[AIB] AIB notizie 19 (2007), n. 2
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Archivisti e bibliotecari: le sfide comuni della professione.
Riflessioni a margine del seminario nazionale ANAI "La formazione professionale dell’archivista", Erice, 2-4 novembre 2006

Domenico Ciccarello

A quindici giorni esatti dal 53° Congresso nazionale AIB ("Le politiche delle biblioteche in Italia. La professione") anche gli archivisti italiani si sono dati appuntamento per riflettere sulla loro identità professionale: non può essere un caso.
Come specialisti del settore culturale e dell’informazione e della comunicazione, stiamo attraversando una fase tormentata, di cui forse ancora ci sfuggono i contorni, e dobbiamo trovare la direzione. A conferma di ciò, registro anzitutto i temi principali in comune tra archivisti e bibliotecari nelle rispettive agende congressuali.

Una prima valutazione, a Roma come a Erice, ha preso le mosse da considerazioni di economia del lavoro. Gli effetti della depressione finanziaria nel nostro Paese sono sotto gli occhi di tutti, e il mercato lavorativo è il primo sul quale si sono già riversati molti effetti negativi della congiuntura attuale.
Blocco delle assunzioni nel settore pubblico, tagli economici ai bilanci delle istituzioni: il mix, particolarmente bruciante nell’ambito dei servizi culturali, ha generato una catena viziosa: da tempo le strutture stanno subendo un depauperamento delle proprie risorse umane; la carenza di personale, unita alla costante diminuzione delle risorse, ha portato alla difficile tenuta perfino dei servizi di base; la debolezza degli enti ha scatenato un meccanismo perverso nelle forme di impiego del personale e di gestione di servizi e progetti, da un lato precarizzando progressivamente le forme del lavoro, dall’altro facendo riemergere, da parte delle amministrazioni pubbliche, alcuni comportamenti negativi, dettati da emergenza e approssimazione nello stesso tempo, quali: l’impiego di tirocinanti e volontari per coprire interi servizi rimasti scoperti (con sostituzione in maniera indebita dei compiti del personale di ruolo); l’affidamento di gare e appalti per servizi ad alto contenuto tecnico-professionale con il prevalere del meccanismo del massimo ribasso, che in genere finisce per premiare le società che offrono minore qualità, o che meno tutelano i propri collaboratori; il ricorso sempre più sistematico a procedimenti assai discutibili sul piano professionale, quali la mobilità intersettoriale, la riconversione semplicistica di personale originariamente non formatosi nel nostro settore, il mascheramento di forme di sostanziale sfruttamento dietro molti tipi di contratti a termine (di prestazione occasionale, a progetto ecc.) rivolti a giovani spesso provvisti di elevatissima qualificazione professionale.
È chiaro che un sistema così non reggerà ancora a lungo, anzi sta già scricchiolando da più parti.

Il secondo filo conduttore delle relazioni e del dibattito, sia nel congresso dei bibliotecari che in quello degli archivisti, è stato quello della percezione della professione a livello politico-sociale.
Non saprei dire se da bibliotecario mi sono sentito a mio agio, o al contrario in imbarazzo, nel sentire declinare, dai microfoni del Centro Majorana di Erice, gli stessi, identici punti che lo scorso ottobre venivano ribaditi nelle sale del Policlinico Gemelli di Roma, sede del Congresso AIB: insufficiente riconoscimento pubblico, quindi necessità di promuovere un albo professionale e di far valere gli aspetti di principio e quelli deontologici; ricerca di un metodo credibile e largamente condiviso per l’accreditamento dei percorsi formativi e di aggiornamento; sensibilizzazione degli enti pubblici a una migliore definizione e valutazione dei profili professionali, a una più corretta impostazione delle politiche di selezione, a una maggiore efficacia dei piani di aggiornamento, e alla valorizzazione e incentivazione del personale in servizio su base meritocratica.
Tutti argomenti che dovrebbero spingere entrambe le professioni a fare sentire più forte la propria voce dall’interno del Coordinamento delle libere associazioni professionali (Colap), che da anni sta provando a rilanciare opportune proposte di provvedimenti legislativi per la riforma delle professioni e la regolamentazione delle relative forme associative (com’è noto, si è svolta il 30 novembre 2006 a Roma la seconda riunione degli Stati generali delle associazioni professionali non riconosciute).

