«Bibliotime», anno III, numero 1 (marzo 2000)


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Metaperiodici?



Non v'è dubbio che la rivoluzione digitale abbia prodotto effetti di portata assai vasta in tutti i settori della società e della cultura contemporanea, determinando una serie di cambiamenti che non è sempre facile riconoscere e valutare; tuttavia, fra i più rilevanti e riconoscibili, vi è senz'altro il mutamento intervenuto nei supporti dell'informazione, che sta trasformando decisamente il nostro approccio nei confronti della comunicazione scritta e della maniera con cui si organizza all'interno delle biblioteche.

Gli orizzonti spalancati dalle (via via succedutesi con alterna fortuna terminologica) biblioteche senza pareti, elettroniche, virtuali, digitali, ibride, sono stati com'è noto esplorati con dovizia di dettagli, per quanto senza pervenire una definizione non diciamo univoca, ma neppure in grado di fornire una sia pur provvisoria denotazione. Ciononostante, alcuni puntelli su questo terreno così accidentato sembrano piantati con forza: le strategie dell'accesso, e dunque l'utilizzo sempre più ampio delle risorse remote; i processi di digitalizzazione, e quindi la traduzione nella pratica delle maggiori acquisizioni concettuali; e poi, last but not least, un impiego "dinamico" dei nuovi supporti, e di conseguenza l'intervento di strategie di gestione del tutto nuove, che prevedono in primo luogo una più stretta condivisione.

Se è vero allora che i nuovi formati costituiscono il centro d'interesse delle biblioteche, è altresì vero che sono le riviste elettroniche a rifulgere di una luce particolarmente intensa. Capaci di catturare l'attenzione di tutte le fasce sociali (la loro proliferazione sulla rete non sembra infatti conoscere soste), i periodici elettronici rappresentano per le biblioteche e per i loro utenti un fenomeno dalle proporzioni assai ampie: da un lato perché sono in grado di modificare sensibilmente gli approcci percettuali e conoscitivi al testo (e dunque ai contenuti da questo veicolati); dall'altro lato perché le biblioteche sono costrette a elaborare nuovi criteri gestionali - e quindi anche finanziari e organizzativi - per la conduzione di un settore che appare sempre più significativo e strategico.

Il tema dei periodici online, oggetto di indagine approfondita nei vari contesti europei ed internazionali, anche nel nostro paese è da tempo sotto la lente. Ad una sua maggior dilucidazione crediamo possa aver contribuito il convegno su I periodici elettronici in biblioteca: nuova frontiera o terra promessa?, organizzato dalla Sezione Emilia-Romagna dell'Associazione Italiana Biblioteche e tenutosi a Bologna il 28 febbraio 2000. Il complemento del titolo, nella sua icasticità, pare definire nel modo più appropriato le due facce del problema: le potenzialità delle riviste digitali infatti possono rappresentare un elemento di straordinaria innovazione, aprendo prospettive del tutto inedite per le biblioteche, ma allo stesso modo rischiano di diventare un fattore di squilibrio o di disomogeneità, laddove non siano adeguatamente governate e gestite.

L'interesse suscitato dal seminario è stato per gli organizzatori una riprova dell'importanza della tematica in esame, tanto che è apparso naturale riproporre la gran parte degli interventi presentati al convegno sulle pagine di "Bibliotime": cosa che permette alla nostra rivista di configurarsi - almeno per un numero - in un vero e proprio metaperiodico, vale a dire in un periodico che ha per oggetto i periodici. In questo, in verità, preceduto da importanti esempi: e non soltanto perché quasi tutte le principali riviste online di biblioteconomia e scienza dell'informazione si rivolgono con rinnovato interesse al campo degli electronic journals (ricordiamo fra l'altro testate quali "D-LIB", "Ariadne", "First Monday" ); ma anche perché esiste almeno un metaperiodico in senso stretto, e cioè l'autorevole "JEP" ("The Journal of Electronic Publishing"), che da anni esplora con contributi di notevole spessore il complesso ed affascinante mondo dell'editoria elettronica.

Senza alcuna ambizione di competere con questi illustri precedenti, anche "Bibliotime" dunque s'incammina sulla strada dei metaperiodici: una strada peraltra già aperta dall'importante articolo di Remo Badoer ed Antonella De Robbio e che in questo numero la stessa De Robbio spiana ulteriormente grazie al suo contributo sulle molteplici e non sempre lineari prospettive di sviluppo delle riviste elettroniche. Il tema naturalmente è analizzato da una varietà di punti di vista: come ad esempio quello sviluppato da Luca Bardi, Anna Ortigari e Maurizio Vedaldi, e volto a esaminare le problematiche organizzative e gestionali che i periodici elettronici pongono ai sistemi bibliotecari; o quello relativo alle possibilità che si aprono per forme di cooperazione fra atenei, e di cui ci dà notizia Domenico Bogliolo; mentre per parte loro Vanna Pistotti ed Enrico Martellini prendono in esame aspetti assai rilevanti che le riviste digitali pongono da un lato alla comunità degli studiosi e dall'altro lato al mondo dei bibliotecari.

E tuttavia, al di là di questa ampia sezione sui periodici elettronici, "Bibliotime" non rinuncia a presentare le sue "consuete" sezioni, illustrate da contributi di notevole spessore come quello di Federico Pellizzi su ipertesti e modelli del sapere, o quello di Serafina Spinelli sul ruolo dei thesauri nell'era di Internet, per non dire dell'interessante nota di Cinzia Bucchioni della stessa Spinelli su un argomento di scottante attualità qual è il quello dei Functional Requirements for Bibliographic Records. Di diverso ambito, ma non meno attuali, le riflessioni sulla nuova legge regionale dell'Emilia-Romagna sulle biblioteche e sulle relative proposte di modifica venute dall'AIB; un ambito nel quale si può infine collocare la recensione di Ilaria Francica su un lavoro - il primo del genere in Italia - volto ad approfondire le numerose tematiche legate al mondo così particolare e specifico delle biblioteche per ragazzi.


M. S.



«Bibliotime», anno III, numero 1 (marzo 2000)


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