[AIB] AIB notizie 20 (2008), n. 3
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Speciale

54° CONGRESSO NAZIONALE AIB
Le politiche delle biblioteche in Italia
Il sistema bibliotecario nazionale


Storia, identità e fisionomia del sistema bibliotecario nazionale

Rosaria Campioni

La conversazione su “Storia, identità e fisionomia del sistema bibliotecario nazionale” – con Paolo Traniello (Università degli studi Roma Tre), Giovanni Solimine (Università degli studi Roma “La Sapienza”) e Marco Paoli (Direttore ICCU) – è stata incentrata sostanzialmente su tre problematiche che, per brevità di esposizione, si riportano sotto forma di interrogativi.

1. Nella relazione di apertura di questo congresso sono stati evidenziati i limiti dell’organizzazione bibliotecaria italiana che tuttora presenta una notevole disomogeneità di strutture e di servizi nelle varie zone del paese. Si aggiunga che l’Italia non è un paese di lettori, come emerge dalle indagini condotte dall’ISTAT e recentemente anche dalla Mondadori.
Quali sono le ragioni storiche per cui non abbiamo un sistema bibliotecario vero e proprio? Perché in Italia, in altre parole, non si può parlare di un coinvolgimento pieno della nazione nell’organizzare e promuovere le strutture per la lettura?

Paolo Traniello risponde alla domanda paragonando le origini del sistema bibliotecario dell’Italia unita con quelle della Gran Bretagna, così ben descritte da William StClair nel volume The reading Nation in the Romantic period (Cambridge, Cambridge University Press, 2004). Mentre nei paesi di lingua anglosassone si assiste all’egemonia della classe borghese e all’abolizione della censura – per di più in assenza di un sistema bibliotecario che è sorto solo a metà dell’Ottocento – nel nostro paese, ove da secoli esistevano biblioteche pubbliche, è mancato un comune sentire della lettura per varie ragioni.
Anzitutto per l’atteggiamento critico della Chiesa cattolica nei confronti anche dei modi in cui era stata realizzata la nazione. D’altro canto il movimento socialista non ha sostenuto le biblioteche comunali, ma ha provveduto a creare una propria rete di lettura.
Oltre alla ben nota debolezza intrinseca della cultura borghese italiana, va pure rilevata la notevole presenza massonica con particolare riguardo agli incarichi di Ministro all’istruzione. La mancanza di consenso sulla lettura ha impedito che l’Italia divenisse, almeno nella sua configurazione di società borghese, una “reading nation”, così come è avvenuto in Gran Bretagna in cui la lettura ha influenzato la formazione delle mentalità.
Le vicende storiche ottocentesche, secondo l’analisi di Traniello, possono chiarire la compresenza nel nostro paese del centralismo e del localismo, ancora perdurante, nonché la mancanza dello sviluppo di un solido sistema bibliotecario.

Giovanni Solimine passa a esaminare la situazione attuale della lettura in Italia, soffermandosi sui principali dati delle recenti indagini che confermano un calo dei lettori.
Nell’osservare che la lettura si va sempre più concentrando nelle aree geografiche e socio-culturali più agiate, Solimine ricorda dove e come si concentra la contrazione verificatasi nell’ultimo anno: a leggere di meno sono gli strati più deboli, e infatti i lettori al Sud sono il 24% (erano il 32% solo due anni fa, mentre crescono nelle regioni del Centro e nel Nord del paese); così come diminuiscono tra i maschi (che già leggevano meno delle femmine) e nelle fasce d’età in cui già si leggeva meno (dai 35 anni in su). L’andamento di questo fenomeno è confermato dal fatto che il calo è sensibile anche tra coloro che hanno un grado di istruzione inferiore e una condizione socio-economica più bassa.
Marco Paoli mette in evidenza tuttavia i buoni risultati che emergono dalla consultazione del catalogo collettivo del Servizio bibliotecario nazionale (SBN) a partire dalla metà degli anni ’80. Si tratta di ben 150 milioni di accessi!

2. Luigi Crocetti dopo aver affermato che «la biblioteca è un servizio culturalmente e moralmente doveroso» aggiungeva, nell’introduzione al 34° congresso AIB di Viareggio, che «è un istituto che ha il difetto di non attirare molto l’attenzione».
Come sta cambiando il ruolo delle biblioteche nel panorama odierno caratterizzato da profondi mutamenti sociali e dallo straordinario sviluppo delle tecnologie telematiche?

Giovanni Solimine, riprendendo anche il dibattito sviluppatosi recentemente sulle pagine del «Bollettino AIB», sostiene che le biblioteche sono percepite come marginali perché hanno un impatto ridotto sulla popolazione e perché tendono spesso a concentrare la loro attenzione sul pubblico giovanile, che ha bisogno “transitorio” di servizi bibliotecari, senza essere capace di impiantare una specifica strategia per il pubblico adulto, per chi lavora, per gli anziani, per la famiglia nella sua interezza.
La questione centrale non è quella di trattenere in biblioteca i ragazzi quando diventano più grandi, ma – dando per scontato un calo di interesse tra gli adolescenti – cercare di rimotivarli a diventare utilizzatori dei libri e della biblioteca lungo tutto l’arco della vita. Si tratta di una vera e propria sfida dato che si entra, in un certo senso, in concorrenza con altri consumi culturali. Le biblioteche, e le biblioteche pubbliche di base in particolare, hanno tante “faccette” e non possono essere confinate unicamente in attività a supporto del “piacere di leggere” o di puro svago: esiste, e va sostenuta, una funzione formativa, informativa, legata al “saper fare” e ai vari eventi della vita, legata anche all’inclusione sociale.
A tal proposito è più che mai opportuno riaffermare il ruolo di servizio pubblico delle biblioteche e la loro rilevanza infrastrutturale per la società della conoscenza oltre che per il sistema educativo.

Marco Paoli sottolinea i cambiamenti intervenuti nell’era digitale da parte del pubblico relativamente all’accesso alle informazioni. Al calo della presenza fisica del lettore può accompagnarsi un uso più intenso e mirato delle risorse informative tramite i numerosi OPAC locali e il ricorso ai formati digitali.
Per questo è di estrema importanza l’adozione degli standard e lo sviluppo di corrette procedure di harvesting.

Paolo Traniello, dopo aver premesso la distinzione tra la lettura per diletto personale e quella a fini di studio e conoscenza, richiama le condizioni essenziali per la ricerca.
Sottolinea in particolare, oltre alla rilevanza dell’informazione bibliografica, l’importanza di due altri aspetti fondamentali per gli studiosi: l’incremento e la completezza delle raccolte e l’ampiezza degli orari di apertura delle biblioteche. Lamenta infine la scarsità nel nostro paese di grandi biblioteche di ricerca.

3. Già in precedenza è stato più volte richiamato SBN come modello cooperativo che punti all’integrazione dei servizi. Qual è lo stato dell’arte e quali gli sviluppi?

Marco Paoli afferma che SBN è una rete informativa tra le più rilevanti a livello europeo, con nove milioni e mezzo di dati e trentasette milioni di localizzazioni.
È tuttavia ancora carente per quanto concerne i libri antichi. I tre principali fattori di novità che contrassegnano l’evoluzione di SBN sono rappresentati dalla apertura dell’Indice ad altri applicativi, dall’ingresso del digitale e dall’integrazione delle basi dati. In tale contesto verrà riservato uno spazio maggiore ai materiali speciali e anche alla partecipazione di altri soggetti promotori di progetti mirati (ad esempio Spoglio periodici). Il prestito interbibliotecario, attraverso la procedura ILL SBN, esige di essere potenziato anche tramite azioni specifiche di divulgazione; a tal proposito Paoli annuncia che ai primi di dicembre sarà presentata a Roma la nuova interfaccia di servizio.
Giovanni Solimine e Paolo Traniello riconoscono l’importanza dei servizi forniti da SBN per gli utenti e per lo sviluppo della ricerca.

La conversazione si conclude con l’auspicio che “l’orchestra delle biblioteche italiane”, afferente a diverse amministrazioni, trovi attraverso la cooperazione interistituzionale, che ha già dato ottime prove con SBN, il modo di suonare all’unisono.


Riorganizzare i servizi nazionali
sessione a cura della Commissione nazionale biblioteche e servizi nazionali

Maurizio Messina

La riorganizzazione dei servizi bibliografici e bibliotecari nazionali ha una valenza strategica all’interno della riflessione più ampia che l’AIB sta conducendo su un’ipotesi di riassetto complessivo dei servizi delle biblioteche italiane: il ruolo delle biblioteche nazionali centrali, SBN, la biblioteca digitale italiana, costituiscono alcuni dei pilastri sui quali il sistema nazionale delle biblioteche potrà fondarsi.
Il Comitato scientifico del 54° congresso ha quindi ritenuto di dedicare un’intera sessione alla discussione di questi temi, che sono peraltro all’ordine del giorno nel nostro paese da quasi centocinquant’anni: di organizzazione delle biblioteche nazionali e delle loro funzioni, fra le quali quella di archivio della produzione editoriale nazionale da affidare a una struttura centrale, scriveva infatti Desiderio Chilovi in un saggio pubblicato nel 1857 sul «Politecnico», se ne occupava la Commissione Cibrario, cui erano state affidate funzioni consultive in materia di riordino delle biblioteche governative, proponendo un’organizzazione policentrica che venne poi limitata dal primo Regolamento del 1859; se ne discuteva poi nell’AIB negli anni Settanta del Novecento, con interventi lungimiranti dei presidenti Giorgio De Gregori, che delineava servizi nazionali centrali da ripartire fra le biblioteche di Roma e Firenze con una direzione unitaria, e Renato Pagetti, che ipotizzava un sistema di biblioteche nazionali articolate per discipline e coordinate fra loro, imperniato su una biblioteca nazionale centrale.
Le questioni che erano sul tappeto allora non sono molto diverse da quelle che abbiamo di fronte oggi, ma il contesto generale è completamente cambiato: il modello SBN di cooperazione interistituzionale, i nuovi modi di produzione e circolazione dell’informazione scientifica, le nuove modalità di interazione delle persone con l’informazione registrata e disponibile in rete, la sfida della conservazione digitale, l’evoluzione delle normative non permettono di considerare i problemi con le stesse categorie concettuali e gli stessi strumenti anche solo di dieci anni fa.
Nel dibattito in corso nell’AIB e nei documenti di lavoro fin qui prodotti si è delineata l’ipotesi di una biblioteca nazionale unica ma articolata sia funzionalmente che sul territorio, si è discusso dei servizi nazionali di natura bibliografica e bibliotecaria necessari per il conseguimento degli obiettivi del controllo bibliografico universale e della disponibilità universale dei documenti, nonché dei possibili servizi della biblioteca digitale italiana.

