[AIB] AIB notizie 21 (2009), n. 1
AIB-WEB   |   AIB notizie   |   Sommario n. 1/2009

SPECIALE

55° Congresso nazionale AIB
Servizio bibliotecario nazionale: gli strumenti.
Controllo bibliografico


Lingue, scritture, culture

Alberto Petrucciani

La sessione “Lingue, scritture, culture”, tenuta la mattina del 31 ottobre, si è proposta di attirare l’attenzione su una tematica di grande attualità sia per la catalogazione sia, più in generale, per i servizi delle biblioteche: quella della compresenza sempre più capillare e avvertita, sia nella vita quotidiana sia sulla rete, di lingue, scritture e culture differenti.
Se il tema del multiculturalismo e dei servizi interculturali è da qualche tempo oggetto di notevole interesse, almeno da parte delle biblioteche pubbliche, nell’ambito della catalogazione è mancata una riflessione aggiornata su queste problematiche. Soprattutto, questi due ambiti sono rimasti, fin qui, quasi del tutto slegati o addirittura impermeabili.
Eppure è evidente che sia l’utenza locale, quella che mette piede personalmente in biblioteca, sia quella che accede o può accedere a distanza alle informazioni che le biblioteche forniscono, sono sempre più diversificate – sotto il profilo linguistico e culturale, ma non solo – e tutti i bibliotecari, non solo quelli che si occupano di multiculturalismo, dovrebbero essere consapevoli delle problematiche della diversità culturale e linguistica.
Sul piano pratico, il ritardo delle biblioteche italiane è evidente, particolarmente se guardiamo ai cataloghi, dove il materiale in altre scritture – acquisito sia nell’ambito di servizi multiculturali sia per esigenze di studio – è molto spesso assente, non registrato, oppure elencato in maniera sommaria e approssimativa, e in molti casi si deve ricorrere, per i limiti dei sistemi informatici, a soluzioni arrangiate o comunque non integrate con il catalogo “normale”.

Negli ultimi anni, invece, le tecnologie hanno fatto grandissimi progressi riguardo al trattamento di scritture diverse, e ormai sia nei motori di ricerca sia in parecchi importanti cataloghi stranieri queste hanno piena cittadinanza e funzionalità.
Ma anche se si vanno colmando i ritardi tecnologici, almeno fuori d’Italia, rimane invece molto arretrata la riflessione nel campo della catalogazione: il dibattito internazionale ancora confonde il problema delle lingue con quello delle scritture, problemi di natura profondamente diversa, o parla di “lingua e scrittura degli utenti del catalogo” – come se i cataloghi non fossero consultati, in sede e in rete, da utenti di ogni paese con ogni genere di competenze linguistiche – e sembra ancorato alla visione sconfortante (e irrealistica, almeno in Europa) di comunità totalmente isolate e impermeabili alla diversità linguistica e culturale.

Nell’ambito della revisione delle RICA è stata dedicata molta attenzione al problema delle lingue e delle scritture diverse e, in particolare, si è per la prima volta indicato chiaramente e come principio generale che i cataloghi dovrebbero comprendere sia informazioni nella scrittura originale sia informazioni traslitterate o trascritte in alfabeto latino.
È chiaro infatti, non appena ci si rifletta, che la traslitterazione non può sostituire in maniera pienamente soddisfacente la scrittura originale, ma anche, per motivi diversi, che non è resa superflua dalla possibilità di registrare la prima. Basta pensare, per esempio, alla difficoltà (o impossibilità, da postazioni pubbliche con limitazioni) di immettere scritture diverse dai segni presenti sulla tastiera, alle funzionalità di ricerca alfabetica per liste, oppure all’esigenza che tutto il personale possa, almeno per le funzioni di base, identificare il materiale posseduto.
La cosa, del resto, è pacifica in molti altri contesti pratici: basta pensare per esempio alla trascrizione in alfabeto latino dei nomi sui passaporti o dei titoli dei giornali diffusi in Occidente.
Non dimentichiamoci che traslitterazione e trascrizione non riguardano solo cataloghi e biblioteche, ma tantissimi ambiti della vita ordinaria, dal turismo al commercio (senza dimenticare la posta elettronica e gli SMS), e che giocano spesso un ruolo importante anche all’interno dei paesi che usano primariamente un’altra scrittura.
Semmai andrebbe forse riconsiderato, a livello internazionale, il criterio della reversibilità della traslitterazione, quando diventa possibile trattare anche la scrittura originale: in questo caso, infatti, l’esigenza primaria è quella di sistemi il più possibile semplici, anche se limitati o approssimativi, per le esigenze di base.
Non è forse inutile ricordare, inoltre, che i sistemi di scrittura sono sistemi convenzionali applicati sempre imperfettamente a un fenomeno, quello linguistico, che è di natura orale, tanto che non è raro il caso di lingue che hanno cambiato sistema di scrittura o che possono essere scritte in alfabeti o sistemi di segni diversi.

