
Sempre Vitiello lamenta la difficoltà d’inventariazione del materiale esistente e l’inaffidabilità dei pochi strumenti di controllo bibliografico, che riproducono, forse in modo amplificato, le difficoltà già notate per le registrazione sonore.
Ulteriori elementi di difficoltà sono dati dalla varietà e dalla ripetitività dei contenuti: l’audiovisivo viene generalmente collocato nell’ambito delle performing arts, ma in realtà può avere qualsiasi tipo di contenuto, dal documentario alla ripresa di esperimenti, magari come ausilio ad altre opere, più contigue alla produzione editoriale tradizionale, con il rischio di generare conflitti di competenze o sovrapposizioni di gestione; d’altro canto, molto spesso si tratta della riproposizione di opere già pubblicate su altri supporti (si pensi, ad esempio, ai corsi di lingue in cassette, poi in video-cassette, poi su CD, ora in DVD, o alle pellicole pubblicate in video-cassetta ed ora rieditate in DVD), cosa che avviene in tutti i campi, ma forse non alla stessa velocità.
La legge non da indicazioni, limitandosi ad elencare le tipologie di supporti sottoposte al deposito legale, né, a prima vista, dovrebbe darne il regolamento, il cui compito è indicare semplicemente il numero delle copie e gli istituti destinatari.
Forse però si potrebbe, con questo strumento, definire in modo più preciso e selettivo la differenza tra ristampe, riedizioni e nuove edizioni. Il tema è complesso, perché tradizionalmente e in linea di principio il deposito legale dovrebbe tendere all’esaustività delle raccolte, ma non eludibile in quanto l’inclusione, certamente positiva, di tutte le tipologie di supporti comporterà un aumento dei compiti di conservazione e gestione che potrebbero rivelarsi troppo onerosi.
La Discoteca di Stato ha sede presso il Palazzo Antici Mattei in via Caetani dal 1944, quando i suoi compiti erano infinitamente inferiori. Al ritmo attuale, vi è disponibilità di spazio all’incirca per 18000 CD, corrispondenti ad un anno di crescita con il deposito legale dei documenti sonori, e per 8900 DVD, per i quali è difficile fare una stima in quanto finora sono pervenuti unicamente per acquisto, e quindi selezionati secondo rigidi criteri di pertinenza con le raccolte dell’Istituto.
La gestione ne è affidata ad una piccola pattuglia di quaranta persone, che hanno finora cercato di sopperire con la loro passione alle difficoltà dovute alla sproporzione tra i compiti assegnati e le forze presenti.
Certamente con l’entrata in funzione della l. 106/04 è necessaria una ridefinizione dell’organico per adeguarlo sia numericamente sia professionalmente ai nuovi compiti.
La legge 237 del 1999 con l’istituzione del Museo dell’audiovisivo nell’ambito della Discoteca di Stato e l’individuazione di una nuova sede nel palazzo della Civiltà del lavoro sembrava aver dato una risposta a questi problemi. A distanza di cinque anni non è stato fatto nulla per la sede, non è stata attuata l’autonomia scientifica, organizzativa, amministrativa e finanziaria, che pure era espressamente prevista nella legge, non c’è stato nessun adeguamento dell’organico ed il Ministero sembra aver completamente dimenticato tutto il progetto.
È evidente invece che occorre rilanciare con forza quel progetto, farne una priorità dell’azione del Ministero e dare finalmente anche in Italia, come avviene negli altri Paesi europei, piena dignità alla salvaguardia del patrimonio sonoro ed audiovisivo, altrimenti ancora una volta si corre il rischio di svuotare nei fatti la prescrizione legislativa.


MIELE, Marzia. Il deposito legale dei documenti sonori e audiovisivi. «AIB Notizie», 16 (2004), n. 6, p. XII-XIII.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2004-08-12 a cura di Franco Nasella
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n16/0406miele.htm

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