[AIB] AIB notizie 19 (2007), n. 10
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Intervista a Danielle Gattegno Mazzonis

Sottosegretario di Stato per i Beni e le attività culturali

a cura di Mauro Guerrini

Quale impressione ha avuto delle biblioteche statali e, più in generale, delle biblioteche italiane appena giunta al Ministero per i beni e le attività culturali? Erano come se le aspettava? Conferma quel giudizio a distanza di oltre un anno?

Naturalmente durante la mia formazione e poi per il mio lavoro, sia in Italia che in giro per il mondo, ho sempre avuto a che fare con le biblioteche, soprattutto universitarie e scientifiche, ma al momento del mio arrivo al Ministero una cosa in particolare mi ha colpito: il fatto che qui esistano ancora così tante biblioteche di antica fondazione nelle loro sedi originarie, in edifici che sono a loro volta delle opere d’arte. Così come per molti musei, si viene a creare un rapporto inscindibile tra il contenuto e il contenitore, basti pensare – tanto per dire di biblioteche romane – ai meravigliosi saloni della Casanatense, dell’Angelica, della Vallicelliana; voglio inoltre ricordare che la stessa sede centrale del Ministero si trova in quello che fu il Collegio romano dei Gesuiti e che ha poi ospitato per molti anni la Biblioteca nazionale di Roma.
Naturalmente le sedi storiche presentano dei problemi per quanto riguarda l’adeguamento funzionale, l’accessibilità e la qualità di alcuni servizi, ma rappresentano un patrimonio che ha pochi confronti nel resto del mondo e come tale deve essere preservato in tutti i modi. Quanti paesi possono vantare delle biblioteche progettate, sin nei minimi dettagli, dall’inesauribile genialità di artisti come Borromini?
Le grandi biblioteche statunitensi, ad esempio, sono molto più efficienti delle nostre ma non comunicano quel senso di immersione nella storia e quel legame con tutto il contesto storico e artistico delle città che c’è qui in Italia.
Purtroppo la bellezza e la ricchezza di questi patrimoni è ancora poco conosciuta al grande pubblico, forse se riuscissimo di più a far conoscere e a far amare le nostre biblioteche storiche si potrebbe sollecitare con maggiore forza la classe politica e amministrativa a sostenere con adeguati finanziamenti il sistema bibliotecario italiano.
In questo ultimo anno e mezzo mi sono battuta per il reperimento di risorse finanziarie, è stata una battaglia molto difficile perché le biblioteche non danno la stessa visibilità di altri settori e non hanno lo stesso ritorno in termini elettorali. Bisogna incentivare le occasioni di conoscenza da parte della cittadinanza, sono convinta che non si possa uscire da una di queste grandi biblioteche pubbliche senza esserne fortemente suggestionati, e proprio la suggestione dei luoghi può essere un elemento di persuasione per gli investimenti e uno stimolo per i giovani a trovare una loro strada di impegno o di avvio alla ricerca scientifica e storica.
Voglio poi ricordare la particolare vivacità delle biblioteche locali e universitarie, che hanno un ruolo essenziale nella diffusione della conoscenza nel territorio e tra i giovani, e voglio pure sottolineare che accanto al patrimonio librario esiste un altro importantissimo patrimonio, quello delle competenze dei nostri bibliotecari e delle nostre bibliotecarie, che svolgono il loro lavoro in condizioni spesso difficilissime ma con vera dedizione; sono allo stesso tempo i custodi di antiche tradizioni erudite e i promotori dell’uso di nuove metodologie e tecnologie per lo studio, la catalogazione e i servizi al pubblico.
A distanza di un anno e mezzo dal mio insediamento debbo confessare che sono sempre più affascinata dalle nostre biblioteche e dalle persone che ci lavorano.

Danielle Gattegno Mazzonis
Danielle Gattegno Mazzonis, sottosegretario di stato per i beni e le attività culturali

In un’economia fondata sulla conoscenza, le disuguaglianze (fra paesi, aree territoriali, cittadini di una stessa area) sono fortemente influenzate dalle diverse opportunità d’accesso alla formazione, all’informazione e alla comunicazione scientifica.
Secondo lei, qual è il “peso” delle biblioteche nei processi di trasferimento della conoscenza, quale ruolo è loro affidato a favore dell’inclusione sociale e dello sviluppo economico?