L’importanza della diversità linguistica è stata recentemente riaffermata dall’Unesco, che ha proclamato il 2008 Anno internazionale delle lingue, invitando tutti i paesi ad assicurare diversità linguistica e multilinguismo a tutti i livelli, a partire dall’ambito dell’istruzione e della cultura, e a promuovere il rispetto delle lingue diverse, la loro tutela e la loro conservazione.
L’invito è rivolto anche a tutte le organizzazioni della società civile e alle associazioni professionali, quindi anche a noi.
In Europa, comunque, lo sviluppo del multilinguismo è sempre stato tra i temi d’interesse delle istituzioni comunitarie, con programmi e raccomandazioni non sempre abbastanza conosciuti.
Fra questi sottolineerei in particolare l’importanza del multilinguismo ricettivo, e quindi della competenza passiva (la capacità di leggere, almeno in parte, lingue che non si è capaci di parlare) e della esposizione a lingue (e scritture) diverse – per esempio in testi scritti e informazioni visibili al pubblico oppure nella sottotitolatura di film e programmi – che costituisce un fattore rilevante di familiarizzazione, anche psicologica, con la diversità linguistica, al di là della maggiore o minore (o anche nulla) capacità di leggerle o comprenderle, oltre che un fattore di riconoscimento sociale per la comunità dei parlanti.
Uno spunto che potremmo raccogliere, anche nelle biblioteche, e riassumere in una formula come “sottotitolare l’informazione”: accettare come un fatto normale della vita (e della comunicazione), insomma, che in molti casi non c’è un solo modo di dare un’informazione in maniera del tutto soddisfacente, ma più; forme, tutte utili, che svolgono funzioni diverse, per destinatari o esigenze differenti, e che non devono essere “segregate” ma offerte insieme, per comunicare meglio (oltre i limiti di correttezza e condivisibilità di quelle trascritte o tradotte e quelli di comprensibilità e usabilità di quelle originali).

Per inquadrare i temi anche tecnici da affrontare nella sessione entro una prospettiva di largo respiro, la prima relazione è stata affidata a una “ospite”, la prof. Silvia Dal Negro dell’Università del Piemonte Orientale, studiosa di linguistica che ha dedicato alcune sue ricerche proprio alle problematiche della compresenza di lingue diverse, sia parlate che scritte, in varie aree, dalle valli del Piemonte alla Svizzera e all’Alto Adige.
L’idea diffusa di comunità (e anche di individui) del tutto monolingui, in effetti, è un’idea astratta che corrisponde ben poco alla realtà: per tanti motivi (dagli antichi insediamenti di minoranze all’immigrazione, dalla “globalizzazione” al predominio di lingue veicolari nella comunicazione scientifica ecc.) in ogni territorio e ogni ambiente le lingue più o meno largamente e faticosamente convivono e si confrontano.
Senza dimenticare, naturalmente, i dialetti, in molte aree così distanti da risultare in pratica incomprensibili a chi parli solo la lingua “nazionale”.
Dopo aver offerto un quadro utile e stimolante della distribuzione delle lingue, della loro diffusione ed evoluzione, la relatrice ha evidenziato in particolare gli aspetti problematici inevitabilmente presenti nel “paesaggio linguistico”: la diversità linguistica (e delle scritture), infatti, si intreccia per forza di cose con gli atteggiamenti sociali, con questioni di status e prestigio, con l’attrazione o la presa di distanza rispetto ad altre lingue, scritture e culture.
Un azzeccato corredo di immagini – dalle “scritture esposte” a un campione di edizioni del Piccolo principe – ha reso, per i presenti, ancor più efficace e godibile la presentazione.

