[AIB] AIB notizie 18 (2006), n. 9
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Conservare le raccolte delle biblioteche: problemi e prospettive dal cartaceo al digitale

Sandra Favret

Cooperazione, politica nazionale, finanziamenti: questi i termini chiave comuni a tutti gli interventi dei relatori presenti al convegno "Conservare le raccolte delle biblioteche. Problemi e prospettive dal cartaceo al digitale", svoltosi a Venezia, al Museo di storia naturale, il 26 maggio 2006.

Una giornata di discussione su un tema ancora giovane, come lo ha definito Francesca Ghersetti.
L’apertura dei lavori ha visto la presenza di Fausta Bressani, della Direzione dei beni culturali della Regione Veneto, la quale ha puntato l’attenzione sulla responsabilità di tutela dell’ente regionale verso i materiali cartacei, responsabilità che trova espressione in tutti gli interventi miranti all’integrazione delle risorse sul territorio e nella cooperazione tra biblioteche che si occupano di conservazione.

La sessione del mattino è stata coordinata da Chiara Rabitti, la quale ha parlato di conservazione come funzione/condizione iniziale di un processo culturale.
La conservazione deve esser concepita come funzione attiva, come un complesso di azioni che intervengono sugli effetti ambientali, storici, sociali, politici. Lo stesso vale per l’era digitale, in cui il supporto diventa non solo strumento di conservazione ma anche oggetto di conservazione.

La relazione di Michele Santoro ha ripercorso la storia dei supporti in relazione alla loro deperibilità e alle possibilità di conservazione degli stessi, focalizzando l’attenzione su un elemento determinante quale la perdita della memoria, causata da fattori naturali (inondazioni, terremoti), umani (guerre, saccheggi, incendi), o dalla natura stessa del supporto.

Di conservazione del patrimonio cartaceo ha parlato anche Mario Infelise, puntando l’attenzione sulla "casualità" legata alla conservazione.
Il desiderio di tramandare il patrimonio culturale è sempre stato accompagnato alla necessità di selezionare ciò che viene tramandato. Non è solo il testo a dover essere conservato ma anche l’oggetto, il supporto. Gli interventi riguardanti la conservazione devono essere lungimiranti. In passato sono sopravvissuti i libri di pregio, mentre sono scomparsi quelli popolari e i periodici, in quanto giudicati materiale ingombrante e di scarsa qualità.
Infelise ha indicato come fenomeno di rilievo per la conservazione anche il collezionismo e ha concluso sostenendo che le risposte ai vari interrogativi sulla conservazione devono essere concordate e devono far uso di tecnologie semplici ed economiche. Ha aggiunto inoltre che è sempre più necessario occuparsi anche di conservazione delle biblioteche stesse, oltre che del materiale in esse conservato, come luoghi fisici in cui si lavora e si studia, nonché di conservazione delle competenze, con un passaggio delle esperienze professionali del conservatore nel luogo stesso in cui queste avvengono, consentendo una trasmissione generazionale del sapere.
Oltre al conservatore, nelle biblioteche è necessaria la figura del restauratore.

È stata Silvia Pugliese a portare la sua esperienza di restauratrice alla Biblioteca nazionale Marciana. Con rammarico la relatrice ha messo in evidenza l’attuale situazione delle biblioteche di conservazione che hanno in organico un numero sempre più esiguo di restauratori, o non ne hanno affatto, e questo porta inevitabilmente al ricorso a ditte esterne, senza la garanzia che il recupero del materiale venga fatto secondo un alto livello qualitativo, con un restauro duraturo, e senza la presenza di una figura professionale specializzata che in biblioteca possa seguire tutte le fasi del materiale restaurato, curando i rapporti con i bibliotecari, i conservatori ecc.

A chiudere la prima parte del convegno, l’esperienza tedesca di Klaus Kempf della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco di Baviera. Kempf ha presentato la situazione dei depositi bavaresi, già debordanti di materiale cartaceo, e gli interventi dello Stato per la costruzione di nuovi depositi.
Ma è soprattutto alle politiche di scarto che ha rivolto l’attenzione.
Le biblioteche bavaresi operano attraverso uno scarto sistematico e una ottimizzazione e valorizzazione degli spazi esistenti. Questo avviene attraverso la presenza di una biblioteca di deposito distribuita, ovvero di una biblioteca che possiede l’unica copia di un volume e che per questo ne diventa depositaria.
Fondamentale è inoltre la creazione e la gestione di due strutture d’immagazzinamento, secondo un equilibrio tra nuove acquisizioni e scarto che può funzionare solo se vi è responsabilità comune e individuale verso un sistema di economicità degli spazi.

Rossana Morriello ha aperto la sessione pomeridiana, ponendo in luce un aspetto dell’ambiente digitale, ovvero la proprietà della risorsa, che nella maggior parte dei casi rimane all’editore, in quanto le biblioteche ne hanno solamente l’accesso.
L’editore diventa così il principale responsabile della conservazione del materiale stesso e, perseguendo obiettivi di guadagno, si viene di fatto a limitare il ruolo conservativo delle biblioteche, che anzi vengono penalizzate poiché si trovano a pagare sia l’accesso alla risorsa corrente, sia quello all’archivio.

