[AIB] AIB notizie 20 (2008), n. 10-11
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Cronache dalla conservazione
1. La crisi

Carlo Federici

Un paio d’anni fa Vittorio Ponzani mi invitò a contribuire ad “AIB notizie” con una pagina sulla conservazione cui dare una periodicità più o meno regolare. Non mi parve una cattiva idea e accettai ma, per una serie di problemi personali, non mi fu mai possibile concretizzare la buona intenzione.
Oggi, avendo risolto qualcuno di quei problemi, inizio la mia collaborazione anche perché sono convinto che la conservazione del materiale librario (ma quello archivistico non sta meglio) si trovi in una condizione di drammatica e affatto inopinata, almeno fino a qualche anno fa, emergenza. Oddio, certo qualcuno potrà osservare che con la crisi che attanaglia l’intero globo terracqueo, a chi volete che interessi la conservazione dei libri? Ma allora tanto vale chiudere le biblioteche, gli archivi, i musei e andare tutti a piangere a piazza Affari.
Personalmente però, se da un verso non sono in grado di fare nulla per migliorare la situazione della finanza mondiale, dall’altro potrei forse contribuire a promuovere una riflessione sul tema della trasmissione al futuro di una porzione non marginale del patrimonio culturale dell’umanità.

Sulla scia della crisi, voglio subito chiarire che il problema fondamentale della conservazione dei libri (e dei documenti d’archivio, ma poi non lo ripeterò più) non è economico, nel senso che il calo di risorse disponibili per questo settore – immediatamente e pesantemente penalizzato, già alla prima riduzione dei finanziamenti per le biblioteche – non è, almeno ai miei occhi, il male maggiore. Anzi, se devo basarmi sull’esperienza del passato, è stata proprio l’abbondanza di soldi – ad esempio, i ricchi stanziamenti seguiti all’alluvione del 1966 i quali solo in piccola parte vennero impiegati per il restauro dei libri della Nazionale fiorentina – a compromettere i fondi antichi delle biblioteche italiane.
Come e perché è avvenuto tutto ciò? Restiamo sull’alluvione del 1966, sottolineando però che non si tratta dell’unico caso, e sulle sue conseguenze. È noto che subito dopo il disastro iniziò a operare presso la Biblioteca nazionale centrale di Firenze una cooperativa, la LAT, formata da ex-angeli del fango, la gran parte dei quali non aveva alcuna esperienza di restauro librario.

Tuttavia, anche grazie alla guida di esperti restauratori inglesi, essi organizzarono un laboratorio di restauro che, fino al 1975, godette di finanziamenti da parte del ministero romano a fronte di un certo numero di volumi che, ogni anno, venivano restaurati dalla Coop. LAT. Bisogna precisare che la LAT era connotata politicamente a sinistra e che il ministero, in quegli anni, era saldamente presidiato da esponenti di primo piano della Democrazia cristiana.
Il capitolo del bilancio dello Stato destinato al restauro librario era, in quegli anni e proprio in conseguenza dell’alluvione, assai ricco; tuttavia i burocrati romani (in realtà calabresi, come il ministro) non avevano alcuna intenzione di destinare interamente quei soldi per finanziare i trinariciuti comunisti toscani. Sicché tiravano sul prezzo e, dopo aver pagato il lavoro della LAT, restava sempre qualche centinaio di milioni (di allora!) che gli argini fiorentini – in questo caso, del tutto incolpevolmente – non riuscivano a contenere e che veniva indirizzato verso le altre biblioteche, in particolare quelle romane (essendo le più vicine al Nilo ministeriale godevano per prime degli effetti fertilizzanti del limo prodotto dalle sue tracimazioni).
Ne dovrebbe discendere che i fondi antichi (sono essi di norma a essere presi di mira dal restauro) delle biblioteche romane si trovano oggi in condizioni eccellenti grazie agli interventi di trenta-quarant’anni fa. Invece no. Quelle campagne scellerate hanno pesantemente mutilato manoscritti e incunaboli (le cinquecentine vennero attaccate solo negli anni successivi), massacrati senza alcuna cognizione di causa da sedicenti restauratori e da bibliotecari che non avevano, né gli uni né gli altri, idea alcuna di cosa fosse il restauro librario. Hai voglia a dire che “allora il restauro si faceva così”.
In realtà la Teoria del restauro di Cesare Brandi era stata pubblicata nel 1963 e, se i cosiddetti restauratori erano per larga parte semi-analfabeti, lo stesso non si può certo dire dei bibliotecari.

Va da sé che la Teoria brandiana, concepita per le opere d’arte, non è immediatamente applicabile ai materiali librari, ma con un po’ di riflessione qualcosa si sarebbe potuto fare.

Ad esempio, leggere che «si restaura solo la materia dell’opera» (mentre invece, abbacinati dal testo, essi tentavano di “salvare” solo quest’ultimo gettando letteralmente nella spazzatura tutto ciò che non era scritto a cominciare dalle legature prive di decorazione) o che «il restauro è il momento metodologico di riconoscimento dell’opera», laddove all’opposto gli interventi di allora – non ravvisando in sostanza che lo statuto di bene culturale pertiene anche alle biblioteche e a ciò che esse conservano – consistevano in riparazioni finalizzate a restituire un’ipotetica efficienza funzionale agli utensili-libri.
Nulla ormai mi toglie dalla testa che, fatte salve rarissime eccezione da contare sulle dita di una mano, i bibliotecari si occupano di restauro perché qualcuno li costringe a farlo, insomma obtorto collo. D’altra parte la formazione del bibliotecario – in particolare in passato, ma oggi le cose non sono cambiate granché – non incrociava mai la conservazione e, anche quello dotato della migliorebuona volontà, doveva apprendere il mestiere di conservatore dai colleghi più anziani, vale a dire “in bottega”, come nel Medioevo. Tutto questo accadeva ieri.

Ma oggi come stanno le cose? È cambiata l’organizzazione del settore? Di questo tratteremo nella prossima puntata.

cfederici@tin.it


Carlo Federici si occupa di conservazione e restauro di libri da un po’ più di trent’anni. Ha lavorato dal 1974 al 2002 presso l’Istituto di patologia del libro di cui, nell’ultimo decennio, è stato direttore. Nel biennio 1990-92 ha diretto la Biblioteca Angelica e nel 2003-2005 le biblioteche della Regione Lombardia. Ha insegnato nelle università di Milano, Brescia, Padova e Venezia.
Attualmente insegna a Ca’ Foscari, alla Scuola vaticana di biblioteconomia e alla Scuola di restauro di Villa Manin di Passariano (Udine).


FEDERICI, Carlo. Cronache dalla conservazione. 1. La crisi. «AIB notizie», 20 (2008), n. 10-11, p. 22.

Copyright AIB 2008-12, ultimo aggiornamento 2008-12-03 a cura di Zaira Maroccia
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n20/1022.htm3

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