Su questi temi sono stati invitati a intervenire Giovanna Merola, Alberto Petrucciani e Giovanni Bergamin.

Giovanna Merola, identificando in una visione debole del pubblico e dello Stato una delle cause profonde dell’insufficienza dei servizi nazionali nel nostro paese, ha auspicato un coordinamento stretto e una chiara definizione dei compiti fra le due biblioteche nazionali centrali, con l’assunzione di precise responsabilità, come soluzione prioritaria rispetto a un eventuale allargamento della Biblioteca nazionale italiana ad altre biblioteche storiche del Paese. La programmazione dei servizi nazionali deve partire dalla strutturazione e dal consolidamento del livello centrale, che dovrebbe comprendere anche l’ICCU e la Discoteca di Stato e costituire il “nocciolo duro” dei servizi nazionali. Una volta organizzata una struttura centrale forte, sarà possibile definire le alleanze, le regole, e individuare le risorse necessarie a dare concretezza all’infrastruttura estesa per la cooperazione territoriale secondo criteri di razionalità ed economia.
La realizzazione di quanto prescritto dalla recente normativa sul deposito legale avrà un impatto decisivo in questo contesto. La missione della Biblioteca nazionale, inoltre, dovrà comprendere l’attività di ricerca, di sperimentazione, la proposizione di progetti legislativi nei settori di competenza, la costruzione di rapporti e di accordi con altri soggetti amministrativi e con istituzioni culturali, nonché la partecipazione a progetti internazionali.

Alberto Petrucciani ha ricordato come già nel Congresso di Venezia del 1990 l’Associazione avesse ipotizzato una triplice articolazione del sistema bibliotecario italiano: una rete dei servizi nazionali, rivolti anche alle biblioteche, una rete dei servizi di base e una dei servizi per la ricerca, e ha espresso perplessità per ogni approccio (come a suo tempo quello della legge-quadro) che delinei in astratto le architetture organizzative e istituzionali, spesso pretendendo di imporle dall’alto. Il fallimento di questi tentativi può essere valutato economicamente, in termini di costo della mancanza di servizi nazionali efficaci, come già notato anche da Merola, e a ciò si può contrapporre il valore economico della cooperazione, che, pur costosa, appare ricca di benefici collaterali.
In questo senso SBN appare ormai come una realtà consolidata e funzionante, che forse meriterebbe maggiore attenzione dal punto di vista della gestione. I servizi bibliografici nazionali andrebbero strutturati a partire dalle realizzazioni concrete, e fra queste la catalogazione partecipata basata appunto sulla cooperazione sembra una delle più solide. Altrettanto non può dirsi per lo specifico aspetto della costituzione e dello sviluppo delle collezioni, attività non banale e generalmente sottovalutata, e tanto più nell’ambiente digitale.
Anche la produzione culturale va considerata come specifico compito delle biblioteche che realizzano i servizi nazionali, valorizzando in quest’ambito i rapporti con le istituzioni della ricerca.

Giovanni Bergamin, dando per acquisita l’esigenza di una maggiore integrazione fra le due biblioteche nazionali centrali come necessaria premessa della costituzione della Biblioteca nazionale d’Italia, ha illustrato alcune soluzioni organizzative e tecnologiche concrete, ovvero non solo progettate ma in via di effettiva realizzazione, coerenti con quegli obiettivi:
• il progetto Magazzini digitali, che prevede la realizzazione di un sistema comune per la gestione di un servizio pubblico di conservazione e fruibilità permanenti dei materiali digitali che pervengono alle due biblioteche in base alla normativa sul deposito legale, attraverso la costituzione di depositi digitali certificati;
• all’interno del precedente, un progetto specifico relativo al deposito delle tesi di dottorato;
• un applicativo comune alle due biblioteche per la gestione integrata dei fascicoli dei periodici. Il senso dell’intervento era quello di dimostrare il ruolo delle tecnologie nel processo di consolidamento di una struttura centrale integrata dei servizi nazionali.

Alle tre relazioni ha fatto seguito un ampio e vivace dibattito, con numerosi interventi da parte del pubblico, che ha ruotato intorno ai temi del rapporto fra centralismo e cooperazione, del ruolo delle regioni con particolare riferimento al deposito legale, e ha dato modo, fra l’altro, a Merola di illustrare il testo del nuovo Regolamento di riorganizzazione del MiBAC, e a Bergamin di lanciare con naturalezza una proposta tanto semplice quanto carica di significati e implicazioni, e che davvero ci si può augurare di vedere realizzata al più presto: la costituzione di un unico Polo SBN delle due biblioteche nazionali centrali.
Un po’ in ombra, al contrario, è rimasto il tema dell’articolazione locale delle strutture della Biblioteca nazionale d’Italia.


Quali servizi per quali cittadini
sessione a cura della Commissione nazionale biblioteche pubbliche

Maria Stella Rasetti

La sessione parallela “Quali servizi per quali cittadini” è stata coordinata da Maria Stella Rasetti, direttrice della Biblioteca comunale di Empoli, che ha proposto ai partecipanti alla tavola rotonda di affrontare lo stato dell’arte delle biblioteche pubbliche in Italia, tenendo conto della impossibilità pratica di ricostruire un quadro leggibile della situazione.
Frammentazione e disomogeneità non segnano solo le distanze tra Nord e Sud, ma in moltissimi casi caratterizzano i destini delle biblioteche di comuni vicini: l’uno disposto a fare investimenti anche significativi a favore della biblioteca, l’altro del tutto assente su questo fronte. In un contesto così faticoso e difficile, i bibliotecari sono alle prese con una nuova “crisi” della biblioteca pubblica: l’ultima, in ordine di tempo, delle tante riscritture dell’identità della biblioteca che nel corso degli anni hanno permesso alla professione di trovare sempre nuovi adattamenti a una realtà in rapido movimento.

Franco Mercurio, direttore della Biblioteca provinciale di Foggia, ha ricordato come, a quarant’anni dalla delega alle Regioni e a vent’anni dalle Tesi di Viareggio, la tanto invocata politica nazionale per le biblioteche non sia ancora decollata, causando un vuoto che oggi si traduce nell’assenza di standard comuni e di metodi di valutazione dei servizi che li rendano comparabili e confrontabili fra loro.
Affinché le biblioteche possano offrire risposte credibili rispetto ai più significativi fenomeni in atto nella società italiana (invecchiamento, ingresso ritardato nel mondo del lavoro, globalizzazione, immigrazione), i bibliotecari sono chiamati a uscire dal proprio isolamento professionale e a confrontarsi con altri professionisti (medici, educatori, operatori turistici e commerciali, operatori dell’ente locale ecc.) per infrangere le barriere che ancora li tengono separati dall’utenza e per liberarsi una volta per tutte dalla tentazione, ancora oggi purtroppo molto forte, della “conservazione”.
Le Linee di politica bibliotecaria per le autonomie (peraltro richiamate più volte anche dagli altri partecipanti alla tavola rotonda) volevano essere una risposta convincente in termini di coordinamento fra autonomie locali, ma di fatto non sono mai decollate.

Igino Poggiali, presidente dell’Istituzione Biblioteche di Roma e direttore della Biblioteca civica di Lugo di Romagna, ha letto in controluce bibliotecaria il tema dell’energia e della sua rinnovabilità, sottolineando la crisi nella quale versano tutti i sistemi in Italia, da quello universitario a quello industriale, e attribuendola alla paura del Paese di guardarsi allo specchio, rinunciando alla politica.
In questo contesto, diventa strategico che i bibliotecari giochino le proprie carte sul fronte delle alleanze sul territorio, intervenendo ad esempio nelle dinamiche di riqualificazione urbana, e nel contempo puntando a stare nel vivo delle questioni sociali, come l’energia, l’AIDS, l’identità europea. La stessa IFLA sottolinea come le biblioteche debbano farsi interpreti degli obiettivi del World Summit sulla società dell’informazione.

