«Bibliotime», anno I, numero 3 (novembre 1998)


Precedente Home Successiva



Michele Santoro

Personale strutturato e personale non strutturato:
quale interazione nelle biblioteche? [*]



Che esperienza è possibile trarre dalla presenza in biblioteca di una serie di figure - obiettori di coscienza, volontari, studenti part-time - che nel complesso possiamo definire "personale non strutturato"?

Prima di rispondere alla domanda, senz'altro stimolante e quanto meno insolita nel dibattito in corso, mi sembra di poter dire che, in quanto professionisti dell'informazione, saremmo tutti più sollevati se il personale operante nelle nostre biblioteche fosse il più possibile strutturato: ossia personale di ruolo, impiegato stabilmente nelle biblioteche, ma soprattutto personale qualificato, inserito nelle strutture bibliotecarie in seguito a una specifica preparazione professionale, valutata sulla base di criteri seri e rigorosi [1]. Sono questi, ritengo, i requisiti minimi affinché il bibliotecario possa vedersi riconosciuto un proprio ruolo specifico e vivere la propria attività come una professione al servizio della cultura e dell'informazione, al passo con gli sviluppi di una società che non a caso viene definita società cognitiva o società dell'informazione.

Ma, per rispondere al quesito, è necessario ritornare a una dimensione più "familiare", ad una realtà che sempre più spesso ci troviamo a vivere nelle nostre biblioteche, e cioè quella in cui, accanto al personale di ruolo, si riscontra un'ampia presenza di personale non strutturato [2]. Le riflessioni che seguono prendono spunto dalla mia esperienza di responsabile di una biblioteca in cui tutte e tre le figure sopra ricordate - obiettori, volontari e studenti part-time - trovano, diciamo così, ampia e cordiale accoglienza, e che costituiscono una componente essenziale per il buon funzionamento della struttura.

Tuttavia, prima di proseguire in queste riflessioni, vorrei toccare un aspetto a cui non sempre viene conferito un adeguato rilievo nel nostro dibattito professionale: la considerazione cioè che la biblioteca, qualsiasi biblioteca, è un sistema complesso [3], composto di un insieme di parti che, come gli ingranaggi di una macchina, devono integrarsi perfettamente per poter funzionare. Ma, com'è ovvio, basta un granello di sabbia per far inceppare anche il meccanismo più perfetto, e sappiamo che in molti casi le nostre biblioteche sono inondate da vere e proprie tempeste, che rischiano di mandare in crisi una serie di realtà interessanti e di servizi a volte molto complessi, messi in piedi fra mille difficoltà solo grazie alla disponibilità e alla dedizione del personale in attività.

Le cause di questa situazione sono ben note: i bilanci assai limitati, la cronica carenza di personale, la necessità per i bibliotecari di far fronte a impegni lontani dalle proprie competenze professionali, queste ed altre ragioni fanno sì che il funzionamento delle nostre strutture vada incontro alle difficoltà che conosciamo e che contribuiscono a dare delle biblioteche italiane un'immagine non sempre positiva, per non dire del tutto sconfortante [4].

Ma, al di là dei problemi e delle possibili soluzioni, ciò che conta è che vi sia, da parte dei bibliotecari, la consapevolezza che i diversi servizi rispondano a quella logica sistemica individuata sopra, cioè che siano fra loro comunicanti, che riescano non solo a realizzare un continuo scambio funzionale e operativo - come una cinghia di trasmissione che fa muovere la macchina - ma a produrre un meccanismo di feed-back in grado di verificare quali parti si muovono bene e quali meno bene, ovvero, per dirla con il linguaggio sempre più diffuso della qualità totale, quali criticità intervengono nei singoli processi di volta in volta attivati [5].

E' mia opinione che, se si riesce a imporre un efficace meccanismo di controllo sui processi (nel nostro caso, sui diversi servizi della biblioteca), allora questi potranno essere tranquillamente affidati anche a personale non strutturato, cioè a quelle figure che sempre più di frequente vengono a interagire con la biblioteca e che in una certa misura sembrano poter costituire una nuova generazione di bibliotecari.

Fatta questa introduzione, mi è più facile ritornare alla realtà di una struttura - quella nella quale opero - in cui attualmente, con una articolazione che è troppo complesso ricordare, sono presenti da uno a due obiettori, alcuni giovani volontari e un numero n di studenti part-time; dopo alcuni anni in cui mi sono trovato ad affrontare quest'esperienza - non solo interessante dal punto di vista lavorativo ma anche ricca di implicazioni umane e sociali - mi è possibile oggi trarre alcune considerazioni di ordine generale.

E' infatti del tutto evidente che nell'interazione fra personale strutturato e personale non strutturato bisognerà individuare un percorso verso cui, in un prossimo futuro, le biblioteche dovranno incamminarsi, visti i problemi nei quali si dibattono un numero crescente di amministrazioni - centrali e periferiche - a cui è affidata la gestione degli istituti bibliotecari.

Si può in tal modo consolidare un'esperienza che, se ben condotta, non soltanto permetterà alle biblioteche di "sopravvivere" e di erogare una serie di servizi minimi, ma che per contro potrà offrire nuove opportunità, forse limitate temporalmente ma non per questo meno stimolanti e interessanti per gli utenti.