Le biblioteche svolgono un ruolo essenziale nello sviluppo del livello culturale di un paese; pur con tutte le nuove risorse di rete di cui oggi disponiamo sono ancora il luogo in cui si pongono le basi per la ricerca scientifica, filologica, storica e critica. Ma le biblioteche non sono solo un luogo di ricerca, sono più in generale un luogo di conoscenza (e qualche volta anche di svago).
Non c’è dubbio che Internet abbia permesso di raggiungere un numero di persone incomparabilmente maggiore di quanti siano gli attuali fruitori delle biblioteche, tuttavia per molti paesi poveri i costi (tecnologici, energetici, di infrastrutture) per accedere alla rete sono troppo alti e questo genera ancora delle divisioni intollerabili tra popolazioni privilegiate e popolazioni condannate all’esclusione dalla conoscenza.
Va poi specificato che nella società dell’informazione, al monopolio materiale da parte di ristretti gruppi di potere si somma il monopolio immateriale della conoscenza, diventata anche essa merce di scambio ad alto valore aggiunto. L’attuale fase capitalistica si basa proprio sulla costruzione del profitto attraverso merci non tangibili (cultura, formazione, informazione, intrattenimento).
Le biblioteche possono ancora essere uno strumento di partecipazione democratica perché in genere mantengono al loro interno enormi quantità di materiali su idee che, nel bene e nel male, non sono dominanti o non circolano più, sono “ideas store”, magazzini di idee, di pensieri e di progetti. In qualche caso ovviamente è un bene che certe idee non circolino più, basti pensare a tutta la pubblicistica prodotta in concomitanza con le leggi razziali, ma in altri casi nelle biblioteche si possono ritrovare progetti pieni di speranza e di sete di giustizia sociale, progetti per costruire una società migliore rispetto a quella attuale.
Nei libri si trovano tante risposte e soprattutto tante domande che riguardano la nostra condizione storica ed esistenziale. Mettendo sui propri scaffali libri di idee, di ricerche, di sogni, di progetti, le biblioteche si configurano veramente come un luogo di libertà e di costruzione democratica di un paese.
Non è un caso che le operazioni di pulizia etnica e in generale i regimi totalitari abbiano sempre una fase in cui si “purgano” le biblioteche e si compiono i falò di libri. Anche per queste ragioni sono molto preoccupata ogni volta che vedo in abbandono o in affanno le nostre biblioteche, perché in gioco non c’è solo la memoria del passato ma c’è il futuro democratico dei popoli.

In virtù dei notevoli sviluppi informatici, stiamo vivendo una stagione positiva in ambito della gestione di alcuni servizi (per esempio di quelli tramite SBN); ciò pone ancora più che in passato la necessità di disporre di organismi centrali di coordinamento delle attività gestionali e catalografiche e di offrire servizi rivolti a tutte le biblioteche italiane.
Quali interventi per rafforzare gli istituti e gli strumenti centrali di controllo bibliografico?
Malgrado i benefici effetti di SBN, di cui si è detto, alcuni definiscono il sistema bibliotecario italiano un “non-sistema”.
Le relazioni che intercorrono fra le varie reti bibliotecarie italiane sembrano infatti frammentarie e sporadiche, poiché fra le istituzioni che hanno la responsabilità della politica bibliotecaria nazionale non vi è una cooperazione strutturale nella gestione delle biblioteche. Qual è il suo punto di vista?

