[AIB] AIB notizie 19 (2007), n. 1
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53° CONGRESSO NAZIONALE AIB "Le politiche delle biblioteche in Italia: la professione"

Una professione da riconoscere

Claudio Gamba

La sessione plenaria dedicata al riconoscimento della professione di bibliotecario, svoltasi nel pomeriggio di giovedì 19 ottobre, è stata molto densa di interventi e sollecitazioni, segno che l’argomento è oggetto di ampia discussione nell’ambiente professionale.
Claudio Gamba ha fatto una breve premessa al tema della sessione, ricordando anche le proposte legislative per il riconoscimento delle professioni intellettuali, in faticoso riavvio dopo anni di stallo e contrapposizioni: se la riforma verrà effettivamente portata avanti - come nei programmi del nuovo governo - per i bibliotecari si tratterà di un’occasione da non perdere, un "treno su cui salire". L’introduzione alla sessione è stata affidata a Francesco Consoli, docente di sociologia del lavoro all’Università degli studi La Sapienza di Roma, che ha cercato di dare una lettura "dall’esterno" degli sviluppi più recenti e delle prospettive della nostra professione.
Punto di partenza, secondo Consoli, è certamente una carenza di riconoscimento sociale e giuridico, da cui il titolo in forma interrogativa della relazione: La professione di bibliotecario ha un ruolo nella società dell’informazione?
Quella del bibliotecario rischia in realtà di essere una "professione invisibile" e ciò è paradossale in una società che si definisce "dell’informazione".
Occorre allora accettare la sfida a divenire qualcosa di più e di diverso, da bibliotecari (in senso "classico") a "professionisti dell’informazione" in grado di far fronte in particolare alle esigenze della ricerca scientifica (soprattutto in campo biomedico), della formazione (information literacy), del knowledge management all’interno delle organizzazioni.
Occorre anche che si riconosca il valore "pubblico" della professione di bibliotecario, che lo differenzia da professionisti – anche dell’informazione e/o comunicazione - più genericamente in capo alle imprese.
Questa funzione pubblica anzi può essere la reale base per un riconoscimento professionale. Fondamentale tuttavia è l’autoriconoscimento che passa attraverso una più precisa e consapevole identificazione, insieme a un nuovo corpus formativo, di un processo di carriera e di sviluppo.

Dopo la relazione introduttiva il dibattito si è sviluppato in una tavola rotonda che, con il coordinamento di Claudio Leombroni, ha visto la partecipazione di esponenti di varie associazioni con cui l’AIB ha nel tempo sviluppato rapporti sempre più intensi.
Anzitutto è intervenuto Angelo Deiana, presidente del comitato scientifico del Colap (Coordinamento libere associazioni professionali), che ha presentato la "filosofia" del movimento che si batte per una riforma delle professioni in Italia. Il principio fondamentale è la liberalizzazione, in linea con le direttive europee: quindi non più ordini professionali (già moltissimi in Italia) ma libertà di accesso e di esercizio delle professioni, accompagnata da un riconoscimento delle associazioni quali soggetti (liberi e in potenziale concorrenza tra loro) in grado di sviluppare e attestare la competenza dei loro associati.
Il modello proposto non è quello delle "certificazioni" (che sono prodotte da enti "terzi" difficilmente in grado di valutare nel merito le competenze professionali), bensì quello delle "attestazioni": cioè professionisti riuniti liberamente in associazioni (realmente rappresentative e dotate di requisiti organizzativi fissati dalla legge) che sono in grado di fare formazione, aggiornamento e valutazione della professionalità degli associati.

Molto diverso il punto di vista dell’AIDA, rappresentata dal presidente Ferruccio Diozzi: pur non disconoscendo la necessità di una riforma liberista delle professioni (tanto è vero che anche l’AIDA - come l’AIB - aderisce al Colap) il modello proposto in questo caso è "certificatorio".
L’AIDA propone la costituzione di un organismo consorziale - costituito dalle diverse associazioni del settore bibliotecario, documentario, archivistico - in grado di emettere delle vere e proprie "certificazioni" delle competenze, sulla base di un metodo consolidato a livello europeo (CertiDoc).

A seguire, Agostina Zecca Laterza (presidente dello IAML Italia, sezione italiana della International Association of Music Libraries) ha portato l’attenzione sulla particolare figura del bibliotecario musicale, il cui riconoscimento è messo in forse da incerte definizioni contrattuali e organizzative e da una crescente tendenza all’esternalizzazione dei servizi, con conseguente precarizzazione del rapporto di lavoro.
Eppure, proprio la figura del bibliotecario musicale ha bisogno di preparazione assolutamente specialistica e riconoscimento adeguato agli standard internazionali del settore.

Ferruccio Ferruzzi, vice presidente ANAI, ha illustrato il lungo percorso degli archivisti italiani verso il riconoscimento della professione, prima in ambito strettamente ministeriale e in seguito anche nel campo della libera professione. Ha manifestato particolare interesse per il modello CertiDoc che meglio di altri si presta alla definizione della professionalità archivistica.