Sergio Conti, dirigente del Comune di Monza, centra invece la propria attenzione su un dato oggettivo che i bibliotecari tendono a rimuovere: il 90% dei cittadini rimane fuori dalla soglia della biblioteca, che invece si propone di offrire servizi a tutti. Facendo riferimento a una indagine in profondità condotta sugli utenti di Monza, dalla quale è emersa l’altissima “mortalità” nell’uso dei servizi, egli ha sviluppato la propria riflessione sulla divergenza tra servizi erogati dalle biblioteche e bisogni effettivi dei cittadini.
Le biblioteche non risultano capaci neppure di godere dello straordinario vantaggio competitivo rappresentato dalla gratuità dei servizi, perché non sanno adattarsi alle esigenze e ai bisogni della gente.
Anche nella progettazione di nuove sedi, si rilevano più e più casi di soluzioni nate già vecchie: delle vere e proprie occasioni mancate. Il bibliotecario ha la responsabilità di ideare un nuovo modello di biblioteca, che sia luogo di socialità attiva (ove le relazioni sono impostate sullo scambio, sulla conoscenza reciproca, sul contatto, e non sul consumo) e assieme centro culturale, capace di rompere il proprio isolamento, andare alla ricerca di alleanze ed elaborare strategie cooperative di coordinamento e sviluppo dei servizi e delle risorse.

Patrizia De Pasquale, responsabile della Sezione Ragazzi della Biblioteca civica di Scandicci, ha incentrato le proprie considerazioni sullo specifico segmento di pubblico rappresentato dagli adolescenti, che solo sporadicamente sono individuati come portatori di bisogni specifici. In Italia, a differenza di quanto avviene ad esempio negli Stati Uniti, non si sono ancora sviluppate pratiche di servizio e riflessioni su questa categoria di persone, che frequentemente, dopo essere stati forti lettori da bambini e ragazzi, sviluppano l’idea che in biblioteca non ci sia più niente di interessante per loro.
Per le biblioteche pubbliche italiane è importante creare una rete di esperienze che metta in comune le riflessioni e le attività in atto, uscendo dalla logica perversa che vede le biblioteche rapportarsi agli adolescenti in termini di iniziative sporadiche di promozione, senza intaccare in misura significativa a loro favore i programmi e i servizi erogati.
La formazione professionale può fare la differenza, soprattutto se saprà orientarsi all’utente come vero e proprio core business della biblioteca.

La partecipazione del pubblico ai lavori della tavola rotonda è stata ricca e attiva: prova ne sia che è stato sforato di oltre 20 minuti il tempo massimo assegnato alla sessione.
Numerose le sollecitazioni dei colleghi che sono intervenuti, ciascuno a sottolineare una o più delle criticità affrontate dai relatori. Tra i temi toccati, la qualità delle esperienze degli utenti nell’uso della biblioteca, la centralità della cooperazione come integrazione di servizi, la necessità di mettere a fuoco un modello credibile e riconoscibile di biblioteca pubblica.


I servizi bibliotecari per la didattica e la ricerca
sessione a cura della Commissione nazionale università e ricerca

Guido Badalamenti

All’inizio dei lavori preparatori del Convegno, il Comitato scientifico si era posto il problema se fosse opportuno organizzare delle sessioni parallele dedicate all’approfondimento di temi di interesse trasversale, rivolte a tutti i bibliotecari, o fosse più opportuno organizzare, come negli anni precedenti, alcuni spazi per la discussione di temi di interesse specifico, dedicati ai bibliotecari che operano all’interno di specifiche tipologie di biblioteche.
La scelta del Comitato scientifico di continuare nel modo consueto ha avuto un risultato decisamente incoraggiante, tanto da far pensare che sia un format ormai consolidato e da considerare se possa essere utile dedicare spazi ancora più lunghi alle sessioni parallele, di settore.
Questo non vuol assolutamente dire che non siano importanti, durante il convegno, delle sessioni dedicate a tematiche di interesse comune ma, sia durante la sessione, sia nelle discussioni lungo il “corridoio dei passi perduti”, è emersa la necessità, sentita da molti, di discutere e approfondire anche all’interno dell’AIB temi professionali che abitualmente sono oggetto di congressi o seminari di settore.
Le due cose non sono tra loro in contraddizione ma sembrano piuttosto complementari: se la discussione comune in assemblea plenaria, di un tema di interesse trasversale, può servire a un utile confronto e alla conoscenza reciproca sull’operato delle diverse tipologie di biblioteche (così come è avvenuto durante la sessione in cui i rapporteurs delle sessioni parallele hanno messo in comune i temi che hanno caratterizzato le discussioni precedenti), la sessione riservata consente un maggiore approfondimento delle problematiche interne, degli aspetti gestionali e anche delle contraddizioni insite nella struttura universitaria, piuttosto che nelle biblioteche pubbliche, statali ecc.
La partecipazione alla sessione delle università è stata particolarmente alta e si è raggiunto il numero di circa 230 presenze, sui 570 partecipanti al convegno, di cui molti giovani, segno del rinnovamento che si è avuto in questi anni nelle biblioteche e di un interesse forte per i contenuti della professione.

In un convegno che aveva per tema conduttore il Sistema bibliotecario nazionale, si sono individuate alcune problematiche, tra quelle oggetto del lavoro in università, che potessero servire meglio a indagare, a dare corpo a tre ambiti d’indagine: l’identità del sistema bibliotecario di ateneo, le caratteristiche operative di un sistema bibliotecario delle università, il ruolo e i contributi che può portare il sistema bibliotecario delle università nell’ambito di un nuovo Sistema bibliotecario nazionale.
In particolare, sul sistema bibliotecario di ateneo sono intervenuti Giulia Maraviglia, dell’Università di Firenze e Maurizio Di Girolamo, dell’Università di Milano Bicocca.
Per quanto riguarda le funzioni che un Sistema bibliotecario delle università può assumere nell’ambito di un nuovo Sistema bibliotecario nazionale, abbiamo avuto gli interventi di Antonio Scolari dell’Università di Padova e di Paolo Bellini dell’Università di Trento. Luca Bardi del Politecnico di Milano, infine, ha presentato luci e ombre di alcune tipologie di cooperazione tra i sistemi bibliotecari delle università.

Nell’organizzazione della sessione, si è ritenuto utile invitare non solo degli esperti sui vari temi trattati, ma si è chiesta la collaborazione dei coordinatori e dei dirigenti dei diversi sistemi bibliotecari poiché si è ritenuto potessero aggiungere una connotazione in più alla discussione, in funzione delle loro specifiche responsabilità gestionali e potessero quindi far emergere con più vigore la complessità e le ricadute organizzative che certe tematiche hanno nel complesso delle attività e delle procedure di un sistema bibliotecario di ateneo.
Si è preferito non condizionare la scelta degli oratori a un’adeguata rappresentazione geografica di tutto il Paese, né si sono rispettate “quote” che potessero rappresentare tutte le realtà dal Nord al Sud. Si è invece chiesto agli oratori (scelti sulla base delle esperienze specifiche che avevano maturato) di avere un approccio alto e di non limitarsi alla presentazione di esperienze specifiche di ateneo, ma di cercare di inquadrare le diverse problematiche in un contesto più ampio, di respiro nazionale.
Tale obiettivo sembra sia stato felicemente raggiunto anche tramite il ricorso a interviste e indagini qualitative condotte sulle liste di discussione, o con conversazioni telefoniche dirette, che hanno consentito di rappresentare uno spaccato abbastanza significativo del modo in cui i diversi atenei italiani si pongono di fronte ai temi in discussione. In breve sintesi (i contenuti della sessione sono disponibili in AIB-WEB) indichiamo i principali temi che sono stati affrontati.

Giulia Maraviglia ha presentato un quadro molto esaustivo delle problematiche, le criticità, le contraddizioni insite nell’organizzazione dei sistemi bibliotecari di ateneo, indagando gli aspetti dell’organizzazione sistemica che caratterizzano meglio lo sviluppo e la crescita professionale all’interno delle biblioteche, ma con un occhio attento alle relazioni con gli altri settori dell’amministrazione, alle reciproche influenze, alla visibilità e il ruolo che il settore delle biblioteche può svolgere all’interno della politica degli atenei.
La relazione si è caratterizzata per una chiara individuazione dei punti di debolezza, ma anche dei punti di forza su cui far leva per una maggiore consapevolezza delle prospettive di sviluppo, da un punto di vista gestionale.
Leve che la Maraviglia ha individuato nello sviluppo delle relazioni interne (il flusso comunicativo tra le diverse strutture di ateneo), nella qualità del rapporto con gli organi di governo dell’ateneo, nell’attenzione al rapporto con il territorio, nella cooperazione interistituzionale, nella partecipazione ai contesti consortili e infine nell’appartenenza a un Sistema bibliotecario nazionale.

Maurizio Di Girolamo, nel presentare i risultati di un’indagine svolta tra i responsabili dei sistemi bibliotecari dei nostri atenei, ha cercato di esaminare il significato e la traccia che l’attività di misurazione lascia nell’organizzazione e nella gestione dei nostri sistemi.
Particolare eco ha avuto la stigmatizzazione dell’ampia percentuale di tempo dedicata alla raccolta dei dati, a fronte della scarsa attenzione rivolta all’esame dei risultati e alla loro rielaborazione, determinata da mancanza di tempo e da difficoltà legate al contesto lavorativo in cui si opera.
La relazione ha evidenziato con forza l’importanza di condividere insieme con gli altri atenei i risultati cui si è giunti, individuando nella cooperazione e nella pubblicizzazione delle buone pratiche uno degli aspetti più significativi e vincenti del processo di valutazione.