Non c’è dubbio che le innovazioni tecnologiche abbiano facilitato la promozione, il coordinamento e l’unificazione dei metodi dell’attività di catalogazione e di documentazione, che sin dalla nascita del nostro Ministero sono tra i compiti affidati all’Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane.
Oggi è molto più rapida e semplice la trasmissione delle informazioni bibliografiche ed è molto più agevole che nel passato immagazzinare e uniformare i dati, questo permette di portare avanti il dialogo tra le diverse istituzioni e di mettere in rete le biblioteche che afferiscono allo Stato, alle Regioni, agli Enti locali, le biblioteche universitarie e scolastiche, di accademie e istituti di ricerca, di fondazioni e associazioni e quelle di privati che abbiano una particolare importanza. L’entità del patrimonio bibliografico è davvero impressionante e il coordinamento tra le biblioteche presenta quindi una notevole complessità.
Va riconosciuto che il Servizio bibliotecario nazionale svolge un lavoro encomiabile, che è essenziale non soltanto per la creazione del catalogo collettivo ma direi anche per facilitare la cooperazione tra realtà territoriali diverse, realtà che a causa di alcuni punti deboli presenti nelle modifiche al titolo V della Costituzione possono entrare in conflitto tra di loro. Per questo la funzione di SBN deve essere sempre più quella di garantire una concertazione tra tutti i soggetti interessati, tanto più dopo l’emanazione della legge 106/2004 sul deposito legale.
Ora è necessario ridisegnare la struttura di governo e organizzativa della rete di cooperazione, avviare una sostanziale riorganizzazione dei servizi, potenziando l’accesso e la fornitura dei documenti; occorre quindi mettere in atto servizi centrali che facilitino l’erogazione di questa funzione fondamentale delle biblioteche che è appunto la fornitura di documenti, occorre semplificare le modalità di pagamento e rendere più efficiente il trasporto dei libri. A volte succede, purtroppo, che le diverse realtà entrino in competizione tra loro e in altri casi finiscano con lo scaricarsi l’una con l’altra compiti e responsabilità.
A fronte quindi delle potenzialità offerte dall’informatica e dal Web sussistono delle resistenze a creare un coordinamento veramente efficace sia sul piano di gestione che anche dal punto di vista della distribuzione delle risorse economiche. Lo scambio delle informazioni non è da solo sufficiente per creare una piena unità di intenti e di funzioni, per questo è stata avanzata da più parti l’idea della creazione di una Biblioteca nazionale italiana che garantisca l’integrazione tra le due Biblioteche nazionali, la Discoteca di Stato e i vari istituti che si occupano di catalogazione e restauro del patrimonio librario e audiovisivo.
Sono personalmente favorevole, purché non si tratti, per usare una metafora oggi in voga, di una “fusione a freddo” che lasci poi in realtà le cose così come stanno e crei solo un nuovo contenitore vuoto.
Una operazione di questo tipo non può essere decisa solo dall’alto, deve venire dal parere favorevole e compatto degli stessi bibliotecari, e per fare questo è necessario superare le numerose resistenze e i particolarismi.

Le biblioteche soffrono pure di una dotazione finanziaria depotenziata rispetto a solo pochi anni fa.
Ritiene che sia prevedibile un intervento a breve termine per migliorare le loro condizioni e per garantire livelli qualitativi all’altezza del ruolo che esse svolgono a livello nazionale e internazionale?

Non posso nascondere che la situazione delle biblioteche non sia sempre facile, che esista un problema di scarsità di fondi, di stanziamenti, anche a causa dei tagli drastici che sono stati operati nella scorsa legislatura, al punto da rendere veramente difficile l’acquisto di nuovi libri, e senza l’acquisizione delle novità editoriali una biblioteca va incontro a una rapida obsolescenza e i buchi che si vengono a creare nel patrimonio librario sono poi molto difficili da colmare; ma la scarsità di fondi ha prodotto effetti anche più gravi: i tagli sono stati spesso così ingenti da pregiudicare, come è accaduto anche con gli archivi, la normale apertura e la possibilità di garantire i servizi essenziali e le più vitali funzioni di gestione.
Tagliare fondi alle biblioteche è stato un grave errore, a cui ora stiamo tentando di riparare nei limiti di quanto permette la difficile situazione delle finanze pubbliche. È stato un grave errore soprattutto perché le biblioteche, come ho già accennato, non sono solo un “luogo di memoria” ma sono anche la piattaforma di partenza per il futuro civile, politico, identitario, del Paese: è evidente, infatti, che una società costruisce il proprio futuro in modo consapevole solo se è una società informata e colta, che non accetta acriticamente la realtà in cui vive, che è in grado anche di protestare quando occorre.
Le biblioteche non sono un ambito esclusivo di élite circoscritte di studiosi, sono una risorsa di memoria e di conoscenza che deve essere diffusa e radicata nel territorio e raggiungere i più ampi strati della popolazione. Sono convinta, quindi, che i tagli non siano stati una scelta casuale, perché indebolire la cultura ha una precisa funzione strategica per disincentivare la capacità critica della società civile.
Sul fronte del personale delle biblioteche il vero problema è che non si è voluto investire in una formazione permanente, in una continua riqualificazione dell’organico, non finalizzata al semplice avanzamento di carriera ma a migliorare i servizi e la qualità del personale; si è diffusa allora l’illusione che esternalizzando i servizi a società private si potesse sopperire alle carenze dello Stato. Invece io sono convinta che l’innalzamento della qualità e la garanzia fornita dalla vigilanza della pubblica amministrazione siano strettamente correlate all’ampliamento delle capacità occupazionali di un settore.
Detto questo esistono dei problemi di natura più vasta legati al debito pubblico e alle scarse risorse che lo Stato può mettere a disposizione. È anche vero che talvolta i soldi ci sono e non vengono spesi, oppure vengono spesi male, in progetti poco lungimiranti ed effimeri, spesso c’è una dispersione di energie finanziarie dovuta alla duplicazione dei progetti e alla mancanza di coordinamento e di un’organica programmazione.
C’è poi il problema della difficoltà in Italia di attirare i capitali privati, di convincerli a investire in cultura. Naturalmente non sostengo la linea di un liberismo sfrenato e deregolamentato, gli investimenti privati affluiscono quando gli enti pubblici sono in grado di garantire la giusta visibilità e l’alta qualità dei risultati. Come è stato detto giustamente da Salvatore Settis, a proposito dei musei (ma il discorso vale anche per le biblioteche), la risposta al dilemma “Più Stato o più privato?” è una sola: “potrà esserci più privato solo se ci sarà più Stato”.

