«Bibliotime», anno I, numero 3 (novembre 1998)


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Maurizio Caminito

La lettura e il testo



Chi lavora a contatto con il libro per ragazzi sa che per anni in Italia si è svolto un acceso dibattito. Il tema è stato quello del piacere della lettura. Si è giocata una partita senza esclusione di colpi tra i fautori delle "buone letture" da una parte ed i cultori del piacere della lettura dall'altra. Questi ultimi hanno avuto, a mio avviso, partita vinta per una ragione fondamentale: sono stati gli unici a dar conto dei gusti dei giovani lettori e a cercare di capire le loro scelte. Ma tra i due schieramenti ci sono ancor oggi scontri sanguinosi. Ricordate il dibattito sull'horror dell'anno scorso, proprio in occasione della Fiera del libro per ragazzi di Bologna?

Bene, ora questa certezza sul fatto che il piacere della lettura sia un valore ineludibile, che guida la pratica del leggere soprattutto nei ragazzi, sta venendo meno. Nel momento in cui il libro si confronta con le nuove tecnologie, il rapporto del lettore con il testo subisce delle profonde modificazioni. In questa fase ( e penso soprattutto ad Internet com'è oggi) il testo in rete viene allontanato, differito. E' facile avere molte informazioni sul testo, ma ad esso è difficile arrivare. Il peso del paratesto è sicuramente eccessivo, e oltretutto la realtà del testo rischia di sfuggire ad ogni nostro tentativo di fissarne i contorni una volta per sempre.

C'è un altro discorso da fare: oggi non è più sufficiente attestarsi sulla linea di confine tracciata anche da Eco alcuni anni fa, sul crinale cioè che vedeva da un lato collocarsi il libro come supporto ideale per la lettura di un testo di narrativa e dall'altro i nuovi supporti elettronici, CD-ROM in testa, come veicolo ideale per l'informazione ed il sapere enciclopedico. Questa posizione, originata anche dal desiderio di tranquillizzare il lettore (ed anche il produttore) di libri, ha portato a considerare logicamente necessaria la separazione tra lettura ed informazione.

Nelle biblioteche, che rappresentano il campo in cui io opero, questi due termini sono visti quasi in antinomia l'uno rispetto all'altro. La biblioteca lavora per mettere a disposizione i nuovi supporti elettronici, CD-ROM in testa, come veicolo ideale per l'informazione ed il sapere enciclopedico. Questa posizione, originata dal desiderio di tranquillizzare il lettore (ed anche il produttore) di libri, ha portato a considerare logicamente necessaria la separazione tra lettura testuale e lettura multimediale, mentre per il giovane lettore non fa differenza tra come viene trattato il libro e come sono da trattare gli altri media: la ricerca cioè è sempre guidata dal soddisfacimento delle proprie esigenze.

E' evidente che non vi può essere una soglia del piacere relativo al testo che riguardi solo la carta stampata mentre, nel momento in cui ci si orienta sul CD-ROM o sulla rete, improvvisamente si presenta uno sbarramento che apre solo all'informazione. Questa differenziazione non esiste soprattutto nelle competenze attivate dal nuovo lettore. Penso anche che certe campagne scandalistiche o pseudoinchieste su eventi catastrofici indotti dall'eccessiva familiarità con la rete andrebbero valutate con un po' di cautela alla luce di queste considerazioni. Tracciare steccati e sottolineare i pericoli mi pare tutto sommato una strategia già adottata e già rivelatasi perdente in innumerevoli occasioni.

Ma un secondo aspetto s'impone oggi alla nostra riflessione: il ruolo della biblioteca nello scenario delineato dai nuovi media. Tralasciamo per un attimo che in Italia ci si ritrovi a parlare di mediateche con un ritardo di almeno 15 anni rispetto al resto dell'Europa. Rimane il fatto che arriviamo proprio nel momento in cui sembrerebbe che la parola d'ordine sia: trasferiamoci armi e bagagli nella rete. Seguendo questa tendenza c'è chi ama definire le biblioteche come tante porte, ognuna delle quali permette ad un numero più ampio possibile di cittadini l'accesso alla rete. Ma la porta (o il portale) è un elemento architettonico privo di uno spazio interno significativo e, soprattutto, non definisce un proprio spazio sociale. Il portale viene attraversato, è uno dei tanti non-luoghi che proliferano nella metropoli.

Anche se il moltiplicare i punti di accesso alla rete è sicuramente un elemento positivo (ha anche una valenza politica, va nel senso dell'allargamento della democrazia telematica), secondo me non dobbiamo accontentarci di questo. Ricadremmo nell'errore di considerare la mediateca come il luogo in cui vengano semplicemente ospitati i vari media. Una parata, cioè, di "postazioni" e totem. Ma, lo sappiamo, la biblioteca multimediale o mediateca non può essere solo questo. Essa è anche, e soprattutto, il luogo in cui i cittadini definiscono e sperimentano le proprie relazioni con i media. E in quest'ottica il progetto architettonico di questi nuovi luoghi assume una grande importanza, in quanto realizzazione di uno spazio reale in cui viene organizzato l'uso sociale dei nuovi strumenti della comunicazione. Un arricchimento della pratica dell'interattività, non limitata ad un rapporto punto-punto.

A partire da questo va approfondito il ruolo delle biblioteche/mediateche nel nuovo sistema della comunicazione. Ed è una ridefinizione che coinvolge la biblioteca e chi vi lavora all'interno, nello stesso modo in cui modifica lo status dello scrittore, dell'editore, del giornalista e del lettore stesso.


Maurizio Caminito, e-mail: m.caminito@comune.roma.it



«Bibliotime», anno I, numero 3 (novembre 1998)


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