Antonio Scolari si è concentrato sull’analisi della mission del sistema bibliotecario di ateneo, con particolare riferimento allo sviluppo delle tecnologie, indagando gli ambiti di competenze che sono richieste ai bibliotecari, le professionalità che devono essere sviluppate e i settori in cui tali competenze devono essere spese, recuperando un ruolo sempre più attivo ai Sistemi bibliotecari nel supporto della ricerca e della didattica.
Scolari ha anche cercato di individuare i settori tecnologici su cui è opportuno investire nuove energie, cominciando con una trasformazione dei cataloghi che devono divenire sempre più parte di un sistema multiplo di ricerca.
Infine, particolarmente preziosa è risultata la presentazione di uno studio da cui emerge con chiarezza il divario tra il modo in cui i bibliotecari percepiscono la propria professionalità e le aspettative, le professionalità, che vengono richieste dai nostri utenti accademici.

Paolo Bellini ha individuato i punti di forza e le debolezze dei vari settori disciplinari nel popolamento dei repository istituzionali, inquadrando il contesto nazionale nell’ambito del dibattito internazionale. L’analisi dei nuovi strumenti di misurazione e valutazione della ricerca, che si affiancano agli strumenti ormai più noti e in uso, ha fornito un’analisi precisa dei compiti, delle professionalità e dei percorsi formativi che sono necessari all’interno di un Sistema bibliotecario.
Particolarmente interessante è risultata l’analisi delle interrelazioni tra il Sistema bibliotecario e gli altri “attori” con cui è necessario cooperare per la realizzazione di un progetto efficace di archiviazione e disseminazione della produzione scientifica prodotta in ateneo, cercando di rendere quanto più possibile naturale l’approccio da parte dei ricercatori.

Luca Bardi, infine, ha ricostruito e ripercorso le diverse tappe delle politiche di acquisto che le biblioteche hanno affrontato nel corso di questi ultimi anni, con particolare attenzione ai contenuti, alle metodologie di negoziazione e agli strumenti di supporto dell’attività di acquisizione.
Grazie a un’indagine condotta con un campione di utenti e fornitori, Bardi ha descritto, accanto alla situazione attuale, le linee di tendenza delle politiche di acquisizione, ma ha anche evidenziato le principali criticità, che ha così riassunto: Open Access, forte concorrenza tra gli operatori del settore e scarsa tendenza all’aggregazione, poca internazionalizzazione, debole conoscenza delle implicazioni giuridico-amministrative dell’attività negoziale, problematicità del modello aggregativo.
In conclusione, sono state indicate alcune “buone norme” per un’evoluzione del processo, basate su un approccio creativo, un’aggregazione a geometria variabile, un maggiore stimolo della competitività tra i fornitori a livello nazionale e internazionale.

I lavori della sessione sono stati arricchiti da un importante contributo derivante dal dibattito finale, durante il quale sono intervenuti bibliotecari e operatori del settore, e che ha consentito di approfondire vari punti e di estendere l’analisi a una valutazione più ampia delle problematiche che le biblioteche universitarie devono affrontare, ivi incluso quello della formazione come strumento del cambiamento. Un altro significativo aspetto che è emerso è quello del divario Nord-Sud, in termini di costituzione o consolidamento dei sistemi bibliotecari, di partecipazione alle attività consortili, di diffusione dell’informazione.
Da parte di tutti è stata sottolineata l’esigenza di continuare l’approfondimento dei temi trattati, ribadendo l’esigenza di una cornice sistemica a livello nazionale che serva come stimolo per le realtà dove i sistemi bibliotecari di ateneo sono meno strutturati e serva a dare identità e maggiore visibilità all’insieme delle biblioteche accademiche, nel contesto di un Sistema bibliotecario nazionale.


Cooperare nella diversità

Tommaso Giordano

Nell’introdurre i lavori della sessione plenaria dedicata alla cooperazione, Tommaso Giordano ha sottolineato la centralità di questo tema nel mondo della comunicazione in rete, caratterizzato da un sempre più alto livello di interattività.
Nell’economia dell’informazione, principalmente basata su servizi e su tipi di lavoro immateriali, la cooperazione è – per dirla con le parole di un noto politologo – “completamente immanente alla stessa attività lavorativa”.
In altre parole, se fino a dieci anni fa la cooperazione appariva ancora come una scelta, una opportunità o anche una necessità, e riguardava alcuni settori della biblioteca, oggi la “cooperazione è il lavoro stesso” e coinvolge tutte le funzioni e le componenti della biblioteca, nessuna esclusa. La cooperazione è un approccio che mal sopporta le settorializzazioni, travalica gli schemi tradizionali in cui sono state incasellate le biblioteche, erode – ancora troppo lentamente per nostra sfortuna – le rigidità burocratiche, e mette in crisi i meccanismi gerarchici.

La cooperazione, ai tempi della rete, è “naturalmente” trasversale, dinamica e in continua evoluzione. Per questo – ha puntualizzato Giordano – ad alcuni è apparsa limitativa l’impostazione in parte settoriale (tipologica) del programma di questo stesso Congresso, con il rischio di ridurre il dibattito in schemi virtualmente superati.
Ma d’altra parte queste sfasature riflettono una realtà effettiva, che è quella contraddittoria e incerta della fase di transizione. Perciò è stata saggiamente prevista questa sessione plenaria, per cercare di ricondurre gli approfondimenti settoriali delle sessioni parallele in un ambito intersettoriale, al fine di individuare interrelazioni e approcci più complessivi.
Uno dei compiti, non facile per la verità, dei relatori di questa sessione è di far affiorare aree di cooperazione, convergenze, obiettivi e percorsi comuni tra settori, specializzazioni e professionalità apparentemente distanti.

Donatella Lombello (Commissione nazionale Biblioteche scolastiche) ha evidenziato i temi principali intorno ai quali si è imperniato il dibattito della sessione intitolata “La biblioteca scolastica per la next generation”. In particolare ha esposto e commentato, offrendo spunti per ulteriori approfondimenti, le linee metodologiche emerse in relazione ai percorsi di promozione della lettura e della ricerca realizzati in alcune biblioteche operanti in aree e contesti socio-culturali molto diversi fra loro.
Nonostante manchi in Italia la legge istitutiva della figura professionale del bibliotecario documentalista scolastico – ha proseguito la Lombello – gli insegnanti intervenuti (tutti impegnati in classe, tranne un caso) hanno dato dimostrazione del possibile svolgimento di attività regolari nelle biblioteche scolastiche, attività svolte con professionalità acquisita in corsi e master spesso voluti dallo stesso Ministero della pubblica istruzione, e consentite grazie alle risorse “liberate” dall’essere in rete non solo con altre biblioteche scolastiche, ma anche con le biblioteche pubbliche (catalogazione derivata e partecipata; razionalizzazione degli acquisti; condivisione di prestiti e di altri servizi).

A Isolina Baldi (Commissione nazionale Biblioteche e servizi nazionali) è toccato il compito di fare il punto “dell’appassionato dibattito” svoltosi nella sessione dedicata a “Riorganizzare i servizi nazionali”.
È improcrastinabile – ha detto la Baldi, riferendo quanto è emerso dalla discussione – coordinare le due biblioteche nazionali centrali, Firenze e Roma, nuclei della futura Biblioteca nazionale d’Italia con gli altri istituti centrali coinvolti nel deposito legale, e prevedere quindi servizi bibliografici e bibliotecari nazionali di alto livello, di cui possano avvalersi tutte le biblioteche pubbliche. Sono già in corso collaborazioni su progetti specifici fra le due Nazionali (magazzini digitali, tesi di dottorato, gestione dei periodici).
Può aiutare anche unificare il lavoro della BNCF e BNCR in un unico polo SBN. Occorre comunque – ha continuato la relatrice – organizzare la cooperazione, distribuire i compiti e creare un’architettura più funzionale anche in SBN, strumento prezioso di cooperazione. È necessario perciò ottenere risorse, assumere e formare bibliotecari ma anche spendere meglio, in modo coordinato per non dissipare risorse. Unificare quindi la contrattazione per i diritti sul digitale e le politiche di conservazione di questo tipo di editoria. Occorre far uscire tali questioni dal circolo degli addetti ai lavori e farne una grande questione culturale. È necessario anche che le biblioteche siano consapevoli di produrre cultura e, specie quelle preposte a servizi nazionali, collaborino con i centri di studio e della ricerca. I modelli della British Library e del sistema francese, nonché quello tedesco, inducono a sollecitare servizi centrali forti e coordinati, e a evidenziare compiti per cui le diverse specificità delle biblioteche italiane possono risultare preziose.
Un’occasione per questo sarà – ha concluso la Baldi – la gestione della riforma del Ministero per i beni e le attività culturali e dell’architettura nata dalla nuova legge sul deposito legale, con i due tipi di archivi delle pubblicazioni, quello nazionale e gli archivi regionali. Si ritiene necessario e indispensabile coltivare la collaborazione anche con il mondo dell’editoria.

Stefano Parise (Commissione nazionale Biblioteche pubbliche) ha riferito sulla sessione dal titolo “Quali servizi per quali cittadini”. Il tema dell’orientamento all’utente ha stimolato i relatori a riflettere sui cambiamenti che hanno investito le biblioteche pubbliche negli ultimi anni, determinando – ha sottolineato Parise – l’esigenza di ripensarne l’identità e il ruolo alla luce delle mutate esigenze e priorità dell’utenza.
L’attenzione alle esigenze e ai bisogni del pubblico, specie di particolari categorie poco presenti (come, ad esempio, i cosiddetti “giovani adulti”), è apparsa, a giudizio del relatore, una priorità per conquistare nuovi utenti e consolidare quelli attuali.
Le strategie proposte vedono nella cooperazione a vari livelli uno strumento irrinunciabile: come capacità di stringere alleanze con altri istituti e altre professioni, come volontà di dialogo e di collaborazione fra istituzioni locali, come capacità – ha concluso Parise – di elaborare forme di coordinamento e sviluppo di servizi e risorse che rompano l’isolamento in cui, spesso, i bibliotecari si trovano a operare.

