«Bibliotime», anno I, numero 2 (luglio 1998)


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Giampiero Romanzi

Misurar pensando: versione in prosa e commento dei dati statistici forniti dall’indagine Profilo Biblioteca [*]



1. Premesse

Profilo Biblioteca [1] nasce dall’esigenza di rendere la misurazione e valutazione dei servizi bibliotecari, un’attività costante e specifica dell’Amministrazione Provinciale, così come indicato dalla Legge Regionale 42/1983.

La consuetudine operativa degli anni precedenti ci portava ad eseguire delle "istantanee" delle biblioteche comunali di informazione generale, in termini di patrimonio, strutture, servizi, attività.

Ci è dunque parso utile tentare un salto di qualità nell’analisi, adottando il metodo che l’AIB nazionale aveva proposto per l'indagine Quanto valgono le biblioteche pubbliche [2], con leggere modifiche, per verificare, sul territorio provinciale, i risultati possibili. Di seguito si presenta un sunto della relazione di presentazione dei risultati dell’indagine.


2. Una reazione epidermica

La prima, istintiva ed epidermica considerazione che questi dati ci spingono a formulare è che risulta tuttora robusta e ben radicata la percezione della qualità delle biblioteche e della loro importanza, quale risultato di indicazioni assolute, dirette, immediate e non parametrate. Solitamente le migliori sono, nella nostra testa, le più grandi, le più ricche di volumi e periodici, quelle con più personale.

Il confronto secco, brutale (come sanno essere secche, brutali, e a volte un po’ stupide e cieche le statistiche) con dati "incrociati" e parametrati - ossia non appena scatta una sia pur blanda forma di contestualizzazione locale verso la comunità servita (e se vogliamo mettere al centro l’utente, l’operazione è inevitabile) - scombina le tradizionali gerarchie: leggiamo in testa ai grafici nomi di comuni periferici, solitamente piccoli, normalmente marginali.

Il primo dato, dunque, grezzo e macroscopico, è una sorta di "rivoluzione culturale" che ci viene sollecitata e quasi imposta dai dati, nell’elaborazione di strumenti di lettura dello "stato di servizi" in ambito bibliotecario.

Credo, e non ritengo di esagerare, che, quand’anche l’esito dell’indagine dovesse fermarsi a questo assunto preliminare, non sarebbe stato inutile avviarla. Oggi cominciamo ad adottare forme nuove, più articolate, più raffinate, di valutazione del sistema provinciale. È una novità significativa e lo sarà tanto più quanto più noi riusciremo a tenerne conto in sede di programmazione, orientando le scelte verso metodi più coerenti e moderni.

E dico ciò senza alcuna enfasi sui sistemi qualità, sulle ISO 9000, su quell’ubriacatura ideologica che una sana "empiria" deve saper correggere e circoscrivere. Oggi potremmo anche cominciare ad adottare un linguaggio comune, un modo uniforme e condiviso di valutare il servizio, se - come credo - il rapporto non rappresenta solo una lente per osservare il sistema nel suo complesso, bensì uno strumento che ogni singolo bibliotecario potrà usare per basare le proprie scelte su fondamenti più sicuri.

Non solo la programmazione provinciale, dunque, bensì le stesse scelte di gestione, lo stesso rapporto con gli organi politici ed amministrativi locali potranno subire un proficuo sviluppo verso direzioni standardizzate e condivise.

Io credo quasi solennemente nella bontà del metodo che abbiamo, sia pure solo sperimentalmente, introdotto, e che intendo difendere con forza. Certo, sul merito potremo discutere; l’indagine non è priva di punti deboli, di versanti da migliorare, sui quali dovremo lavorare in futuro. Una spinta ad una più accurata distinzione tipologica tra la vocazione conservativa e quella informativa e, all’interno di quest’ultima, tra gradi e livelli diversi si impone (lo dimostra il caso di S. Giovanni, unica biblioteca di conservazione presa in esame, tentando una distinzione tra le sezioni ragazzi e adulti che è risultata sbagliata ed improduttiva). Così come un chiarimento, che si ripropone ormai annosamente, sul "grado zero" del servizio, sui "requisiti minimi", per dirla in termini di legge, al di sotto dei quali una amministrazione comunale deve sapere che non si dà l’istituto bibliotecario, di cui i cittadini hanno diritto di usufruire, ma si dà un’altra cosa, che senza dubbio è meglio del nulla, ma non pone il cittadino di quel paese sullo stesso piano degli altri in termini di diritto all’informazione e di qualità della vita.

