«Bibliotime», anno II, numero 3 (novembre 1999)


Precedente Home Successiva



Carlo Infante

Invisibili legami



"La civiltà non ha solo a che vedere con le cose materiali ma con gli invisibili legami che legano una cosa a un'altra"

Antoine de Saint-Exupery



Questa illuminante citazione dell'autore del Piccolo Principe è tratta da "Literary Machine" di Ted Nelson, l'inventore (a pari merito con Douglas Engelbart) del concetto di "hypertext". In quel testo del 1990 Nelson descrive il suo leggendario progetto Xanadu per una "letteratura elettronica istantanea", un temerario sistema ipertestuale che di fatto ha anticipato lo sviluppo del World Wide Web, che ha reso Internet il luogo privilegiato, nella sua diffusione e relativa semplicità d'uso, per lo scambio di conoscenza.

Nelson ci invita poi a considerare un'analogia con l'acqua e con il fatto che la sua distribuzione, aprendo e chiudendo i rubinetti, ha contribuito non poco allo sviluppo della società civile. Così "la letteratura che immaginiamo", afferma l'autore, "deve essere pensata come un servizio, un bene comune, un acquedotto per la mente".

Concepire la letteratura e il sapere scritto nel suo complesso come un bene comune e di pubblico uso è senza dubbio il compito di quanti (autori, editori, bibliotecari, librai, insegnanti... lettori) nella società dell'informazione si stanno interrogando su come salvare la lettura dal rumore informativo.

In questo contesto alcuni editori stanno ridefinendo il proprio ruolo per trovare una loro collocazione in un mercato difficile, con problemi legati alla distribuzione, alla promozione, al magazzino.

Le domande da porre riguardano la mutazione del libro in una condizione più immateriale, come quella digitale veicolata dalle reti telematiche, arrivando a concepire nuovi servizi culturali in grado di rilanciare l'amore per la lettura, inventando soluzioni editoriali, ludiche ed educative al contempo, che conquistino l'attenzione delle nuove generazioni e riqualifichino il sistema editoriale scolastico.

Partire con quella metafora lanciata da Nelson attraverso cui si va a paragonare la rete come il sistema idrico dove i rubinetti sono un po' in tutte le case ci fa riflettere su come la diffusione della cultura potrebbe emulare l'idea del servizio pubblico per l'acqua potabile, per cui all'interno della dimensione domestica si esercita un diritto-dovere, un servizio svolto per il bene comune.

In fondo le biblioteche sono nate per svolgere questa funzione pubblica di distribuzione sul territorio di informazioni e conoscenze: svolgono questa funzione all'interno del sistema sociale con attività pubbliche di promozione per la lettura.

Internet in questo senso può dare moltissime opportunità in più, molte di queste sono già determinate, molte altre vanno proprio inventate. Il fenomeno è aperto, non solo perché ci sono opportunità non ancora testate, ma perché vanno creati dei modi per utilizzare la rete e farla corrispondere alle nostre domande: i nuovi valori d'uso. Siamo in una fase fluida, nella quale siamo invitati a porci nuove domande, a inventare soluzioni per trarre il meglio dalla rete.

Il digitale sta accelerando fortissimamente il sistema di relazione tra cultura e comunicazione, aprendo a considerazioni nuove rilanciando anche una questione come quella dell'editoria e piu in generale la diffusione della cultura.

C'é prima di tutto però da porre un dato tecnologico, molto legato agli hardware e i software. Ogni 18 mesi c'è la possibilità di raddoppiare la potenza di calcolo di un computer: in un chip di un cellulare oggi potrebbe esserci la potenza di calcolo dell'Apollo 11 sbarcato sulla luna 30 anni fa. Negli attuali chip infatti ci sono delle funzioni che fino a dieci anni fa, per essere svolte, avevano bisogno di una quantità di silicio, di hardware, di macchinario fisico, di spazio infinitamente maggiore. E' in corso un avanzamento tecnologico esponenziale che va, va da solo, senza neanche fare i conti con il mercato, in un grande gioco di impresa proiettato nel riconvertire il sistema post industriale in una compiuta società dell'informazione.

Ma perché questo accade l'offerta di tecnologia deve armonizzarsi con la domanda di nuovi servizi avanzati, una domanda sia di funzionalità che di immaginario.Cosa voglio dire con questo? E' che senza domanda culturale non ci sarà nessun reale mercato futuro per le tecnologie. Bisogna però dare un valore diverso alla parola cultura, concependola come qualcosa in cui sono innervati i nostri comportamenti, oltre che i linguaggi.

La cultura è in un libro, come in una performance, come in un rave, come in una festa popolare. I nuovi media interattivi devono esser messi a disposizione della popolazione come è stato fatto nel dopoguerra in questo paese e in tantissimi altri con l'istituzione capillare delle biblioteche, all'interno dei quartieri, di un sistema sociale che scopriva la grande urbanizzazione.