Il terzo aspetto evidenziato un po’ dappertutto, sia dai bibliotecari che dagli archivisti intervenuti ai rispettivi congressi, riguarda gli istituti formativi e la qualità dei contenuti proposti a chi si affaccia alla professione, per la prima volta o in diversi momenti e contesti della propria vita lavorativa.
Anche in questo caso, affiorano alcune criticità comuni: a) la proliferazione, in modo spesso incontrollato e divergente rispetto alle richieste del mercato, dell’offerta formativa; b) un mancato coordinamento tra i diversi soggetti formatori (università, enti di formazione, associazioni professionali, ministero, organismi al supporto della Pubblica amministrazione, tipo Formez, SSPA ecc.); c) una certa lentezza, specie da parte delle università, nell’adeguare con regolarità i contenuti proposti, di fronte alla rapidità di cambiamento dello scenario (per esempio nuove tecnologie); d) un’insufficiente attenzione ai modelli internazionali, in particolare alle iniziative europee, in materia di monitoraggio della qualità delle attività formative; e) la crescente necessità di potenziare il corredo formativo dei professionisti del settore culturale con robuste iniezioni di management e tecniche della comunicazione e del marketing; e così via.

Al di là degli aspetti trasversali e intersettoriali che ho cercato fin qui di evidenziare, molti degli interventi al Seminario ANAI di Erice hanno, ovviamente, affrontato alcune tematiche specifiche all’ordine del giorno degli archivisti in tema di formazione. Da questo punto di vista, la grossa novità è stata costituita dalla convergenza, nel programma scientifico del Seminario, di tutti i principali soggetti interessati: archivisti di Stato, presidente nazionale e presidenti regionali ANAI, Direzione generale del MiBAC, Conferenza nazionale dei docenti M-STO/08, sub-settore archivistico, e altri enti (per esempio Cnipa).
La questione principale continua a essere legata alla ormai improcrastinabile riforma delle Scuole di archivistica, paleografia e diplomatica (SAPD) degli Archivi di Stato. Inizialmente destinate ai funzionari interni all’Amministrazione statale, e ancora sostanzialmente disciplinate da un vecchissimo Regolamento (1911!) per il loro funzionamento, le Scuole hanno progressivamente assorbito istanze formative provenienti da giovani studenti universitari, laureati, studiosi, personale dell’amministrazione locale ecc., mantenendo però in genere un approccio legato in modo quasi esclusivo alla formazione dell’archivista specializzato nella gestione e nello studio dei complessi documentari storicizzati.
Gli obblighi di gestione dei flussi documentari digitali, previsti dalla recente normativa di riforma della Pubblica amministrazione, ma anche le applicazioni delle tecnologie digitali ai complessi documentari storici, hanno certamente messo in crisi l’impianto tradizionale delle Scuole, che hanno oggi più che mai bisogno di rivolgersi anche all’esterno (per esempio alle università) per aggiornare il corpus della propria offerta didattica.
D’altra parte, il vantaggio di potere coniugare opportunamente teoria e pratica, grazie alla facilità di visione diretta dei documenti nel loro luogo di conservazione e ordinamento, lascia prefigurare l’opportunità di trovare forme di contatto non più episodico, bensì formalizzato e strutturale tra SAPD e atenei nell’ambito della didattica universitaria (ad esempio nei corsi post-laurea), con reciproci benefici.