Ciò non significa che la risposta debba essere una ormai anacronistica rincorsa verso lo slogan "una biblioteca in ogni comune" , verso la costruzione o l'individuazione del contenitore. Le moderne frontiere tecnologiche della "noosfera" permettono soluzioni nuove, purché si tengano ben presenti il quadro dei diritti di ciascuno e la vocazione "perequativa" cui comunque l’agire pubblico deve orientare parte dei propri sforzi.


3. Alcune note di metodo

Due considerazioni preliminari vanno fatte. La prima: vi è una distinzione tra il macroindicatore di qualità e l’indicatore globale di qualità che, detta così, appare un po’ confusa. Tutto nasce dal giorno in cui ci siamo messi in testa di inviare un questionario alle biblioteche. Sono emerse due esigenze diverse: adottare il modello dell’indagine AIB nazionale, senza variazioni, al fine di partire presto basandosi su un’esperienza "neutra", già sperimentata. Dall’altra parte, non abbiamo saputo resistere alla tentazione di chiedere ai colleghi più notizie possibili, dal momento che veniamo da anni in cui le rilevazioni sono state sporadiche e discontinue. Non solo: l’imminente avvio del progetto di catalogazione partecipata e l’occasione annuale della Fiera del libro per ragazzi ci hanno spinto ad arricchire il questionario di una sezione sulla catalogazione e di una sulle attività di promozione svolte durante l’anno. Due emergenze operative estrinseche alla rilevazione hanno dunque condizionato le scelte, insieme ad un ultimo, repentino, delirio di onnipotenza (di cui mi assumo tutta la responsabilità), che ci ha fatto stilare un elenco assolutamente empirico (ma qualche anno di esperienza nel ramo non significa proprio nulla?) di voci di un certo interesse che tentavano di rendere giustizia ad alcune sfumature del servizio bibliotecario locale che però, spesso, ne connotano la complessità e che comunque poi incidono sull’offerta documentaria (gestione dell’archivio storico), sui carichi di lavoro (servizi aggiuntivi: urp, informagiovani, ecc.), sulle modalità di gestione del servizio e di fruizione da parte dell’utente (dotazioni hw, sw, Opac, ecc.).

La scelta finale è stata quella di tenere conto anche di questi elementi, senza però inficiare l’impianto di pesi e contrappesi che le quattro categorie di indicatori AIB assicuravano. Il risultato si è ottenuto "rubando" 80 punti ai 1000 complessivi e attribuendone 35 ai servizi aggiuntivi, 30 alle attrezzature, 15 alle attività di estensione. La scelta è ampiamente discutibile: anche in questo caso però terrei fermo l’assunto di partenza, ossia che una buona misurazione dei servizi deve individuare indicatori standard, ma deve anche tenere in conto la complessa articolazione del servizio, senza appiattirlo su banali semplificazioni. Ho qualche perplessità sul fatto che, metodologicamente, le due cose si tengano sulla base di punteggi, ma tant’è: è bene ricordare che il lavoro di quest’anno deve darci delle indicazioni su cui lavorare per il futuro. Pertanto, se la indagine presenta qualche squilibrio interno, pensiamo anche a quelle macroevidenze che, convenzionalmente, ne restano fuori, quali, ad esempio, il numero degli accessi in biblioteca e delle transazioni informative (se è vero che la prospettiva è quella di passare dal possesso all’accesso, queste variabili diverranno sempre più importanti), oppure il grado di soddisfazione dell’utenza (che potrebbe essere valutato tramite moduli comuni da far compilare), che non è certo un elemento di second'ordine.