Per far ciò occorre tuttavia che i bibliotecari responsabili dei servizi a cui questo personale è affidato siano in grado di esplicare una funzione "maieutica", indovinandone le potenzialità, individuando i ruoli migliori che ciascuno di essi è in grado di ricoprire, facendo emergere e valorizzando una serie di skills che spesso in questi ragazzi non sono ancora del tutto palesi.

Si tratta di un ruolo non sempre facile da gestire, che va esercitato con tatto e discrezione ma anche con una presenza sufficientemente energica e autorevole, almeno nelle fasi iniziali, in cui queste potenzialità devono emergere ed esplicarsi a pieno; poi, in un secondo momento, è opportuno che i nostri collaboratori marcino da soli, sia perché possano "riconoscersi" nel lavoro che svolgono godendo di un certo grado di autonomia, sia per evitare fastidiose situazioni di dipendenza psicologica che rischiano di indebolire o inficiare il loro rendimento professionale.

Si deve creare insomma una dimensione biunivoca, di collaborazione e di scambio reciproco, ma con un occhio attento ai limiti che tale rapporto deve mantenere. E tale reciprocità riguarda anche la crescita sul piano dell'esperienza e della professionalità: difatti, se da un lato i bibliotecari sono in grado trasmettere molte nozioni, molte abilità e soprattutto (come credo e spero) un atteggiamento di disponibilità nei confronti del servizio e dell'utenza, dall'altro lato anch'essi possono apprendere molto, sia perché i giovani collaboratori sono spesso più vicini alle necessità degli utenti, sia perché si pongono in una posizione problematica nei confronti di alcuni aspetti del servizio che tendiamo a dare per scontati, sia perché sono alle volte più bravi e competenti dei bibliotecari stessi, ad esempio sul piano dell'informatica e delle nuove tecnologie.

Questa dualità, questa biunivocità, questa interazione con un campo di esperienza che spesso è lontano dalle nostre prospettive, è dunque l'insegnamento più prezioso che possiamo trarre dal nostro personale non strutturato, con l'inconfessata speranza che qualcuno fra loro un giorno superi un concorso da bibliotecario e possa affiancarci stabilmente in questa nostra attività sempre più movimentata e complessa.


Michele Santoro, Biblioteca del Dipartimento di Scienze Economiche - Università di Bologna, e-mail: santoro@spbo.unibo.it


Note

[1] Criteri che, ad esempio, sono stati individuati per la costituzione dell'Albo professionale dei bibliotecari Italiani, approvato di recente su impulso dell'Associazione Italiana Biblioteche.

[2] Si tratta in verità di un tema poco o punto dibattuto nella letteratura professionale italiana; fa eccezione l'interessante volume La biblioteca e i suoi documenti. Manuale pratico ad uso dei bibliotecari, a cura di Maria Pia Bertolucci. Lucca, Centro Nazionale del Volontariato, 1996; per l'esperienza britannica si veda Anne Goulding, Evelyn Kerslake, Training for part-time and temporary workers. London, Library Association, 1997.

[3] Scrive al riguardo Giovanni Solimine: "Per il raggiungimento dei suoi obiettivi, è necessario che la biblioteca venga considerata, analizzata e gestita partendo dalla considerazione che essa è una struttura complessa, un 'sistema', i cui elementi costitutivi rappresentano l'insieme di una serie di variabili - strutture, documenti, uomini, processi, prodotti, ecc. - interagenti tra loro, reciprocamente funzionali e complessivamente rapportabili al raggiungimento degli obiettivi che caratterizzano finalisticamente la struttura stessa" (Giovanni Solimine, Gestione e innovazione della biblioteca. Milano, Editrice Bibliografica, 1990, p. 64). Sull'approccio sistemico cfr. James M. Orr, Libraries as communication system. Westport, Greenwood Press, 1977; Alfredo Serrai, La biblioteca come sistema, in Biblioteconomia come scienza. Introduzione ai problemi e alla metodologia. Firenze, Olschki, 1973, p. 37-55; Id., Biblioteca, sistema aperto, in Ricerche di biblioteconomia e bibliografica. Firenze, Giunta Regionale Toscana - La Nuova Italia, 1983, p. 53-56; Giambattista Tirelli, Il "sistema" biblioteca. Milano, Editrice Bibliografica, 1990; Serafina Spinelli, Problemi di valutazione: qualche elemento per un approccio sistemico. "Bibliotime", 1 (1998) 2, <https://www.aib.it/aib/sezioni/emr/bibtime/num-i-2/spinelli.htm>

[4] Si vedano al riguardo le considerazioni svolte nel nostro Scelte strategiche e misurazione delle biblioteche pubbliche. "Bibliotime", 1 (1998) 2, <https://www.aib.it/aib/sezioni/emr/bibtime/num-i-2/santoro.htm>, in particolare alle note 2 e 3.

[5] Sul tema cfr. Alberto Petrucciani, Igino Poggiali, Qualità totale in biblioteca. "Bollettino AIB", 32 (1992), 1, p. 6-23; Daria Mazzella, Monica Sala, Biblioteche oggi: per un servizio di qualità. "Informatica e documentazione", (1994) 20, p. 3-7.



[*] Questo articolo riporta, con alcune modifiche, il testo dell'intervento presentato al convegno Servizio civile in biblioteca. Il contributo degli obiettori di coscienza allo sviluppo di servizi culturali per tutti. Faenza, 8 maggio 1998.



«Bibliotime», anno I, numero 3 (novembre 1998)


Precedente Home Inizio Successiva