L’Italia ospiterà il congresso dell’IFLA nell’agosto 2009, a Milano, dopo lunghi quarantacinque anni dallo svolgimento dell’ultimo congresso, a Roma nel 1964, e dopo ottant’anni dalla prima edizione che si tenne a Roma, Firenze e Venezia nel 1929.
Si tratta di un riconoscimento importante dei progressi compiuti dalla comunità bibliotecaria italiana. L’AIB ha lavorato tenacemente per perseguire questo obiettivo.
Quale occasione per le biblioteche italiane? Quale impegno del Ministero?

La scelta di Milano per il congresso del 2009 è indubbiamente un grande onore per la cultura del nostro Paese ed è un riconoscimento a livello mondiale dello sforzo compiuto da parte delle biblioteche italiane per migliorare i propri servizi adeguandosi agli standard internazionali, che è appunto uno degli obiettivi perseguiti dall’International Federation of Library Associations and Institutions.
Più ancora che nel passato, oggi è impensabile che i sistemi bibliotecari nazionali non parlino una lingua comune, una lingua che non è fatta solo di standard qualitativi ma anche di metodologie condivise; l’Italia è molto impegnata su questo fronte e il Ministero per i beni e le attività culturali ha intenzione di sostenere in tutti i modi l’adeguamento a questa lingua comune.
Questa codificazione di metodi e strumenti condivisi – ci tengo a precisarlo – non è qualcosa che è stato deciso una volta per tutte e piove dall’alto senza responsabilità diretta, è invece frutto del confronto continuo tra le diverse esperienze, del progressivo aggiustamento di tiro che viene dal confronto tra le biblioteche, i professionisti che vi operano, le trasformazioni della società nel suo complesso e le innovazioni tecnologiche.
È giusto che questo confronto e questa discussione avvengano in una organizzazione indipendente, non governativa e senza fini di lucro come appunto l’IFLA, ma è poi importante che le istituzioni dei singoli paesi siano in grado di recepire con forza e con determinazione i risultati di questo scambio di esperienze. Durante la riunione del Comitato nazionale IFLA 2009, che si è tenuta nel luglio scorso, ho già espresso il mio personale interesse politico e un preciso impegno per l’appoggio finanziario da parte del Ministero, delegando la Direzione generale per i beni librari e gli istituti culturali a seguire gli aspetti organizzativi della questione. Sono sicura che il congresso sarà un momento importante per questo scambio e per prendersi impegni precisi e concreti da parte dei singoli paesi.
Il fatto che l’Italia abbia l’onore di ospitare l’edizione 2009 (al di là della giusta celebrazione nel paese che ottant’anni fa ospitò la prima edizione) costituisce un impegno prima di tutto per il nostro Ministero, un impegno a superare ogni resistenza burocratica verso l’innovazione e una sollecitazione per tutte quelle realtà che sono più indietro nell’adeguamento degli standard qualitativi e delle metodologie avanzate. L’alto livello di professionalità di molte biblioteche italiane non ci deve infatti far dimenticare che sopravvivono ancora realtà che faticano a stare al passo con quei livelli qualitativi, sia per ragioni di oggettive ristrettezze finanziarie e di personale e sia per una più grave inerzia che talvolta caratterizza la pubblica amministrazione.
Negli ultimi anni sono stati fatti grossi passi avanti anche per la diretta sollecitazione degli stessi bibliotecari e va riconosciuto un merito particolare alla Associazione italiana biblioteche, che non si è mai stancata di portare avanti le sue battaglie.
Il World Library and Information Congress che si terrà a Milano è anche il riconoscimento dei meriti dell’AIB, e io in prima persona, come rappresentante del Ministero e del Governo, voglio associarmi a questo pubblico riconoscimento.


Intervista a Danielle Gattegno Mazzonis, a cura di Mauro Guerrini. «AIB notizie», 19 (2007), n. 10, p. 4-6.

Copyright AIB 2007-10, ultimo aggiornamento 2007-10-18 a cura di Zaira Maroccia
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