Infine, in numerosissimi casi, le voci del questionario relative alle spese e ai finanziamenti, sono state ambigue o incomplete. Si è intervenuti, ex post, con una normalizzazione che, in prima istanza, ha cercato di equilibrare entrate e spese laddove i dati erano difformi, oppure di introdurre dati "medi" laddove erano assenti. Anche in questo caso inviterei i bibliotecari a un "credito di fiducia" sulle convenzioni adottate, fermo restando che le riflessioni su questa attività non dovranno riguardare solo il "cosa" (quali indicatori, quali dati), ma anche il "come" (soprattutto nella lettura delle risorse umane e finanziarie).

Passiamo all’esame dei dati grezzi, ossia alle evidenze numeriche che l’indagine ha prodotto.


4. Le superfici e gli spazi

La media di 0,27 mq. ogni 10 abitanti va calibrata sui parametri IFLA. Il dato conferma comunque una tendenza in atto: se esaminiamo i comuni sotto la media provinciale, riscontriamo un elenco fedele delle biblioteche che hanno cominciato o hanno in cantiere interventi di ampliamento, ristrutturazione o erezione di nuova sede (S.Lazzaro, Casalecchio, Ozzano, Monterenzio, S.Giorgio, Crevalcore, Monte S.Pietro, Zola, Castel S.Pietro, Anzola). All’opposto risultano di spicco alcuni dati che fanno riflettere: per esempio quelli di biblioteche di recentissimo impianto sotto la media provinciale (Calderara, Medicina), oppure, in positivo, amministrazioni con dati medio alti che hanno comunque intenzione di allargare gli spazi e migliorare i servizi (Loiano). Molto buono il dato di Budrio, unico comune fra i 10 più popolosi, nella parte alta, con valore quasi doppio della media provinciale.

Percentuale di superficie dedicata al pubblico
Questo non mi pare un dato di particolare interesse. Non sono poche le biblioteche che dichiarano il 100%. Non credo sia un dato particolarmente positivo: una qualche forma di articolazione dello spazio che permetta l’esecuzione defilata di servizi interni mi pare utile e l’84,53% di media mi sembra un dato equilibrato. Balza all’occhio con evidenza il caso di una biblioteca tipologicamente difforme quale quella di S.Giovanni in Persiceto (con notevoli spazi dedicati ai depositi), che ci ripropone la necessità di quella riflessione cui si faceva cenno in sede introduttiva.

Superfici dedicate alle diverse sezioni
Nella provincia, di media, almeno un quinto delle superfici destinate al pubblico sono dedicate ai ragazzi. È un buon risultato, tenuto conto che questa è una conquista relativamente recente (il modello di biblioteca dell'ex Consorzio di Pubblica lettura non prevedeva, mi sembra, uno spazio ad hoc), anche se va tenuto presente che il caso di Osteria Grande (biblioteca per ragazzi) inquina un po’ le percentuali. C’è una conferma alla vocazione dell’imolese in questa direzione (si osservino i dati di Fontanelice, Dozza Imolese, Castel del Rio), ma anche Monte S.Pietro, Ozzano, Sala Bolognese puntano molto sugli spazi ragazzi. Sui ragazzi-bambini abbiamo già provato a riflettere insieme. Lo faremo ancora. L’esito di questa stagione così ricca di nuovi progetti di edilizia bibliotecaria porterà quel dato a migliorare ancora e allora davvero l’offerta formativa del sistema bibliotecario metropolitano potrà forse raggiungere livelli di eccellenza che richiedono, però alcune puntualizzazioni anche istituzionali ed amministrative.

