[AIB]AIB Notizie 9/2005
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Un’indagine sul ruolo dell’IFLA: rapporto dall’Italia

Anna Maria Tammaro

Poche professioni hanno un’associazione internazionale come l’IFLA che riunisce come delegati delle associazioni professionali e delle varie istituzioni nazionali i professionisti insieme a ricercatori, docenti e vari responsabili con ruoli decisionali e politici. Ogni anno migliaia di partecipanti si riuniscono per i convegni IFLA, con un investimento notevole di risorse da parte delle istituzioni che finanziano la partecipazione dei delegati, oltre che uno sforzo organizzativo non indifferente da parte dell’IFLA. È più che giusto quindi chiedersi quale sia il ritorno di questo investimento di risorse umane e materiali. Inoltre è interesse dell’IFLA riflettere criticamente sul suo operato, valutando i risultati raggiunti per il miglioramento delle biblioteche ma anche le debolezze da correggere. La Divisione Education and Research dell’IFLA ha promosso quindi un’indagine per conoscere le opinioni dei delegati sul ruolo dell’IFLA. L’indagine ha due scopi:
1) il primo è indagare l’impatto dell’IFLA per promuovere il cambiamento e diffondere le norme professionali nelle biblioteche e nei centri informativi;
2) il secondo scopo è focalizzato sul lifelong literacy, un tema recentemente messo al centro dell’organizzazione dalla Presidente uscente Kay Raseroka, ma che continuerà a essere centrale come elemento strategico dell’IFLA. In questo caso l’IFLA vuole valutare con particolare attenzione l’impatto delle norme, degli standard ed insieme delle politiche che riguardano questa precisa area e di come questo sia stato adattato, applicato (o rimosso) nei diversi contesti nazionali.
Per trovare risposta alle domande, è stata scelta la metodologia dell’indagine qualitativa. I destinatari dell’indagine sono stati i partecipanti agli ultimi convegni IFLA. Lo scopo di questa scelta è stato quello di indagare le opinioni dei professionisti che sono più vicini all’associazione, per ricevere da loro opinioni ed anche suggerimenti amichevoli di miglioramento. Le nazioni scelte per l’indagine hanno cercato di coprire le differenti aree geografiche, considerando i diversi livelli di sviluppo economico. Il seguente rapporto dall’Italia si basa sulle risposte ad un’intervista guidata ricevute da un gruppo di 13 delegati, rappresentativo delle diverse tipologie istituzionali, secondo le seguenti percentuali:

La partecipazione italiana ai convegni IFLA è stata negli ultimi anni numerosa, con il 69% delle persone che ha risposto all’intervista presente da 1 a 3 conferenze; un gruppo rappresentativo (23%) che ha partecipato a più di sei conferenze; pochi altri (8%) da 4 a 6 conferenze. Ma soprattutto è interessante notare che la partecipazione italiana contribuisce attivamente alla vita dell’IFLA. Tra i partecipanti all’indagine, il 39 % partecipa come membro dei Comitati delle Sezioni IFLA, di cui il 15% ha incarichi di Officer; c’è una partecipazione attiva anche nelle Core Activities dell’IFLA; gli altri sono osservatori nelle diverse Sezioni IFLA. Solo il 23% non ha attività specifiche.