Alberto Garlandini, consigliere nazionale italiano dell’ICOM (International Council of Museums), ha ricordato il percorso svolto dai professionisti museali per arrivare alla "Carta delle professioni museali", approvata sul finire del 2005 e divenuta punto di riferimento non solo per l’organizzazione del lavoro nei musei, ma anche per i processi di accreditamento degli stessi istituti, come nel caso in corso in Regione Lombardia. Garlandini ha particolarmente insistito sull’importanza del "fare rete" anche tra professioni diverse, ma accomunate dalla presenza nel comparto dei beni e dei servizi culturali. Occorre cioè operare per una ricomposizione delle comunità professionali, a tutto vantaggio dell’integrazione dei servizi, della loro qualità e naturalmente del riconoscimento delle professioni.
In questo sforzo c’è una fondamentale componente etica che le nostre professioni, pur in modi diversi, hanno come patrimonio di grande valore. In definitiva, occorre creare una più vasta e forte comunità dei "professionisti del patrimonio culturale" inteso non solo nel senso della tutela, ma - come affermato dal Codice dei Beni culturali - anche e soprattutto della valorizzazione e della fruizione.

Ernesto Bellezza, presidente della Commissione per l’Albo professionale italiano dei bibliotecari, ha richiamato le luci e le ombre dell’esperienza dell’albo, iniziata dall’AIB nel 1998.
Pur non essendo pochi, i soci iscritti all’albo sono ben lontani dal rappresentare la maggioranza degli iscritti all’associazione e, a maggior ragione, dei bibliotecari italiani. Dopo una fase di entusiasmo e molte aspettative, è seguita una fase di maggiore freddezza e scetticismo.
Molti colleghi forse non hanno ancora colto l’importanza dell’albo come forma di riconoscimento.
A questo punto l’associazione si deve porre il quesito se rilanciare vigorosamente l’albo o chiudere l’esperienza con grave danno per le energie spese e le aspettative suscitate. È quindi auspicabile una "nuova fase" anche alla luce delle prospettive di riconoscimento giuridico, e sarà necessario anche rivedere i criteri di ammissione e mantenimento dell’iscrizione.

Silvia Bruni, componente del Gruppo Lavoro discontinuo dell’AIB, ha richiamato i punti fondamentali di questa esperienza: nato dall’esigenza di dare attenzione e visibilità al fenomeno del precariato nelle biblioteche, il gruppo soffre delle difficoltà dello stesso lavoro precario in generale. Difficile - da precari! – trovare il tempo, dare continuità, offrire "lavoro volontario" all’Associazione, quando si è impegnati ogni giorno a garantirsi minime condizioni professionali di continuità e a dover provvedere "in proprio" anche all’aggiornamento professionale.
Si rischia così di essere - in AIB - dei "fantasmi", quando il problema del precariato si pone invece con forza dirompente.
Occorrerebbero dati più precise sul fenomeno, prese di posizione forti, vigilanza continua. Il Gruppo lavoro discontinuo rappresenta comunque una forma di attenzione al problema che nonostante le oggettive difficoltà va proseguita e sostenuta.

In conclusione alla tavola rotonda, Alberto Petrucciani ha ripercorso le esperienze e le azioni dell’AIB, negli ultimi anni, sul cammino del riconoscimento della professione. Farsi riconoscere è certamente una necessità, un desiderio di tutta la comunità professionale.
Tuttavia le posizioni professionali sono diverse e i bisogni e le aspettative anche, soprattutto in un momento di grande varietà organizzativa nel lavoro bibliotecario: si pensi alla distantissima posizione professionale dei "dipendenti" e dei "precari". Quindi il riconoscimento professionale è certamente un "treno da non perdere", tuttavia non sarà facile - anche solo pensando ai soci AIB - far salire su quel treno migliaia di persone contemporaneamente. Forse occorre quindi trovare oggi una "idea forte" sulla professione e sul suo ruolo, che aiuti l’intera comunità professionale in un percorso anzitutto di auto identificazione e in seguito e più gradualmente, di riconoscimento giuridico.

Infine l’intervento, selezionato tra i call for papers, di Augusta Franco (AIDA) ha illustrato analiticamente i contenuti della metodologia di certificazione CertiDoc introdotta in Italia dall’AIDA.

La sessione - dato il numero di relatori e la densità dei temi affrontati - avrebbe meritato più tempo e soprattutto un adeguato spazio di dibattito: purtroppo l’ora ormai tarda non lo ha consentito.
Resta la consapevolezza dell’importanza del tema del riconoscimento e della necessità di continuare le azioni associative per promuoverlo.
Emerge anche, da questa sessione, la ricchezza dei contatti con altre associazioni professionali a noi vicine che potrà consentire una convergenza strategica per un riconoscimento giuridico delle professioni culturali nel loro complesso: tanto più importante in un paese che si compiace spesso dei suoi tesori culturali ma che deve - anche in questo campo - passare rapidamente ad azioni più concrete, innovative e competitive.


GAMBA, Claudio. Una professione da riconoscere. «AIB notizie», 19 (2007), n. 1, p. 10-12.

Copyright AIB 2007-02, ultimo aggiornamento 2007-03-06 a cura di Zaira Maroccia
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n19/0110.htm3

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