La sezione periodici
Questa mi pare un po’ una cenerentola. Poche le biblioteche che ci puntano: l’impressione è che finito l’"effetto richiamo" della struttura "emeroteca", la conservazione delle annate di riviste e periodici sia più un problema che una opportunità. Credo si dovrebbe lavorare di più in questa direzione laddove una prassi di concertazione tra gli istituti di una stessa zona potrebbe dare buoni frutti e migliorare l’offerta.

Spazio dedicato al multimediale
Ancora più bassa, sia pure di poco, la percentuale dello spazio dedicato al multimediale. Se confrontato con il rilievo che va assumendo nella letteratura professionale, nei convegni e negli incontri della comunità bibliotecaria, ci rendiamo conto della distanza che separa pratica e teoria. Del resto le modalità fruitive di suoni e di immagini richiedono spazio: pensiamo solo alla differenza fra TV e PC nella possibilità di consultazioni collettive o simultanee. In generale, per concludere, mi paiono pochi i casi di biblioteche che riescono ad armonizzare gli spazi dedicati ai servizi presi in esame in modo equilibrato.

5. Il personale

La media provinciale del personale di ruolo si attesta, superandola appena, su quella nazionale dell’indagine AIB. Non sono pochi i comuni che stanno sotto e ciò deve far pensare. E non può nemmeno stare sullo stesso piatto della bilancia il piccolo comune di montagna (Castel D’Aiano) e il 4º o il 5º comune della provincia per popolazione (S.Giovanni, S.Lazzaro). Vi sono "anelli deboli", per così dire, del sistema sui quali si dovrebbe intervenire, e che in questo caso sono i comuni più grandi che rischiano di squalificare e di penalizzare il servizio proponendo un modello (una biblioteca = un operatore) utile solo in altri contesti demografici.

Un dato di estremo interesse è che, complessivamente, il personale non di ruolo ha un peso che supera la metà di quello di ruolo, divenendo un'architrave fondamentale di tutto l’edificio dei servizi. Sarebbe interessante approfondire questa informazione, guardarci dentro: sono volontari, obiettori, pensionati AUSER: è positivo un impiego così sostanzioso di risorse umane poco qualificate? e se sì quali le controindicazioni? Esiste il rischio di una sovraesposizione per cui si penalizza l’assunzione di tecnici a vantaggio di un largo uso di volontariato? Sono praticabili strade intermedie di coinvolgimento di energie più qualificate? (stages, tirocini, borse di studio, ecc.).

Il rapporto si inverte addirittura a favore di operatori non inquadrati in organico, in ben dieci comuni. Le domande appena esposte divengono, in questi casi, assolutamente cruciali, poiché è evidente che le modalità di svolgimento del servizio saranno fortemente influenzate da una tale scelta. Il fenomeno preso in esame parrebbe peraltro connotare in modo più marcato la nostra provincia rispetto alla media nazionale. Ciò potrebbe voler dire che il servizio viaggia su volumi di lavoro ingenti che solo un ricorso diffuso a personale esterno di tipo volontario può assicurare, oppure che si va affermando un modello di outsourcing tipico del privato, con concessione a terzi di alcuni segmenti del servizio (per esempio la catalogazione).

Sento di potermi sbilanciare su quei comuni (sono quattro) che, pur facendo largo uso di personale esterno, più numeroso rispetto a quello di ruolo, sono sotto le medie nazionali: è proprio l’ora di un concorso per assistente di biblioteca.


6. La spesa

In provincia di Bologna la spesa pro capite per le biblioteche supera di oltre un terzo la media nazionale. È un dato estremamente positivo. Dieci comuni sono sotto la media nazionale; cinque di questi appartengono alla zona bazzanese, se teniamo conto anche di Savigno. Questo è, però, anche un dato impegnativo, soprattutto per i tecnici, perché, di fronte a queste cifre gli assessori potrebbero assumere l’atteggiamento di chi la sua parte l’ha fatta ed aspetta risultati. Tale posizione va però affrontata alla luce delle linee di tendenza colte nel paragrafo precedente, per cui la statistica non fa che confermare un fenomeno noto: organici in linea con la media nazionale sono chiamati a gestire impegni di spesa più alti con un maggiore carico di lavoro.