Il ruolo dell’IFLA in Italia
Il primo gruppo di domande dell’intervista riguardava le opinioni sui benefici personali ottenuti dai delegati delle conferenze IFLA e sui benefici in genere ottenuti dealla comunità professionale italiana. Nelle risposte, i due aspetti si intrecciano in modo che è difficile distinguere:
Altri contributi ricevuti dalle conferenze IFLA riguardano nuove idee, come quelle contro la censura.
Complessivamente tuttavia i benefici maggiori sono identificati dalla maggioranza degli intervistati nella possibilità che le conferenze IFLA danno di conoscere colleghi di altre nazioni, di avere immediati scambi con i maggiori esperti di determinati argomenti ed allacciare contatti internazionali, con l’immediato vantaggio di conoscere progetti ed attività in corso all’estero ma anche di diffondere informazioni sui progetti e la ricerca svolta in Italia. Un aspetto che è particolarmente apprezzato è il lavoro di gruppo nei Comitati permanenti delle Sezioni IFLA, in cui il 23% degli intervistati si sente parte attiva nello sviluppare linee guida ed altre attività. Alcuni hanno evidenziato che la partecipazione alle conferenze, contribuisce ad accrescere l’identità professionale ed il senso di appartenenza ad una comunità professionale ampia.
Non mancano tuttavia opinioni critiche, e queste riguardano soprattutto la difficoltà nel prendere parte attiva negli organi decisionali dell’IFLA, in cui molti hanno indicato un predominio delle nazioni nordiche, molto formalismo, ed anche un eccesso di burocrazia. Ad esempio la sessione annuale chiamata di brainstorming è indicativa di questa difficoltà. Credo che sarebbe necessario un’ulteriore analisi di questa evidente difficoltà di partecipazione ad un livello politico, ad esempio focalizzando i fattori che sono di ostacolo ad una migliore partecipazione italiana. Inoltre, alcuni hanno notato che non sempre le voci più avanzate di rinnovamento professionale sono portate avanti dell’IFLA ed inoltre è stato anche affermato che per alcuni temi specialistici le conferenze internazionali specifiche sono sicuramente più utili. Infine, per alcuni, l’IFLA non è riconosciuta ancora in Italia come un importante ed autorevole fonte di informazione ed aggiornamento professionale.
In conclusione, più intervistati sono stati d’accordo nel riconoscere che in Italia occorrerebbe maggiore attenzione da parte dei singoli delegati e dell’associazione professionale alla diffusione e promozione delle attività svolte dall’IFLA, anche traducendo in italiano i contributi ritenuti più importanti.

Lifelong literacy in Italia
La scelta del tema della lifelong literacy come focus specifico dell’intervista riveste una molteplicità di aspetti, non solo legati all’IFLA ed alla sua attività, ma anche al centro dell’attuale discussione internazionale sui principi professionali e sulla necessità del cambiamento. “Un viaggio di scoperta”, questo il titolo della conferenza di Oslo, in cui due sessioni sono state dedicate al tema dell’information literacy (nell’ambito del Management and marketing with information literacy le due sessioni si sono intitolate: Information literacy: a voyage of discovery for citizens ed Information literacy: a voyage of discovery for librarians). La meta finale del viaggio è la scoperta di un nuovo o rinnovato ruolo professionale a supporto dell’apprendimento continuo, con un’enfasi sugli utenti, che attraverso le capacità informative possono diventare cittadini migliori, nonché sui bibliotecari che devono prepararsi a questo ruolo. Il tema implica un’estensione o una rivisitazione del ruolo tradizionale del bibliotecario da semplice intermediario a quello di educatore. Ruolo che, mi preme sottolineare, è molto controverso, nella attuale discussione professionale.
Quale è la percezione del tema in Italia? I risultati dell’indagine sembrano dimostrare che la consapevolezza del problema della lifelong literacy è limitata a settori come i bibliotecari scolastici ed universitari, mentre la maggioranza (31%) non sa come definirlo. In realtà non esiste una traduzione del concetto in italiano, ed anche in questo rapporto si è preferito lasciare il termine in inglese. Il 15% degli intervistati ha evidenziato il ruolo educativo che i bibliotecari possono avere per creare cittadini attivi, in linea con l’attuale tendenza dell’IFLA. Inoltre, alcuni tra i delegati impegnati specificamente nella formazione (8%), hanno evidenziato che il tema riveste un’importanza rivoluzionaria nel cambiamento dell’educazione, da una didattica centrata sui docenti e basata sull’insegnamento disciplinare, ad una didattica basata sulle competenze e l’apprendimento continuo piuttosto che l’insegnamento. La definizione più completa di information literacy include quindi più dimensioni e precisamente, secondo uno degli intervistati:
«A mio avviso vi sono sei dimensioni:
1) personale che attiene alla capacità del singolo di usare in modo competente l’informazione;
2) sociale/relazionale, che riguarda la possibilità di capitalizzare e scambiare l’expertise in IL;
3) istituzionale, per garantire che vengano assicurate le condizioni per l’acquisizione di information skill (per esempio, a scuola e in biblioteca);
4) politico, per varare piani di sviluppo;
5) scientifico, per procedere nella ricerca, negli studi relativi all’IL;
6) professionale, per tradurre l’elaborazione scientifica nell’operatività quotidiana. »