I lavori della sessione dedicata ai servizi per la didattica e per la ricerca sono stati illustrati da Rossana Morriello (Commissione nazionale Biblioteche delle università e della ricerca).
Le relazioni e “l’acceso dibattito” che ne è seguito hanno evidenziato come prima cosa l’interesse delle biblioteche di università per il tema della cooperazione (testimoniato anche dall’ampia partecipazione alla sessione, con circa 250 persone presenti in sala). Ne è emersa la necessità – ha rilevato la Morriello – di definire meglio ambiti e procedure della cooperazione, prima di tutto tra le biblioteche universitarie che hanno una certa tradizione di cooperazione su certi fronti (come i consorzi per l’acquisizione delle risorse elettroniche), ma spesso in assenza di una progettualità di lungo termine.
Appare quindi senz’altro necessario un sistema bibliotecario nazionale, inteso prima di tutto come un sistema bibliotecario nazionale delle università, che consenta loro di definire meglio la propria natura e le proprie finalità, ma aperto a collaborare con le altre realtà bibliotecarie (pubbliche, nazionali).
Nello specifico – ha concluso la Morriello – i temi che sono emersi come richieste a questo sistema bibliotecario nazionale accademico sono (ricordando che già si è avviata una forma di coesione con il Gruppo di coordinamento per l’accesso alle risorse elettroniche (CARE) per l’acquisizione delle risorse elettroniche):
• miglioramento e rafforzamento dei flussi, innanzitutto comunicativi;
• monitoraggio e valutazione (sulla scia di quanto avviato dal GIM) su atenei e consorzi;
• sostegno e implementazione della ricerca e diffusione dell’informazione scientifica, soprattutto tramite i nuovi strumenti come l’Open Access;
• razionalizzazione delle risorse;
• sostegno alle biblioteche per stare al passo con i cambiamenti della ricerca e della didattica;
• sviluppo dell’interoperabilità per favorire il dialogo anche con altre realtà;
• supporto alla progettualità.

Alcuni temi evidenziati dai relatori sono stati ripresi nel corso del dibattito, al quale sono intervenuti diversi colleghi presenti in sala tra i quali Sandra di Majo e Lalla Sotgiu.
Nel concludere i lavori della sessione, Giordano ha evidenziato l’esigenza di un approccio alla cooperazione su una dimensione più vasta, che si collochi oltre la cooperazione interbibliotecaria tradizionale.
Un metodo di lavoro più interattivo, che sull’onda della rete sia in grado di individuare nuove rotte e nuovi interlocutori: dagli archivi ai musei, dal mondo della scuola agli autori e agli editori, dalle professionalità della produzione e comunicazione culturale alle nuove generazioni di utenti, in quanto soggetti e non semplici fruitori della rete.
La cooperazione – ha concluso Giordano riprendendo un intervento di Giulia Maraviglia – non esclude i corsi di laurea in biblioteconomia, la cui ridondanza unita alla scarsità di risorse rischia di pregiudicare lo sviluppo di un sistema formativo efficace, al passo con i tempi.


Prima il dovere poi il piacere:
una cena offerta da ABACO al Castello del Bisarno

Giovanna Frigimelica

Durante i giorni del congresso, oltre all’attività scientifica, si sono tenuti anche dei momenti associativi più conviviali.
La prima sera, ospitati nel Palazzo della Signoria, si è svolta la tradizionale cena sociale, a cui hanno partecipato oltre cento ospiti tra cariche dell’AIB e soci o amici.
La sera del 7, invece, il presidente della ditta Abaco, Luigi Lavezzari, insieme a sua figlia Giovanna, ha organizzato una cena presso il Castello del Bisarno, un magnifico edificio risalente al ’300. Il castello fu costruito nella pianura un tempo circondata da due tratti dell’Arno, da quello attuale e da un Bisarno che scorreva lungo la Via delle Lame.

La villa, di proprietà della famiglia Capponi, nell’Ottocento fu ceduta a Luigi Beccari, padre di Odoardo, famosissimo naturalista, studioso delle flore di paesi esotici allora per lo più sconosciuti. Alcune piante furono introdotte anche nel giardino, dove convivono specie esotiche (sopratutto palme), una notevole collezione di agrumi e uno dei cactus più alti d’Europa. Nell’organizzare la cena presso il Castello, l’intento della famiglia Lavezzari era di far passare ai bibliotecari riuniti per il loro congresso nazionale una serata piacevole e diversa, ed è esattamente quello che è successo.
L’ospitalità impeccabile, lo splendido scenario, l’ottima cena e perfino la musica dal vivo hanno allietato circa un centinaio di ospiti, tra cui i membri del CEN, i presidenti regionali, gli ospiti stranieri e molti partecipanti al congresso. Con l’occasione sono stati presentati alcuni prodotti nuovi di arredamento per biblioteche dalle società Eurobib BCI e distribuiti in Italia da Abaco Forniture.
Ovviamente le richieste di partecipazione erano state molto più alte dei posti effettivamente disponibili, cosa che non ha consentito a tutti gli interessati di partecipare alla serata.

Speriamo di riuscire a trasmettere un po’ della magia della serata anche a chi non era con noi. Ci fossero più spesso serate come quella! Troppo di rado si ha l’occasione di parlare e confrontarsi con colleghi che spesso conosciamo solo come autori di pubblicazioni o di messaggi nella lista di discussione professionale.
Inoltre è piacevole, in giorni così frenetici e intensi come quelli del congresso, potersi rilassare con una serata così piacevole e ben riuscita.


Verso un sistema bibliotecario italiano

Chiara Silla

La sessione è stata aperta da Chiara Silla, che ha posto l’accento su alcuni temi emersi nel corso delle precedenti sessioni.
È stata evidenziata l’assenza delle biblioteche dal dibattito nazionale, ma, d’altro canto, emerge anche la necessità di inquadrarne le problematiche nel più vasto sistema dell’educazione. Vengono spesso citati i dati insoddisfacenti relativi alla lettura in Italia, ma le statistiche mostrano anche i livelli ancora sensibili dell’analfabetismo, della mancanza di scolarizzazione, di abitudini culturali in genere: nonostante la sua assoluta rilevanza, il tema della qualificazione del capitale umano è di fatto il grande assente dall’agenda politica italiana.
Si è spesso ripetuto che «la principale caratteristica del sistema bibliotecario italiano è quella di non essere un sistema». Le biblioteche si richiamano con forza all’idea di servizio pubblico e alla centralità dell’utente, che ha il diritto di poter accedere alle informazioni e ai documenti in qualunque parte del territorio nazionale, a prescindere dall’appartenenza giuridica delle istituzioni.
Questo rende inevitabile ragionare in termini di sistema, implica l’esigenza di un forte coordinamento, che fornisca indirizzi comuni e standard per l’integrazione fra amministrazioni diverse, e porta con sé la necessità di disporre di servizi nazionali validi, che forniscano l’infrastruttura di riferimento per l’intero sistema.
SBN, che costituisce senza dubbio una esperienza di cooperazione interbibliotecaria di assoluto rilievo, sta entrando in una fase estremamente importante: l’apertura ai software non nativi darà non solo nuovo slancio al progetto (solo in Toscana stanno per entrare in SBN circa 150 biblioteche) ma, auspicabilmente, consentirà di riportare l’attenzione dalle problematiche dell’automazione a quelle dei servizi collegati.

Tema fondamentale anche quello del digitale: in attesa della definizione di una politica nazionale in questo settore, occorre evitare il rischio della dispersione di risorse, di autoreferenzialità, di investimenti non calibrati sulle effettive possibilità di mantenimento dei prodotti nel tempo. Si avverte la necessità di un’infrastruttura nazionale per la conservazione digitale che operi in un forte collegamento con i livelli regionali (a iniziare dal progetto di magazzini digitali che stanno sviluppando le biblioteche nazionali).
Può essere inoltre utile richiamare l’architettura disegnata dalla legge sul deposito legale che, nonostante le farraginosità, introduce un modello importante di condivisione di funzioni nazionali tra livelli istituzionali diversi, che sta avendo declinazioni anche più articolate nelle diverse Regioni.
Se queste sono alcune delle problematiche del livello nazionale, non meno complesse sono quelle relative alla cooperazione a livello territoriale, dato che esistono ancora Regioni prive di una legge sulle biblioteche.
La disomogeneità dei sistemi locali è un problema che chiede di essere affrontato, non dimenticando che la cooperazione non è un dato scontato, anche tra biblioteche omogenee come quelle pubbliche.
Va infine ricordato il documento sulle Linee di politica bibliotecaria per le autonomie, che individua in maniera chiara e definita i livelli della programmazione e gli strumenti sottostanti. Da tempo non è più attivo il Comitato nazionale che era stato istituito e aveva anche dato vita a gruppi di lavoro su argomenti rilevanti (in particolare sui profili professionali e sulla formazione, un tema determinante per l’intero sistema nazionale, dato il processo di “estinzione” dei bibliotecari tanto nelle biblioteche statali che in quelle pubbliche).
Appare necessario rimettere in funzione il Comitato, superando le impasse di carattere esclusivamente procedurale che sembrano averlo bloccato.