Stiamo sempre ragionando sulle medie, poiché in diversi comuni la spesa per il personale supera il 70% del bilancio totale della biblioteca. È un caso che ricorre nell’imolese.

Si spende di più, dunque, ma non sul personale e neppure per il patrimonio librario, sul cui incremento la spesa è bassa, con percentuali addirittura allarmanti nella parte bassa della tabella.

Il servizio bibliotecario locale è a carico del comune in percentuali massicce, che superano quasi del 7% quelle nazionali. Questo fenomeno è da collegare in prima battuta alla scelta della Provincia di non finanziare "automaticamente" i comuni aggregati in zone convenzionate, ma di tenere al centro determinate funzioni di coordinamento, con progetti di scala metropolitana (Sistema Informativo Territoriale Sebina, Servizio Archivistico Metropolitano) nell’ambito dei Piani provinciali, sostenendo però, direttamente sul proprio bilancio, spese di natura anche gestionale (aggiornamento software, contratti collettivi di manutenzione). Potrebbe aggiungersi probabilmente, soprattutto sul fronte delle attività culturali, una desuetudine alla richiesta di risorse private, sotto forma di sponsorizzazioni, o all’inoltro di proposte e progetti su altre leggi regionali (6/83; 37/94; 28/77).

7. I patrimoni

È già stato notato come si spenda poco in acquisto libri. La tendenza quadriennale conferma il basso tasso di accessioni annue, pari, nell’anno migliore, a due quinti dello standard IFLA (e nel '93 c’è lo sforzo straordinario di Pianoro a "drogare" la media). Castel del Rio e la frazione di Osteria Grande sono le uniche realtà - molto piccole - dove si tiene dietro allo standard. Attenzione, poi, a considerare le donazioni quali surroghe degli acquisti, poiché, oltre certi limiti, possono snaturare l’equilibrio delle raccolte.

Certo, complessivamente il patrimonio supera la media nazionale e rispetta gli orientamenti IFLA, con casi di assoluta eccellenza (oltre 3 volumi per abitante), ma sette importanti biblioteche sono sotto la media nazionale, e ben quattordici non raggiungono la soglia IFLA. Che per 12 biblioteche poi non si abbia alcun dato a riguardo, è davvero un peccato, poiché la media provinciale si basa su 36 istituti, rendendo meno significativa l’indagine.

Un’altra importante conferma sulle dotazioni, sia pure inquinata, ancora una volta, da due biblioteche ragazzi in testa alla classifica (e compromessa da ben 16 che non hanno compilato il campo del questionario) è l’attenzione speciale rivolta ai ragazzi: quasi tutte le biblioteche superano la media nazionale, confermando le valutazioni già compiute in proposito.

Anche la parte di patrimonio relativa agli audiovisivi, presenta cifre assolutamente povere, se pensiamo agli standard IFLA (100 documenti ogni 1000 abitanti), risalenti a più di dieci anni fa e tenuto conto dell’impetuoso evolvere del mercato audiovisivo o multimediale in questi ultimi anni. Certo, anche in questo caso vanno ripensati teoricamente il ruolo, le caratteristiche di contenuto e i criteri fruitivi di tali documenti. Siamo indietro. Lo stesso discorso può farsi per i periodici. La media provinciale (29, 35) supera di poco la metà dello standard IFLA (50 periodici compresi i quotidiani in unità fino a 5000 abitanti). Si è già accennato al problema nel paragrafo sugli spazi. In un contesto di assenza di risorse la cooperazione negli abbonamenti per diversificare l’offerta può rappresentare una soluzione, ma anche le nuove tecnologie e l’editoria elettronica (si pensi agli accessi Internet a diversi periodici) possono colmare un vuoto informativo.