La biblioteca come opportunità culturale da esprimere sul territorio attraverso una funzione di aggregazione e di alfabetizzazione ha quindi rappresentato un atto decisivo per la definizione di una civiltà urbana in quanto tale. E' così anche se poi la popolazione italiana ha letto e legge pochissimo. Avrebbe letto ancora meno.

Anche oggi le biblioteche possono rappresentare sul territorio una sorta di sponda, di luogo di riferimento preciso, individuabile, per la diffusione culturale della multimedialità che altrimenti rimarrà solo qualcosa di astratto come un banale gadget tecnologico. Potrei dire che le biblioteche sono importanti per promuovere una nuova alfabetizzazione, ma il termine non mi piace, perché quando si parla di multimedialità il termine alfabetizzazione è improprio. Però ci si può intendere..

Questi luoghi pubblici dell'offerta culturale possono quindi essere un buon punto di contatto con le nuove produzioni editoriali digitali. Il fatto che siano dei centri istituzionali può permettere di avviare quel processo virtuoso in grado di utilizzare correntemente le opportunità che la multimedialità e le tecnologie possono offrire. Per questo é importante che questo processo di consapevolezza pubblica nasca all'interno del sistema delle biblioteche piuttosto che all'interno del sistema editoriale.

Oggettivamente non esiste un vero e proprio mercato libero fatto di punti vendita avviati per il cd-rom: vi sono piani europei, progetti di respiro istituzionale per la sua produzione e promozione, ma non sono sufficenti per avviare un mercato. Sarà infatti inutile fin quando non verra promossa e innalzata la domanda in grado di intercettare l'offerta di tecnologia.

Noi dobbiamo essere in grado di interrogare quelle tecnologie, riportarle a noi. Senza l'uso sociale della tecnologia-libro non ci saremmo emancipati dall'analfabetismo, o perlomeno dall' incapacita di dare forma ai nostri pensieri. Ma non dimentichiamolo: il libro è una tecnologia. Non si pensi che le tecnologie siano solo delle macchine, perché, se proprio vogliamo andare giù duri, anche l'alfabeto è una tecnologia. Dobbiamo cercare di affrontare questa parola con un approccio molto più sereno, così usciremo fuori da molti equivoci: le tecnologie non sono solo macchine, chiusa la parentesi.

L'oggetto libro ha rappresentato per 500 anni la funzione cardine della trasmissione delle conoscenze, senza questo oggetto distribuito secondo processi sempre piu organizzati non ci sarebbe stata evoluzione culturale. Una delle questioni più interessanti a questo punto è vedere come potrà essere reinventato l'oggetto-libro all'interno del sistema educativo, perché è proprio in questo contesto che acquisterà un'incidenza fortissima la sua mutazione verso il multimediale.

Ci rendiamo conto di quanto urgente sia la relazione tra scuola e società in trasformazione. Questo andamento é ancora troppo poco rilevato nei percorsi curricolari, nelle esperienze didattiche, nel rapporto con le conoscenze: bisogna adeguarsi, non c'è tempo da perdere. Le esperienze didattiche in classe iniziano a contemplare la multimedialità, ma il salto di qualità è nell'uso delle reti per diffondere i nuovi artefatti cognitivi.

Nella accezione ampia di editoria, ovvero quella di un oggetto prodotto che non sia solo libro, l'artefatto realizzato in classe o nella scuola, dovrebbe trovare una sua collocazione. Il sistema educativo in relazione a quello editoriale si deve orientare verso una complessità che contempli anche la distribuzione virtuosa e non solo commerciale di quell'esperienza.

Ecco quindi le ipotesi di editoria on line, connotata particolarmente per il cosiddetto "on demand", ovvero un dispositivo che, sulla base di una richiesta, permetta di mandare in stampa dei libri. Questo è uno degli sviluppi potenzialmente più interessanti, dove il mondo della scuola può essere individuato come un vero e proprio terminale di sistema per una offerta editoriale concepita in questi termini: un enorme catalogo dove i listini, gli indici, i magazzini on line dei titoli possono essere strutturati anche come dei data base per fare ricerche tematiche utilizzando motori di ricerca interni. E' con questi ragionamenti che iniziamo a intravvedere quanto possa essere interessante non solo avere un catalogo per l'offerta editoriale on line, ma iniziare a concepire dei servizi ad alto valore culturale, insieme alla possibilita di avere un libro da stampare su richiesta alla casa editrice che vi venderà, a questo punto, solo i diritti di utilizzo.

Sono soltanto ipotesi? Non c'è solo utopia dietro questo disegno, se si pensa a come nell'arco di pochi mesi si sia profilata la possibilità di dare l'accesso gratuito a Internet. Nell'utilizzo gratuito delle risporse informative c'è qualcosa che sta alla base della soluzione della gravissima, cronicizzata, crisi del sistema editoriale. Tutto sta nel tempo che ci metteranno a capirlo. Noi stiamo lavorando per questo: per farglielo capire.


Carlo Infante, Torino, e-mail: infante@idra.it



«Bibliotime», anno II, numero 3 (novembre 1999)


Precedente Home Inizio Successiva