Claudio Leombroni, per affrontare il tema del sistema nazionale bibliotecario, è partito da un richiamo al lessico: non si deve dimenticare che “nazionale” non vuol dire “statale” e che “sistema” non coincide con “servizio”: il sistema fa riferimento a un ambiente, implica una condivisione di obiettivi, una infrastruttura, un insieme di servizi erogati a vantaggio dell’utente. Questo tipo di sistema è caratterizzato dalla compresenza di autonomie e identità, da forti complessità – che appartengono anche a ciascuno dei singoli attori – e richiede politiche pubbliche coerenti con questa impostazione, focalizzate essenzialmente su tre obiettivi:
1) mettere in grado i bibliotecari di fare efficacemente il loro lavoro, senza essere imbrigliati da lacci e lacciuoli;
2) assecondare la cooperazione bibliotecaria, che ha spesso dinamiche autonome, che non devono essere irrigidite da confini amministrativi ma essere correlate a specificità ed esigenze degli utenti;
3) porre l’utente al centro di tutto.

I temi di maggiore rilievo per lo sviluppo del sistema bibliotecario nazionale possono essere così sinteticamente individuati:
a) finanziamenti: non è pensabile che si possano istituire nuovi servizi senza maggiori oneri (valga ad esempio per tutti la legge sul deposito legale);
b) il comparto locale: le biblioteche pubbliche sono a carico dei Comuni, le cui difficoltà finanziarie sono ampiamente note; le Regioni, a loro volta, non dispongono di risorse sufficienti. È quindi indispensabile attivare forme e meccanismi di concertazione e, a questo proposito, appare necessario rilanciare in maniera convinta gli strumenti individuati dalle Linee di politica bibliotecaria per le autonomie;
c) un nuovo patto costitutivo di SBN: è necessario corresponsabilizzare tutti i livelli istituzionali e quindi chiamare negli organi di governo SBN anche gli enti locali nelle loro espressioni associative;
d) razionalizzazione: è indubbio che vi sia un problema sui servizi nazionali gestiti dalle biblioteche nazionali, ma – dal momento che l’attività di questi istituti riguarda funzioni nazionali che interessano tutte le biblioteche – sarebbe necessario che il tema fosse oggetto di un dibattito pubblico. L’intervento di razionalizzazione più rilevante dovrebbe riguardare proprio le due biblioteche nazionali: è necessario valutare quali servizi è utile e opportuno gestire a livello centrale e in che modo, e quali invece assegnare a livelli diversi del sistema. Per quanto concerne i servizi locali, l’attenzione alle esigenze di razionalizzazione tende a essere più diffusa; a questo proposito, vanno ricordati i buoni risultati prodotti dalle “gestioni associate”, che meritano di essere incentivate;
e) biblioteche scolastiche: rappresentano un tema di grandissima importanza; non è degno di un paese civile che non siano previste istituzionalmente le figure dei bibliotecari scolastici;
f) campagna nazionale per le biblioteche: anche questo è un tema che riguarda l’intero sistema bibliotecario, e che occorre presidiare attentamente;
g) riorganizzazione di SBN: si chiede che consista in una struttura di servizi e non in un agglomerato di software, e che integri pienamente il digitale.
Concludendo, va sempre fortemente richiamata l’idea del servizio e quella della centralità dell’utente, che postulano la definizione di una policy di accesso ai servizi del sistema nazionale così come è stato fin qui delineato.

Luciano Scala è intervenuto, in un primo giro di tavolo, asserendo di non condividere l’impostazione pessimista di chi sembra prospettare un’immagine del sistema bibliotecario italiano come quello di una congerie di strutture incapaci di lavorare insieme.
Non bisogna dimenticare quanti progressi sono stati fatti negli ultimi venti anni – a cominciare dal numero di nuove biblioteche che sono state realizzate – e quali positivi risultati siano stati raggiunti mettendo a frutto le modeste risorse disponibili. L’Italia si presenta al convegno IFLA con standard di servizi elevati, perché la nostra capacità organizzativa è stata molto superiore a quella di altre nazioni, e con un modello di sistema nazionale non centralizzato e fortemente diffuso, capace anche di supportare e valorizzare tante piccole biblioteche.
In relazione alla campagna nazionale di promozione, rileva che non solo esiste già e sta dando ottimi risultati, ma è anche il frutto di un grande lavoro di coordinamento, soprattutto con i Comuni.

Vincenzo Santoro ha concentrato gran parte del suo intervento sul tema della promozione.
Ha esordito affermando che il nostro sembra, a volte, un Paese surreale: non si leggono libri, ma poi si organizzano festival che drenano risorse, fanno guadagnare il territorio, alimentano gruppi di operatori, in assenza di una riflessione approfondita e di un dibattito politico sulla opportunità di finanziare l’infrastrutturazione piuttosto che il “movimentismo”.
“Piovono libri” ha avuto successo perché ha messo in moto una sorta di competizione all’interno di un grande contenitore nazionale, ma è necessario sviluppare un maggior coordinamento.
È anche necessario comprendere meglio gli assetti del costituendo Centro per il libro e la lettura, con riferimento, da un lato, alle dichiarazioni del ministro Rutelli, che ne ha parlato come di un luogo pubblico e, dall’altro, alla presenza e al ruolo degli editori.
Santoro ha anche sottolineato l’importanza di dotare il settore delle biblioteche di uno strumento finanziario capace di stimolare il protagonismo locale. Ricordando come esistano dei fondi nazionali di cofinanziamento per lo spettacolo e le politiche giovanili, lancia l’idea di sollecitare la costituzione di un analogo fondo per le biblioteche.
Infine, ha anch’egli convenuto sulla necessità di rimettere in funzione il Comitato nazionale delle autonomie locali.

Laura Tallandini ha illustrato, in un ampio e articolato intervento, la situazione del Sistema bibliotecario accademico, contraddistinto, in questa fase, da un processo di cambiamento ed evoluzione, oltre che di contaminazione con gli altri sistemi bibliotecari. Lo studente oggi vuole poter studiare sia nella biblioteca accademica che in quella locale e, anche se vi sono dei limiti, ve n’è anche la possibilità.
I bisogni informativi sono in continua evoluzione, così che si annullano le tradizionali suddivisioni e le biblioteche sempre più si caratterizzano come reti di accesso alle risorse informative organizzate in modo dinamico.
Le biblioteche universitarie sono circa 1350, con circa 200 addetti e un’utenza di 47.000 docenti e 1.700.000 studenti.
Ogni anno investono circa 115 milioni di euro, soprattutto in acquisti di risorse informative avanzate: è una funzione che nessun altro settore di biblioteche svolge, né avrebbe la possibilità di svolgere, e che va a beneficio dell’intero sistema-Paese.
Purtroppo si registrano notevoli problemi di risorse, e in particolare squilibri del nuovo sistema di finanziamento, che si è cercato di riequilibrare.
I problemi finanziari incidono in modo particolare sull’acquisto dei periodici. Per questo è stato costituito un gruppo di coordinamento per l’accesso alle risorse elettroniche (CARE), che si occupa della stipula di licenze con editori di livello nazionale e sta ora promuovendo incontri con gli enti interessati al rinnovo del contratto Elsevier (circa 25 milioni di euro); inoltre ben 74 atenei su 77 hanno finora sottoscritto la dichiarazione di Berlino sull’Open Access.
Il tema della cooperazione è quindi determinante sia nei rapporti tra le biblioteche accademiche, sia in quelli con le reti territoriali e fa sì che il Sistema bibliotecario accademico costituisca una parte fondamentale del Sistema bibliotecario nazionale.

Michele Durante, nel portare il saluto del Coordinamento tecnico per i beni e le attività culturali della Conferenza delle Regioni, ne ha brevemente illustrato l’attività nel settore delle biblioteche, rinnovando la piena disponibilità a collaborare con l’AIB. In relazione alla sospensione dei lavori del Comitato nazionale sulle linee di politiche bibliotecarie, dovuta alla mancata sostituzione prima di uno e poi di un altro dei suoi membri, informa che tutti i passi necessari sono stati compiuti e che entro il mese di gennaio 2008 si potrà, d’intesa con l’ANCI, fissare la data della ripresa dei lavori.
Ha quindi illustrato il ruolo delle Regioni nello sviluppo del sistema bibliotecario nazionale. Spetta alle Regioni la promozione di forme incisive di collaborazione con altre istituzioni culturali pubbliche e private e il raccordo con le realtà scolastico-bibliotecarie presenti sul territorio, al fine di favorire un’armonica crescita dei servizi bibliotecari.
In quest’ottica assume considerevole importanza l’esperienza di SBN, l’unico progetto a dimensione nazionale basato sulla cooperazione tra biblioteche di diversa titolarità.
Le Regioni vi sono particolarmente coinvolte con un ruolo di coordinamento di fondamentale importanza, teso a rafforzare la tendenza delle moderne reti bibliotecarie verso l’integrazione e il coordinamento dei servizi centralizzati, che deve sempre più esplicarsi nella definizione di standard comuni, protocolli condivisi, controlli di uniformità e qualità, nell’ottica di una sempre maggiore integrazione a livello europeo e di cooperazione internazionale. È compito delle Regioni, inoltre:
- assicurare, nel rispetto dell’autonomia e del decentramento, idonee funzioni di indirizzo, coordinamento, consulenza e assistenza in concorso con gli enti locali territoriali;
- coordinare sul territorio nazionale l’informazione bibliografica, definendo criteri e procedure;
- garantire l’ordinamento dei sistemi bibliotecari;
- promuovere iniziative di interscambio tra i sistemi informativi.
In un momento storico in cui è messo in discussione il modello tradizionale di biblioteca, occorre approfondire in particolare alcuni temi: il rapporto tra le biblioteche e il sistema scolastico; le biblioteche locali come espressioni di un capitale sociale particolarmente ricco nella società ma anche nella tradizione italiana; le biblioteche locali come gangli vitali e luoghi privilegiati della circolazione dell’informazione.
SBN registra senza dubbio situazioni di diversità da superare, risorse economiche da recuperare, e problemi di natura tecnica ancora da risolvere, ma rappresenta anche un fondamentale volano di crescita, di formazione e di scambio.
E il sostegno delle Regioni alle biblioteche, al di là delle competenze istituzionali, deve scaturire sempre più dalla consapevolezza che esse svolgono un ruolo essenziale, nell’epoca della globalizzazione e dell’omologazione culturale, cioè quello di tenere insieme le ragioni del territorio con lo sguardo rivolto oltre gli “angusti confini nazionali”, traghettando le proprie popolazioni verso la cittadinanza universale e mantenendo, al contempo, l’ancoraggio sicuro alle radici della propria identità storica.

