[AIB] AIB notizie 22 (2010), n. 5
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Cronache dalla conservazione
11. la disinfestazione con atmosfere modificate

Gabriele De Veris

Il cambio al vertice dell'Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario, annunciato nella scorsa puntata, è avvenuto: il nuovo direttore è la dottoressa Maria Cristina Misiti che in precedenza è stata a capo della Biblioteca di storia moderna e contemporanea e della Biblioteca di archeologia e storia dell'arte. Poiché ci sembra opportuno portare a conoscenza del mondo bibliotecario gli indirizzi verso i quali ella intende orientare i programmi dell'Istituto, le chiederemo un'intervista che contiamo di pubblicare nella prossima puntata.

Torniamo ora alla disinfestazione di cui in precedenza abbiamo elencato i "contro"; vediamone ora gli aspetti positivi. Il primo e più importante è che i libri non si muovono dalla biblioteca; anzi, a guardar bene, non si muovono neppure dallo scaffale. Certo, alcune tecniche adottano grandi camere di disinfestazione fisse, ma a me non sembra la soluzione più affidabile. Meglio quella basata sulla costruzione di sacchi in film polibarriera (poliammide, alcol etilen-vinilico e polietilene) preparati a misura dei palchetti sui quali verranno collocati dopo aver sistemato al loro interno i libri che occupavano quello stesso palchetto. Si chiude il sacco saldandone i margini con una pinza termica dopo averlo dotato di due rubinetti: uno di entrata e l'altro di uscita dei gas che verranno immessi nel sacco. L'altro "pro" è la totale inoffensività di questa tecnica per l'ambiente e per gli operatori, nonché – last but not least – per il materiale disinfestato. In fondo, come già accennato in precedenza, si utilizza l'aria che respiriamo alla quale, nel piccolo volume del sacco, si sottrae l'ossigeno (d'ora in poi, O) che rappresenta meno di 1/5 di quell'aria. Ancora. Se è vero che l'azoto (d'ora in poi, N) non è in grado di sterilizzare il materiale (ma ripeto che secondo me la sterilizzazione dei libri è una pratica poco razionale), le atmosfere modificate svolgono un'azione biostatica, riescono cioè a ostacolare lo sviluppo di microrganismi negli ambienti confinati. In linea teorica, pertanto, se i depositi librari si trovassero in una palude e i libri venissero conservati in involucri sigillati, confezionati con atmosfere modificate, non correrebbero alcun rischio. Ultima nota positiva, questa disinfestazione può essere realizzata senza grossi problemi da qualsiasi bricoleur, anche di livello non eccelso.

Veniamo ora alle tecniche di disinfestazione. La più antica si basa sull'impiego di una bombola contenente N che si collega al rubinetto di ingresso nel sacco previamente confezionato. Si lascia aperto il rubinetto di uscita in modo che il gas immesso effettui un "lavaggio" all'interno del sacco eliminando progressivamente l'O residuo. I rubinetti si chiudono quando la percentuale di O risulta inferiore allo 0,2%. Da quel momento inizia il conteggio del tempo di permanenza (tre-cinque settimane) dei volumi negli involucri. Di regola io procedo al controllo del tasso di O dopo un paio di giorni. Tra i fogli dei libri potrebbe infatti rimanere una piccola aliquota di aria che, miscelandosi con N, innalzerebbe il tasso di O. In questo caso bisogna introdurre altro N fino ad abbassare di nuovo la percentuale di O. Va da sé che i tempi di permanenza si calcolano da quel momento.

Un'evoluzione della tecnica delle bombole si è avuta in Italia con il metodo Veloxy (very low oxigen) che si basa sulla differente viscosità dei gas; con questo metodo si opera una sorta di "filtrazione" dell'aria atmosferica separando lo N dagli altri gas e rendendolo così disponibile per l'immissione negli involucri preparati con le medesime modalità illustrate in precedenza. Poiché l'apparecchio produttore di N può funzionare in continuo, sovente sono stati realizzati diversi involucri uniti tra di loro in serie (il rubinetto di uscita del primo si collega con quello di entrata del secondo e così via). Basta porre un ossimetro (misuratore della percentuale di O) all'uscita dell'ultimo sacco per avere sotto controllo tutti i contenitori: quando lo strumento segnalerà la corretta percentuale di O, con tutta evidenza, il contenuto di O nei sacchi precedenti sarà in misura pari o più facilmente inferiore a quella dell'ultimo. Anche in questo caso, comunque è opportuno effettuare un controllo generale dopo un paio di giorni dalla chiusura dei sacchi.

Qualche consiglio ancora per coloro che opteranno per l'impiego di questa tecnica. Innanzitutto è bene che i sacchi vengano lasciati gonfi di N: ciò consentirà di riscontrare prontamente eventuali perdite dovute a forature o altro. Va da sé che l'interruzione del trattamento prima del tempo prefissato, comporta la ripetizione del trattamento stesso. Il secondo consiglio è quello di introdurre nei contenitori un indicatore della presenza di O (ageless eye) che modifica il proprio colore in caso di incremento dell'aliquota di questo gas.

L'ultimo metodo di disinfezione con atmosfere modificate funziona non per immissione di un gas alternativo all'O mediante il quale si ottiene l'allontanamento di quest'ultimo, ma mediante il suo assorbimento da parte degli cosiddetti oxigen scavengers (OS, noti anche commercialmente come ageless). Si tratta di composti chimici avidi di O i quali sono in grado di fissarlo nella loro molecola formando composti stabili ed eliminandolo di conseguenza dal microambiente nel quale avviene il trattamento. Il punto critico è rappresentato dalla sigillatura degli involucri perché se, nel caso dell'impiego di N si può intervenire immettendo nuovo gas, una carente tenuta dei sacchi nel trattamento con gli OS impone il radicale rifacimento dell'intervento. Infine l'uso degli ageless eye, opzionale per le tecniche descritte in precedenza, diviene vincolante in questo caso poiché, essendo i sacchi privi di rubinetti, non c'è altro modo di verificare la corretta riuscita della disinfestazione.

cfederici@tin.it


FEDERICI, Carlo. Cronache dalla conservazione. 11. la disinfestazione con atmosfere modificate. «AIB notizie», 22 (2010), n. 5, p. 9

Copyright AIB 2010-10, ultimo aggiornamento 2010-11-01 a cura di Ilaria Fava
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