La successiva relazione di Barbara Poli (Fondazione Querini Stampalia), Le scritture del catalogo: uno sguardo alle esperienze straniere, ha presentato un panorama preciso ed esauriente dello sviluppo della catalogazione automatizzata in scritture diverse dall’alfabeto latino: uno sviluppo inizialmente piuttosto stentato e isolato, ma oggi assai vivace.
Sono stati presentati, in particolare, i recenti sviluppi del trattamento di scritture diverse nella rete OCLC e, dall’aprile 2008, nell’archivio di autorità della Library of Congress; per l’Europa, le realizzazioni della Staatsbibliothek di Berlino, della Bodleian Library e dell’Università di Heidelberg e due importanti cataloghi collettivi di materiale orientale (European Union Catalogue of Japanese Books e UK Union Catalogue of Chinese Books).

Particolarmente interessante è stata poi l’analisi delle iniziative della Bibliothèque nationale de France, il cui catalogo si è aperto sempre più largamente alla compresenza di lingue e scritture diverse, sulla base di una chiara scelta di principio, pur se ancora con qualche limite nella realizzazione.
Silvia Dessì, con l’ultima relazione su Cataloghi multiculturali: uno sguardo all’esperienza italiana, ha affrontato il compito di una ricognizione di quanto realizzato finora nel nostro paese, sia riguardo ai servizi multiculturali o rivolti a utenti provenienti da paesi diversi sia per la catalogazione di materiale in scritture diverse dall’alfabeto latino. Servizi interessanti offrono per esempio i siti della Biblioteca Sala Borsa di Bologna e della Rete bibliotecaria di Romagna, ma in pratica per i limiti dei programmi SBN (e non solo) i dati catalografici nella scrittura originale devono essere quasi sempre gestiti fuori dal catalogo “ordinario”, per esempio con elenchi scaricabili dai siti, schede in formato PDF (alla Lazzerini di Prato, per le notizie in arabo e cinese) o pagine web apposite (alla Biblioteca Delfini di Modena, per il materiale arabo).
Un esempio di OPAC che include record in scrittura originale si può trovare non nelle biblioteche pubbliche ma in un istituto specializzato, il Pontificio istituto di studi arabi e di islamistica (PISAI) di Roma.
Il catalogo è ancora per alcuni aspetti in allestimento e presenta degli inconvenienti ma, secondo la relatrice, si può considerare una sorta di prefigurazione di catalogo “onniculturale” in cui coesistano scritture diverse, senza quella forma di integrazione che è rappresentata da traslitterazioni o trascrizioni, anche in aggiunta e non in sostituzione della scrittura originale.

Nel dibattito è emersa soprattutto l’esigenza di adeguare i sistemi di automazione, e in particolare i programmi SBN, che finora non permettono di trattare altre scritture.
Non è solo un problema di programmi, però, ma anche di mentalità, o di sensibilità alle problematiche su cui la sessione voleva attirare l’attenzione. La radicata abitudine a considerare la scrittura originale, la traslitterazione (o trascrizione) e magari anche la traduzione come alternative tra loro – complice la scarsità di risorse, di strumenti e di tempo – non è ancora dietro le nostre spalle.
Eppure, dovrebbe essere chiaro oggi che si tratta di tre “strade” tutte necessarie, per motivi diversi: ciascuna può soddisfare solo molto parzialmente e imperfettamente le esigenze a cui le altre rispondono.
Del resto, i nostri “progenitori” professionali discussero animatamente se fosse “meglio” il catalogo alfabetico o quello sistematico, mentre oggi nessuno imposterebbe in questo modo la questione. Le biblioteche (e i cataloghi) “connettono”, in primo luogo gli utenti e i documenti, e connettere è sempre mettere in contatto con qualcosa che è in qualche misura sconosciuto: mettere il pubblico in contatto con lingue, scritture e culture diverse (non solo ciascuno con la “sua”) è parte del loro DNA.


PETRUCCIANI, Alberto. Lingue, scritture, culture. «AIB notizie», 21 (2009), n. 1, p. 17-19

Copyright AIB 2009-03, ultimo aggiornamento 2009-03-03 a cura di Zaira Maroccia
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n21/0117.htm3

AIB-WEB   |   AIB notizie   |   Sommario n. 1/2009