Viene comunque confermato il buon stato di salute delle raccolte ragazzi, considerato l’incrocio con tutta la popolazione servita e non, come dovrebbe essere (ma il dato va rilevato con più finezza) con il numero di bambini e ragazzi. Considerato comunque lo standard di un terzo del patrimonio dedicato ai ragazzi nelle comunità con il 25-30% di popolazione fino a 14 anni (che fa circa un libro per abitante, oppure lo 0,8% se pensiamo alla soglia minima) la media di 0,6 è incoraggiante, e anche questa è una conferma della qualità che il sistema metropolitano offre in tale direzione.

8. Il servizio di prestito

In termini di indicatori di efficacia, l’indice di circolazione non è incoraggiante. Tale situazione fa probabilmente il paio con il basso tasso di incremento e aggiornamento del patrimonio che abbiamo sopra rilevato. Non solo: ben 23 biblioteche sono sotto la media provinciale e solo l’ottimo risultato di quattro comuni che superano l’1% riesce a riequilibrare l’andamento. Una scarsa appetibilità delle dotazioni librarie pare confermata dalle tavole 21, 22 e 23. Una media di oltre 1100 iscritti annuali al prestito per biblioteca, con una percentuale di popolazione residente che utilizza il servizio pari al 14,18, ossia più 3,42 rispetto alla media nazionale, rappresentano dati buoni, che poi perdono efficacia nella misurazione del numero di prestiti per utente che, stavolta non raggiunge la media nazionale. Parrebbe quasi che il buon afflusso al servizio non trovi poi un’adeguata offerta per cui il numero dei volumi presi a prestito risulta basso. Non è escluso peraltro che tale fenomeno sia parzialmente da ricondurre ad un altro uso della biblioteca, laddove il forte afflusso sia da riferire al servizio di reference, "condito", per così dire, anche da un pallido prestito. Diviene essenziale, per capirne di più, rilevare anche l’entità di questo secondo, importante servizio, affiancando magari la rilevazione con un’indagine diretta rivolta all’utenza per valutarne il grado di soddisfazione. Va detto, comunque, che il servizio di prestito, parametrato sugli abitanti, mostra negli ultimi quattro anni una lenta ma costante tendenza all’incremento (da sottolineare il "fenomeno" Castel del Rio, dove ogni abitante, in media porta a casa più di due libri all’anno).

9. Conclusioni

La serie di considerazioni finora svolte ci conforta nel proseguire, pur con i dovuti aggiustamenti, nella direzione intrapresa, tenendo anche conto che in futuro i confronti e gli incroci su medie poliennali renderanno ancora più ricca l’analisi. Sarà importante anche l’uso che il singolo bibliotecario e le zone sapranno fare di questo strumento, che, forse è il primo vero passo, a tanta distanza di tempo dalla Legge Regionale, verso un approccio sistemico all’analisi del servizio bibliotecario.

Giampiero Romanzi, Provincia di Bologna, Servizio Biblioteche e Archivi, e-mail: <bibliote@provincia.bologna.it>



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[1] Profilo biblioteca. Analisi e valutazione delle biblioteche dei Comuni della Provincia di Bologna, a cura di Vincenzo Santoro, Andrea Reatti, Enrico Malpezzi. Bologna, Luglio 1997 (bozza).

[2] Quanto valgono le biblioteche pubbliche? Analisi della struttura e dei servizi delle biblioteche di base in Italia. Rapporto finale della ricerca Efficienza e qualità dei servizi nelle biblioteche di base condotta dalla Commissione nazionale AIB "Biblioteche pubbliche" e dal Gruppo di lavoro "Gestione e valutazione"; coordinamento del gruppo e direzione della ricerca: Giovanni Solimine. Roma, Associazione Italiana Biblioteche, 1994.


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[*] Questo articolo riporta, parzialmente rielaborato, il testo dell'intervento tenuto in occasione della presentazione dell'indagine citata (Bologna, Sala dello Zodiaco della Provincia di Bologna, 9 ottobre 1997).


«Bibliotime», anno I, numero 2 (luglio 1998)


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