[AIB] AIB notizie 22 (2010), n. 3
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Zitto e leggi: il bibliotecario nel cinema

Fabio Melelli

Nella storia del cinema non mancano figure di bibliotecari, arcigni e sinistri, oscuri depositari di un sapere ammuffito, scaglionato in scaffali polverosi e inaccessibili per l'incauto profano.

Invariabilmente le biblioteche sono presentate come luoghi tutt'altro che accoglienti, in cui bene che vada si ricevono le riprovazioni di una zitella inacidita, che con fare infastidito porta il dito indice alla bocca ingiungendo il silenzio assoluto.

Pertanto, ben venga un documentario come The Hollywood librarian, il cui sottotitolo recita in italiano: "Uno sguardo ai bibliotecari attraverso i film".

Ed effettivamente il lavoro è costruito attraverso una raffinata opera di montaggio, in cui vengono collazionate sequenze tratte da celebri film come Colazione da Tiffany, dove Audrey Hepburn si allontana giuliva dalla sala di lettura dopo aver battibeccato con un'impiegata che sembra la quintessenza dell'arpia, e Quarto potere, in cui si vede una biblioteca simile a un freddo mausoleo sepolcrale, restituendo un'immagine della professione decisamente poco idilliaca: quello della bibliotecaria ne La vita è meravigliosa viene presentato addirittura come il lavoro più infame di tutti!

A far da contraltare una serie di interviste a bibliotecari americani che al di là dello stereotipo mostrano come la loro professione sia in realtà soprattutto un servizio reso agli altri e alla comunità.

Un documentario quindi costruito con un'articolazione dialettica, che scava sulla superficie per fare emergere le ragioni profonde di un mestiere che se fatto con competenza e passione garantisce un alto livello anche di soddisfazione personale.

E non mancano nel film della Seidl neppure gli spunti polemici: dalla scarsezza di fondi alla poca attenzione che le amministrazioni pubbliche rivolgono spesso alle biblioteche.

Proprio in questo risiede la qualità principale del lavoro, sospeso con intelligenza tra il registro brillante e quello civile, estremamente curato nella confezione visiva che mirabilmente assembla materiali eterogenei, senza ricorrere a un didascalismo di maniera. Un film, insomma, che diverte e intrattiene, ma che induce soprattutto alla riflessione, ponendo allo spettatore inquietanti interrogativi sul futuro della parola scritta e della sua tutela e conservazione.

Un'operazione che potrebbe essere riprodotta anche nel contesto italiano, nel nostro cinema non sono certo pochi gli esempi al proposito: dall'inedito Mino Reitano che cerca in una surreale biblioteca la risposta all'esistenza di Gesù in Povero Cristo di Pier Carpi all'insofferente Francesco Nuti che ha una moglie bibliotecaria in Caruso Pascosky, passando per le biblioteche horror di cui è disseminato il cinema di Dario Argento.

fabiomelelli@libero.it


MELELLI, Fabio. Zitto e leggi: il bibliotecario nel cinema.. «AIB notizie», 22 (2010), n. 3, p. 15

Copyright AIB 2010-07, ultimo aggiornamento 2010-07-16 a cura di Ilaria Fava
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