Un gruppo di domande dell’intervista, tendeva ad identificare gli ostacoli e le eventuali barriere all’information literacy in Italia. La maggioranza degli intervistati (31%) ha evidenziato la mancanza di consapevolezza come il maggiore ostacolo, insieme ad un debole ruolo delle biblioteche nella società o, in ambito scolastico, ad una formazione ancora molto tradizionale. Alcuni dei delegati che hanno risposto all’intervista hanno notato le problematiche di formazione dei bibliotecari a questo nuovo ruolo, incluso non solo la conoscenza dei contenuti ma anche le capacità didattiche (23%). Non sembra esistere ancora nessun corso universitario che offre nel curriculum un insegnamento specifico sull’information literacy, hanno fatto notare alcuni degli intervistati (circa il 15%). Inoltre nella maggioranza delle esperienze realizzate in Italia, si tende a focalizzare le tecnologie e non gli utenti. Sono state evidenziate anche gli ostacoli posti dal copyright all’accesso alle risorse e soprattutto la mancanza di un coordinamento nazionale per la promozione dell’information literacy.
Quali dovrebbero essere le attività che l’IFLA dovrebbe realizzare, per aiutare a livello nazionale la promozione della lifelong literacy? La maggioranza degli intervistati (54%) ha affermato che l’IFLA dovrebbe aiutare le associazioni professionali a promuovere il tema a livello nazionale. Questo ruolo attivo dell’IFLA è visto su due livelli, quello tradizionale, finalizzato alla promozione di norme tecniche e linee guida (circa il 23%), ed un altro, assolutamente nuovo per l’IFLA, di attivare una forte lobby a livello politico ed istituzionale (31%). Alcuni suggerimenti, idee e priorità, che sono stati dati dagli intervistati riguardano ad esempio:
– promuovere la formazione dei bibliotecari, anche attraverso la realizzazione di linee guida per i curriculum;
– attuare una campagna di promozione sulla necessità dell’information literacy per tutti, distinguendola dalla mera capacità di saper usare un computer;
– costruire una banca dati con i migliori esempi di corsi per l’information literacy.
Infine, l’indagine chiedeva le opinioni degli intervistati circa la differenziazione e la specializzazione del ruolo dell’IFLA rispetto ad altre organizzazioni internazionali attualmente impegnate anche politicamente nel diffondere l’information literacy ed altre problematiche connesse. I suggerimenti ricevuti in questo caso dai delegati italiani hanno evidenziato la specificità dell’IFLA nella condivisione e nella diffusione delle migliori pratiche professionali, oltre che alla promozione di linee guida, insieme ad un ruolo politico di promozione, in particolare nelle nazioni in via di sviluppo.
Altri suggerimenti inviati dai delegati italiani all’IFLA hanno riguardato:
– un ruolo dell’IFLA nel promuovere nuove collaborazioni con fornitori, organizzazioni commerciali e professioni collegate;
– un invito a realizzare prossimamente una conferenza IFLA in Italia, per aiutare i delegati italiani ad ottenere una maggiore visibilità dei risultati professionali ottenuti dall’IFLA oltre che un supporto al nuovo ruolo politico di promozione professionale.

annamaria.tammaro@unipr.it


TAMMARO, Anna Maria. Un’indagine sul ruolo dell’IFLA: rapporto dall’Italia. «AIB Notizie», 17 (2005), n. 9, p. 6-7.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2005-11-17 a cura di Franco Nasella
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n17/0509tammaro.htm

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