L’intervento di Maurizio Messina ha riguardato il tema della conservazione permanente della informazione digitale. Una conservazione che non si limita al solo aspetto tecnologico, ma che ha forti implicazioni organizzative, economiche e giuridiche.
È necessaria l’istituzione di un sistema distribuito di archivi digitali affidabili, certificati, cui venga dato il diritto/dovere di conservare e mantenere l’accessibilità e di garantire l’autenticità e l’integrità dell’oggetto digitale (un esempio è l’OAIS standard ISO 14721:2003).

Anche Tommaso Giordano ha parlato di archivi affidabili, come frutto di un sistema organizzato che si identifica con un’istituzione durevole, con la sostenibilità finanziaria, con una struttura idonea a gestire un sistema distribuito, con un sufficiente numero di organizzazioni che supportano la domanda di queste e-resources, con procedure verificabili di certificazione e con l’utilizzo di standard accettati dalla Comunità europea.
Esempi di modelli conservativi sostenibili secondo Giordano sono Jstor, Portico, Lockss. Nonostante i modelli presentati, il commento conclusivo di Giordano è che non siamo ancora arrivati a soluzioni solide, è necessaria la collaborazione tra le parti (archivisti, bibliotecari ecc.), la definizione del quadro giuridico, un piano di investimenti adeguati e la definizione delle responsabilità.

Provocatorio l’intervento di Carlo Federici che, partendo dal presupposto che si conserva solo la materia del bene culturale, ha sostenuto che il digitale, essendo immateriale e intangibile, non necessariamente deve essere conservato, in quanto la funzione prima del digitale è di diffondere la cultura e l’informazione. Ha poi concluso con una nota di commento sul deposito legale lamentando lo stato di quasi immobilità del deposito legale regionale, per valorizzare il quale non si sta facendo nulla.

E sempre sul deposito legale è intervenuto Giovanni Bergamin, ricordando come sia l’orientamento dell’IFLA, sia la legge italiana, estendano il deposito legale anche agli oggetti digitali. Oggetti che devono considerarsi completamente distinti dai supporti. Per questo tipo di materiale si pone il problema della selezione e della scelta del trattamento delle raccolte. La selezione più complicata è senza dubbio quella del materiale presente nel web, poiché tutto viene pubblicato senza una scrematura all’origine. Attraverso la selezione vengono individuate le priorità: produzione di fonte pubblica, documenti con alta frequenza di aggiornamento ecc.

Pronta la replica di Riccardo Ridi alla tesi sostenuta da Federici: il documento non necessariamente è da considerarsi bene culturale, esula dalla regola che si conserva solo il bene materiale e tangibile, perciò è importante che venga conservato anche il digitale, sebbene il reticolato su conservazione, selezione e accessibilità sia per questo materiale ancora in formazione.
La conservazione del digitale presenta difficoltà legate al supporto, all’obsolescenza di software e hardware, alla decontestualizzazione del documento dagli altri cui è originariamente legato; è una conservazione più onerosa dell’analogico, richiede maggior sforzo organizzativo.
Anche Ridi è ritornato al tema del deposito legale, necessario per evitare le falsificazioni del passato, e per il quale è indispensabile la cornice legislativa oltre che la realizzazione tecnica. Non tutto però deve essere conservato poiché oltre al diritto alla memoria vi è anche il diritto all’oblio.
Il suo intervento si è concluso con la sollecitazione di un’estensione degli open archives, della possibilità che i periodici elettronici possano svolgere un ruolo importante nella validazione dei documenti contenuti negli archivi aperti, di un intervento degli e-journal nella convalida di parte dei documenti presenti negli open archives dei quali possono farsi garanti della qualità, del potenziamento delle bibliografie digitali, e della creazione di un sistema che consenta di legare i dati tra di loro e con gli utenti e che abbia come centro le biblioteche.

Di trattamento dei documenti digitali si occupano anche gli archivi. Ha chiuso infatti la giornata l’intervento di Pierluigi Feliciati, dell’Istituto centrale degli archivi di Roma, a sostegno di un sistema archivistico innovativo che vada verso l’immaterializzazione.
Il sistema applicato al cartaceo (scarto, selezione, sorveglianza) non ha retto, e i depositi sono oramai insufficienti per gli archivi cartacei. Feliciati ha riaffermato la necessità della buona tenuta dei documenti abbinata alla dematerializzazione. La conservazione del digitale resta comunque più onerosa, maggiori le attività necessarie per la descrizione e la tutela dei documenti, con rischi continui e possibili ripensamenti su quanto è stato eliminato. Le amministrazioni inoltre sono ancora impreparate all’utilizzo, alla conservazione e alla gestione di documenti informatici in un archivio corrente.
Così attualmente gli archivi sono realtà ibride: si digitalizza il cartaceo, si stampa il digitale.

favret@unive.it


FAVRET, Sandra. Conservare le raccolte delle biblioteche: problemi e prospettive dal cartaceo al digitale. «AIB notizie», 18 (2006), n. 9, p. 9-10.

Copyright AIB 2006-11, ultimo aggiornamento 2006-11-30 a cura di Zaira Maroccia
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n18/0909.htm3

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