A proposito di formazione universitaria, la riflessione degli archivisti dispone oggi di un’interessante censimento della didattica archivistica, curato dall’Università di Macerata e presentato a Erice dal professor Federico Valacchi (progetto Eugenio).
È stata sviluppata una mappatura, assistita da tecnologia open source, degli insegnamenti, delle loro denominazioni, dei crediti assegnati, del contesto didattico in cui si trovano, permettendo di rilevare la sostanziale debolezza e un certo isolamento della disciplina nel contesto accademico, e qualche incertezza e ambiguità nei contenuti e nella collocazione disciplinare dell’archivistica informatica.
Per quanto riguarda le politiche ministeriali, nella prima giornata l’intervento di Alfredo Giacomazzi (Direttore generale MiBAC per le risorse umane e la formazione) ha toccato alcuni punti dolenti riguardanti l’attuale situazione del personale dell’amministrazione, dando in premessa alcune cifre indicative della crisi economica (negli ultimi cinque anni il Ministero ha subito tagli che assommano a circa il 70% per le spese correnti e a circa il 50% per le spese in conto capitale, bilanciati solo in parte dai proventi del Lotto) e confermando, tuttavia, le notizie sugli imminenti bandi per la copertura di parecchi posti destinati alle qualifiche dirigenziali.
Il tema del fabbisogno di risorse umane è stato poi ampliato da Gianni Pesiri (Direzione generale MiBAC per gli archivi), il quale, partendo dalla constatazione che il policentrismo della conservazione è destinato ad accentuarsi con la conservazione digitale degli archivi nella fase corrente, ha fatto notare che il sistema degli archivi si sta sempre più disarticolando, e contemporaneamente espandendo, con uno scostamento verso gli archivi non statali, che tendono a diventare preponderanti. Ciò comporta una maggiore necessità di diffusione del valore della cultura archivistica a tutti i livelli; un discreto cammino è già stato compiuto con il rinnovamento dei titolari di classificazione per le regioni, le province e i comuni, e con la promozione delle linee guida sull’outsourcing in campo archivistico (2001).
La voce dell’ANAI si è fatta sentire sia con il Presidente Isabella Orefice, che ha posto a confronto le diverse esperienze formative in ambito internazionale e ha presentato l’indagine sulla formazione, appena pubblicata, condotta insieme alla Direzione generale archivi, (il volume, dal titolo Per un dibattito sulla formazione dell’archivista in Italia, è stato distribuito ai partecipanti al Seminario come utile contributo alla discussione) che con il vicepresidente Ferruccio Ferruzzi, che ha affrontato, in una veloce carrellata, tutti i nodi della formazione e dell’aggiornamento professionale (mutamenti tecnologici, aspetti gestionali, ripensamento della professione, albo e certificazione, rapporti con l’AIB e le altre associazioni consorelle ecc.).
Un tema più specifico, quello delle scuole di specializzazione, è stato affrontato da Giorgetta Bonfiglio Dosio, direttore della rivista "Archivi" dell’ANAI, alla luce del Decreto MIUR 31 gennaio 2006 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 137 del 15 giugno 2006) "Riassetto delle scuole di specializzazione nel settore della tutela, gestione e valorizzazione del patrimonio culturale", rilevando diversi elementi che suscitano perplessità, tra cui l’abbinamento stesso tra il settore archivistico e librario in un ambito così specialistico e l’apparente genericità degli obiettivi formativi.
Temi particolari, infine, riguardavano la gestione delle collaborazioni volontarie ex art. 55 del DPR n. 1409 del 30/09/1963; i numerosi ostacoli che la categoria professionale privata incontra nel cercare di svolgere con qualità e continuità il proprio lavoro; il rapporto tra archivistica e informatica (per esempio Mirella Schaerf del Cnipa ha sottolineato gli effetti negativi dello scetticismo informatico diffuso presso gli archivisti: in passato gli informatici hanno di fatto dominato anche i processi di pianificazione delle applicazioni dirette al mondo degli archivi, con risultati non sempre ottimali).
I numerosissimi temi sul tappeto sono stati ricondotti a sintesi e mediazione nella tavola rotonda conclusiva, cui è seguita la discussione e l’approvazione di due documenti finali, il primo finalizzato alla costituzione di un tavolo di lavoro tra tutti i soggetti interessati all’armonizzazione dei percorsi formativi, il secondo per ribadire l’alta priorità che riveste, in tale contesto, la necessaria riforma delle SAPD.

Segnalo, in conclusione, ben tre iniziative a carattere trasversale:
- il primo convegno regionale delle associazioni professionali degli istituti culturali del Veneto (Padova, Archivio antico dell’Università, 18 gennaio 2007), organizzato dalle sezioni regionali dell’ANAI e dell’AIB, insieme alla Conferenza permanente delle associazioni museali – Sezione Veneto, dal titolo "Musei, biblioteche e archivi: una convergenza possibile. Gli istituti culturali del Veneto dopo il Codice dei beni culturali e del paesaggio";
- il convegno friulano AIB-ANAI, "I siti web negli archivi e nelle biblioteche. VII Giornata di confronto tra archivisti e bibliotecari" (Trieste, Archivio di Stato, 1 dicembre 2006);
- un seminario promosso dall’Associazione Bianchi Bandinelli di Roma presso l’Istituto dell’Enciclopedia italiana, il 28 novembre 2006, sul tema "Archivi, biblioteche, innovazione", mirato a rilanciare il ruolo delle istituzioni della memoria e più in generale l’importanza della funzione documentaria nella società dell’informazione in un momento, come questo, segnato da una crisi, della quale occorre riconoscere in maniera più chiara i nodi fondamentali, per potere trovare insieme le risposte, e individuare gli interventi e le relative risorse per realizzarli.

ciccarello.domenico@tiscali.it


CICCARELLO, Domenico. Archivisti e bibliotecari: le sfide comuni della professione.. «AIB notizie», 19 (2007), n. 2, p. 6-7.

Copyright AIB 2007-03, ultimo aggiornamento 2007-03-17 a cura di Zaira Maroccia
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n19/0206.htm3

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