Giuseppe Rinaldi ha illustrato il punto di vista delle Province, che sentono molto il tema del “sistema”, dato il gran numero di piccoli Comuni che registrano gravi carenze sia di risorse economiche che umane e professionali, e che quindi hanno bisogno di un particolare supporto. Il tema della cooperazione tra Comuni, in particolare di minori dimensioni demografiche, è oggi di grande attualità ed è una possibile soluzione per sviluppare al meglio funzioni e servizi che, in molti casi, questi enti non riuscirebbero da soli a garantire.
Lo sviluppo di sinergie tra le amministrazioni locali può consentire a un piccolo Comune di garantire un servizio a volte pari a quello di una grande città, spesso anche con consistenti economie di scala. Sarebbero quindi necessarie politiche, sia nazionali che regionali, che sostengano il “fare sistema”, ad esempio incentivando – molto più di quanto non accada attualmente – le gestioni associate e tutte le forme di associazionismo e cooperazione.
Si dichiara d’accordo con l’idea di puntare a ottenere un fondo nazionale per le biblioteche, suggerendo che la proposta parta ufficialmente da questo tavolo del convegno. Invita tuttavia a considerare con particolare attenzione e realismo il problema – fondamentale – del personale. Oggi è di fatto impossibile per i Comuni dare risposte serie in termini di occupazione: le Amministrazioni locali non hanno la possibilità di assumere, e lo Stato non eroga fondi a questo scopo.

Dopo alcuni brevi interventi del pubblico, Luciano Scala riprende la parola per completare il suo intervento. Illustra dettagliatamente i contenuti della riforma del Ministero, appena approvata. Rileva come la Direzione generale per i beni librari abbia acquisito l’importante, nuova competenza sul diritto d’autore, un diritto che va difeso, ma che richiede anche una riforma legislativa per ampliare l’accesso alle informazioni.
Le due biblioteche nazionali hanno acquisito lo status di istituti ad autonomia speciale, così come il Centro per il libro e la lettura. A questo proposito, rispondendo a un precedente intervento, osserva che il Centro raccoglierà tutti i soggetti interessati, ma che non si può dimenticare che il rapporto con gli editori è disciplinato da uno specifico protocollo d’intesa.
È stato inoltre istituito l’Istituto centrale per i beni sonori e audiovisivi, mentre sono stati unificati l’Istituto per la patologia del libro e il Centro di fotoriproduzione, legatoria e restauro degli Archivi di Stato. Vi sono dunque tutti gli strumenti per un coordinamento più stretto sulle politiche per le biblioteche.
Riprende infine alcuni punti emersi negli interventi precedenti. Accoglie senz’altro la proposta di un dibattito pubblico al fine di evitare sovrapposizioni e duplicazioni nell’ambito dei servizi nazionali. Per quanto riguarda la Biblioteca digitale italiana, fa presente che ne è già prevista l’integrazione in SBN, così come è già stato previsto che nei suoi organi siano rappresentati ANCI e UPI.
Conclude richiamando la necessità che a questo tavolo sia portato, in futuro, anche il Ministero della pubblica istruzione, il cui ruolo è essenziale affinché le 800 biblioteche scolastiche italiane entrino concretamente in SBN.


Firenze andata e ritorno:
alcune considerazioni organizzative

Giovanna Frigimelica

Nel leggere questo breve resoconto sulle presenze al Congresso e a Bibliocom 2007, molti avranno in mente le edizioni passate al Palazzo dei congressi di Roma, in cui i numeri (iscritti, stand, eventi collaterali) erano molto diversi.
Dal 2000 al 2004 Bibliocom, oltre all’esposizione di prodotti e servizi per le biblioteche, si è arricchito di una vasta serie di altri eventi (workshop, seminari tecnici ecc.).
Dal 2006 l’Associazione è tornata alla precedente organizzazione del Congresso nazionale, dando maggior risalto all’aspetto scientifico e associativo, pur mantenendo Bibliocom come spazio espositivo, momento di fondamentale importanza per l’incontro tra domanda e offerta di prodotti e di servizi per le biblioteche. I numeri quindi non possono essere paragonati in termini assoluti, essendo gli eventi estremamente diversi.
La novità del 2007 è stata soprattutto il cambio di sede: Firenze ci ha offerto una sede bella e funzionale, che ha riscosso l’approvazione di partecipanti, espositori e organizzatori.

Grazie alla collaborazione con la Fasi, che gestisce insieme alla Segreteria nazionale l’organizzazione dell’evento nel suo complesso, si è riusciti a coinvolgere 34 importanti aziende del settore nelle diverse sponsorizzazioni possibili. Nell’area espositiva sono stati allestiti 32 stand, nell’arco dei tre giorni si sono tenuti circa 15 incontri tecnici a cura delle aziende, e tutti gli iscritti hanno avuto a disposizione materiale informativo in cartella.
È anche grazie al loro contributo, e a quello della Regione Toscana, che la “macchina” del congresso ha funzionato. Ovviamente anche l’AIB aveva un suo stand, tradizionale punto di incontro per i partecipanti che vi si danno appuntamento. Il via vai è stato grande, e c’è stato anche grande interesse per le pubblicazioni AIB in vendita, in particolare per le novità recentissime presentate proprio al Congresso.
Lasciando da parte per un attimo l’aspetto scientifico, durante il congresso ci sono stati anche dei momenti più conviviali, ovvero la cena sociale a Palazzo Vecchio, preceduta dall’importante saluto delle autorità, e la serata al Castello del Bisarno, organizzata da Abaco Forniture. Per quanto riguarda gli iscritti, circa 600 bibliotecari sono intervenuti nell’arco dei tre giorni di lavori. La possibilità di scegliere se iscriversi per tutta la durata del Congresso o per un solo giorno ha visto prevalere la prima ipotesi, con circa due terzi delle adesioni, mentre la restante parte degli iscritti ha scelto di partecipare principalmente al secondo giorno, in cui erano previste le sessioni parallele.
Per quanto riguarda queste ultime, i dati delle presenze ci aiutano anche a capire la tipologia di bibliotecari che erano presenti, per il principio per cui chi lavora in una biblioteca universitaria ha seguito la relativa sessione e così via:
• biblioteche universitarie 49%
• biblioteche pubbliche 28%
• biblioteche nazionali 20%
• biblioteche scolastiche 3%.

Altro dato interessante è la provenienza geografica; gli iscritti provenivano principalmente dal Centro e dal Nord Italia (rispettivamente il 51% e il 36% del totale). In base al rapporto con l’Associazione, la maggior parte degli iscritti al congresso era “socio persona” dell’AIB. 176 persone sono venute in rappresentanza di “soci ente”, mentre i non soci sono stati un centinaio.

