[AIB] AIB notizie 22 (2010), n. 1
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Biblioteche, laboratori della cittadinanza

Gabriele De Veris

Anche nel nostro Paese le biblioteche cercano negli ultimi anni di accogliere le sollecitazioni alla partecipazione, alla cooperazione, alla formazione permanente, all’accesso libero all’informazione, alla multiculturalità. Temi e istanze scritte in autorevoli documenti e manifesti internazionali, che iniziano a diventare visibili e concrete anche fra le nostre migliaia di biblioteche. Con tenacia, fatica, spesso con logoranti conflitti tra bibliotecari innovatori e conservatori; tra amministratori attenti a mantenere la biblioteca deposito, la biblioteca prigione, la biblioteca rifugio del personale ingombrante... e bibliotecari che sognano di applicare quello per cui hanno studiato, luoghi accoglienti, dove chiunque si possa sentire ospite importante. Le nostre biblioteche invisibili – di solito mal segnalate ai cittadini - a IFLA sono diventate tutte un po’ più visibili, e non solo per il loro ruolo culturale, così tradizionale e forse rassicurante, bensì per la loro dimensione sociale.

Non è stato solo l’esempio eclatante di Medellin – il progetto premiato dalla Fondazione Gates – a dimostrarlo. Sono proprio le biblioteche italiane a svelare finalmente al mondo che una biblioteca è risorsa specializzata e già pronta all’uso per la formazione permanente, per il dialogo tra differenti culture, per la comunicazione e il marketing sociale, per il dialogo tra le generazioni, per l’educazione alla comunicazione (dalla scrittura alla rete), per il sostegno alla genitorialità e alle famiglie (Nati per leggere & c.), per la ricerca, la lotta all’analfabetismo e all’esclusione sociale.

Questo significa entrare nei progetti e nei programmi delle politiche sociali a ogni livello, diventare attori consapevoli e riconosciuti (e riconoscibili) oltre i confini e i territori più abituali. E questo potrebbe anche aiutarci a far riconoscere la professione bibliotecaria così come è riconosciuta a livello internazionale, a cominciare dall’Europa di cui siamo cittadini e a cui dobbiamo chiedere di essere cittadini anche come bibliotecari e bibliotecarie. D’altronde non ci si inventa nulla, perché la realtà è già nelle nostre biblioteche. Il motivo è semplice: le biblioteche sono uno dei pochi luoghi al mondo dove è possibile essere accolti come persone indipendentemente dall’età, dall’istruzione, dal reddito, dall’aspetto... da tutte quelle etichette che altrove spesso aprono o chiudono le porte e orientano gli atteggiamenti.

Così il mondo – quello che sempre più spesso è isolato o rifugiato o mal tollerato - è entrato pian piano e poi sempre più frequentemente in biblioteca, e ha messo sicuramente in crisi consolidate tradizioni e regolamenti. Però ha aperto nuovi orizzonti: non solo per l’incontro fra culture, generazioni, linguaggi, ma per la necessità di trovare regole sostenibili, condivisibili, in luoghi che erano nati soprattutto per il silenzio e la tradizione. Come mantenere il refrigerio del silenzio davanti all’imperversare dei telefonini onnipresenti? Abbandonare la partita, organizzare ronde anti-cellulare, o trovare il modo di far scoprire che senza cellulare in biblioteca si vive e magari si sta meglio? Quando scriviamo regolamenti e documenti usiamo il voi o il noi?

Costruire le regole della convivenza in biblioteca significa – oltre a pensare e scrivere norme, regolamenti, carte dei servizi - guardare le cose con occhi diversi, mettersi nei panni degli altri, scoprire linguaggi: sperimentare insomma uno straordinario laboratorio di cittadinanza, proprio nel momento storico in cui il senso della cittadinanza sembra smarrito tra l’indifferenza, la paura e il malcontento; dove il cambiamento quotidiano può costruire l’abitudine alla scoperta e all’invenzione. La biblioteca diventa la casa comune, la finestra sul mondo, una presenza indispensabile e importante per tutti da tenere nel migliore dei modi, una risorsa di cui non si può fare a meno e a cui non si sogna più di tagliare il bilancio, il luogo cui far lavorare non il primo che passa o il cugino dell’onorevole, ma i bibliotecari più preparati. E la cittadinanza diventa un valore condiviso per una cultura comune, più europea e internazionale. Anche così le biblioteche costruiscono futuri.

P.S.: Nel ringraziare Vittorio Ponzani, i precedenti collaboratori di «AIB Notizie» e quanti mi hanno affidato l'incarico, saluto - insieme alla nuova redazione - i lettori e quanti vorranno collaborare.


DE VERIS, Gabriele. Biblioteche, laboratori della cittadinanza.. «AIB notizie», 22 (2010), n. 1, p. 3

Copyright AIB 2010-02, ultimo aggiornamento 2010-02-05 a cura di Ilaria Fava
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