[AIB] AIB notizie 19 (2007), n. 7-8
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C'era una volta un soggetto

Claudio Gnoli

I romanzi non si soggettano. È un dogma che ci hanno insegnato insieme ai primi rudimenti della catalogazione. Si basa sull’assunto che essi, e più in generale le opere di immaginazione, siano privi della proprietà dell’aboutness, tradotta da Serrai con circalità: non siano cioè documenti a proposito di –, intorno a –, che trattano di – un qualche oggetto del mondo; ma siano documenti e basta, in qualche modo chiusi in se stessi, e quindi si possano indicizzare solo per le loro proprietà formali (come l’autore, la lingua o le dimensioni) e non per il loro contenuto, che rimane un intero originale e non analizzabile.

Questa situazione si può osservare anche nella maggior parte degli schemi di classificazione: mentre la chimica, l’economia o la religione sono articolate in sottoclassi e faccette relative ai diversi aspetti dei loro oggetti di studio, la letteratura è articolata soltanto mediante caratteristiche formali: nella Colon Classification di Ranganathan, ad esempio, la sua facet formula è insolitamente costituita da una sequenza di sole Personalità, che sono appunto lingua, forma, autore, opera, mentre non compaiono le consuete categorie di Materia ed Energia.
Barbara Kyle del Classification Research Group notò acutamente che «una poesia o una composizione musicale è, di fatto, “qualcosa intorno a cui viene scritto” e non “uno scritto intorno a qualcosa”. Tali oggetti trovano posto nelle biblioteche invece che nei musei a causa del fatto contingente che utilizzano come supporti parole e notazioni stampate su carta. Dovrebbero essere trattate come una categoria separata [...] e possono essere classificate solo mediante proprietà “accidentali” come lingua, tempo, luogo, autore e forma» («Revue de documentation», 26 (1959), n. 1, p. 19).

D’altra parte, il dogma della non soggettabilità viene periodicamente messo in discussione, anche a partire dalle concrete esigenze di ricerca degli utenti: l’eterna questione è riemersa anche in un thread di AIB-CUR a metà di marzo.
Come chiarisce uno studio in preparazione di Michele Santoro, se da un lato è vero che 20.000 leghe sotto i mari non è un’opera circa i sottomarini, d’altro lato un utente può voler sapere quali romanzi sono stati ambientati nei sottomarini, o qual’è stato il primo classico che ha predetto lo sviluppo dei sottomarini. Inoltre molte opere di immaginazione non sono soltanto una forma di intrattenimento, ma possono veicolare, insieme alle storie che raccontano, importanti insegnamenti fattuali e morali, che contribuiscono alla conoscenza di un certo argomento.
Chi può negare che la lettura di un’inchiesta del commissario Maigret sia istruttiva a proposito degli ambienti sociali parigini della prima metà del Novecento? Ancora, il confine tra opere di immaginazione e saggi è molto più sfumato di come vorrebbe la teoria: certi documentari e certe biografie romanzate possono risultare particolarmente problematici da catalogare.

Una tra i massimi studiosi contemporanei di teoria della classificazione, la canadese Clare Beghtol, ha affrontato la questione di petto dedicandovi la sua tesi di dottorato, poi pubblicata nel volume The classification of fiction (Scarecrow, 1994).
Per prima cosa ha passato in rassegna, analizzandone pregi e difetti, i principali sistemi di indicizzazione finora realizzati per le opere di immaginazione, alcuni semplici e approssimativi, altri, come quello di Annelise Mark Pejtersen, epistemologicamente più sofisticati.
Dopodiché, Beghtol ha elaborato un proprio schema sperimentale, denominato EFAS: Experimental fiction analysis system.

EFAS ardisce spingersi a fondo all’interno del contenuto narrato, analizzandolo secondo cinque faccette principali: personaggi, eventi, spazi, tempi, altro, ciascuna articolata in numerose possibili sottofaccette, liberamente combinabili e ripetibili.
La notazione che le esprime è estremamente analitica e anche un po’ ridondante, ma è concepita per usi automatici e non per gli utenti finali: jst!jrsjqv(056)jqt(042)jpv(01)jpt(0621)jpp(332) significa un personaggio adulto, vivente, sano, femminile e marziano che è un banchiere.
Come si vede, il sistema tiene conto del fatto che le opere di immaginazione possono contenere, accanto a elementi reali o realistici, altri elementi completamente immaginari, che proprio per questo è difficile prevedere a priori: tra gli altri è analizzato il caso di un romanzo di fantascienza il cui protagonista cambia ripetutamente sesso nel corso del tempo.

A questi problemi si può far fronte usando particolari simboli escogitati da Beghtol, come quello per «classe diversa da tutte quelle previste nello schema» e quello per «caratteristica volutamente ambigua nel testo».
Se non altro, la sperimentazione di Beghtol mostra che sviluppare sistemi di indicizzazione del fantastico è tutt’altro che impossibile. Ma allora, tornando agli assunti iniziali, un qualcosa intorno al quale i romanzi parlano deve pur esistere. Non si tratta, certo, dei sottomarini in quanto tali, ché altrimenti avremmo in mano un trattato di ingegneria e non un romanzo.
Ma semmai di certe vicende di certi personaggi (ambientate in un sottomarino, o a Parigi, in quella tale epoca), si tratti di leggende che affondano le loro origini nelle tradizioni orali o di invenzioni originali dei nostri giorni (ma ogni storia, in fondo, trae spunto da altre storie).

Si tratta cioè di riconoscere lo status di esistenza a un piano della realtà che consiste nell’immaginazione umana.
Il commissario Maigret non esisterà forse nel mondo fisico, ma esiste nelle menti dei suoi autori, lettori e spettatori; nei termini del filosofo Nicolai Hartmann, si trova a un livello dell’essere che dipende dai livelli organico e psichico (esiste solo in quanto un uomo di nome Georges Simenon l’ha immaginato), ma che ha anche una sua autonomia (può vivere anche dopo la morte del suo creatore, evolversi attraverso Jean Gabin e Bruno Cremer, e talvolta valicare le epoche, come succede per i più grandi miti). E se esiste, merita di essere indicizzato.

gnoli@aib.it


GNOLI, Claudio. C'era una volta un soggetto. «AIB notizie», 19 (2007), n. 7-8, p. 7.

Copyright AIB 2007-07, ultimo aggiornamento 2007-07-19 a cura di Zaira Maroccia
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n19/0707htm3

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