Non voglio “dare i numeri” più di così: tutti noi ci auguriamo che il prossimo anno chi non ha potuto partecipare possa farlo e vedere di persona quanto vi stiamo raccontando in questo numero di «AIB notizie». Vi aspettiamo quindi numerosi al congresso del 2008!

frigimelica@aib.it


Le biblioteche di biblioteconomia si coordinano

a cura della Biblioteca Luigi Crocetti, Firenze

Nel pomeriggio di martedì 6 novembre il Congresso di Firenze ha offerto ospitalità al primo incontro fra le biblioteche italiane di biblioteconomia.
Le biblioteche specializzate e quelle che dispongono di importanti fondi in questo ambito disciplinare in Italia sono circa una quarantina (un’utile lista è disponibile in «AIB-WEB», a https://www.aib.it/aib/lis/biblis.htm).
La proposta di incontrarsi e progettare iniziative comuni che possano risultare utili per migliorare l’offerta di servizi di queste biblioteche è venuta dalla Biblioteca Luigi Crocetti di Firenze (già Biblioteca dei servizi bibliografici).
Nonostante l’assoluta informalità dell’invito, è stato con molta soddisfazione che a Firenze si sono incontrati – e conosciuti direttamente per la prima volta, come capita in questi casi – colleghi di otto biblioteche (AIB, Scuola normale superiore di Pisa, Soprintendenza ai beni librari e archivistici di Trento, Biblioteca di studi umanistici dell’Università di Udine, Archivio di Stato di Napoli, Facoltà e Dipartimento di Conservazione dei beni culturali della sede di Ravenna dell’Università di Bologna, Biblioteca specializzata in scienze biblioteconomiche e documentarie della Regione dell’Umbria e Biblioteca Luigi Crocetti).
Adesione all’iniziativa e interesse per i futuri progetti sono stati comunicati anche da altre biblioteche, che non hanno potuto partecipare, fra le quali alcune delle maggiori raccolte specializzate del settore. L’incontro si è svolto in un clima ottimista e concreto, orientato a perseguire obiettivi limitati, pratici, ma di utilità condivisa per le biblioteche LIS italiane.
Si vorrebbero cercare soluzioni, a livello di condivisione delle informazioni, che permettano un uso più coordinato delle risorse disponibili, evitando presenze multiple di documenti e repertori costosi e aumentando piuttosto la varietà delle raccolte di documentazione straniera. Per questi fini i primissimi obiettivi pratici considerati sono stati:
- l’allestimento di un metaOPAC di biblioteconomia, nell’ambito del Metaopac Azalai italiano, analogo a quelli già esistenti per altri ambiti disciplinari https://www.aib.it/aib/lis/opac1.htm;
- mantenimento di un catalogo collettivo dei periodici “al contrario”: una semplice lista delle riviste straniere di biblioteconomia che non sono possedute da alcuna biblioteca italiana (con particolare attenzione per quelle che iniziano le pubblicazioni), in modo da poterle valutare per futuri acquisti.
Per evidenti motivi il lavoro collettivo si svolgerà in massima parte per posta elettronica. Ogni collaborazione attiva è la benvenuta. In attesa dell’approntamento di una lista di distribuzione postale, con la quale comunicheranno le biblioteche del coordinamento, chi volesse inviare o chiedere informazioni può scrivere alla Biblioteca Crocetti, biblio.sbl@regione.toscana.it.

Biblioteca Luigi Crocetti – Regione Toscana
Via G. Modena 13 – 50121 Firenze (Italy)
tel. +39-55-4384123 fax +39-55-4384100
biblio.sbl@regione.toscana.it
http://www.cultura.regione.toscana.it/biblioteche/bsb/


Assegnato il premio “Giorgio De Gregori” 2007

Il 7 novembre 2007, in occasione del 54° Congresso nazionale AIB, si è svolta a Firenze la cerimonia di premiazione della prima edizione del Premio “Giorgio De Gregori”.
Si è trattato di una piccola cerimonia, che ha interrotto per pochi minuti lo svolgimento dell’Assemblea straordinaria. A ritirare il premio dalle mani di Francesco De Gregori, forse più emozionato della vincitrice, è stata Laura Beretta per l’opera L’accesso alla scrittura per i non vedenti nell’era digitale.
Francesco De Gregori ha raccontato che l’idea del Premio è nata in lui e in suo fratello Luigi per tener viva la memoria del padre, scomparso nel 2003, nel modo che Giorgio forse avrebbe preferito, stimolando cioè la crescita professionale dei giovani bibliotecari attraverso un piccolo riconoscimento dei loro studi.
La giuria del Premio Giorgio De Gregori, composta da Alberto Petrucciani, Igino Poggiali e Andrea Paoli, si era riunita l’8 ottobre per scegliere l’opera vincitrice decidendo all’unanimità, dopo aver esaminato gli otto lavori partecipanti e averne apprezzato la qualità e l’interesse rispetto a un ampio ventaglio di tematiche e di attività bibliotecarie, di premiare L’accesso alla scrittura per i non vedenti nell’era digitale con questa motivazione: «Il lavoro di Laura Beretta affronta con chiarezza e con notevole completezza il tema della lettura e dell’accesso all’informazione e alla conoscenza per le persone non vedenti e ipovedenti, soffermandosi in particolare sugli strumenti messi a disposizione da biblioteche specializzate o generali e dalle associazioni attive in questo campo, compresi i servizi a distanza o in rete.
Analizza inoltre criticamente i vantaggi e gli svantaggi delle tecniche e degli strumenti disponibili (dal braille e dagli audiolibri fino alle apparecchiature e ai programmi più recenti alla data di conclusione del lavoro) e l’impatto delle nuove tecnologie su questa particolare tipologia di utenti, fornendo utili spunti di riflessione.
La giuria rileva tuttavia che, per una futura pubblicazione, il lavoro richiederà un sistematico aggiornamento delle informazioni fornite, data la rapida evoluzione delle tecnologie e dei servizi descritti nel testo, oltre a una revisione della distribuzione delle parti e della relativa estensione, per la diversa funzione che possono svolgere in una tesi di laurea rispetto a un volume concepito come strumento professionale per l’avvio, la gestione o l’aggiornamento di servizi dedicati alle persone non vedenti nelle biblioteche, in istituti d’altro genere o in rete. La giuria desidera segnalare con particolare apprezzamento anche l’opera di Pierpaolo Recchia, La valutazione della disponibilità in biblioteca, nella quale emerge una notevole attitudine alla ricerca e all’approfondimento di tematiche complesse».
L’appuntamento è ora al Congresso del 2008, nel quale verrà premiato il vincitore della seconda edizione del Premio e presentata la pubblicazione dell’opera vincitrice nel 2007.

Quattro domande alla vincitrice

Chi è Laura Beretta?
Sona nata a Monza il 4 luglio 1975, mi sono laureata in Lettere moderne, indirizzo Bibliografia e biblioteconomia, alla Statale di Milano, dal 2002 lavoro in biblioteca e attualmente sono la responsabile della Biblioteca comunale di Lentate sul Seveso che fa parte del Sistema bibliotecario BrianzaBiblioteche. Le mie tre grandi passioni (lettura, cinema e musica) mi hanno portato a frequentare le biblioteche come utente/studente prima ancora che come “addetta ai lavori”.

Come è nata l'idea di un lavoro sull'accesso alla scrittura per i non vedenti?
Quando iniziai a scrivere la mia tesi fui spinta dal desiderio di portare a conoscenza le difficoltà incontrate da una persona a me cara, mia nonna materna ormai scomparsa, che amava leggere quotidiani e riviste per tenersi informata e romanzi prima di addormentarsi, ma che nei suoi ultimi anni, in seguito al peggiorare della vista, ha dovuto rinunciare a tale piacere.
Questo disagio è comune a tutte quelle persone che si trovano ad affrontare problemi legati alla vista in età avanzata, per le quali è molto difficile poter continuare a leggere, sia per la poca dimestichezza con le nuove tecnologie, sia per la mancanza di abitudine a ricorrere all’aiuto degli altri: farsi leggere i libri o i giornali può risultare spesso alienante e comporta comunque un venir meno della dimensione intima che caratterizza la lettura.

Che difficoltà hai incontrato nel preparare la tesi?
Nel corso della stesura del mio lavoro ho incontrato non poche difficoltà: innanzitutto la tradizionale ricerca bibliografica che, vuoi per la specificità dell’argomento, vuoi per la continua e rapida evoluzione tecnologica, non è risultata pienamente soddisfacente ed esaustiva. In secondo luogo, sette anni fa il tema dell’accessibilità alla scrittura per i lettori svantaggiati in generale, e in particolare per le persone con problemi visivi, non vedenti e ipovedenti, non era particolarmente dibattuto e l’interesse a garantire l’accesso alle proprie informazioni da parte delle strutture pubbliche e private, non dedicate esclusivamente a tale fascia di utenza, era ancora scarso o comunque limitato a pochi casi sporadici.
Tale disinteresse è indice della mancanza, nel nostro Paese, di una radicata cultura della disabilità: i servizi per persone svantaggiate sono nella maggior parte dei casi visti ancora come qualcosa in più, qualcosa di aggiuntivo, e non come qualcosa di dovuto o necessario; fortunatamente in questi ultimi anni sembra che le cose siano migliorate…
Di enorme aiuto, invece, sono state le numerose interviste che ho condotto ai direttori e ai collaboratori dei diversi enti e istituzioni: ho potuto così capire quali e quante difficoltà una persona con problemi di vista incontra nella lettura anche di un semplice testo, oltre a verificare concretamente come funzionano gli ausili a loro disposizione.

Dalla discussione della tesi a oggi sono passati sette anni. Come pensi di organizzare il lavoro di revisione in vista della pubblicazione?
Per prima cosa, riprenderò i contatti con i vari enti e le numerose associazioni che erano state oggetto della mia trattazione per conoscere eventuali lavori e progetti di rilievo emersi in questi ultimi anni e per verificare tutti gli eventuali aggiornamenti relativi alla dotazione informatica e alla tematica dell’accessibilità dei siti web.
L’aspetto più interessante, però, sarà effettuare una ricerca per mettere in luce i recenti interventi attuati da parte delle biblioteche italiane, sia a livello di predisposizione di servizi speciali che di offerta di collezioni in formati alternativi.
Ringrazio ancora di cuore i figli di Giorgio De Gregori, Francesco e Luigi, e l’AIB per questa preziosa occasione che mi è stata concessa.


54° CONGRESSO NAZIONALE AIB. Le politiche delle biblioteche in Italia. Il sistema bibliotecario nazionale. «AIB notizie», 20 (2008), n. 3, p. 4-23.

Copyright AIB 2008-03, ultimo aggiornamento 2008-03-14 a cura di Zaira Maroccia
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